MONTESQUIEU CON LE Note I) E L V ABATE TOMO IT. t mm tavola DEI LIBRI, E capitoli Contenuti in quello fecondo Tomo. dello spirito delle leggi . Libro xii. Delle Leggi , che formano la Libertà Politica nel fuo rapporto col Cittadino. capitolo primo. di LibYo . CAPITOLO IL Della libertà del Cittadino . • • . ? capitolo ih. ContinHAzàont del medejìmo /oggetto . iv capitolo IV. Che U nhrtk é fivorn, dMla delle fe.e t MU lor proforzjone . S capitolo V. _ Si ceree cecefe , che fmìcoùrme«te abbifegrea., di moderatone , e di pndinxA. 5 CAPITOLO VI, Bel delhto corirrs. nMur^ . CAPITOLO VIL Bel delitto di Lefa Maefld . CAPITOLO Vili. Bella prava applicazione del nome dì delitto facrilegio yO di Lefa Adaejia . CAPITOLO IX. » Continuazione dello JìeJfo [oggetto . CAPITOLO X. 17 18 :lo mtìnuazione dello [ejfo [oggetto 22 ^ CA- Ivi. CAPITOLO XL penjteri . CAPITOLO XIL JDcUs ’p^ì’olc 2}7dÌJc'/'Ct€ , CAPITOLO XIII Belle Scritture^ CAPITOLO XIV. dd pudore ndU pmiùonc dd de. 3-5 CAPIt olo xv. 27 29 BellUffrmce,; lo fihUvo per accufare il p^edro- capitolo XVI. Calmnìe nel delitto di lefa Maefià Capitolo xvit. Bello feoprimemo delle congiure . I capitolo xviil nelle RepuHliche il punir foverchtamnte U delitto di kja Maejìd , ^ Z a 5 CA- 50 vi CAPITOLO XIX. Come fòfpendajì ndU RepHbhlica V ufo della li¬ bertà . 3 3 CAPITOLO XX. X)dle favorevoli alla libertà -del Cittadino nella Repubblica . 3 5 CAPITOLO XXI. Veliti crtidelfa delle Leggi verjo i debitori nella Repubblica . 5 ^ CAPITOLO XXU. Delle cofi i che attaccano la liberta nella Monar¬ chia . .39 CAPITOLO xxnr. Delle spie nelU Menar chi» . 4 “ CAPITOLO XXIV. Delle lettere'cieche . 4 ' CAPITOLO XXV. Del modo dt governare nella JlLonarchta . . 4 ^ CA- CAPITOLO XXVI. vii Che nella Monarchia il Sovrano ejfer dee accej-^ Jthile, 43 CAPITOLO xxvir, Pe* cojlfinti del Monarca . ^^4 C A P I T o; L O XXVIIL pè riguardi , che i Monarchi debbono a" loro fudditi . 41 CAPITOLÒ XXIX. Pelle Leggi civili atte a porre fin poco di libertà nel governo Difpotico . CAPITOLO XXX. Continnazjone del medejtmo /oggetto . 47 LIBRO XUL jj De" rapporti, che 1* efazionc Tributi, 3 > ^ L grandezza deile pubbliche entrate ,, hanno colla Libertà . capitolo primo. Delle rendite delle Stato , 45? CA- Che e ragionar ina,le II dire, che la grandezx.a de' t^lkitl fia hmna per fé JìeJfa . jo , CAPITOLO III. JOe^ tributine' paejl, In cui nna porzione del popo¬ lo è /chiavo del terreno ( ferva gleba . ) |2 CAPITOLO IV. D* una Repubblica In cafo /migliante . CAPITOLO V. D'una Jbfonarchia In cajò /mlgliante, CAPITOLO Vi. jy uno Stato dljpotlco In cafo fmlle. CAPITOLO VII, 54 Ve^ tributi ne* paef , ne* ^uall non è /abilito II Jervaggio della gleba , Ivi . CAPITOLO Vili. CAPITOLO IX. i?' »ntt cattiva Jhepte d* h»pojÌ2.Ì0ne . CAPITOLO X. ÌX che la grandez^z.a de* mhml dipende dalla natura del governo . CAPITOLO XI. Delle pene fifiali . ^ j CAPITOLO XIL Rapporti della grandez.z.a de* Tributi còlla Li¬ berta. ^ 2 . capitolo xiil In <^uah governi fieno i tributi fufcettibili d* accre- fctmsnto . ^ CAPITOLO XIV. Che la natura de* tributi è relativa al qover- ^ 6i C A P I T O L O XV. Ah ufi della libertà, * * CAPITOLO XVL Delle comjuijle de* Maomettani , CS CA- i X CAPITOLO XVII. Accrefcimento delle truppe . Cp CAPITOLO XVIII, t)el condonare t Trìhun . 70 CAPITOLO XIX. Che Jta più conveniente ai Sovrano^ ed al Popolo^ 0 P appalto^ 0 V ammimflrar da fe ì TrihfftL 71 CAPITOLO XX. De^ Daz.Ìerl. 7 4 LIBRO XIV. jj Delle Leggi net rapporto , che hanno colla ,, natura del clima . „ CAPITOLO PRIMO. / Idea generate * ‘ 7 ^ CAPITOLO n. Quanto fono gli uomini diferenti ns‘ diverfi eli- mi. Ivi. CA- GAPiTOtO HI. 4 ComraddUlone m' cArfittert dì certi Popoli meri- dìomli . - ^ ^ CAPITOLO IV. if^Agìone delP ìmmHtAhìUtk della Religione ^ de’ j Jlfimì j delle maniere , delle Leggi ne’ paejì o- \ rìentali. 8 4 ' CAPITOLO V. Che i pravi Legislatori fono éjtielli, che hanno fe¬ condato i vìzi del cllma^ e che fon buoni ciuci¬ li che fonoviji oppojìì, 8 5 CAPITOLO VI. * Della coltivazàone delle terre ne’ paefì caldi. 8ó CAPITOLO VII, I Del Monachifmo . CAPITOLO viir. S7 I Buona ufanza della China , 8S CAPITOLO IX. i Mezxì d’ incoraggiare 1 ‘induflria , 85 CA- I CAPITOLO X. Delle Leggi t elative alla fohYtetk de* popoli , je CAPITOLO xr. Delle Le^^ì velMtve ^lle del * 9 j CAPITOLO XII. Delle Leggi cantra i Smeiài, CAPITOLO xm. Duetti rìfultanti dal clima dell* Inghilterra . 5?7 * * CAPITOLO XIV. Altri effetti del clima, 515 CAPITOLO XV. Della differente fìdanz,a , che le leggi hanno nel popolo i fecondo i climi. loi ì X112 LIBRO XV. j> Come le leggi della fervicù civile hanno relazione colla natura del clima . j, CAPITOLO PRIMO. Velia fervuti Civile . i CAPITOLO IL Origine del diritto di^fihiavitH frejfo ì Romani Gmreconfulti . loj CAPITOLO III. ^Itra origine del diritto della fervuà . io? CAPITOLO IV* 'iltra origine del diritto di firvitii 11 o CAPITOLO V, '^elU fchiavitù de^ Negri . 111 capitolo vi. «righe M diritte dilU ferviti . 113 C XIV '•5 CAPITOLO VII. orìgim del diruto della fervuti. CAPITOLO Vili. Inmìlìta della fihlavuà ne' nojlrl climi . né CAPITOLO IX. Delle Nazioni , prejfo le qnali la libertà civile è generalmente Jìabilita\ iifH CAPITOLO X. Diverfe Jpecie dì fervaggi , ni CAPITOLO XL 00 5 che dekhon fare le leggt rapporto fcbiavità . CAPITOLO XII. Ahfifo della fihiavità, CAPITOLO XIIL Danno del numero grande degli Schiavi . no iin CA' CAPITOLO XIV. X 7 Dtgli Schiavi armati. “5 CAPITOLO XV. CotitinHax,iott 6 dtl mcdejìmo fisfcttc . CAPITOLO XVI. Cautele da preaderji net governa moderato . 11 j CAPITOLO XVII. Cigolamenti da farj! fra il padrone vt . * jchh'‘ 1 ìS capitolo XVIII. Belle jran CAzjoni , capitolo XIX, Be^ll affrancati t c degli eunuchi * *33 L 1 B R O XVI. xvi Come le leggi del fèrvaggio domeflico a, hanno del rapporto colia Natura del Clima „. CAPITOLO PRIMO. X)elU domefllca fervmt • 136 CAPITOLO IL Che ne* paejt meridionali vi ha ne*dfte fejji una di/U~ gHaglianz.a natarale . Ivi . CAPITOLO III. che la pluralità delle mogli dipende molto dal loro mhntenimento. • . ^ 3 ? CAPITOLO IV. i Della Poligamia . Sue diverfì circofiansLe . 14^ CAPITOLO V. Ragione d* una Legge del Jldalabar, 142- •CA- xvil CAPITOLO VI. DeliA polìffamia in fe fiejfa . CAPITOLO VII. Dell ugf4aglia,nz^a del trattamento mi cafi della plfiralìta delle megli . CAPITOLO Vili. Della [eparaz^ione delle femmine dagli uomini. 14J capitolo IX. Vnione del governo dome fico col politico . 146 capitolo X. Principio della Morale P Oriente , 147 CAPITOLO XI. indipendente dalla poliga-. I JO capitolo XII. Del pudor naturale . I 1 CA- Xvill CAPITOLO XIIL l)ella Gelojla . i ) I CAPITOLO XIV. Del governo della cafa in Oriente . Ivi. CAPITOLO XV. Del Divorzilo , e del Ripudio . 1)4 CAPITOLO XVl. Del ripudio , e del divorz.io prejfo i Romani, i J 6 LIBRO XVlI. Come le leggi della polìtica lèrvicù hanno j, del rapporto colla Natura „ del Clima CAPITOLO PRIMO. Della fervi tu politica » CAPITOLO II. Differenza de* popoli per rapporto al Corag¬ gio , 16 i CA XIX 1^4 1^9 CAPITOLO III. I>d clima dcW Afa . CAPITOLO IV* ConfegHenx.a di queflo ^ CAPITOLO V. Che quando i popoli fettentrionall deW Afta , e quei ddfettsnmone Europeo hanno conquiflato , ali m ^on erano gli ejfem della conquìfla. 170 CAPITOLO VI. capitolo vii. Ì>‘n‘ Africa ., « dell- Ararne a. 174 Capitolo viir. ^ella Capitale ddV Impero . , , r xjq LI- libro XVIII. 3, Delle Leggi nel rapporto, che hanno colla ,, natura del terreno. jj CAPITOLO PRIMO. Come U natura del terreno influtfca CAPITOLO li. 176 178 j 8 o ContlnuazSone del medejimo * CAPITOLO IIL QHdi fono ì fuefi ptù colthan . capitolo IV. ! fitti dilla fertilitd, i dilla fttrtltta d^H capitolo V. ,r, Ivi popoli dello • capitolo vi. Di' faij! firmati dall' indafiria digli «om- m, ra. ÌXÌ CAPITOLO VII. V Delle Opere degli mminì , CAPITOLO Vili. Rapporto generale delle Leggi, 187 CAPITOLO IX. Del terreno dell" America . CAPITOLO X. Del numero degli uomini nel rapporto con la ma¬ niera , colla (^uale Ji proceurano la fujjìjicn- ■ 18S CAPITOLO XI. Dt’ppoli fdvaggi, , dt‘popoli Mari. ,$5 CAPITOLO XII. col. tivano le terre 15)0 capitolo XlII. Delle Ugge civili pref, i popoli , che non coltiva- no te terre . ICfl CA- b 3 xxii CAPITOLO XIV. Della Stato politico de* popoli , che non coltìvam le terre . ^ 9 ^ CAPITOLO XV. popoli , che conofcono 1 ‘ nfo della mone¬ ta . CAPITOLO XVI. Delle le^^i civili prejfo i popoli j che non cottO’- fiono l* ajo della moneta . ^ ? 3 CAPITOLO XVII. Delle Leggi politiche prejfo i popoli» che non han¬ no r te fi della moneta . CAPITOLO XVlIL Forzji della fuperJìiz.ione, CAPITOLO XIX. Della libertà degli Arabi , e della firvità de ^Tartari. i fjó CAPITOLO XX. Del diritto delle genti de* Tartari . CA- xxiii CAPITOLO xxr. Leggt civile de’ Tartari, j^p CAPITOLO XXII. D ttaa Ugge civile de’pepcli della Cermatiìa, 200 CAPITOLO XXIII. Della lunga chioma de’ Re Franchi . 208 CAPITOLO XXIV, De’ Matrimoni Re Franchi. 209 CAPITOLO XXV, Childerico . Capitolo xxvi. Della maggiorità de’ Re Franchi . IvJ, capitolo xxvii. Continuazione dello Jlefo [oggetto. ‘ ' '213 capitolo xxvin. Dell ^doz.ione prejfo i popoli della Germania. 214 b 4 CA. f xxiv CAPITOLO XXIX. Spirito fangHÌnarlo de Re Franchi. 2, i 5 CAPITOLO XXX. Delle ajfemblee della Nazjone prejfo i fran¬ chi . . 2. ^ ^ CAPITOLO XXXL DeW autorità del Clero nella prima raz^z^a . 2, r 7 LIBRO XIX, 3j Delle Leggi nel rapporto , che hanno co principi > formano lo fpirito genera- le, i coftumi , e le maniere d' una „ Nazione CAPITOLO PRIMO. Soggetto di quefla Libro . ^'^9 9 CAP^ITOLO IL Quanto è necejfario per le Leggi migliori ychc gli animi fieno difpqfli . -i© CAPITOLO IIL Velia Tirannià . 2.1 r CA- CAPITOLO IV. Cofit jipt lo Jpmto generale . CAPITOLO' V. XXV IZi Quanto convenga avvertire di non mutare Ytto generale d‘ una Nazione . CAPITOLO VI. Non ejfer necejfario il corregger tutto . * CAPITOLO VII* Degli Atenieji ^ e de’ Lacedemoni, 124 12 | CAPITOLO Vili. Ejfetti dell" umore fociabile . Ivi. capitolò IX, Della vatìhk ^ e dell ot godilo delle l^az^ionì. zió CAPITOLO X. Del carattere] Chinefi . C degli Spagnuoli ^ A P I T O L O e di quello de' 22S XI. ^ifiejfone . b ^ 219 CA- I !txvi CAPITOLO Xir. Delle maniere, e de' cojlitmi «elio StMo Dèfie- tìco . Ivi. CAPITOLO XIII. Delle mmìete prejfo i Chi«eji . i 51 CAPITOLO XIV. Qudh JieHo i fiMUTdH di i mi e h m^HUT€ Ufii$ ti^^tone * Ivi * CAPITOLO XV. Influenza del governo donoejllco fui politico 134 CAPITOLO XVI. Conte hanno confitjt Alcuni Legislatori i principf che governuino glt * CAPITOLO XVII. Tro^rietk -partìcol^TC del governo della China» i J ^ CAPITOLO XVIII. Confeguenz^a del precedente capitolo , 2.5^ xxviì CAPITOLO XIX. Come fi è fermio, tjuejìa untone della. Religione » delle Leggi, de* cofiumi e delle maniere , pref fo i Chinefi* CAPITOLO XX. Sflegaz,ion€ d* un par ado fo [opra l Chinefi CAPITOLO XXL Come le leggi debbo» e fere relative a* coftumì , ed alle maniere . CAPITOLO XXIL Continuazione del medejtmo Soggetto , CAPITOLO XXIII. Come le leggi feguano i cojlumi. CAPITOLO* XXIV. ContiHH^z^io?ì€ d^llo I CAPITOLO XXV. Continuazione del medejimo /oggetto . 145 i44 Ivi* 147 CA- XXV lU CAPITOLO XXVI. Contìnuazjom dello JleJfo /oggetto . 14S CAPITOLO XXVIL Come le l^ggi pojfdfio contribuire a forimtre i co~ fiumi 3 le maniere , ed il carattere d’una Na- xionè. Ì49 LIBRO XX. yì Delie Leggi , nel rapporto, che hanno j, col commercio con fiderato nella fu a natura;, e nelle fue diftìnzìoni „ . CAPITOLO PRIMO. Del commercio . CAPITOLO IL » Dello /pirite del Commercio . CAPITOLO IIL Della povertà de* popoli* CAPITOLO IV. Del commercio de diverfi governi , 2^4 2 (J^ 26S ivi CA- XXIX CAPITOLO V. De’ popoli , che hanno fatto il commercio econo¬ mico . 2.71 CAPITOLO VI. Alcuni effetti d’ ma grande navigazione . 275 CAPITOLO VII. Spirito dell’Inghilterra intorno al commercio, 271 CAPITOLO Vili. Come s’impedifce talora il commercio economico,lyG CAPITOLO IX. De ir efclujìva in fatto di commercio. ^77 CAPITOLO X. Stabilimento proprio al commercio di economia 178 CAPITOLO xr. Continuazione del medefmo foggetto . 280 CAPITOLO XII. Della liberta del commercio. j.81 CA- XXX C A P, I T O L O xiir. ciò che dìflrptffge ^nefla lihertk . iSi C A P I T O L O XIV. .Delle Leggi di comMercio j che tolgono Jhazdone delle merci . la eonf- 285 CAPITOLO XV. Dell^ ritenxdone de’ corpi. 284 CAPITOLO XVI. Bella Legge , 28/ CAPÌTOLO XVIL Legge di Rodi , 00 CAPITOLO XVIII. De’ giudici per lo commercio, Ivi. CAPITOLO XIX, Che il Sovrano non dee fare il commercio . iS; CAPITOLO XX. ContinHax.ÌQne del medefmo foggetto * 2S8 GA- XXXI CAPITOLO XXI. Dd coTtìmercto della nobiltà nella Jiionarchla, CAPITOLO XXIL Rijiejfionì particolari. 2-5?® CAPITOLO XXIII. ^ ifuali Nazjonì è /vantaggiofi il commer¬ cio . 295 LIBRO XXL Delle Leggi nel rapporto , che hanno col j, commercio confiderato nelle rivoluzio- ,, ni, che ha avute nel Mondo „ , CAPITOLO PRIMO. Alcune confiderazioni generali. CAPITOLO IL De* Popoli d* Africa . 297 299 CA- xixìi CAPITOLO III. . €he i hljo^nt de^ popoli merìdìondi fono diverjid^t qHelli de* popoli del Settentrione . joo CAPITOLO IV, I>iferenz ,4 principale del commercio degli antichi da quello de* nojìri giorni . joi CAPITOLO V. Altre dijferenae . CAPITOLO VL Del commercio degli antichi ^ 505 CAPITOLO VII. Del commercio de* Greci . 51 j CAPITOLO Vili. D* Alejfandro , Sua conqmfa , ^ly CAPITOLO IX. Del commercio de*Re Greci dopo Alejfandro , jit XXXU! CAPITOLO X. Del giro deW Africa . 330 CAPITOLO XL Cartagine e Marfiglia . 334 CAPITOLO XIL Ifola di Deio . Mitridate , 342 . CAPITOLO XITI, Del genio de* Romani per la marina. 345 CAPITOLO XIV. Del genio de* Romani pel commercio , 34^ CAPITOLO XV. ComtntTCto Ro7?^a?7Ì co* Barbavi * 348 CAPITOLO XVI. Del commercio de* Romani coll* Indie . Arabia , e coll* 549 CAPITOLO XVII. Del commercio dopo la difiramione de^ Romani in Occidente. jU CAPITOLO XVIII. Regolamento particolare . CAPITOLO XIX. Del commercio dopo /’ indebolimento de^ Romani in Oriente • 5^7 CA- .XXIV CAPITOLO XX. Come Ad onta delU hArioArìe , s‘ ìnfinm tl commercio in Europa. Iyj_ CAPITOLO XXI. Scoperte di due nuovi Adondi : Stato dell’ Euro~ pa a tal riguardo . józ capitolo xxri. Delle ricchez.z,e , che la Spagna ritrajfe dall’ jdfne~ rica . jóy CAPITOLO XXIII. Problema. libro XXII. -, Delie Leggi nel rapporto , che hanno con P „ ufo delia moneta ,,. CAPITOLO PRIMO. Ragione dell’ ufo della moneta . 57J CAPITOLO IL Della natura della moneta . ^77 CAPITOLO III. Delle monete ideali . ^81 CAPITOLO IV. Della (quantità dell’ oro f e delP argento , ^83 CAPITOLO V. Contìnuazàone del medefmo [oggetto . 584 CA- XXXV CAPITOLO Vf. Per (^ual ragione il presiz.o deli’ ufnra fcemo del' la meta nel tempo delia /coperta deiP Indie. 3 8 y CAPITOLO VII. Come Jt /JJl li prez,z,o delle cofè nella variazione delle ricchez.z,e di Jegno . jS/ CAPITOLO Vili. Continnazione del medejìmo [oggetto , 389 CAPITOLO IX. Della rarità relativa dell’ oro , e dell’ argento. 391 CAPITOLO X . Del cambio . capitolo XI. Delk operazjom , che fecero è Romani fopra le monete , ^ 409 CAPITOLO XII. Circojlanze nelle ^uali i Romani fecero le loro operaaioni [opra la moneta . ^08 capitolo XIII. ^Kadlr'r ^<>nete nel tempo degV Impe^ 41 o capitolo XIV. Come il cambio rifirmge gli Stati Difpotici. 41 z capitolo XV. Vfi d’ alcuni paefi d‘ Italia. 4,5 CA- XXXV1 CAPITOLO XVI. Del foce or fi che pm ritrarre lo Stato da* Ban^ chieri . 414 CAPITOLO xvir. De* debiti pùbblici . Ivì CAPITOLO xvni. Del pagamento de debiti pubblici , 417 CAPITOLO XIX. Delle impreflanz.c ad interejfe , 415» CAPITOLO XX. Delle ufure 'marittime . 4^1 CAPITOLO XXL DelV imprefianz^a per contratto , e dell* ufar a prefi fi i Romani , Ivi. CAPITOLO XXIL Conùnnazjone del medefimo foggetto . 4^^ I DELLO SPIRITO DELLE LEGGI libro XII. Delle Leggi , che formano la Libertà Politica nel Tuo rapporto col Cittadino. capitolo primo. Idea dì ^uejio Litro , 'Aver trattato della politica liber¬ ta nel Tuo rapporto con la Cofti- tuzione , non è tjuanto bada ; ma conviene altresì che facciali rileva¬ te nel rapporto, che ha la medeli- ma col Cittadino, Diffi , efftr ella nel primo cafo formata da una certa diftnbuzione delle tre poterti ; ma nel ftcondo fora' è confiderafla fotto un’ altra idea ^ Sonf'che o nelPopi: Potrì Hn h re ^ ptopria ficurezza , Potrà daiTi, che libera Ha la Coftituzione , e Tom.iL * ^ 4 che É z Dello Srinixo che non lo fia il Cittadino. Potrà il Cittadino cOer libero , e non efTerlo la Coftituzione In tal cafo la Coftituzione farà libera di diritto , e non di fatto : il Cittadino farà libero di fatto , e non di diritto. La fola difpo/ìzione delle leggi, ed anche del¬ le Leggi fondamentali , quella fi è , che forma la libertà nel fuo rapporto con la Coftituzione. Ma nel rapporto col Cittadino pofìbn farla na- fcere i coftumi , le maniere , gli efempj rice¬ vuti ; e favorirla certe leggi,come vedremo nel prefente Libro . In oltre nella maggior parte degli Stati rro- vandofi la libertà più riftretta , contraftata , o depreflà, di quello richiegga la loro Coftituzio¬ ne, è bene di far parola delle Leggi particolari, le quali in ciafcuna Coftituzione pofibno fofte- nere , o alterare il principio della libertà , della quale ciafeun d’effi elTer può fafeettibile (a). CA- (a) Noi dobbiamo in quello luogo fare ali’ Auto¬ re il rimprovero medefimo , che piu fiate gli abbiamo fat¬ to . Niuna nettezza, niuna precilione , ntuna efatrezza > non meno in quello Capitolo , che in quei, che feguo- no : per rilevarne il fenfo, forz’c fviluppare le fue idee. Nel Capitolo III. del libro precedente ci ha detto, che la libertà politica non confìfis nel fare ciot che fi vuole •, e vi aggiunge da uomo grande, che in uno Stato, -la liberta non può conjtjìere , che nel poter fare db , che fi dee vot lere , e nel non ejfer ecfiretto a fare do , che voler ^ non fi dèe , Siccome quella definizione- è applicabile alla liber¬ tà naturale, ed alla civile , di pari che alia politica, con¬ viene dilucidar quello pafib per ìiluftrare ciò, che in pfo- CTrcI- Velie Leggi. L'ib. XII. Cap.II. 3 CAPITOLO ir. Velia libertà del Cittadino , C Onfìfte la fìlo/ofìca libertà nell’ efercizio del¬ la propria volontà, o per lo meno ( ie fìa necefTario parlare in tutt’i IJftemi ) nell’opinio¬ ne , che uno^ ha , cl^ eiercitare la propria volon- ta {^) • La liberta politica conlìjfte nella lìcurez- la libertà nel poter fare le letroi na7 poter fare tutto quello , che civile nei preferirono ; nello flato Te PrehrlionJ / , ’ t eiri^ quefte le^gi non prefertveno . Le leggi della Società civi* i kctldlfT'i- '‘SS^ fenda.J:;'!. ri'diftinta k m volgarmente civilij cosi fa- le ia l ! ■ relativamente allo flato natata- li aa f^““ngaera relativamente alle leg&i fondamenta- -Ile leggi civili . Teismo cliia-i , QUIEU che [f fiTnr^fl dice il MONTES- uno ha d- LdtÌ'"l nell'opinione, egli fare a ,nenoT _la_ propria volontà. Ma poteva nione de’ nemici conhderazione la flrana opi- intima noftra cofeienra ^ curando i’ fce. che fwmo ammoni- Ilare ^ pregio ci vogliono fpo» II 4 DelloSpirito za, o per Io meno nell" opinione ^ che lì hn del¬ la propria lì cu rezza . Siffatta frcm‘sz.z^a non è mai tanto inveflica , quanto nelle accufe pubbliche, o private . Adun¬ que la libertà del Cittadino dipende principal¬ mente dalla bontà delle les^gi criminali (a ). Le chiamafi naturale, pel fecondo riguardo politica, zo riguardo civile . Ecco ciò , che avrebbe dovuto ugnarci 1* Autore ,‘ìn vece di confondere quelle iieeeiiane diitinzioni , fenza le quali è impqllìbile 1 intenderlo. Me¬ glio ancora avrebbe fatto , le li folle attenuto alla dei - nizione data da’Romani Giurifconfulti alla libeicaj c iia- mando. ( per rapporto a’ cali , de quali qui li la facoltà di fare ciò, che fi vuole, a > eh’ è dalle leggi vietato : poiché quella denmzione , a quale contiene precifamente le tre Ipecie di liberta a noi indicare, é molto piu adeguata. _ Paflìamo ora alle confeguenze rirultanci da ciò, che abbiam detto relativamente al foggepo c c tra ta .1 Signora di MONTESaUiEU,. l'o.chc u a,io Sesto je ieesi civili efcludono lira volontr%iò , eh’ elTe. ftabilifcono per due u- guardi vi fi trova limirata a nollra liberta > I. per rapporto alle leggi fondainentali , z. per to alle leg^i civili. Quella liberra cosi doppiamente li¬ mitata fi rquella, che il nollro Autore chiama p^. Nel Libro precedente l’ha egli confidciata ^ _ j alla Coftituzione, cioè, relativamente alle [ mentali : ora la va confiderando relativamente alle Ie»g civili: € noi rileveremo, che pecca in e altezza R quello fecondo punto, come ha peccato fui primo ( K fief d’un Anon. J j-uTrkMTFS- fa ) Abbiam veduto , come il Signor ii , QUI EU ci ha detto , che la politica libertà ^ pur fare ùb > che fi dee volere, ec. Ci fa ora lap ^ • Delle Leggi . Lib. XIT. CapJI. ^ Le leggi^ criminali non fono /late ridotte alla loro perfezione tutt' in un fobico j in quei luo¬ ghi medefimi, ove fi è più cercata la libertà, non vi fi è Tempre trovata. Ci dice AriflottU (h) , come a Cuma potevano efière te/limonj i paren¬ ti dell'accufatore . A' tempi de' Re di Roma sì imperfetta era la legge , che Servio Tullio prò* nunzio la fentenza centra i figliuoli d'Anco Mar¬ zio , accufato d'avere afiàlTìnato il Re Tuo Suo¬ cero {c ). Sotto i primi Re Franchi Clotario fece una Legge {d) , perchè un accu/ato non potefiè e/Iere condannato , fenza efière afeoleato ■ Ì1 che prova una pratica contraria in alcun cafo parti- .! colare , o preflo alcuna barbara popolazione. Ca- ronda fu quegli, che introdufiè i giudizj , con¬ che la medejtma confifte nella ficurenza , o almeno nell' opinione , chs fi ha della propria JìcHrez.x,a . E come fiffat- te differenze? La libertà naturale è Ja facoltà di fare ciò alno dal dintto d impedircene I’ ufo , o di riftrineerlt • ... nomina ficurezza : oca uipponendo le pub- bliche, o ferivate accufe il diritto d’ attaccarci fu P ufo della ^liberna naturale , è dunque vero , che tal' fìcurezza non e mai tanto attaccata , quanto nelle pubbliche o private accufe: e poiché le leggi criminali quelle fono d eie limitano la naturai libertà colla minaccia d’alcun grave gaftigo , è vero altresì, che dalla bontà delle Le<^- gt criminali dipende principalmente la lìberià del Citta¬ dino . C RiHef. d’un Anon. ) (h) PoUt. Lib. II. Ptifeo. V.Dion, d’Alicarnaf. Lib ly. (d_; L anno 5 So. c Dello Spirito tra i falfi teftimonj (e) . Allorché T innocenza de Cittadini non è in ficuro , non lo è neppure la libertà . Le cognizioni, che fonofi acquiftate in alcun paefe , e che negli altri fi acquifteranno , fopra le regole più ficure , che li pollono ollèrvare nc giudizi criminali, intereflàno 1' umana generazio¬ ne più di qualfivoglia altra cofa del mondo . ^ Sopra la fola pratica di fiffatte cognizioni può efièr fondata la libertà ; ed in uno Stato *1 j- 1 ^’ le avefie fopra di ciò le migliori leggi ^pofiibih , un uomo , al quale fi faceffe il proceflo , e che cffer dovefiè impiccato il di feguente , farebbe piu libero , di quello fialo un Bafsa in Turchia f/j* CA- 1 (e) Ariftotile PolLp ^>VVxXXiV^' Lcaoi in Turio nell’ Olimpiade LXXXi . ti gli efemp) da =<1° riportati in tjue guente Capitolo, non fon cavati Sp perfe - i„a dalla d ‘ £do^a ragione di rpn‘ncl;!.,ncinc la ÌrtCa«' oÀ Tp-^'a“ difS-a , =; che .a «« ad cfTere direttamente attaccata da T ’ e liffatta difefa • ( Riflef. d un Anon.; Delie Leggi . Lib.XII. Gap, III / CAPITOLO IH. Contìnuazjone del medeJìmQ /oggetto . L e Leggi, che perir fanno un uomo falla de- pofizione d’ un folo celHmonio , fono fata¬ li alla libertà (a) : la ragione n’ efige due ; im¬ perciocché un teftimonio che afferma , ed un ac¬ ca fato , che nega , formano una divifione , e vi vuole un terzo per evacuarla , I Greci (h), ed i Romani (c) , per condan¬ nare efìgevano un voto di più . Le noftre leggi Franzefi ne voglion due. Pretendono i Greci , che l’ufo loro folte flato ftabilito da’Numi (iilj ; A4 ma (a) Nuova inavvertenza . Porta la Legge pena di morte per tal delitto : la l'orma giudiciaria permette il giudicare fopra la dejpofizione d' un fol teftimonio ; non e la legge., ma bensì la maniera di procedere con tra i‘ acculato , che in velie la libertà . Talora, a dir vero, le leggi , che ftabilifcono alcuna pena , portano ad un tem¬ po llelTo in qual modo farà giudicato della vecità del fatto-, e come lì procederà contro al reo: ma in quelli caft medefimi forz’ è diflingLiere la parte della Le^»-we che ftàbiUrce la pena , da quella , che regola il modo , con cui'un accufato può elTere attaccato, e difero, e co¬ me debbaft procedere nell’ amminiftrare la vlullizia. ( Fvi- flef. d’ un Anon. } ® fb) V. Ariflìde y Orai, in Minsr'viim. (c) Dionigi d’ Alìcnrn, Sopra il giudizio di Coris- Unoy Lib.VII. (à) MinsrvA calettins , § DelloSpjrito ma egli è più tofto il noftro (e) CAPITOLO IV, che U liberta è favorita dalla natura delle pene , e dalla lor proporóone . E li trionfo della libertà j allorché le leggi cri¬ minali prendono ogni pena dalla natura par¬ ticolare del delitto (a) . SÌ dilegua turco Tarbitra- rio i la pena non difcende dal capriccio del Le¬ gislatore , ma dalla cofa i nè è più P uomo, che alP uomo fa violenza . Vi fono quattro forte di delitti. Qciei della prima fpecie inveftono la Religione : quei della feconda , i coftumi : quei della terza , la tran¬ quillità : e quei della quarta , la ficurezza de* Cittadini . Le pene, che h danno , deggiono de¬ rivare dalla natura di eiafcuna di quelle fpezie. Non pongo nella claflè de* delitti, che interef- fano la Religione , fe non quelli , che diretta¬ mente la inveirono , quali fono tutt* i {empiici ia- crilegj . Imperciocché i delitti, che ne difturba¬ no (t) Tatto qaefto rirguarda non le leggi criminaii propriamente dette, ma la forma giudiciaria , e la ma¬ niera d’ amraìniftrare la giuftizia . ( Riflef. d’im Anon. } (a) Qni folo propriamente comincia il noftro Au¬ tore a parlare dell’ ed-ètto delle Leggi criminali fopra la libertà . Tutto quello, eii’ei dice nel rimanente di quefto Libro c degno della più grande attenzione , ( Riflef, d un Anon,} Dhlle Leggi. Lib, XII. Cap.IV. f Ilo I' efercizio , fono della natura di quelli , che turbano la tranquillità de’ Cittadini, o la lor fi- curezza , e debbon riferirfi a quefte claflì. Affinchè la pena de’ femplici facrìlegj fìa ca-.' vata dalla natura (b) della cofa , dee conhftere nella privazione dì tutt’ i vantaggi, che dà la Re¬ ligione : r efpulfione dalle Chiefe ; la privazione della focietà de’ fedeli per un tempo , o per fem- pre : la fuga dalla loro prefenza j 1’ efecrazìoni , le deteftazioni, gli fcongiuri. Nelle co fé , le quali turbano la tranquillità, o- la ficurezza dello Stato , le azioni occulte appar¬ tengono alla giuftizia umana. Ma in quelle, che offendono la Divinità , ove non vi è azione pub¬ blica , non vi è materia di delitto : tutto ivi fe- gue fra 1’ uomo , e Dio , che fa la mi fura , ed il tempo delle fue vendette . Che fe, confoìiden- dolecofe, il Magiftrato procede, ancora fui fa- crilegio occulto, fa un’ inquifizione fopra un ge¬ nere d’azione , ove non è necedaria : diftrugge la libertà de’ Cittadini, coll’ armare contr’effi Ìl zelo delle cofcienze timorate ; e quello delle co- fcienzc animofe {^). Il fb) S.^ Luigi fece leggi si eccelTive centra chi giu¬ rava , che il Papa lì credette obbligato ad avvertime¬ lo. Ciucilo Sovrano moderò il Tuo zelo , e mitigò le fue Leggi. Vedi i faci T-ditti . Falfo è , che nell' azioni, che offindono la di¬ vinità , ove non v’ c azione pubblica, non v’ è materia di delitto. Nafcc per verità il delitto dalla tralgteffione del-. 10 Dello Spirito Il male è nato da quella idea , che convìen che Ci vendichi la Divinità . Ma bifogna far ono¬ rare la Divinità , e non mai vendicarla. Di fat¬ to , fé altri fi lafciafle guidare da quella feconda idea, qual farebbe il fine de' fupplizj > Se le leg¬ gi degli uomini debbon vendicare un edere infi¬ nito , elle regoleranno fi a norma di fua infinità, e non a nonna delle debolezze , delle ignoranze, e de’ capricci dell'umana natura. Un Illorico Provenzale (c) riferifce un fatto ,, 11 quale ci fa una egregia pittura di quello fia capace di produrre in anime deboli quella idea di vendicare la Divinità . Un Ebreo accufato d’ aver bellemmiata la SantilTima Vergine fu con¬ dannato ad edere fcorticato . Alcuni Cavalie¬ ri mafcherati armari di coltello montarono fui palco , e ne cacciarono l’efecutore , per vendi¬ care edd de di l'onore della San ti dì ma Vergine . .. Non voglio prevenire le ri dedio ni di chi isGige. La feconda ciadè è de' delitti con tra i coda- mi della legge. E chi offende Ja divinità , febhene in occul¬ to , fa beniifimo centra la legge. Per delitto occulto contra la divinità, pare, che MONTESQUIEU voglia intendere non quello, che al folo delinquente è cogni¬ to j ma bensì quello, eh* è noto ad altri , febbsne pub¬ blico non da. Ed in' quella fpecie di delitti a torto nie- ga r autore, che il magifttato poHà inquidre . Que¬ lli delitti pure polTono turbare la pubblica pace, quando pian piano d polTono diffondere. Ed il magi/lcato nel pu¬ nire non intende vindicare la divinità 5 ma piuctollo mantenere tranquilla la religione, e la pubblica pace , (c) Il Padre Bougerel, Dj-lle Leggi. Lib.XII. Gap. IV. i* mi. Tali fono la violazione della pubblica , o del¬ la privata continenza j vale a dire j della polizia intorno al modo, con cui debbonfì prendere i pia¬ ceri annefll all’ ulo de’ leiifì, ed all unione de corpi (’^) . Anche le pene di tali delitti debbon trarfi dal¬ la natura della cofa . La privazione 'de’ vantaggi, che la Società unì alla purità de’coftumi, le mul¬ te , la vergogna, 1’ obbligazion di nafc onde rii , la pubblica infamia , 1’ efpulhone dalla Città, e dal¬ la Società : in fomma tutte le pene , che fono della giurifdizione correttiva, ballano per repri¬ mere la temerità de’ due felli. Dì fatto cofe tali non tanto fono fondate fopra la malizia , quanto fopra la dimenticanza, o fopra il difpregio di fé medelimo. Non fi tratta in quello luogo fe non de’ de¬ litti , che unicamente interellano Ì colìumì, non di {'’f) L’Autore de V Efprìt des loix qHÌnteJfencié non fuor di proposto avverte , che qui MONTESQUIEU parla più da Cavaliere , che da Giureconfulto . Secondo il coftui fentimento violare la continenza pubblica o pri¬ vata altro non è che peccare centra la polizìa . L’adul¬ terio dunque , la proftit azione, i coramerej , che tendo¬ no unicamente a Soddisfare le paffionì fregolate, faranno innocenti, fe la polizia non li punilfc ? E’ vero , che le pene della giurìfaizion correttiva baftano per reprimere la sfrenatezza de’ due feifi ; ma Ì1 dire , che alla polìziar s’ appartiene il regolar la maniera , di cui etE debbon go¬ dere de’ piaceri attaccati alla eongiunzion de’ loro cor¬ pi , è quella una malTima deteftabile. Le leggi civili non fono giufte, che quando han per baie la legge della natura. li 'Dillo Spirito di quelli j che urtano ancora Ja pubblica /icurez- za » come il ratto , e la violazione , che fono della quarta fpecie . I delitti della terza claflè quelli fono, che ur¬ tano la tranquillità de' Cittadini ; e le pene deb- bon eflerne prefe dalla natura della colà, e rife¬ rirli a quella tranquillità ; come la privazione , i'efilio, le correzioni 3 ed altre pene, che ricon¬ ducono gli rpiriti inquieti , e fannoli rientrare nell’ ordine frabilito . Riftringo i delitti con tra la tranquillità alle co- fe, che contengono una fempliee lehone di poli¬ zia : poiché quegli , i quali, col turbare la tran¬ quillità , in vedo no ad un tempo llcflb la heu- lezza , debbon riferirli alla quarta clalìè. Le pene di quelli ultimi delitti lì chiamano ihppiizj. E' una fpecie di taglione , il quale fa SI , che la Società neghi la Scurezza ad un Cit¬ tadino, il quale ne ha privato, o ne ha volu¬ to privare un altro . E’ cavata quella pena dal¬ la natura della cofa , e tratta dalla ragione , e dalle forgenti del bene , e del male . Merita un Cittadino la morte , allorché iia violata a legno la lìcurezza, che ha tolta la vita , o che ha ten¬ tato di toglierla . Siffatta pena di morte é come il rimedio della Società inferma. Allorché da al¬ tri é violata la lìcurezza rifpetto a beni, polToii ellèrvi delle ragioni , onde la pena lìa capitale ; ma meglio per avventura farebbe , e più coeren¬ te alla natura , che la pena de’ delitti con tra la lìcurezza de’ beni , veni Ile punita colla perdita de' beni j e la cola in tal modo amlar dovreb- be^ Delle Leggi. Lib. XII. Cap.V. 15 be, qualora le Fortune foflero comuni, o ugua¬ li, Ma ficcome coloro , che fon privi tli averi, quelli fono, che più volentieii allaìifcono gli al¬ trui ; quindi è bifognato , che la pena corpora¬ le fupplifca alla pecuniaria. Qrianto ho aflèrito c cavato dalla natura , e fommamente Favorifce la libertà del Cittadino . CAPITOLO V. Df certe accujè , che particolarmente ahbifognano di moderagliene , e di prudenz,a , M Affima di momento : Vi vuole una fbmma circofpezione neif inquifizione della magia, e delP erefia . L’ accufa d" ambi quelli delitti può eftremamente offendere la libertà, ed elTer la for- gente di tirannie infinite , qualora il Legislatore non fa limitarla . Imperciocché , lìccome eflà non va direttamente verfo le azioni d'un Cittadino , ma piuttolto verfo P idea , che altri f; è fatta del fuo carattere , elTa diventa pericolofa a pro¬ porzione delP ignoranza del popolo , ed allora un Cittadino è fempre in pericolo, poiché la con¬ dotta migliore del mondo , la più pura morale, a pratica di tutP i doveri , non afficurano con- ‘Itra i fofpetti di lìmiglianti delitti, Sotto Emmanuele Comneno fu il Frotejìatore (a) accufato d"* aver cofpirato contra P Impera- do- (a) JStieeta i Vita d’Emmanuele Comneno, Lib. IV. ?4 Dbllo Spirito dorè, c d* eflèi'fi fervito per tale effetto di cer¬ ti fegreti, che rendon gU uomini ìnvifibili . Sì legge nella vita di quefto Imperadore [^] , che fu forprefo Aronm , mentre leggeva un Libro di Salomone , la cui lettura facea comparire del¬ le legioni di demonj. Ora fupponendo nella Ma¬ gia una poteftà , che arma i’ inferno , di là par¬ tendo , ii confiderà quel tale , che chiamafi Ma¬ go , come L uomo il più atto a fconvolgere , c rovefciare la Società , ed ognuno è inclinato a punirlo fenz’ alcuna mifura . ira s'aumenta, allorché afcrìvefi alla magia la forza di diftruggere la Religione. Ci fa fape- re L I fio ria di Coftantinopoli [e] , come fopra la rivelazione avuta'da un Vefcovo , che un tal miracolo più non operavafi per la magia d’un certo tale, furono condannati à morte, egli, ed il fuo figliuolo . Da quanti prodìgj non dipendeva un tal delitto ? Che le rivelaziojai non fofièro colà rara : che una ne avelie il Vefcovo : che folle vera; che vi foflè un miracolo : che quello piu non feguiflè , perchè vi foflè della magia : che la magia poteflè rovefciare la Religione ; che que¬ llo rale foflè mago : che finalmente fatta aveflè quella magica operazione. Dall" Imperadore Teodoro Lafcarì , afcrivevafì alla magia la fua infermità . Coloro , che libera¬ no accufàci, altro fcampo non aveano , che ma- neg- [c] Iftoria ùcir Imperador Maurizio di Teofilatte > Cap.XI, Dells Leggi . Lib.XII. Cai>. VI. r j neggiare Ceiiz* abbruciarli un ferro infuocato . Buona co fa ftata farebbe p re fio i Greci l’ efièr Mago per giuftifìcarf dalla magìa. A tal Legno ecceilìvo erano idioti, che univano le più incer¬ te prove al delitto più incerto del mon.lo . Sotto il Regno di Filippo il hii-ngo cacciati furono di Francia ì Giudei acca fati d' aver avve¬ lenate le fontane per mezzo dì lebbrof . Siffatta affurda accufa dee far dubitare a buona equità dì quelle tutte, che fon fondate full* odio pubblico. Non ho io afierito in quefbo luogo , che pu¬ nir non fi debba F erefia : ma afìèrifco , che ufar debbafi fomma circofpezione nel punirla. CAPITOLO VI. Dd delitto centra natura . G uardimi Iddio, ch’io intenda feemar F or¬ rore 3 che fi ha per un delitto condannato a vicenda dalla Religione, dalla Morale , e dalla Politica / Converrebbe profcriverlo quand’ anche altro non facefife , che dare ad un feffo le debo¬ lezze dell altro ; e difporre ad un’ infame vec¬ chiaia per una vergognofa gioventù. Ciò, eh’io fono per dirne, gli lafeerà tutte le fue orridezze, ne fi riferirà che alla fola tirannia, la quale può abufare deli orrore medefimo , che aver fe ne dee. Siccome^ la natura di quello delitto è F edere oc- culto, è con frequenza accaduto , che Ì legisla¬ tori 1 hanno punito full a depofizìone d’ un fan-, ciuiio. Era quello un aprire ampio varco alla Dello Spik.it© calunula . „ Giuftiniano , dice Frocopio [aj , pub- aj blicò una legge concra quello delitto : fece rin- a-, tracciar coloro, che n’ erano rei, non folo do- a, po la Legge, ma prima di quella. La depo- a> lìzione d’ un teftimonio , talora d'un fanciullo, ,, tah altra d'uno fchiavo , badava, fingolarmen- ,, te contra i facoltolì , e contra coloro, ch'era-' „ no della fazione de' Verdi, Predo di noi è co fa adai ftrana, che de no flati puniti col fuoco tre delitti, la magia , cioè , 1' creda , ed il delitto contra natura : mentre del primo potrebbe provard , che non elìde : del fe¬ condo , eh” è foggetto ad infinite didinzioni , interpretazioni , e limitazioni : del terzo , che con fomma frequenza fi reda fra le tenebre . Dirò bene, che il delitto contra natura non farà mai in una Società grandi progrelTi , qualo¬ ra il popolo altronde non vi da per alcuna ufan- za inclinato , come predo i Greci, ove i giova¬ netti faceano tutti gli efercizj nudi i come predo di noi, ove più non s’ulà la domedica educa¬ zione j come predo gli A datici , ove i privati hanno moltilTìme mogli, che edì dirpregiano , mentre gli altri aver non ne poUbno . Ch' eì non d dia anfa a quedo delitto : clic d proferi¬ va con un' elàtta polizia , come tutte le viola¬ zioni de’codumii ed incontanente vedradì, che la natura o difenderà i fuoi diritti, o tornerà a riprenderli. Dolce , amabile , cara , ha eda Ipard con [a] Iftoris fegreta . 17 Delie Leggi. Lib.XII, Gap. VII. con mano liberale i piaceri ; e col ricolmarci di delizie, ella ci difpone , per mezzo di figliuoli, che ci fanno , per cosi dire, rinafcere , a foddif- fazioni maggiori di quelle delizie medelìme. CAPITOLO VII. i ’ Del delitto dì Le/k Jì 3y 33 3> 33 zo Dello Spirito s. Tua potenza ,,. Q.uaìor venìdè fopra là tetta la ftella fet'vitù , non parlerebbe di ver fa niente. Un’ altra Legge di Valentinìano , di Teodolio , e d’ Arcadie [^] dichiara i fallì Monetar] rei del delitto di Le£i Maeftà . Ma non era quello un confondere le idee delle cofe ? Il riferire ad al¬ tro delitto il'nome di Le fa Maeftà non è egU uno feemar V orrore di quello delitto ì CAPITOLO IX, Contìnmzione dello jìejfo [oggetto . A vendo Paolino fatto intendere allTmperado- re AlelTandro , che difponevafi a perlè- „ guitare come reo di Lefa Maeftà im giudice , 3, che pronunziato avea con tra i fuoi Editti j V „ Impcradore gii rilpofe , che in un lecolo co- „ me il fuo non avean luogo i delitti di Mae- 3, ftà indiretti [4] . Fauftiniano Icricro a'''endo allo Hello Impera- dore 3 come avendo giurato per la vita del Prin¬ cipe di non perdonar mai al fuo fchiavo, vedealì collretto a ftarlì perpetuamente adirato per non renderli reo di lefa Maeftà: Voi vi liete in- ,33 damo intimorito 3 rìjpofiglf il Momrea -, nè co- [g] E’ la nona nel Codice Teodolìano de falfa neta . [a] I.tìàm ex aiiis cKuJfis tnajejlms crìmna cejfant eneo f&culo, Leg. i. Cod. etd Leg. Delle Leggi. Lib. XII. CAPrIX. 2ì „ conofcete le mie malli me [h ]. Un Senacoconfulco [c] ordinò , che colui , che avefle fondure le Statue ^ell' Imperadore, che piaciute non fodero , reo non farebbe di Lefa Maeftà . Gl’ Impcradori Severo , ed Antonino fcriffero a Ponzio [ o contra la vita dell’ Imperadore . CAPITOLO X. Contìnuazàone dello JìeJfo figgeito , U N A legge d’Inghilterra paiTata nel Regno d* Arrigo Vili, dichiarava rei d’alto tradimen¬ to tutti coloro 5 i quali prediceflero la morte del Re , Quella era una legge molto vaga, Si terrì¬ bile è il Difpotifmo , che fi rivolge contra qxiei medefimi, Ì quali lo efercitano . Nell’ ultima in¬ fermità di quefto Sovrano non ardirono mai i Me¬ dici di pronunziare, ch’ei foflè in pericolo, ed e certo, che operafiero coerentemente [a], CAPITOLO XI. De" ^enjlcri. U N cotal Marjta fognofiì , che fcannava Dionigi [a\ , Qiiefti io condannò a morte , dicendo , che ciò fognato la notte ei non avreb¬ be , fe non vi avefie il giorno penfato. Era que¬ lla una gran tirannia : poiché quantunque vi avef- fc [a] Vedi 1 Iftoria della Riforma del Burnii* [a] Plutarco , Vita di Dionigi, / ì D£LLE Leggi. Lib.XII. Cap.XIL fe anche penfaco , non l’aveva attentato [è]. Non imprendono le leggi a punire, fe non le azioni efteriori, CAPITOLO XII. Delle parole incUferete . N on vi ha cofa che renda il delitto di Lefi Mae (là anche più arbitrario j che quando le indilcrete efpreflìoni ne divengono la materia. SI foggetti fono i difeorfi all’altrui interpretazione: palla tanta differenza fra la malizia , e l’indifere- lezza, e si poca ve ne ha fra l’efprelTloni , le quali cfìfe adoprano , che la legge non può fog- gectar le parole ad una pena capitale , qualora per ella non lì diclriari quali fon quelle , che vi foggetta (a). Non formano le parole un corpo di delitto : fi rimangono efiè fokanto nell’ idea. Il piu delle volte non fignifìcano per fe ftefiè , ma pel tuo¬ no , col quale fon pronunziate . Con frequenza ripetendo le ftefle parole , non fi erprirae ti fentimento medefimo : dipende quello fignifica-*- to dall’ unione , che hanno con altre cofe . Talo¬ ra efprime più il filenzio , che qualunque di- B 4 feor- [b] Fa d’ uopo , che il penderò trovifi unico a qual, che forca d’azione, ^ f a) Si non tale fìt deliBum^ in ^uod •vel fcriptttrn. legts defeendit , vd ad exemplum Legis 'uindicandam efi . Modeftino > Leg. 7 ff, ad Leg, Jul, maj. 14 Dello Spirito ’corfo. Non vi ha co(a di quefta più equìvoca. E come dunque farne un delitto di lefa Maeftà ì In qualunque luogo trovili ftabilita quella legge, non folo non vi ha più libertà , ma neppure T ombra di quella . Nel Manifeflo della pallàta Zarina pubblicato j contra la Famiglia Olgourouki (^) vìen condan- ;j nato a morte uno di quelli Principi, per aver prof- Ij ferite indecenti parole , che avean relazione al- ‘ la perfona di lei : un altro per aver maligna¬ mente interpretare le fagge Tue difpolìzioni per P Impero , ed ofFefa la Tua perfona fagra con poco rilpettofe parole. Non pretendo io già di fcemare P indignazio¬ ne, che dee averli per coloro , che ofcurar vo¬ gliono la gloria del loro Sovrano : ma dirò be¬ ne , che fe vuoili moderare il Dilpotifmo, un lèm- plice gafligo di correzione in quelli cali meglio converrà , che un^’accufa di Lefa Maeftà lèmprc mai terribile alla fteftà innocenza (c). . Le azioni non fono d’ ogni giorno : molte per¬ ii fone poflbno rilevarle : una fa! fa acca fa fopra de' fatti può edere dilucidata agevolmente . Le paro- ; le, che fono unite ad un'azione, alTumono la na- I tura di quell’azione . Cosi un uomo , che va i nella pubblica piazza a confortare i fudditi a fol- j levarli, divìen reo di lefa Maeftà, perchè le pa- (b) Nel 1740. (g) Ncc luhrìmm lingua, ad jgcenam facile trahen~ dum e fi . Modeitin. ibidem . I Delle LeCgi, Lib.XII. Gap. XII. role fon congiunte colf azione , e vi hanno par¬ te. Non fono le parole, che lì punifcono , ma un' azione commeflà ^ in cui s* adoprano le paro¬ le. Non divengon delitti , fe non quando dif- pongono , accompagnano , e feguono una rea azione. Tutto f fovverte, qualor falli un capitai delitto delle parole, in vece di conliderarle qual fegnale d’ un capitai’ delitto . Gf Imperadori Teodojio ^ Aroidio ^ tò. Onorio , fcrillèro a Rutino Prefetto del Pretorio : ,, Se aU cu no fparla della noftra per fona , o del noftro governo, non vogliam gaftigarlo {d)‘. Se ha 33 parlato per leggerezza , convien difprezzarlo : 3, fe per follia, compiangerlo : fe è un’ ingìu- 3, ria j convien perdonfirgliela , Così lafciando le 33 cofe intatte , ce ne darete contezza 3 afiìn- „ chè giudichiamo delle parole dalle perfone , 3, e veggiamo 3 fe dobbìam giudicarle 3 o Iprez- „ zarle .3. CA- (d) 5? ià 6 x Uvltute prbcejferìt ^ cùntemnendum ifi ^ fi ex infanta , mìfera'Aone dìgnifimum i fi ab injuria 3 remitiendum. Leg. luùc. Cod. fi qms Im}, tn^led. Dello Spirito i4 CAPITOLO XIII*. Delle Scritture, L e fcrirture contengono qualche cofa dì più permanente j che le parole ; ma quando non difpongono a delitto di Lefa Maeftà , non fon materia d^ un tal delitto. Tuttavia Augurio , e Tiberio vi annefTero la pena di quello delitto (a) ; Augnilo in occafione di certi Icritti fatti contra uomini , e femmine illullri : Tiberio per motivo di quelli, che riputò fatti contr^eflb. Non vi fu cofa di quella più fata¬ le alla Romana libertà. Cremuzjo Cordo venne accufato per aver ne’ fuoi annali chiamato CalTìo l’ultimo de’Romani (b) . Gli fcritti fatirici non fono gran fatto noti negli Stati Dilpotici, ove da un lato l’avvilimen¬ to, e 1 ’ ignoranza dall’ altro , non danno, né il talento , né la voglia di farne . Nella Democra- EÌa non fi vietano per la ftelfa ragione , che li fa proibire nel governo d’ un folo . Siccome d’ or¬ dinario fon fatti contra perfone potenti, nella De¬ mocrazia folleticano la malignità dei popolo, che governa . Si vietano nella Monarchia , ma fafTè- ne anzi un foggetto di Polizia , che di delitto . Pof- (a) Tacito, Annali, Lib.I. Continuò quefta cofa (otto i Regni feguenti. Vedi la Legge I. Cod. de fu- moft Libellis . (h) Tacito , Annali. Lib. ly. Delle Leggi . Lib. XII. Cap, XIV. a/ Pollono tener a bada la generale malignità, con- foiare i malcontenti, fcemar la voglia de* polli, dare al popolo la pazienza di fofFrire , e farlo ridere delle Tue foffercnze. L* Ariftocrazia pili che tutt’altro Governo pro- fcrive le opere fatìriche . Quivi i Magiftrati fo¬ no piccioli Sovrani , che non fono cosi grandi da non curare le ingiurie . Se nella Monar¬ chia alcun dardo s'indirizza al Monarca , egli è sì' eminente, che non giunge il dardo fino a lui. Un Signore Ariflocratico n"' è colpito da una parte all'altra , Quindi i Decemviri, i quali for¬ mavano un’ Ariftocrazia , punirono gli fcrittì- fa* tirici colla morte (c). CAPITOLO XIV. VhlAzione del -^udùre nella ■pHmzjane de delitti . V I fono delle regole di pudore oftèrvate pref. fo quafi tutte le Nazioni : farebbe cofa af- furda il violarle nel gaftigare i delitti , che dee aver per oggetto perpetuamente il riftabilimento dell’ ordine. Gli Orientali , che hanno efpofte le femrm- e ad elefanti addeftrati per un genere di fup- tilizio abominevole, han voluto far violar la leg^ pe dalla legge. Un ^c) La Legge delle XIL Tavole. iS DtiLo Spirito Un ufo Romano antico ploibiva il far morir le fanciulle non ancor nubili. Tiberio rinvenne il ripiego di farle violare dal boja prima di man¬ darle al fupplizio fa) : tiranno fcalcro, e crude¬ le , per confervar le ufanze-j diftruggeva ì coftu- mi. Allorché la Giapponefe Magi Aratura fece ciporre le donne nude fulle pubbliche piazze, e le forzò a camminare come le beftie , fece fre¬ mere il pudore (b) ma quando volle coftrin- gere una madre . . . quando volle coftringere un figliuolo . . . non mi dà il cuore di termi¬ nare 5 fece fremere la fteflà Natura {c ). CAPITOLO XV, DeW ajfrAncars lo /chiavo per accufare il padrone . S Tabilì Augudo , che gli fchiavì di coloro , che avefiero cofpirato centra dì lui , fareb¬ bero venduti al pubblico , perché potefièro de¬ porre centra del loro padrone (a) . Nulla ciee efièr trafeurato di c o , che guida alla feoperta di un gran delitto . Così in uno Stato , in cui fono degli fchiavì , é cofa naturale , che dar pof- (&) Suetonio m %heriù. (b) Raccolta di viaggi per Tervire allo ftabìlimen- to della Compagnia dell’ Indie, Tomo Y. Parte II. (c) /w,pag. 49 ^- (a) Dione iti Xiphiiinp , Delle Leggi. Lib.XII. Gap. XVL poflono degl’ indiz] ; ma efler non porrebbero re- (limonj. Indicò Fhdtce la corpirasione farta in favor di Tarcj^uinio , ma non fu ce iti mone conU'a i fi¬ gliuoli di Bruto . Giuda cofj era dar la" libertà a colui, che avea fatto fervigio si grande alla patria , ma non gli fu data affinchè rendeffie alla fua patria cotal fervigio . Cosi i’Inipei-ador Tacito , ordinò, che gli fchia- vi non farebbero teftimo]ij contea, il loro padro¬ ne nello defib delitto di Lefa Maeflà (b^ legge che non fu portata nella compilazione di Giufti- niano . CAPITOLO XVL Calunnie nel delitto di Lefa Aiaeflà . F Orz’ è , che rendiamo giuftizìa a’ Cefari ; non furono i primi ad irrimaginare le trifte leg¬ gi , che fecero , Siila fu quegli (aJ , che infe- gnò loro , come non bifogna punire i calunnia- tori . In brev’ ora fi pafsò perfino a premiar¬ li (b ). C A- (b) 7lavio Vopifeo, nella fua Vita . (a) Fece Siila una legge di maeftà , della quale è fatta parola nelle Orazioni di Cicerone , prò Cluentio , art. 3. in Fifonem , art. 11. nella feconda centra Verro > att. 5. nell’Epift, famil. Lib. IH. Lettera II. Cefare , ed Augufto l’ inferirono nelle Leggi Giulie : altri vi ag- giunfero. (b) Jf t^uo ^uis dijiinSltor accufator , eo magis ho-* neres ajfequebatfir , ac 'velati facrofanHus erat . Tacito . ^€> Delio Spirito CAPITOLO xvn. Dello Jcoprlmento delle congiure, S Si A LIorchè il tuo fratello , o il figlio tuo , 3i o la tua figliuola, o la tua cara moglie, J.3 o l’amico tuo , eh’ é un altro te ftelTo , ti 3^ diranno in fegreco , portiamoci ad altri Iddìi , 33 li lapiderai : prima fi fcaglierà fopr’ efid la tua 33 mano , e pofeia quella di tutto il popolo ,,. Quefta Legge del Deuteronomio [a] efer non può una legge civile prefio la maggior parte de’ popoli a noi noti, perchè v’ aprirebbe il varco a tutt’ i delitti. La legge preferivente in molti Stati rivelare (ot¬ to pena della vita le congiure, alle quali neppu¬ re fi è avuto parte, non è meno dura . Quando vien infinuata nel governo Monarchico , è dice- volillìmo il riftringerla, Efièr non vi dee applicata ìn tutta la fua fe- verità , fe non nel delitto di Le(a Maeftà del pri¬ mo capo . E’ di gran momento il non confon¬ dere in quelli Stati i varj capi di quefio delitto. Nel Giappone, ove le leggi rovefeìano tutte le idee dell’ umana ragione, il delitto di non ifve- iare s’applica a’ cafi più ovvj . Abbiamo da una relazione [lo] , come due fan- ciul- [a] Gap. Xni. Verlì 6 , 7. 8. e 5, [bj Raccolta di viaggi, che hanno fervito allo fta- bilimenro della Compagnia deli’Indie,, pag.413. Lib. V. part§ Delle Leggi'. Lib.XII. Cap.XVIII. dulie furon fatte morir chiù fé entro un baule tut¬ to pieno di punte di ferro > una per non fo quale amorolo rigiro ^ l’altra per non averlo rivelato . C\A P I T O L O XVIII. QHAYito jia pericolo fo nelle Rcj^nhlliche il ptinir Jòverchiamente il delitto di Lefa Maefà . Q Uando una Repubblica e giunta a diftrugger coloro, che voleano rovefciarla , fa d'uopo por fine follecitamente alle vendette, alle pene > cd anche alle ricompenfè. Non pofìTon farli grandi punizioni , e perciò grandi cambiamenti, lenza porre nelle mani d'al- cuni Cittadini un gran potere, Xorna adunque meglio in quello cafo il molto perdonare , che il molto punire ; mandar pochi in efiiio , che man- darvene molti lafciare i beni , che moltiplicare- le confifeazioni. Col pretefto di vendicar la Re¬ pubblica , ftabilirebbefi la tirannide de' vendicato¬ ri., Non fi tratta di diftruggere quello , che do¬ mina , ma il dominio. Fa d’uopo rìaflumere col¬ la maggior prontezza polTìbile quell' andamento ordinario del governo, in cui tutto proteggono I Greci non pofer limiti alle vendette , che pre¬ fero de'tiranni, o di quei, che come tali fofpet- tarono . Fecero morire i figliuoli [a] , e talora an- ____ che LihVlII ^*‘’^*^* » Antichità Romane , Dello Spirito che cinque de’ piu proflimi parenti \b'\ . Bandi Tono famiglie infinite : ne furono fcoflè le loro t Repubbliche : l' efilìo, o il ritorno degli efiliatì 1 furono perpetuamente epoche, che il cambiamen¬ to indicarono della Coftituzìone. Più faggi furono i Romani. Allorché venne condannato Cajfto per aver afpirato alla tiranni¬ de, fi trattò 5 fé far fi dovcifero morire i fuoi fi¬ gliuoli : non furono condannati a veruna^ pena , 35 QuelU 3 che vollero, dice Dion'tgt d’AllcarnAf- j5 fo [c] 5 mutar quefta legge fui terminar della 35 guerra de’ Marfi , e della guerra civile , _ ed 55 efcludere dalle cariche i figliuoli de’ profcritci da 53 Siila 5 fon molto rei, Rilevafi nelle guerre di Mario, e di Siila , fi- | no a qual fegno prefTo i Pv,omanÌ a poco a po¬ co eranfi gli animi depravati. Cofe tanto fune- | fte fecero credere, che non fi vedrebbero mai più. Ma al tempo de’ Triumviri fi volle efTere più crudeli, e fembrarlo meno : fa ribrezzo il ve¬ dere di quali fofifmi la crudeltà fi fervide , Leg- gefi in Appiano [d'\ la formoia delle profcrizio- ni. Direfte , non avervi altro oggetto j che il be¬ ne della Repubblica 5 con tanta flemma vi^fi ra¬ giona 5 tanti fono i vantaggi 5 che fannovifi rile- ; vare 5 tanti i mezzi , che vi fi prendono fon da ; anteporli ad altri 5 in tanta ficurezza faranno i ric- [b] Tyrmno occtfo qulnque ejus proximof cegnatìone necAto . Cìcer. de MventteKe ^ Aih.ll. [cj Lib. Vni. pag. 547- [d] Delie guerre Civili Liù. IV, Delie Leggi. Lib. XIL Gap. XIX. 33 ric^Iii ) tanto tranquillo farà il minuto popolo , tanto fi teme di porre in pericoL> la vita de'Cit¬ tadini , tanto vuoili placare la foidatefca j in fom- ma tanto farafli felice [e]. Era Roma inondata di fangue, allorché Lepi-- do trionfò della Spagna , e per un afiurdo fenza efempio comandò , che fi fiefiè ìn fella fiotto pena d'elfier proficritti [/]. CAPITOLO XIX. Come fo fpendajl nella Repubblica 1 ‘ ufo della libertà^ N Egli Stati, in cui fi fa più conto della li¬ bertà , vi fieno delle Leggi , dalle quali è violata centra un fòlo , per confiervarla a tutti. Tali fiono in Inghilterra gli ordini detti dì pre- fa [^]. Hanno relazione a quelle leggi Arenielì, ‘Tom.II. C le fe] SlHod felix , faufìumqae fìt. Sacfis ] CI* epulis deìit huììc Atem : JecHs faxit, inter proferìptos eflo . [a] Non bafta ne' tribunali del Regno , che vi Ila una prova tale, che i Giudici ne lìeno perfuafi j fad’iiq- po altresì che una tal prova fia formale , vale a dire , legale : e la legge vuole , che vi fieno due teflimonj con- tra l’accufato: un’altra prova non Bafterebbe . Ora iè un uomo fuppofto reo di ciò , che dicefi alto delitto , avelie trovato modo di riprovare i teftimonj, ficchè fof- fe impolTibile il farlo condannare dalla Legge , fi potreb¬ be oflerir contr’ efib un ordine particolare ài prefa , eh’ c quanto dire, far una legge fingolare fopra la fua per- 54 Dello Spir.j[to le quali ftabilivano contra un privato [b], p®-- chè fatte fofiero coi voto di feimiia Cittadini . Riferifconfi a quelle leggi, che ii facevano in Roma centra Cittadini privati , e che Ci chia¬ mavano -prìvHegj [cj . Quelle non lì faceano , le non ne' malli mi Comizj del popolo . Ma in qual¬ unque modo il popolo le dia ^ vuol Cicerone , che lì abolifcano , poiché la forza della legge .non confile fé non nello llabilire fopra tutti [dj. Io pertanto confefb , come l'ufo de’ popoli i più liberi j che lìeno mai llati Ibpra la terra , mi fa credere, efèrvi de' caf , ne' quali fa d* uopo porre per un illante un velo fopra la li¬ bertà , appunto come lì cuoprono i firn alacri de' Numi. CA^ fona . Vi fi procede come per tutti gli altri ordini j fa di meftieri che paffino in due Camere , e che il Re vi accordi il fuo confenfo : fenza di ciò ^ non vi ha ordme, cioè a dire, giudizio. L’accufato può far parlare i fuoi Avvocati cantra il giudizio , o ordme , e h può pel me- defimo parlar nella Camera. fbl Leitem de fi»gulart allatto ne regate , ntjt /ex minibus ita jindeàde de myjìeriis . Quefto e [c) X)e privis hominibus lata. Cicer. De ie^.Lib.IIL £ci] Scitum 0mnis . Cicer, Ivi * Delle Leggi . Lib. XII. Cap.XX. CAPITOLO XX. Delle leggi favorevoli alla libertà del Cittadino nella Repubblica . A ccade foveiite negli Stati popolari , che le accufe fieno pubbliche, e che ha permefTo ad ognuno P accufare chi egli vuole . Ciò diede motivo allo ftabilimento di Leggi atte a difen- ere 1 innocenza de Cittadini. In Atene-Paccii- iatore^ che per fe non avea k quinta parte' de’ Voti , pagava una multa di mille dramme . Vì u condannato Efchine y che accufato avea Ctefi- onte [4] . In Roma l’ingiufto accufatore erà notato infamia [è] , e fè gl * improntava Ìii ronte ^ a lettera K Si aTegnavano delle guar- V-corromper non potef- le 1 Giudici, o i teftimonj [cj _ Io ho già parlato di quefta legge Ateniefe, e Kornana, la quale permetteva alP accufato di rk tjrani prima del giudizio, CA- rw Lib. I. vita de’Sofifti. vita d'E r.hme Vedi anche Plautco. e Focio, [o] Dalla Legge Rcmma. [c] Piutai'co nel Trattato: Come fi potrebbe riceve¬ re del vmuggio da proprj nemici. 3^ Dell© Spirito CAPITOLO XXI. crudeltà delle- JLeggt verfo i dehìterr- nella Repubblica . U N A gran fuperiorità fì ha già prefa un Cit¬ tadino fopra un altro Cittadino coi pre¬ dargli un danaro , che quelli non ha predato j fe non per privarfene ^ e che per ciò piu non iia. Ora e che farà ciò in una Repubblica ^ qualora dalle leggi veng^i accrefciuta di vantaggio una tal fervitù 3 In Atene, ed in Rorna [a] fu da principio pcrmeflò Ìl vendere i debitcori, che in grado non erano di pagare , Solone correfle in Atene quell' ufo [^] ; poiché ordinò, che. ninna per debiti civili direbbe obbligato nel corpo . Ma da' De¬ cemviri [c] non venne nel modo delTo. riformato V ufo di Roma j e tutto che avelTero innanzi agli occhi il regolamento di Solone, non vollero feguirlo : Non è quello il folo palfo della legge delle XII. Tavole , in cui fi rilevi la mira de' Decemviri dì urtar di fronte lo Iplrito Demo-* crarico , Que- [a] Molti vendevano i loro figlinoli per pagare i lor debiti. Flutareo., Vita di Solerte . [b] Ivi. , , A r n [c] Apparile dall’ Iftoria , che tal ufo trovavafi fta- bilito, preflb i Romani prima della Legge delle XlI.Ta* vele. Tito Livio Decade I. Lib. IL Djelie Leggi. Lib. XII. Cap.XXT. 37 Qiiefte leggi crudeli centra ì debitori mi fero parecchie fiate in periglio la Romana Repubbli¬ ca . Un uomo pieno di ferite s’involò dalla cafa del fuo creditore , e comparve nella pubblica piazza [d], A tale fpettacolo il popolo fi folle- vò . Altri Cittadini, che i loro creditori di più non ardivano di ritenere, ufeirono delle loro car¬ ceri . Si fecero loro delle promefle , le quali non 11 mantennero ; ed il popolo fi rifuggì fui Monte Sa¬ gro. Non ottenne P annullamento di quelle Leggi, ma un Magiftrato per difenderlo . Ufeivafi dell' Anarchia, e fi pensò a precipitarli nella cirani- de. Manlio per renderfi popolare , portavafi a levar di mano de" creditori i Cittadini da elTÌ fatti fchiavi [e'j . Furono prevenute le mire dì Manlio; ma il male fempre reftava . Leggi par¬ ticolari diedero delle facilità di pagare debito¬ ri [/j : e l'anno di Roma 418 . fecero i Confoli una legge [g] , che tolfe il diritto a' creditori di tener in fervitù nelle cafe loro i debitori [h] . Un ufurajo per nome Papirio , avea tentata la pudi¬ cizia d' un giovinetto chiamato Publio , che rite- nea fra ceppi . Il delitto di Sejìo diede a Roma ^3 la pi] Dionigi d'Alieam^Jfo, Antichità Romane Lib.VI. [ej Tlutarco , Vita di Futio Camilio . [f] Vedi in feguito il Cap.XXW. dei Libro XXII [g] Cento venti anni dopo la Legge delle XIL* Tavole, io pU-yi R,om^n&y velut aùud mìtium li- bertatts ■, cji y <^uod nt.èii d^^ernm . Tito Livio Lib. Vili. j dehuQris > non oori^us ohnoxìnn^ pjfett jS Dello Spirito la politica libertà : ciucilo di Papirio vi diede la libertà, civile . Il dertino dì quella Città fi fu, che dà nuo¬ vi delitti confermata vi folle la libertà, che avean- le prOccurata i delitti antichi. attentato ò.*Afpto fbpra Virginia riaccefe nel popolo quell’ orrore centra i Tiranni, che infpirato aveagli la fventura di . Trentafett’anni [i] dopo il delitto dell’ infame Papìrìo fu cagione un fimiglìante delitto [k] , che. il popolo fi rifuggiffe fui Ciani- colo [/I , e che ricovraffe una ijuova forza la leg¬ ge fatta" per la flcurezzà de* debitori. Da tal tempo furon piutrofto Ì creditori da’ debitori perfeguitati per aver violate le leggi fat¬ te contra le ufure, che i fecondi noi furono per non averli foddisfatti. i CA- rn L’Anno di Roma 46^. , fkl Quello dì Fiauzio, che corruppe la pudicizia di Veturio Valerio Mafmo Lib, VI. Art. IX. Non deb- bon confonderfi quefti due avvenimenti, poiché non fo¬ no . nè le ftelTe perfone, nè 1 rnedefimi «mpi fi] Vedi un frammento di Dfomgi d Ahcarnajfo , nell' ddle virA.i dd di Tiu Livio, Lib. XI, ed il Inmfmto, Lib XI. Delle Leggi. Lib.XII. Cap. XXII. 55^ CAPITOLO XXII. Delle e afe 3 che attaccane la lìhertk nella Aiònarchia . L a co fa al Principe la più inutile ha con fre¬ quenza nelle Monarchie indebolita la liber¬ tà ji Comraiflàrj, cioè , talora nominati per giu¬ dicare un privato. Sì poco vantaggio ritrae il Sovrano da^ Com¬ mi (far j 3 che per quefto non conviene , ch'ei can¬ gi l’ordine delie colè . E’ moralmente certo, che poflegga egli più che ì fuoi Commillàrj lo fpiri- to di probità, e di giuftizia ; poiché quefti fi re¬ putano baftantemente fempre giuftificati da' fuoi ordini , da un ofeuro intereflè dello Stato , dal¬ la fcelta che di loro Ci è fatta , e da' loro dellì timori. Nel regno d’ Arrigo Vili, allorché proceiTavah un Pari, li facea giudicare da' CommiiTarj prefi , dalla Camera de’ Pari : con fiffatto metodo fi fe¬ cero morire tucr' i Pari, che fi volle . 4® Dello Spirito CAPITOLO XXIII. Delle fpie nella Alenar chea . V I voglion eglino ipie nella Monarchia ? Efla non è T ordinaria pratica de’ buoni Sovra¬ ni . Oliando un uomo è fedele alle Leggi, ha fod- disfatro a ciò , di che è debitore al Monarca. Per lo meno fa d’uopo » che abbia per alilo la propria cafa , ed in ficuro il rimanente di fua condotta . Sarebbero per avventura le fpie tolle¬ rabili , fe coftoro follerò onefte perfone : ma la neceflaria infamia della perfona può far giudicare deli’ infamia della cofa. Dee un Principe adope¬ rar co’ proprj fudditi con candore , con fran¬ chezza, con fidanza, Qu^g^i > eh’è pieno d’in¬ quietudini , di fofpetti, e di timori, è un atto¬ re imbarazzato nel far la fua parte . Allorché ve¬ de , che le leggi fono generalmente nei loro vigo- / re , e che fon rilpetrate , può crederli al ficuro . L’ andamento generale lo allìcura di quello di turc’i privati. Ch’ei non abbia alcun timore,ed allora non può crederli quanto altri fia porta¬ to ad amarlo. E perché non verrebbe amato ? E’ delTb la Ibrgente di quali tutto il bene , che vien fatto: e quali tutc’i gaftìghi vanno a ridof- fo delle leggi. Si fa vedere al popolo mai Tem¬ pre con faccia ferena : la fua ftefià gloria a noi Jfì comunica , e la fua poflànza cì foftiene. Una prova , eh’ è amato , li è, che li ha in ellò del¬ la fidanza j e che quando un Miuillro nega, uno Delle Leggi, Lib. XII. Cajp.XXIV, 4t s'immagina fèmpre, che il Sovrano avrebbe ac¬ cordato .Non il accufa la fua perfona neppu¬ re nelle pubbliche calamità ; uno fi lagna eh* ei non fa , o che è circondato da gente cor¬ rotta . Se il Sovrano JapeJfe , dice il popolo . Quefte parole fon una fpecie d’invocazione, ed una prova delia fidanza, che fi ha in lui. CAPITOLO XXIV. Delle lettere cieche. C Oflrettì fono i Tartari a porre il nome loro fopra le loro frecce , affinchè nota fìa la mano, onde fono fcagliate . Efl'endo flato nell’aflè- dio d^una Città ferito Filippo il Macedone, fu tro¬ vato fcritto fulla freccia, ^flerìo ha /cagliato ijue/lo dardo mortale a Filippo (a) . Se coloro , i quali accufano un uomo, lo faceffero colla mira del pubblico bene , non Faccufèrebbero al Sovrano , che può agevolmente e fière prevenuto , ma bensì a" Magiflrati, i quali hanno delle regole,che non fono formidabili, fe non a* calunniatori .Che fe effi lafciar non vogliono le leggi fra elfi, e V ac- cufato , è una prova, che hanno motivo di te¬ mergli , e la minor pena , che loro imporre fi pofi- fa , è il non dar loro fede. Soltanto fi pofibno afcoltare in quei cafi, che non ammettono gl’in- du- (a) Plutarco i Oper. Moral. Collaz. d’aIcaaì IAttri¬ ci Romani, e Greci. , Tomo IL p. 487. 41 Deilò Spirito dugi dell’ ordinaria gìuftizìa, ed ove fi tratta del¬ la falvezza del Sovrano . Allora fi può credere , che colui, il quale àccufa, ha fatto uno sforzo, che ha fciolta la fila lingua, e Io ha fatto parla¬ re. Ma negli altri cafi bifogna dire coll" Imperador Coftanzo: ,, Non potremmo fofpettar di colui , „ al quale ha mancato un acculatore , qualora „ non gli mancalìe un nemico (h). CAPITOLO XXV. Del modo dì governare nella, Monarchia. I " Autorità Regia è una gran molla , che dee Jt muoverli con ageyolezza , e fenza ftrepito , Vantano i Chinelì uno de’ loro Imperadori ; il quale governò > dicon elfi, come il Cielo , eh’ è quanto dire, col fuo elèmpio . Dan noli de" cafi ne’ quali la potenza dee operare con tutta la fila eflenfione : ve ne fono di quelli, ne’ quali dee operare co’ Tuoi limiti. La fubJime am mi nitrazione confi fte nel conolce- re a dovere, quale fia la parte del potere, gran¬ de , o picciola, che dee adoprarfi nelle varie cir- coftanze. Nelle nollre Monarchie confifte tutta la felici¬ tà nell’ opinióne, che ha il popolo della dolcez¬ za del governo . Un mal addellraco Miniftro vuol fempre avvertirvi » che liete fchiavi. Ma qualo¬ ra (b) Leg.VI. Cod. TheodEofi de famof. Lihllis, Delle Leggi , Lib.XII. Gap. XXVI. 45 ra ciò fofTe, dovrebbe anzi far tutto per occul- tarvelo. ^ ' Altro non fa dirvi, o fcrìvervi , fe non che il Sovrano è difguftato ; eh' è forprefo , che fa- prà porvi riparo : Vi ha nel comando una certa facilità : fa d* uopo , che il Sovrano incorag¬ gi , e che le leggi quelle fieno , che minacci¬ no (a) CAPITOLO XXVL Chf nella Aionarchia tl Sovrano ejfer dee accejfibile . C iò’ rileveraffi meglio con i contrappofti. Il Czar Pietro 1 ., dice tl Signor Perry.{a)^ ,, ha fatto un nuovo Editto , il quale vieta di prefentare a lui memoriale , fe prima non 3, ne fono fiati prefentati due a' fuoi Miniftri, J3 Si può in cafo di ricufamento di giufiizia , - 5, prefentargli la terza ifianza : ma chi ha torto 3, dee perdere la vita . Non vi fu pur uno, che ,3 dopo di ciò prefentalTe al Czar memoriali. CA- (a) Nerva, dice Tacito , accrebbe la facilità dell' Impero. (3) Stato della Gran RuìTia , pag. 17 3 . Édiz. di Pa¬ rigi del 1717. 44 Deiìo Spirito CAPITOLO xxvir. De cofiumì del Monarca, . T Anto contri bui fco no alla libertà i co ft li mi del Ji'Ionarca, quanto le Leggi ; pud egli , com' elle , d' uomini fare beftic ; e di beftie fare uomini . Se ama le anime libere , avrà de"* fudditi : fe ama le anime abbiette , avrà de¬ gli fchiavi . Vuol egli fapere la grand'arte di regnare ì che accofti a fe 1' onore , e la virtù eh’ ei chiami il merito perfonale. Talora può an¬ che dare un’ occhiata a' talenti . Non tema quei rivali, che diconfi uomini di merito : fe gli ama, è loro uguale. Faccia fuo il cuore , ma non fi cattivi Io /pirite, Rendali popolare. Dee efièrgii caro Famore del piii vile de' fuoÌ fudditi; quefti •fon ièmpre uomini. Si pochi riguardi chiede il popolo , eh'c cofà giuda Faccordarglieli. L'in¬ finita didanza, che palla fra il Sovrano , ed e/To, vieta pur troppo che Finfaftidifca . Che pieghevo¬ le alla preghiera , ftia faldo in faccia alle iftanze, c eh' ei fappia , che il popolo giubila per le fue negative, ed i fuoi Cortigiani per le fue grazie. CA- Delle Leggi . Lib.XII. Cap.XXVIIL CAPITOLO XXVIIL De riguardi , che i Monarchi debbono (d loro fudditi . F a di mefticri, che ufino eftremo ritegno nel motteggiare . Il motteggio foiletica , quand'’è moderato, perché apre Padito a familiarizzarh ^ ma un motteggio piccante è loro men lecito, che al più vile de" loro fudditi, perchè fono efiì i fo¬ li , che fempre ferifcano mortalmente . Molto meno altresì debbon effi fare a" loro fudditi un infulto fcoperto : fon pofti per perdo¬ nare , per punire ; non mai per infukare . Quando infukano i loro fudditi , li trattano con affli magggior crudeltà , dì quello trattino ì loro il Turco, o il Mofcovita. Allorché quefti fe¬ condi infukano, umiliano, e non difonoranoi ma per effi, umiliano , e tolgon l’onore. Tale fi è il pregiudizio degli Afiatici, che pren¬ dono un affronto fatto dal Sovrano per un effet¬ to d"una paterna bontà; e tale fi è il noftro modo di penfare, che da noi s’ unifce al cru- del fen cimento dell’ affronto la di fperazione dì non potercene mai purgare, Debbon eflère fommamente paghi d’aver de’ fudditi, a" quali Ponore è più caro della vita , e non è meno un motivo di fedeltà, che di co¬ raggio . Polliamo rammentarci le fventure accadute a’ Sovrani per avere infukati i loro fudditi ; le ven¬ der- 4 <> Dèlio Spirito dette ^ di Cherea , deiP eunuco Narfete , e del Con¬ te Gmliano: finalmente della DuchelTa di Mont- ■penjler^ la quale, fdegnara con Arrigo III. che avea Ivelati alcuni de^ Tuoi lègreti difetti, lo ten¬ ne inquieto per tutto il tempo di fua vita. CAPITOLO XXIX. Delle Leggi civili atte a porre un poco di liberta nel governo Difpotico . Q uantunque il governo Difpotico di fua na¬ tura fia per ogni dove lo ftelTo , tuttavia le circoftanze, un’opinione di Religione , un pre¬ giudizio di efempli adottati, un giuoco d’ingegno, maniere , coftumi, pofldno introdurvi delle con- fiderabili differenze. E’ bene , che vi fieno fiabilite certe idee . Così alla China è Ìl Monarca confiderato qual padre del popolo ; e ne’ principi dell’ Impero degli Arabi il Sovrano n’ era il predicatore (aj . E’ dicevole , che abbiavi alcun libro facro » il quale ferva di regola, come I’ Alcorano pref- lo gli Arabi , i libri di Zoroaftro fra i Per¬ mani , il Vedam apprefib gl’ Indiani, i libri Claf- fici alla China. Il codice religiofo fupplifce al civile , e fida 1’ arbitrario . Non è male, che ne’ cafi dubbìofi i giudici con¬ fa) I Califfi . Delle Leggi. XIL Gap. XX. 47 conlulrino 1 Minifh'i della Religione {h ). Oaìn- di in Turchia ì Cadi conruk'ano i Moiacchi. Che le il cafo meriii la morte può eflèr dicevole, che il Giudice particolare , fé ve ne ha , prenda il pa-- rere del Governatore , affinchè la potellà civile , ed Ecclefiaftica fieno ancor temperate colla poli¬ tica autorità . CAPITOLO XXX. Conttnmzàone I Ldifpotico furore quello fi è, che-ha ftabi- iito, che la difgrazia del padre feco trarreb¬ be altresì quella de^ figliuoli, e delle mogli . So¬ no già fventurati, fenza efi'er rei : ed oltre a ciò bi fogli a y che il Principe lafci fra P accufato e fe de^ fupplicand, che ammollifcano la fua collera, o che illuminino la fua giuftizìa. ElV è buona ufanza de’ Maldivi (a) , che quan¬ do un Signore è in difgrazia , va ogni giorno a corteggiare il Re, fino a che ne ricovri la gra¬ zia ; dalia fua prefenza vien difarmata la collera del Sovrano , Vi fono degli Stati Difpotici (b) , in cui fi pen- pag. 177- ideile fb) Iftoria de’ Tartari, Parte III. offervaziotii. (aj Vedi Francefco Picard. (b) Come oggi in Pelila al riferire del Signor Char- dm : queft ufo e molto antico. Fu pofto Cavada di- . « Prrrrfir . nella Torre delPobWio :hi ha nna le’gg , » la o^aale pro.brfce r parlar di coloro . che ,i ffnó « nncoluli y ed anche di noniinarli ^ 4 $ Delio Spirito penfa , che il parlare al Sovrano per un difgta- ziato j è un mancare al rifpetto , che gli è do^ vaco . Qtiefti Principi par che facciano tute’ i lo¬ ro sforzi per ifpogliarh della virtù della clemenza. Arcadio , ed Onorio nella Legge [c) , di cui ho tanto favellato {d) , dichiarano , che non fa¬ ranno grazia a coloro , che ardiranno di fuppli- carli per li rei {c) . Era ben prava una tal leg¬ ge , poiché è ancor prava nel Difpotifmo mede- fimo. Il coftume di Perfia, che permette a chi vuol ufeire del Regno, è al fommo buono : e quan¬ tunque Pufo contrario abbia prefa la Tua ori¬ gine dal Difpotifrao , in cui fonofi confiderati t fudditi come fchiavi (/) , e quelli eh’ efeono come fchiavi, che fuggono ; nulladimeno la pra¬ tica di Perfia é ottima pel Difpotifmo , ove il timore della fuga, o della ritirata de’ debitori, ar- refta, e modera le perfecazioni de’ Bafsà, e de¬ gli Efattori. ^ LI- (c) Là Leg. V. Cod, nd Leg. J»l. maj, ‘ (d) Nel Gap. Vili, di quefto Libro . (t) Federigo copiò quefta Legge nelle Cogitazio¬ ni di Napoli, Lib. 1 . , , (£) Nelle Monarchie vi ha d’ordinano una Legge, che proibifee a quei tali , che hanno pubblici impieghi 1 ' ufeir del regno lenza licenza del Sovrano . Una tal Legete dee elTere altresì ftabilica nelle Repubbliche, Ma in ^alleile, che hanno delle Ifticuzioni lìngolari, la proi¬ bizione clTcr dee generale, per non riportarvi i coftuuji fttanieri . 49 LIBRO xiir, 3, De’ rapporti , che 1 ’ efazìone de’ Tributi , e „ la grandezza delle pubbliche entrate hanno yt eolia Libertà . CAPITOLO PRIMO. Delle rendite dello Stato ^ S O NO le rendite dello Stato una porzione , che da ogni Cittadino di ciò, che polTìede , per aver dall altro la licurezza, o per goderne con piacere {u) . Per fiflàre a dovere quelle rendite , fa d’ uopo aver riguardo, ed a’ bifogni dello Stato , ed a quelli de’Cittadini. Non bifogna prender dal po¬ polo fu i Tuoi bifogni reali, per fupplire a’ bi¬ fogni immaginarj dello Stato . Bifogni immaginar] quelli fono , che richieg¬ gono le paBìoni, e le debolezze dì quelli , che governano , il profpetto feducente d’uno flraor- dinario progetto , P inferma fmania d’ una vana- TomJL D aio- fa) Dite pmttofto pec contribaice alla falvezza deU lo Stato (Riflef. d*un Anon.) . Dello Spirito gloria, Gli una certa impotenza di fpirito a f on- te delle fan rafie, Con frequenza coloro , i quali con un animo inquieto erano focco il Sovrano alla tefta degli affari, fi fon fatti a credere , che i bifogni dello Stato fofièro i bifogni delle loro picciole anime. Non vi ha cofa , che più debba elfer regola¬ ta dal fapere , e dalla prudenza , quanto quella porzione , che fi toglie, e quella porzione che a"* fudditi fi lafcia. Non debbonfi mlfurare le pubbliche entrate da quello, che Ìl popolo può dare , ma da ciò , ch’ei dee dare j e qualor fi mifurino da ciò , eh' ei può dare , forz’ è , che fia per lo meno da ciò , eh’ ei può dar fempre . CAPITOLO IL Che è rdgfonar male tl dire , che la grandez.z^a de’ tributi Jla buona per fe fiejfa. S I è veduto in certe Monarchie , che piccioli paefi efenti da’ tributi erano ugualmente mi- ferabili, che i luoghi, Ì quali tutti all’intorno ji’ erano oppreffi, e la principal ragione di ciò fi è , che il picciolo Stato chinfo aver non può nè induftria , nè arti, nè manifatture , poiché per tal riguardo è impedito in mille modi dal gran¬ de Stato , in cui trovafi racchiufo . Lo Stato grande , che lo ferra , pofiìede I’ induftria , Is manifatture, c le arti, e fa de’ regolamenti, che DfLLH Leggi. LiB.Xnr. Cap.II. gliene proccurano tute’ i vantaggi. Adunque io Staro picciolo di neceffità divien povero , per quanto lievi fieno le impofizionì^ che vi fi met¬ tano . Quindi fi è conclufo dalla povertà di queftì piccioli paefi , che affinché il popolo foffie mdu- fìripfo , vi vorrebbero de’ peh gràvofì : ma piu dmttamenre fe ne dovea per lo contrario dedur¬ re, che non vene vogliono. In luoghi foini- ghanti vanno a ritirarli ruttai miferabili de’ con- rorm, appunto per non far nulla : già avviliti ^ °PP^^^one della fatica fanno confiftere la lo¬ ro felicità nella poltroneria. L’effetto delle ricchezze d’un paefe fi è Pinfi- nuare ne’ cuori di tutti V ambizione ; P effetto della povertà , il farvi nafeere la difperazione . La prima viene irritata dalla fatica, e la feconda li conlola coll ozio . _ Giuda fi è la namra con gU uomini : efll li ricompenla delle loro foiche : eflà li fa laboriofi, come quella , che alle' fatiche pii gravi unifee ricompenfe maggiori. Ma fe un arbitrario pote¬ re toghe le rieompenfe della natura , torna il ifgufto per la folca, ed il folo bene fembra il non far nulla. D 2 CA- Deli-o Spirito I CAPITOLO Iir. De trlhutì ne paejì, tn cm portjone del popolo è Jchittvo del terneno ( . ) L fervflggìo del terreno vien talora flabiìito do¬ po una conquifta . In tal cafo lo fchiavo,che coltiva, debb* edere il colono a parte del padro¬ ne . Non vi ha che una fola Società di perdi¬ ta , e di guadagno, che riconciliar poGTa coloro, che fon deftinati a lavorare, con quelli, che de- ftinati fono a godere. CAPITOLO IV. X)* una Repubblica in cafo fomigliante , P oiché una Repubblica ha^ ridotta una Nazio¬ ne a coltivare i terreni in fuo profitto, non vi fi dee comportare, che il Cittadino accielcer pofia il tributo del fervaggio : non per mette vau in Sparta : fi penfava, che gli Eloti [a] coltivereb¬ bero meglio i terreni, allorché fapefièro, che a loro fervitù non fi accrefeerebbe ; li ciedea , eie i padroni fodero migliori cittadini, quando nuU altro defideradèro, che quel fblo , eh eraii o t ti d’ avere. ^a) Plutarco. l Delle Leggi Lib. XIIL Gap. V. CAPITOLO V. D" un^ Monarchia in cafo jimìglìante l A Lloi'chè in una Monarchia fanno ì nobili coltivare i terreni a loro profitto da’popo- li foggiogati , fa d' uopo altresì , che il canone non poflà accrefcerfi [a ]. Di più torna bene, che il Sovrano il contenti del fuo dominio, e del fer- vigio militare, Ma s’ei voglia efìger tributi in danaro dagli fchiavi della fua nobiltà , fa d’uopo^ che il Signore garantifca il tributo [h '], eh’ ei pa¬ ghi per gli fchiavi,e lo riprenda fopr’efTì:e qual¬ ora non fi onèrvi una tal regola, il Signore, e gli efattori delle rendite del Sovrano anguflieran- no gli fchiavi a vicenda : e lo riprenderanno V uno dopo l’altro , fino a che lo fchiavo perifea per la miferia, o fe ne fugga ne’ bofehi, D 3 CA- (a) Ciò appunto fece fare a Carlo Magno le fup belle Inftituzioni intorno a tal cofa . Vedi il Lib. V. de" Capitolari , Arr.303. (bj Ciò vien così praticato in Germania, 54 Dei.l® Spirito C A P I T O L O VI. X>' HYiù StAto Difpoùco m cajo Jlmtle . I L da me detto fi rende anche più indirpenfa- bile nello Stato Difpotico . Il Signore, Ìl qua¬ le lin ogn* iftante può efière fpogiiato delie fue terre, e de* fuoi fehiavi, non c tanto inclinato a confervarli. Volendo Pietro I. prender Pufo della Germania, ed - efigere in danaro i fuoÌ tributi , fece un pru- dentiilimo regolamento, che viene tuttora in Ruf- fia ofiervato. il Gentiluomo efige la tafia da*con- tadini, e la paga ai Czar. Se Ì 1 numero de* con¬ tadini fcema, paga nel modo ftefio ; fé creice , non paga dì più : adunque ha egli per sì fatto modo interefiè nel non anguftiare i fuoi conta¬ dini . CAPITOLO VII. De’ tributi ne pAefi , ne' ^uali non è fìahilko il fervAggio della gleba. Q uando in uno Stato tutt’ i privati fon Cit¬ tadini , e ciafcuno per proprio dominio vi poffiede ciò, che vi pofiìede il Sovra¬ no per fuo Impero, pofibno metterfi delle iin- pofizioni fopra le perfone , fopra le terre, o fal¬ le merci , fopra due di qucfie cofe , o fopta tute’ efiè, Delle Leggi. Lib.XIII. Cap. VII. "Nell’ impofizione perfonale ìngìufta farebbe «quella proporzione, che feguifle a capello la pro¬ porzione de* beni, In Atene [aj eranfi divifi i Cittadini in quattro clafTì ; quei, che 'ricavavano da* loro beni cinquecento mifure di frutti lìqui¬ di i o fecchi, pagavano al pubblico un talento : quelli, che ne ricavavano trecento mifure , pa¬ gavano mezzo talento j quelli, che ne ritraeano dugento , pagavano dieci mine ^ o fia un fello d’un talento ; quelli della quarta dalle erano efenci da ogni sborfo ^ Giulia era la tallà , tut¬ to che non proporzionata ; fe elfa non feguìva la proporzione de* beni ^ feguiva quella de* bì- fognì. Si giudicò, che ciafcuno avelie un necef fario fijieo eguale : che quello necelTario fi fico non. dovell'e foggiacere a talla : che di poi veniva P utile , e che quello dovea tallarfi , ma meno del fuperfluo : e che la gravezza della talfa fopra il fuperfluo impedifie il fuperfluo ftefib. Nella tallà fopra i terreni fannofi delle lille , in cui fi notano le diverfe dalli de* fondi . Ma è malagevolillimo il rilevare quelle differenze, ed anche di vantaggio il trovar perfone , le quali non abbiano in ter e Uè nel non rilevarle . CLutvi adunque fi trovano due forte d* ingiullizie , l*in- giullizia dell’uomo, e l’ingiuflìzia della co fa . Ma fe generalmente la talfi non é eccelli va , le la- fciafi al popolo un abbondante necefiàrlo, a nul¬ la monteranno quelle particolari ingiullizie. Che D 4 fe (aj Lib. Vili, Cap, X. an.130. Dello Spirito fe per lo contrario non fi lafcla al popolo che il puro neceffario per campar la vita , farà di maiTima confeguenza la menoma fproporzione. Che alcuni Cittadini non paghino molto, non è gran male : i loro agi ridondano Tempre nel pubblico ; che le alcuni particolari pagano trop¬ po j la loro rovina fi rivolge centra del Pubbli¬ co . Se io Stato proporziona la Tua fortuna a quel¬ la de privati, gli agi de’ privati faranno crefee- re in brev’ora la Tua fortuna^ Tutto dipende dal momento : per arricchiiTi uno Stato comincerà egli dall’ impoverire i Tuoi fudditi ? o pure afpet- terà , che lo arncchifcano i fudditi a loro co¬ modo ; avrà egli il primo , o il fecondo vantag¬ gio ? Comincerà egli dall’ eifere ricco, o -termine¬ rà con eilèrlo ì Le taflè fopra le merci fon quelle, che meno fentono i popoli, perchè non li domandano lo¬ ro formalmente. PolTòn elle difporli con tal pru¬ denza , che il popolo appena fappia di pagarle. Quindi è d’ una confeguenza grande , che paghi la talfa chi vende la merce . Sa egli bene , che non paga per fe, ed il compratore , che in fom- ma quello è, che paga, la confonde col prezzo. Scrillejo alcuni Autori, che Nerone avea tolta la ta/Ia del venticinquefimo degli fchiavi , che fi vendeano [h] : tuttavia altro non aveva ordina¬ to. (b) VeBigal cfutntA C?* •vicefimA 'venalium manci- piorum remffUm fpscie magk , quam z>2 ^ quia cum ditor pendtre juberetur in partem pretti , emtorihus accre- fcebat. Tacito Annali, Lib.XIII. Delxe Leggi . Lib.XIIL Cap.VII. 57,. to , che ii venditore foilè quello , che pagaile in vece dei compratore : queito regolamento moftrò di togliere T impoflzione, mentre lafciavala in¬ tatta . Vi fono due Regni in Europa , ne’ quali fo¬ no ftate pofte taflè graviflìme fopra le bevande : in uno il folo, che fa la birra, paga la ralTa : nell' altro è efatta indifferentemente fopra tutt' i fud- diti, che la confumano. Nel primo niuno lènte il pefo dell’ impofìzione : nel fecondo è confìde- rata come gravofa : in quello non rilevano i cit¬ tadini , fe non la libertà , in cui fono di non pa¬ gare ; in quello fentono la fola neceflìtà , che ve li coftringe . In oltre , affinchè il Cittadino paghi vi vo¬ gliono perpetue ricerche nella fua cafa . Non vi ha co fa più contraria di quella alla fibertà ; e coloro j i quali llabilifcono quelle forte d’impo- fizioni j non hanno la fortuna d'aver incontra¬ ta per tal riguardo la fpecie migliore d’ ammi- niflrazione, Dello Spirito capitolo vai. Come Jl con fervi V illtifone . A Ffinchè il prezzo della cofa j e la rafia fo- pra la mede fi ma pollano con fonder fi nella tefta di chi paga , forz^’è , che fiavi alcuna rela¬ zione fra la merce , e la calfa ; e che fopra una derrata di poco valore non fi ponga un' eccefll- va gabella . Vi fono de’ paefi , ne’ quali la ga¬ bella è diciafl'ette volte maggiore del valor della merce . In tal cafo il Sovrano toglie a' Tuoi fud- diti l'illufione : rilevano quefti d' efler condotti in guifa irragionevole , e ciò fi loro provare all' ultimo grado la loro fervitù. In oltre , perche il Principe po 0 a cfigerc una gabella al valor della cofa tanto fproporzionata, bifogna, eh’ efib medefimo venda la merce , e che il popolo non pofTa andare altrove a com¬ prarla ; cofa foggetta a mille difordini . ElTendo in tal cafo la frode di fommo lucro, la naturai pena voluta dalla ragione , eh' è Ìl con- fifeamento della merce, non vale ad impedirla ; tanto più che quella merce è d'ordinario d' un prezzo vilifTimo . Forz’ è pertanto ricorrere a pe¬ ne flravaganti, della natura di quelle, che s'im¬ pongono per li maflìmi delitti . E' tolta tut¬ ta la proporzione delle pene. Perfone, che non potrebbero prenderfi per uomini di mal afFu'e , fon punite quali fcellerati j e quella è la cofa , Delle Leggi. Lib.XIII. Gap.IX. 5^ che diametralmente fi oppone allo fpirito del Moderato governo . Aggiungo, che quanto maggiore anfa fi dà al popolo di frodare il Gabelliere, tanto più coftut s’ arricchifce , e tanto più impoverirceli il popo¬ lo . per troncar la frode , li è coftretto a dare al Gabelliere de' mezzi di vellàzioni llraor dina rie, ed allora tutto è in rovina . CAPITOLO IX. jyuna, cattiva fpecle d'ìmpofìz.ione. P Arleremo di pafTàggìo d'un’ impolizione in alcuni Stati Inabilita fopra varie claufole di contratti civili. Per difendei’li dal Gabelliere , vi vogliono grandi cognizioni , fendo quelle colè foggette a fottiliirime difculfioni . Allora il Ga¬ belliere interprete de’ regolamenti del Sovrano efercita full’ altrui foftanze un potere arbitrario, Ci ha fatto veder 1’ efperienza , come un’ impolì- zione fopra la carta , fopra la quale dee fcriverlì 11 contratto , farebbe molto migliore . CA- Dello Spirito Gei CAPITOLO X. 4 Che la grafjdcz.z.a de’ tributi dipende dalla natura del governo . ir Eggeriflìmi debbon edere i cributi nel gover- -IL-4 no Difpotico . Senza di ciò , e chi vorreb¬ be prenderfi il carico di coltivarvi Ì terreni [i] ? e poi , come pagare grodl tributi in un gover¬ no , che non rupplifce in verun modo a ciò , che il fuddito ha dato [i] ; Nel tremendo potere del Sovrano , e nella ftra- na debolezza del popolo , forz’ è, che non vi pof- fa fopra co fa alcuna cadere equivoco . Debbono i tributi eder di si facile efazione, e ftabìliti con tal chiarezza , che non podàii edere né accre- feiuti, nè feemati da coloro , che gli edgono : una porzione ne' frutti della terra , un teftati- co , un tributo di tanto per cento fopra le mer¬ ci j fono i foli, che convengono . Torna bene nel governo Difpotico, che i Mer¬ catanti abbiano un falvocondotto perdonale , c che P ufo facciali rifpettare : fenza di ciò fireb- be- [i] Stuefto {appone, che i coltivatori vi fieno {chiavi. Ma quejlo , {alvo che nella Volontà , ed tn qualche altro piccolo paefe , non fi trova quafi in nim altra parte del Mondo . [i] che fupplifia egli il Monarca ? la protezione p i pofti civili, i militari, itueflo ifiefo {afi in Turchia , in Verfia tS'c, Delle Leggi. Lib. XIII. Gap. XI. 6 i bero troppo deboli nelle vertenze, che aver po- tellèro con gli Uhziali del Sovrano [ 3 ]- CAPITOLO XI. Delle pene fifcali. Cola particolare delle pene fifiall , 1' eflcr centra la pratica generale più Pevere in Europa , che in Alia. In Europa lì confìfea- no le merci ; talora anche i baftimenti j i ca¬ lcili, ec. In Alia non fi fa nè P una , nè falera cofa . La ragione fi è, perchè in Eiuopa il mer¬ catante ha de' Giudici, che difender lo poiFono dall' opprelTìone : in Alla farebbero gli oppreflbri gli ftclTì Giudici difpotici. E che farebbe un merca¬ tante centra un Bafsà , che fi detcrminaflè a con- Efcare le fue merci [ i ] f La venazione è quella , che vince fé fteifa , e li vede aftretta ad una fpecie di dolcezza. In Tur¬ chia fi efìge una fola gabella d’ingrellb , dopo di che tutto il paefè è aperto a' mercatanti . Le fal- fe dichiarazioni non producono nè confifeazione, nè accrefeimento di gabella. Alla China [a] non s’apro- [aj Dsi H^lde y Tomo IL pag* 37. [3] Cùfe convenevoli ad ogni Monarchia y ed anche Repubblica , [ I ] Hueh che farebbe in Francia ^ fe Ìl Governatore di una Frovincia volejfe confifeare un vafcello . Ricorre* rebbe alla Corte , Si ricorre in Turchia dal Vicere di E* gìttoy al Vifìr di Cojìantinopoli y ed al Gran Signore , Ycdi Profpero Alpino, 6 i Dello Spik.ixo s aprono le balle di chi non è mercatante . La frode al Mogol non vien punita colla confifca- zione , ma col doppio della gabella . I Principi Tartari, che iielPAiia abitano Città [è], non pren¬ dono quali colà veruna fopra le merci , che fon di pallaggio . Che fe al Giappone il delitto di fro¬ de e un delitto capitale nel commercio , è per¬ che hannofì delle ragioni per togliere ogni comu¬ nicazione co" foreftieri ; e perchè la frode [c] vi e piuttofto una contravvenzione alle leggi fatte per la Scurezza dello Stato , che alle leggi di com¬ mercio . CAPITOLO XII. jRapporti della grandez.z^a de* trìbntl colla liberta . *|[^ Egola generale ; Ci podbno efìgere tributi più Jl^ gravi a proporzione della libertà de’ fiid- diti j ed è forza il moderargli a mi fura , che s* accrefce la fervitù [i] . Ciò c fempre flato , e fcm- [b] Storia de’ Tartari, Parte terza, pag. ipo. [c] Volendo avere un commercio co’ forefticri, fcn< za comunicar con ellì , hanno fceltc due Nazioni , l’O- iandefe pel commercio dell’ Europa, e la Chinefè per quel- io dell’ Ada. Tengono in una fpecie di prigione i fatto¬ ri , ed L marinari, e gli anguftiano a fegno, che fanno lor perdere la pazienza , [i] Nelle Repubbliche ogni Cittadino è Sovrano, pa¬ ga dunq^ue volentieri tutto il fuo per confervare la So¬ vranità * Delle Leggi . Lib. XIII. Cap. XII, 65 Tempre lo farà. E’ regola eftratia dalla natura,la cjLiale non varia; trovali in ogni paefe , in In¬ ghilterra , in Olanda, ed m tutti gli Stati , ne' quali la libertà va Icemando fino in Turchia. Pa¬ re , che vi deroghino gli Svizzeri , perche non vi fi pagano tributi} ma ce 1 / è nota la ragione particolare; ed ella lìefla conferma k mia allèr- zione. Si cari iono i vìveri, e s) popolato è il paefe in quelle fieri li montagne, che uno Svizze¬ ro paga alla natura quattro volte più di quello , che paghi un Turco al Sultano [ 1 ]. Un popolo dominatore , quali erano gli j'^te- tiiefi , ed i Romani , può efimerfi da ognfimpofi- zione, perchè regna fopra-Nazioni foggette. Al¬ lora ei non paga a proporzione di fua libertà , perchè per tal rifpetto non è un popolo , ma un Monarca [ 5 ]. La regola generale però fempre fuffifle . Ne¬ gli Stati Moderati vi c un compenfo per la gra¬ vezza de’ tributi, ed èia libertà. Negli Stati Di- fpotici [a] vi è un equivalente per la libertà, ed è la picciolezza de' tributi [4] . In [a] In RuITIa mediocri fono i tributi ; vi fono fta- ti accrefc.uti , da che il DLfpotlfmo vi è più moderato, Veggaiì r Iftoria de' Tartari , Parte feconda . fi] Gli SvizzÉTì datino allo Stato pìà che gli al'ti 'Kepubblicani t perocché da che nafeono ^ gii confacrano Ite lìl pagare d" beni aequiflmi col frngue . [4] hberta godiji anche in Turchia • Tun j Moufulmani j ft^condo P Alcorano , fono liberi^ ($4 Dello S p i r i 't o ' ' In certe Monarchie Europee veggonli delle Pro¬ vincie [b] , le quali per la natura del loro poli¬ tico governo trovanii in uno ftato migliore delle altre . Si crede fempre , che molto non paghino, perche , per un effetto della bontà del loro go¬ verno, potrebbero pagar di vantaggio ; e vieti fempre in mente di toglier loro quefto governo medefimo , che produce quello bene , il tjuale li comunica ; che fi dilata per lungo tratto, e del quale meglio farebbe godere. CAPITOLO XIII. In quali governi fieno ì tributi fufeet- tibili d" accrefeimento . S I pofibno accrefeere i tributi nella maggior parte delle Repubbliche , poiché il Cittadino, il quale crede di pagare a le medefimo , ha la volontà di pagargli, e d* ordinario ne ha il co¬ modo per P effetto della natura del Governo. Nella Monarchia fi poflbno aumentare i tribu¬ ti , mentre la moderazione del governo vi può proccurare delle ricchezze : fono quali una ricom- penfa verfo il Sovrano, a motivo del rifpetto , che il medefimo ha per le leggi. Nello Stato Difpotico non fi può aumentargli , avvegnaché non ammetta aumento P eftrema (èrvitu. CA- [bj I Paell degli Stati, Dblle Leggi. Lib.XIII. Cap.XIV. C A P I T O L O XIV. Che U natura de* tributi è relativa al governo, I L Teflatico c più naturale alla fervitù : l’tmpo- iìzione fopra le merci è più naturale alla li¬ bertà , perche lì riferifce alla perfona in guifa meno diretta . E'’ naturale al governo Dlfpocico , che il So¬ vrano non dia danaro alle milizie , o a’ fuoi cortigiani , ma che diftribuifca loro de’ terreni , e perciò, eh’ ei v’ imponga pochi tributi. Che fc ]1 Sovrano dà del danaro , il più naturai tribu¬ to, ch’ei pollà imporre, è un tributo per tePta- tico. Quello tributo non può edere, Te non pic- ciolllEmo ; imperciocché , lìccome non vì li polà fon ^ftre varie confiderabili dadi a motivo degli abulì, che nc ri fui ter ebbero , mediante l’in giudi- zìa , e la violenza del governo , forz’ è di necef- dtà regolarli fopra le tailc, ohe paear polTono ì più miferabili. Il tributo naturale al governo Moderata , é r impofizione fopra le merci . Tale impofizìonc venendo in foftanza pagata dal compratore , tut¬ to che il mercatante 1’ anticipi , é un impreftanz’a fatta già dal mercatante al compratore; quintU fa d'uopo Gonfiderare il negoziante, c come debi- tore ^generale dello Stato, e come creditore di tute i privati, egli anticipa allo Stato la talTa , TomJL E cht 66 Dello Spirito che a lui pagherà un giorno il compratore 5 cd ha pagata pel compratore la gabella , che ha pa^ gata per la merce . Adunque rilevali , come , quanto più moderato è il governo , quanto più domina lo fpìrito di libertà, quanto più le for¬ tune fono in iìcuro, canto più agevole riefce al mercatante T anticipare allo Stato , ed il preftare al privato , talfe conlìderabili. In Inghilterra un mercatante preda realmente allo Stato cinquanta, o fellànta lire fterline per ogni botte di vino , di'* ei riceve . E qual è quel mercatante, che ar- dinè di far cofa hmigliante in un paele governa¬ to come la Turchia f e quando ardiflè dì farlo, come io potrebb' egli con una fortuna fofpecca , incerta, rovinata CAPITOLO XV. Ahufo della libertà , O Ueffci grandi vantaggi della libertà hanno data anfa a fare abufo della medefima . Perchè il govenio Moderato ha prodotti effetti maravigliofi , fi è abbandonata quella modera¬ zione : perchè fonofi ritratti grandi tributi, fe ne fon voluti ritrarre degli eccefsivi e fdegnando la mano della libertà , che facea quello dono, li e rivolto alla fervitù, che tutto nega , La libertà ha prodotti i tributi eccedivi ; ma P effetto di quefli eccedivi tributi è a vicenda il produrre la fervitù i e l’effetto della fervitù è il ©ELLE Leggi. Lib. XTII. Cap.XV. 67 pi-odiirre la diminuzione de'tnbuci [i] . I A-lonarchi Aliatici non fanno editti j che pci" climere ogni anno da’ rnbuci alcuna Provincia del loro Impero [a] ; le manifeiìazioni di loro vo¬ lontà fono benefizi • hi Europa gli Editti de’ Sovrani affliggono anche prima di averli veduti, perche vi parlano continuo de’ loro bifoeni ma de' noftri non mai. ’ E)a una noncuranza iraperdonabile , che han¬ no i Miniftii di que’ paefi del governo e foven- tc del clima , ricavano i popoli quefto vantag¬ gio , che non vengono, cioè, Tempre oppreflì da nuove dimande . Non vi fi aumentano le fpefe perché non vi fi fanno progetti nuovi : e fé per accidente ve Te ne fanno , fono progetti , che mo- ftrano il loio termine, e non progetti principia¬ ti . Quelli, che governano lo Stato, non lo tor- V Jtor» tormentano di continuo le lieffi . Ma, quanto a noi , è ìmpofllbile , che abbiamo mai regola nelle noftre finanze , perché lappiamo Tempre , che firemo per fare alcuna co- fa , e non mai ciò , che faremo . £ i Non [a] E‘ l’ulb degrimperadori della China. [0 Repubbliche cintfcumt famiglia fattepel governo j perche ogni fAmiglia partecipa al governo . Nsoii Stati moderni le famiglie lavorano per le ricchez,z,e ; per- che loro danno degli onori. Un popolo {chiavo lavora pel folo mcejfario y non ha dunque foverchio ; non pub dun¬ que dare . Un Monarca , che mena alla fehiavhu il fuo po¬ polo , tl mena alla povertà j donde nafee lo feemarlì de' tributi. Dello Spirito Non chiamali più Fra noi un gran Miniftro quegli, eh’’ è il Figgio difpcnlacore delle pubbli¬ che encrace , ma quegli ,, eh'è uomo d'indullria, e che rinviene quel , che chiamiamo elpcdienti. • C A P I T O L o xvr. Delle cone^mjlc de Maomettani, Q Uefli eccefsivi tributi [a] quelli furono , che aperfero il varco a quella ftrana faci¬ lità , colla quale i Maomettani fecero le loro con¬ quide . I popoli in vece di quella continua fc- guela di veflàzioni , che inventate avea la Icaltra avarizia degl' Imperadori, U videro foggettì ad un femplice tributo pagato con agevolezza , e nei modo ftefifb ricevuto : più felici per obbedire ad una barbara nazione , che ad un governo corrot¬ to , nel quale fuccumbevano a tutcM difordini d* una libertà , che più non aveano, con gh orrori tutti d’ un ferva.ggio prefente. C A- [a} Veggafì nell’ Iftoria la grandezza , la bizzarria, c perfino la follia di quefti tributi. Anaftsfìo ne imma¬ ginò uno per refpirar l’aria: ut quifque prò haufiu aerù pmderst, Delle Legcsi. Lib. XIII. Cap.XVIT, che appena gT immaginerebbe il più dilbrdinato fi¬ gliuolo di famiglia . CAPITOLO xvnr. Del condonare t Tributi, L a malTìma de’ grandi Imperj d’ Oriente dì condonare i tributi alle provincie , che han¬ no patito , dovrebbe imitarli negli Stati Monar¬ chici . Ve ne fono è vero di quelli, ne’ quali è ftabilita ; ma la medefima aggrava anche più che Te non vi follèj imperciocché non imponendo il Sovrano né più , né meno, tutto lo Staro viene a pagare . Per Tollevare un villaggio , che paga male, iè ne carica un altro > che paga meglio ; non fi rimette in piedi Ìl primo , e fi din-rugge il fecondo, Il popolo fi trova difperato fra la timore dell’ efazioni j ed il necemta^di pagare per Delie Leggi . Lib.XTII. Cap.XIX. 71 il pericolo di pagare temendo d'eHer di più ca¬ ricato , Uno Stato ben governato , per primo artìco¬ lo delle fue Tpefe dee porre una fomma regolata per li cali fortuiti. Segue del pubblico come de* privati y i quali li rovinano allorché fpendono a capello I* entrate de* loro terreni, Rlfpetto alla folidita. fra gli abitatori d*un vil¬ laggio medelimo è flato detto [a] , eh* era ella ragionevole, poiché potea fupporli per parte lo¬ ro un accordo fraudolento . Ma e donde mai fi c imparato , che fopra pure ruppofizioni debbafi fta- bilire una cofa di per le ingialla, e rovinofit al¬ lo Stato ? CAPITOLO XIX. Che fa ftù conveniente d Sovrano^ ed al popolo y 0 i'appalto , 0 l' ammrnì~ ftrar da fe i Tributi. Il maneggio P ammìnlllrazione d*un buon iCU padre di famiglia , eh* efige da fe ftellb con economia, e con metodo le proprie entrate, Col maneggio è padrone il Sovrano d* accele¬ rare , o di ritardare Pefazione de* tributi , o a nor¬ ma de’ Tuoi hi fogni , o fecondo quelli de* Tuoi popoli . Con tal maneggio ei rifparmia allo Sta- [a] Veggafi il T'-attato delle finanze de’ Romani , Cap. II. Stampato in Parigi prelTo Btiaffoii , nei 1740, 72 Dello Spirito ro gl' immenfi profìcd de’ Dazieri , che i' ìmpo- verilcono in infinite maniere . Con e(To rifparmia al popolo lo fpettacolo, che lo artrifta delie fu- bitanee fortune . Con elio il danaro , che fi efi- ge, palla in poche mani, va direttamente al So¬ vrano, e per confeguenza torna più fpeditamen- re al popolo . Con tale maneggio rifparmia il Prin¬ cipe al popolo infinite prave leggi , che carpifce ad ogni ora da lui l'avarizia importuna degli ap¬ paltatori , i quali moflivano un prefente vantag¬ gio ne' regolamenti funefil per l’avvenire . Siccome colui, che ha il danaro c Tempre il padrone dell’altro , cosi il Daziere fi fa dìfpotico del Sovrano medefimo . Non è colui Legislato¬ re j ma forza il Principe a far delle leggi . Con fedo , effèr talora proficuo il cominciare dal dare in appalto un’impofizione dabilita di nuo¬ vo : vi ha un' arte, e delle invenzioni per impe¬ dire le frodi , che fuggerifce agli appaltatori il proprio intevelle , e che non avrebber faputo im¬ maginare gli amminidratori ; ora eden do già fif- fato il fiftema dell'efazione dall'appaltatore , fi può con riufcita ftabilire il maneggio d'ammhii- ftraztone . In Inphilterra l’ammìnidrazìone deli' aj/ì/k , e della rendita delle pofie , quale di pre- fenre fi trova, venne prefa dagli appaltatori. Nelle Repubbliche le rendite dello Stato fono quafi Tempre in maneggio d'amminidrazione . Gran vizio del governo di Roma fu lo dabili- mento contrario [a] . Negli Stati Difpotici, ov’è da- [a] fu coftrctto Cefare a togliere dalia provincia d'Afìa Dille Leggi. Lib.XIII. Cap. XIX. 73 ftabilita l’ amminiftrazione, i popoli fono infinita¬ mente più felici ; teftimónj di ciù la Perfia , e la China [è] . I più infelici quelli fono , ne’ quali il Sovrano dà in appalto 1 fuoi porti di mare, c le fue Città di commercio . L’ Iftoria delle Mo¬ narchie è piena de’ mah fatti dagli appaltatori. Sdegnato Nerone delle velfazioni de* Pubblica¬ ni , formò P impolTibile , e magnanimo progett^ d’ abolire tutte le impoiizioni. Ei non immagino amminiftrazione ; ma fece [c] quattro editti , che le leggi centra i Pubblicani tenute fino allora Ic- grete , fodero pubblicate : che più efiger non po- telfero ciò , che aveftèro trafeurato di cliicderc dentro P anno ; che vi farebbe un Pretore ftabi- lito per giudicare le loro pretenfioni fenza for¬ malità : che nulla pagherebbero i mercatanti per li navili. Ecco i bei giorni di quell’ Imperadore. C A- ù’ Afia t pubblicani , e di ftabilirvi altra fpecic d‘ammi- nlflrazlone , come ci avverte Dione. E Tappiamo da Ta¬ cito, che la Macedonia , e l’Acaja, provincie da Au- gufto lafciate al popolo Romano , e che perciò erano governate fui piano antico, ottennero d’eflér del nume¬ ro di quelle, che 1 ' Imperadore governava per mezzo de' fuoi Ufiziali. [b] Veggaft Viaggio di Perda, Tomo IV, [c] Tacita , Annali, Llb.'^XIIl. 74 D B L X O S P I n 1 T o CAPITOLO XX. 1. i i De* Daxiìerf, T utto è perHuro, allorché la lucrativa pròfef- none de Dazieri , mediante le coftoro ric¬ chezze, arriva ad e{Iere anche profefsione onora¬ ta . Può eder quella cofa buona negli Stati Di- ipotici, ove con frequenza P impiego loro è una parte delle funzioni de’mededmi governatori. Non é buona nella Repubblica: ed una cofa fomiglian- te dillrude la Repubblica Romana . Non è mi¬ gliore nella Monarchia; che anzi non vi è cola di quella piu contraria allo Ipirito di quello go- veino . Tutti gli altri Stati ne hanno rammari¬ co : vi perde tutta la fua conllderazione 1’ ono¬ re , piu non fono lenlibili i mezzi lenti, e natu- rali di fegnalar/I, ed è urtato il governo nel fuo principio . Furono ne’ tempi andari vedute delle fcandalo- fe fortune , ma era una delle calamità di cin- quant’ anni di guerre ; allora però quelle ricchez¬ ze furono conllderate come ridicole; e noi le am¬ miriamo . _ Vi è un lotto per ogni profefsione . Il lotto di coloro, ch’elìgono i tributi fono le ricchez¬ ze ; e le ricompenfe di quelle ricchezze fono le ricchezze medefme . La gloria e l’onore fono per quella nobiltà , la quale non conofee , non vede 3 e non fenue altro bene verace, che l’ono¬ re. % Delle Leggi . Lib, XIII. Cap.XX* 7^ re, e la gloria. Il rirpetto,e la c.onfiderazione fo¬ no per <][uei Mlnìllri, e per cjuei Magiftrati, i cj^ualf dopo la fatica altro non trovando che^ la fati¬ ca, vegliano giorno» e notte per la felicita deUj Impero. 7^ Libro xiv. j. Delle Leggi nel rapporto , che hanno colla natura dei clima . „ CAPITOLO PRIMO. Idea generale . S E e vero , che il carattere dello /jpirito , c le palsioni dei cuore ne’ diveriì climi fieno in eftremo differenti j le leggi elìer debbono relative, ed alla differenza di cjuefte pafsioni, ed alla diffe¬ renza di queffi caratteri. CAPITOLO IL Quanto fon gli uomini differenti ne’ diverfi climi, L ’ Aere freddo ferra [ cioè j più franchezza, meno fofpetti , meno politica, meno aftuzie. In fomma dee ciò formare caratteri affai differenti. Ponete un uomo in un luogo caldo , e chiufo jpatirà per le dìvifate ragioni grandilfimo sfi¬ nimento di cuore. Se in tal circoftanza fe gli pro¬ ponga un" azione ardita , a mio credere , vi fi troverà mali (Timo difpofto : fattuale fua debolez¬ za feoraggerà la fua anima : rutto el temerà, per¬ ché conofee , che nulla può . 1 popoli de’ paefi caldi fon timidi, come lo fono i vecchi : quei de" climi freddi fon coraggiofi , come lo fono i giovani. Se diamo un'occhiata all" ultime (c) guerre , che fon quelle , che più abbiamo innan¬ zi agli occhi j e delie quali polliamo meglio ri- (c) Quella per la fuceeljlone di Spagna. 7S Dello SpiRito levare certi leggieri effetti da lungi impercettìbi¬ li » concepiremo bene, come i popoli del fetten- trione ^trafportati nelle regioni meridionali (d) , non vi hanno fatte azioni cosi belle , come quel¬ le de loro compatrioti , i quali combattendo nel proprio lor clima fp^^'-'^i'^sntavano tutto il natio coraggio . La forza delle fibre de"* popoli fettentrionalì fa SI che i fughi più groffolani fono eftratti da¬ gl alimenti. Due cole ne rifultano : una j che le parti del chilo , o della linfa , fono più atte per la loro ampia fuperfìcie ad effere applicate fopra le fibre, e ad alimentarle: Taltra,che fono me¬ no atte per 1 efier loro grofiolano a dare una certa fottigliezza al fugo nervofo . QLiefti popoli adunque avranno una grande corporatura, e po¬ ca vivacità, I nervj, che per ogni lato vanno a termina¬ re al fefiuto della noflra cute , formano ciafeun d effi un fafeetto di nervi : d' ordinario non è tutto il nervo , eh’ è mofTo , ma n’ é uif infini¬ tamente piccioia parte. Ne’ paefi caldi , ove il teffuto della cute è rilafciato, 1’ eftremità de’ner- vi fono dilatate, ed efpofte alla più piccola azio¬ ne de’ più deboli oggetti . Ne’ paefi freddi il tef- Luto della cute è ferrato, ed i capezzoli fon del pari comprefTì ; i fiocchetti in certo modo para¬ litici , la fènfazione non pafià gran fatto al cer¬ vello , fe non quando è fommamente gagliarda, e che (ji) In Ifpagna, a cagion d’cfenipio . 79 DitLB Leggi . Lib.XIV. Gap. II. c che è di turco ìjiteto il nervo . Ma imma¬ ginazione j il gufto , la lenfibilicà , e la vivacità, ' dipendono da un iniinito numero di piccioìe leu- razioni. Ho io oflervata l’efteriore tefTìtura d^una lin¬ gua di caftraco dove comparifce all’occhio nudo coperta di piccoli capezzoli . Ho veduto con un microfcopio fopra i raedefimi de’ peletti, o mia fpecie di lanugine : fra i capezzoli eranvi delle piramidi, -formanti colla lor cima fpecie di pen- ncllnii. E hioico probabile, che cjiiefte pirami¬ di fieno l’organo principale del gufto. Ho fitta gelare la metà di quella lìngua , ed ho trovato coll occhio nudo i piccioli capezzoli fcemati confiderabilmente : alcuni di elTi eranfi per fino infognati nella loro guaina: ne ho col microfcopio efaminata la telTitura , nè ho piti vedute le piramidi . A mlfura , che la lìngua li e andata Ighiacciando , i capezzoli coli’occhio nudo fonofi veduti rialzare ; e col microfcopio i fiocchetti fono comparii di nuovo. Siffatta ofièrvazione conferma il da me alTeri- to , che ne’ paefi freddi i fiocchetti nervofi fon meno efpanfi : s’ infoderano nelle loro guaine , ove ftannofi al coperto dell' azione degli ogget¬ ti citeriori . Adunque le fenlazioni fono meno vivaci. Ne paefi freddi fcarfa farà la fenfibilità per li piaceri : fara maggiore ne’ paefi temperati : fa¬ rà^ eftiema ne caldi , Siccome diftinguonfi i cli- mi da gradi dì latitudine , fi potrebbero , per dir COSI, diftinguere per li gradi di fenfibilità . Ho So Dello Spirito Ho veduto recitare 1’ Opere in Inghilterra , cd in Italia : fono le ftefTe compofizioni , e gli at¬ tori medelìmi : ma la ftellà mufica produce ef¬ fetti talmente diverfi nelle due nazioni ; la pri¬ ma è sì tranquilla , 1^ altra a feguo comm olla , che fembra cola non con ce p ibi le . Lo ftefifo avverrà del dolore : viene in noi ec¬ citato dalla lacerazione d’alcuna fibra del noftro corpo . Ha P Autore della natura ftabilito , che quello dolore follè più gagliardo , a mifura che farebbe maggiore lo fcomponimento : ora è evi¬ dente che i grandi corpi , e le grolTolane fibre de’ popoli boreali fono meno fufcettibili di fcom¬ ponimento j che le delicate fibre de’ popoli de pad! caldi : adunque l’anima vi è meno lènfibile al dolore. Per dar della fenfazione ad un Mofco- vita forz’ è fcorticarlo (e) , Con fiffatta delicatezza d’organi, che fi ha nel¬ le calde regioni , P anima è in fommo grado comraofia da tutto ciò , che ha relazione all union de’ due lèdi ; tutto guida a tale oggetto. Ne’ ciimi boreali il fi fico dell’ amore ha a ften- to la forza di renderfi ben fenfibile : ne’ climi tem- (e) Ciò Spiegherebbe marayigUofamente la ragi^e de’ diverfi fupplizj , che veggiamo in ufo prefib le difte- jenti Nazioni , qualora non c’ infegnafie l’Iftoria > che quella diverficà di rupplizj dipende piuttofìo dalla natu¬ ra de’ governi, che da quella de’ climi , e fe la fifica non ci prefentaffe un quadro de’ rremendi effetti , che produr .pofl’ono nell’ uomo la maniera di vivere i e 1’ ufanza . ('Riflef. d’un Anon.) Dbile Leggi. Lib. XIV. Cììp. IT. Sr temperati i’amore accompagnato da mille accef- fìoni, fi rende grato per tali cofe , che fembra- no da prima eflcr eflp , nè fono efib per anco¬ ra : ne’ climi piu caldi amafi l’amor per fe ftef- fo ; elTo è 1 ’ unica cagione della felicità , è eHb la vita. Ne’ paefi meridionali una macchina delicata, debole j ma fenfibile , dalli in balia ad un amo¬ re j che in un ferraglio nalce, e fi calma fempre j ovvero ad un amore , il quale lafciando le donne in_ una maggiore indipendenza lì trova difpofto a mille difturbi. Ne ^ paell boreali una macchina lana , e ben coftituita , ma grave trova i proprj piaceri in tutto quello, che può dar moto agli Ipiriti, nel¬ la caccia j ne viaggi, nella guerra , nel vino . Troverete de_’ popoli_ ne’ climi boreali, che han¬ no pochi vizj, fufficienti virtù , molta lìncerìtà , e nanchezza. Accollatevi a’ paeli meridionali , ci edere te di dilungarvi dalla llelTa morale ; più vivaci palTìoni moltiplicncranno i delitti; ognuno cercheià di prender fopra gli altri tutt’ i vantag¬ gi j, che favorir poflono quelle padìoni medefi- me. Nelle regioni temperate vedrete popoli in¬ collanti nelle loio maniere, ne* lor ^edelìmi vi¬ zj > e ^nelle loro virtù : non vi ha il clima una qualità determinata per fiUàrìi , Si eccepivo elTer può il calore del clima , che il corpo Ila per elìervi alTolutamente sfibrato. Al¬ lora r avvilimento fi comunicherà anche allo fpi- lito, niuna curioficà , niuna nobile intraprefii niun generofo femiraento j tutte le inciinazioni lamJL F j Si Dello Spirito vi Hiranno paflìve ; T oziofità produrravvi la feli¬ cità: la maggior parte de’ gaftighi vi riufciran- iio .meno malagevoli a foftenere , che razione deli’ anima} e meno inroffribile la fervicù , che la forza di fpirito, la quale è ncceflaria per cou- dur fe medelimo . CAPITOLO III. Contraddìzjom ne caratteri dì certi popoli meridionali, S O NO gl’ Indiani [*«] per natura fenza corag¬ gio : i figliuoli [^] ftellì degli Europei nati all’ Indie per don quello del clima loro . Ma c come accordar ciò colle atroci azioni loro , col¬ le loro ufanze , colle barbare lor penitenze ? Vi fi lòggettano gli uomini a mali incredibili : le donne vi s’ardono vive da fe ftellè : quella è molta forza a fronte di canta debolezza [i]. La [a] ,, Cento foldati Europei , dice Tavernier , non » molto ftencerebbeto a battere mille foldati Indiani . [bf Gli fteflì Perfiani, che E ftabilifcono all’ Indie, prendon o fui la terza generazione la dappocaggine , e 1* codardia Indiana. Vedi Bemier fopra il Mogol, Tom.I. pag. z8z. [i} Nell'Ifola di Cuba alcuni/chiavi difperati avea- no rifohtio di andar/ ad appiccare infieme in un piano co- verte di alberi . Il Padrone rt/aputolo vi fi fece trovare con delle funi . Refiarono quegli fiupiti al veder che H lof la» I Delle Leggi Lib. XIV. Gap. Ili, Sj La natura , che ha data a quelli popoli una de¬ bolezza , che li rende timidi , ha data loro al¬ tresì SI viva immaginazione , che rutti li colpi¬ sce eftremamente. Quella ftefl'a delicatezza d' or- gani j che fa loro temere la morte, ferve ad efH di pari a far loro temere mille cofe piu, che la molte. La fcniibihta medeftma è quella , che fa loi- fiiggire tute-i perigli, e che li fa loro tutti (prezzare . Siccome ^ una buona educazione è piu necefTà- ria a fanciulli, che a coloro, che hanno lo fpi- _^flodato : nel modo Hello i popoli dì quelli climi hanno più bifogno d"* un faggio Legislatore, che 1 popoli delnoftro. Con quanta maggior facilita e vivacità altri è colpito , tanto più un- porta che baio in una guifa dicevole , che non liceva piegiudizj , e che Scorto fìa dalia ragione. Al tempo de^ Romani i popoli boreali Euro¬ pei viveano Senz arte, Senza educazione, e quafì leiiza leggi; e tuttavia col Solo buon SenSo an~ nello alle grolSolane fibre di quei climi, lì man¬ tennero con faviezza maraviglio fa contra la Ro¬ mana potenza, fino al momento che sbucarono dalle loro forelle per diflru-^aerla. F S- CA. vdiv» impicc»rfì con efe loro . Dcmnnim per- Chip rijpofe , per poterli tormemare cento volte peodo nell* ti^tra vita , che non faceva, in quejia . Gli {chiavi fpa- ventatt mutarono p.nftere. Se la fantafta fa ne' paefi Li- iùmT^ freddi i «»- la loro fantafia , ju L 0rrte dt Maometto . ^ ^ D E L L o S 1* 1 R I T O CAPITOLO IV. Cagìcne dell' ÌTnmHtahilhk della Rclìgtone, de coftmni , delle maniere , delle leggi ne' paejì orientali, S E con quella debolezza d^ organi , clic fa ri¬ cevere a’ popoli orientali le imprelTioni più gagliarde del mondo , unite una certa dappocag¬ gine nello fpirico legata naturalmente con quella del corpo , la qual feccia , che qucfto rpirico non ha capace d^ alcuna azione , di alcuno sforzo , d' alcuna contenzione, comprenderete , come P anima, che ha ricevute una volta delle impref- fioni » non può più cangiarle . Ciò appunto fa , che le leggi, i coftumi [a] j e le maniere, an¬ che quelle > che pajono indifferenti, come la fog¬ gia di veftirff , fono oggi in Oriente quali lo era¬ no già mille anni. CA- [a] Si vede da «n frammento di Niccolò di Va* mafeo raccolto da Cofimtìm Porfirogeneta , che 1 ufo era antico in Oriente di mandare a ftrangokre un gover¬ natore ) che non piaceva: era in vigore a tempo e Medi. Delle Leggi . Lib.XIV. Gap. V. Sj CAPITOLO V. Che i fravf LeghUtort fon qmUì , che hmn» fecondati i viz^j del clima , e che fon bmni quelli, che fonovifi oppofi, S I fanno a credere gP Indiani , che la quiete , ed il niente fieno il fondamento delle cole tutte , e la meta , ov^ellè vanno a terminare . Confiderano ellì adunque la totale inazione come lo fiato più perfetto, e l’oggetto delle loro bra¬ me . Danno alP Ente fLipremo il foprannome [a] dMmmobile. I Siamefi fi credono , che confifta la fuprema [b] felicità nel non efi'ere obbligati ad animare una macchina , e far operare uw corpo. In quelle regioni , in cui P eccelTivo caldo fnerva ed opprime , sì deUzlofa è la quiete, ed il moto sì penofo , che fembra naturale quello me- tafifico fifiema : e Foe [c] Legislator degP India¬ ni ha fecondato ciò, clP ei privava in le mede- fimo , allorché ha polli gU uomini in uno fiato eftremaraente palfivo : ma la fua dottrina nata F 5 dal- [a] Panamanack . Vedi il Kircher . [b] la 107 ibere , relazione di Siam, pag. 44^. [c] Vuol ridar Fue il cuore al puro vacuo . « Ab- *• biaino occhi , ed orecchi j ma la perfezione conhfte » nel non veder, nè fenrire : una bocca, due mani ec. S5 la perfezione è . che quelle membra Ci trovino nell* » inazione a». E ciò è cavato dal dialogo d’ un Fllofo- fò Chineie , riferito dal P. da Halde . Tomo III. 8<5‘ Delio Spirito dalla pigrizia del climax favorendola a vicenda » ha prodotti mille mali. Piu fenfatl furono i Chinefi Legislatori , allor¬ ché conlìderando gli uomini non già nello ftato pacifico a in cui alcun giorno faranno , ma nell’ azione atta a far sì che adempianfi i doveri del¬ la vita , formarono la loro Religione , la loro fi- lofofia ^ e le leggi loro tutte pratiche . Quanto più gli uomini vengono inclinati dalle fifiche ca¬ gioni alla quiete, tanto piu ne li debbono di¬ lungare le cagioni morali . C A P I T O I, O VI. Della colttvazjone delle terre ne' . faefi caldi. L a coltivazione de’ terreni é la fatica mag¬ giore degli uomini. Quanto più il clima lì porta a fuggire quella fatica , tanto più ve li debbono eccitare la Religione , e le Leggi. Cosi le Leggi degl’ Indiani , che danno le terre a* Principi , e tolgono a’ privati lo fpirito di pro¬ prietà, aumentano i rei effetti del clima , vale a dire, la pigrizia naturale, DfLLE Leggi. Lib.XÌV. Gap .VII. Zj CAPITOLO VII. V I produce i mali fteilì il Monachifmo : è efib nato ne’ paefl caldi d’ Oriente , in cui altri è meno portato ad agire j che a fpeculare [■^]. In Afìa il numero de’ Dervich , o Monaci par che Ci dilati col calore del clima ; le Indie , ov’ è eccellivo , ne fon piene : in Europa ftella rilevali quella medelìma diderenza . Per fuperare la pigrizia del clima farebbe di meftieri , che le leggi li dudiaHèro di togliere tutt’ i mezzi di vivere fenza fatica ; ma ne’ paeli meridionali dell’Europa fiinno elle tutto il con¬ trario : danno a coloro , che vogliono darli ozi oli de* podi atti alla vita fpeculativa , e vi unifcono ìmmenfe ricchezze . Quede peiTone , le quali vi¬ vono in una opulenza 3 eh’ è loro a carico, dan¬ no con ragione il loro fuperfluo al minuto po¬ polo : ha elfo perduta la proprietà de’ beni : edl ne io compenliino coll* ozio , che gli fanno go¬ dere , licchd giunge ad amare la dedà miferia. F 4 - CA- ['f'] Ripete in quefto luogo il noftro Autore 1’ ori¬ gine del Monacato da’ climi caldi, dov^ 1’ uomo è meno portato ali’ azione , che alla contemplazione . E’ vero, ch-e i primi noftri monaci li videro in Oriente; ma non fu il clima e la pigrizia, che quefto nuovo iftituto di vive¬ re ss Dello S tir. ito CAPITOLO Vili. Buona ufanz^a della China . C I parlano le Relazioni [a"] della China della ceremonia [&] d’ aprire i terreni, che fa ogni anno l Iinperadore . Con quello pubblico arto c folenne fon oh voluti animare i popoli a lavo¬ rar la terra [c] . E’in ic^ indufle , ma piuttoflo le perfèeuzioni , cKe coflrinrcro 1 criiliani a fuggircene nelle bofcaglie e fblttadini , dove ancora cjuelle finite limarono crattenerfi , per applicarli ’con più agio a fervire Dio, come Antonio Pagi, Pape- btochio cd altri oJlervarono, V. Binghamo orig. ecdef, lib, VII, cap.y. §. i. §. 4. E chi poi non fa, che gli anti¬ chi monaci continuamente faticavano , c colle proprie fa¬ tiche^ viveano ? Qual fatica ritennero , ancora dopo avere accjuiftate quantità di rendite . E per quefta fatica i mo¬ naci d'Occidente furono di mo tiiTuna vtilità al genere umano, con averci copiati ed a’ pofleti era in andati gli antichi manoferitti, e fcritta la ftoria de’ tempi di mezzo, come a propofito il Mabìilon e 1 ’ Abate GauIIier avvera- tirono. Lardarono poi i Monaci quali ia tutto la fati¬ ca manuale, quando furono chiamati al divino minifte- ro, e fi diedero allo ftudio delle fdenze. [a] Il p, eìff Halde Storia della China , Tom, II, pag. 72. • ■ [b] Fanno lo ftelTo molti Re dell’ Indie . Relazio¬ ne del Regno di Siam del la I.oubere pag. 69. [c] Venty terzo Imperadore della terza Dinaftia col¬ tivò Ja terra colle fue proprie mani , e fece*lavorar la leta nel hio‘palagio, da li’imperatrice , e dalie fue Donne, i/lori a della China . Delle Leggi. Lib.XIV. Gap. IX, Sp E* in oltre l’Imperadore ogni anno informato del contadino , che rielì più fegnalato nella fu* profellìone j ed ei lo crea Mandarino dell ottavo ordine . • PrelTo gli antichi Perfianì [d] il giorno ottavo del me fé detto Chorrem-rnz. i Re lafciavano il loro fafto per mangiare co' contadini. Per inco¬ raggiare P Agricoltura fono m ara viglio fe fiffatte leggi . CAPITOLO IX. d" incoraggiare t’ indujlria. F Aro' vedere nel Libro XIX, come le nazio¬ ni infingarde fono d'ordinario fuperbe. Po¬ trebbe ;tivolgerfi V effetto centra la caufa, e di- ftrugger 1 ’ ozio con P orgoglio . Ne' paefi meri¬ dionali Europei , ove i popoli fanno tanto ca- fo del punto d' onore , tornerebbe bene il dara de' premj a' contadini, che avefìèro coltivati me¬ glio i loro campi, o agli artefici , che avefièro più dilatata la loro ìnduftria . Pratica fimigliante avrà buona riufeita anche in ogni paefe . A' di noftri ha fervito in Irlanda allo ftabilimento d’uni delle più rilevanti manifatture di tela, che ha ia Europa. CA- fd] Il Signor B^'de , Religione de' Perfianì. jo Dello Spirito CAPITOLO X. Belle le^ì reUttve alla fobrietk de" popoli, N E' paefi caldi la parte acquofa del fangue è molto dileguata dalla tiafpirazione ''[a] ; forz'’ è per tanto foftituirvi un liquido analogo : vi è P acqua d’ un prodigìofo ufo ; i gagliardi li¬ quori vi coagularebbero i globuli [è] del fanguc, che rimangono dopo il dileguamento della parte acquofa. Ne’ paelì freddi la parte acquofa del fanc^ue poco vien efalata per trafpirazione , e ne rimane in gran copia. Vi fi può dunque far ufo di fpi- ritofi liquori, lènza che il fangue fi coaguli. Vi fi è pieni d’ umori ; i liquori gagliardi , che dan¬ no del moto al fangue , vi pofibno efler dicevoli. La legge di Maometto vietante il vino è adun¬ que una legge del clima d’ Arabia : cosi prima di Maometto era 1 ’ acqua la bevanda comune degli Ara- [a] Il Signor Bernier facendo un viaggio da La- hor a fcriveva : „ i! mio corpo è un crivello : »3 appena ho io bevuta una pinta d’ acqua , che la veggo M featurire, come una rugiada da tutte le mie membra 35 fino alle punte delle dita ; ne beo dieci pinte il gior- *5 no, né mi fa male 55, Viaggio di Bernier Tomo II. pag. %6i, [b] Vi fono nel fangue globuli rofii , parti fibro- fe , globuli bianchi , ed acqua ^ in cui tutto quello n uota. Delle Leggi. Lib. XIV. Cap. X. 91 j'\rabi. La Legge, che proibiva [c] a’ CartagiiiefiI di bere il vino, era di pari una legge del clima? di fatto il clima di quelli due paefi è a un dì predo il medelìmo. Legge fomigliante non converrebbe a* paefi fred¬ di , ove il clima par che forzi ad una certa ubbrìa- chezza di nazione , adai diverfa da quella della parfona. L^ ubbriachezza trovali ftabilita per tutta la terra nella proporzione del freddo, e dell’umi¬ do del clima . PalTate dall’ equatore fino al noftra polo , vedrete accrefcerfi l’ubbriachezza co’ gra¬ di di latitudine . Pallate dallo ftelTo equatore al polo oppofto, vi troverete l’ubbriachezza portarli verfo il mezzodì [d] come da quella banda avea fatto verlb il fettentrione . E’ cola naturale, che là, ove il vino è con¬ trario al clima, e quindi alla fanità , V eccedo ne da punito con feverità maggiore , che ne’ paed , ove P ubbriachezza produce nella per fona pochi effetti cattivi : ove pochi ne produce nella Socie¬ tà ; ove non rende gli uomini furio fi , ma folo gP iflupidifce . Quindi le leggi [f] , che hanno pu¬ le] Platone L. II. delle Leg. Arlftotile, delU Cuta de’ domefiici affari : Eulebio , fref. ^vang. Lib. XII, c. XVIL [d] Ciò fi vede negli Ottentotti, e ne* popoli del¬ la punta del Chily , che lono piò vicini al Settentrione. [e] Come fece Pittaco , fecondo Arift, Polit. L.II, c. III. Viveva iu un clima , oyc Tubbriachezza noti è vi¬ zio di Nazione , 9 ^ Dello Spirito Ulto un uomo ubbriaco , e pel fallo,eh"el com- inetceva , e per l’ubbriachezza, non erano ap¬ plicabili , /è non alla ubbriachezza della perlona, e non a quella della nazione . Un Tedefeo bec per ufanza , uno Spagnuolo per elezione Nelle regioni calde il rilafciamento delle fibre produce una copiofa trafpirazione de'liquidi, ma meno lì dileguano le parti folide. Le fibre , che hanno una fievoliffima azione , c poco tono , gran fatto non fi confumano : per ricovravla ba¬ lla poco fugo nutritivo : adunque vi fi mangia pochilTìmo . I bifogni differenti ne" varj climi, quelli fono, che hanno formate le diverfe maniere di vivere : e quelle differenti maniere di vivere hanno for¬ mate forte diverfe di leggi . Se in una Nazione gli uomini fi trattano molto , vi vogliono certe date leggi ; altre vi abbifognano in un popolo t che punto non fi tratta . CA- [*] [*] L’ubbriachezza , qualunque ragione e forza tragga dal clima , ( che non intendiamo qui efaminare )> Tempre è peccato, come quella che alla temperanza , o lìa alla natura dell’ uomo iftelTo fi oppone . Appartiene poi al legislatore punirla con pene civili, o toleraria , fecon¬ do fono i mali maggiori, o minori , ch’ella produce, e fecondo i luoghi, dove più o meno fi frequenta. , Delle Leggi. Lib.XIV. Cap.XI. 55 CAPITOLO XI. Delle leggi relative Mie mMattle del clima .■ C I dice Erodoto [84, y 6 Dello Spirita capitolo xir. 2 ^e/U cantra ì Suicidi [a] . T^"ON veggiarfio nelle Iftorie, che i Romani 1 ^^llero la morte, fcnza motivo: ma gP Ingleu s uccidono ^ (cnza che pofliamo immagi^ naie alcuna ragione , che ve lì determini : s’ uc¬ cide nel feno ftello della Felicità . Tale azione pref- lo i Romani era 1 effètto dell* educazione : s* at¬ teneva alle loro maniere di penfare, ed alle uFan- ze loro : prelTo ^gl* Inglefì elTa c 1* effetto d* un* infermità [è]^: e propria dello flato fìlico delia laacchhia , ne dipende da altra cagione, Vi e apparenza, che efièr polla un difetto di nitrazione del fugo nervofo : la macchina, le cui forze motrici fi trovano fenz’azione in ogn Afflan¬ te , è fianca di fe flefla : non lènte 1* anima do- wre j ma una certa difEcolcà dell’ e/ìflenza . E* il dolore un mal locale , che ci guida alla br ama di veder ceffàre quello dolore ; il pefo della vita male, che non ha fito particolare , e che ci guida alla brama di veder terminar que¬ lla vita, ^ E’ {a] L azione de’ Suicidi è contraria alla Legge na¬ turale , ed alla Religion rivelata . [b] Pqtrebb efifere complicata collo feorbuto , che tepr^tutto in alcuni paefì rende un uomo bizzarro , ed ^ flcffo , Viaggio di Francejcò FyrArd P.II. Delle Leggi. Lib.XIV. Cap.XIII. 97 L' chiaro , che le leggi civili d'alcuni paefì hanno avute delle ragioni per marcar d'infamia r uccifor di fé fteflo ; ma in Inghilterra non può punird di più di quello, che fi punifcano gli ef¬ fetti della pazzia . CAPITOLO XIII. Effetti riffiltmti dal clima dell* Inghilterra v I N una nazione , alia quale un morbo del cli¬ ma in verte iìfiattamente l'anima , che pofià indurre il difgurto di tutte le cole , e fin quello della vita [i] , fi vede bene, come il governo ^ il quale meglio converrebbe a perfone , alle qua¬ li tutto riufcirobbe infopportabile , quello fareb- Eom,!!, G be^ [1] IngUf. [^] Che il fuicidio (ìa contrario al diritto di na¬ tura è_ fuori controverfia. V. Heinec. dem. tur. nat. et? geni. lii>. l, cap. €. E’ però da maravigliarfì , che in Ro¬ ma , città guerriera , foJfe lecito ucciderfi, quando non s' irrogava ingiuria al terzo , come il Bynkersboek ohf. Uh, IV. cap. 4. con fodi argomenti dim olirà . Ma i Ro¬ mani fu quello punto feguivano il fiftema degli Stoici i quali , per ovviare i mali della vita , credeano lecito’ il luicidio. Se non le ancora agli occhi della ragione par che lìa Stoico più grande il tolerare con animo intrepido i jnali della vita , che ucciderli per non lopportarli. Sem¬ bra poi, che il nollro autore porri troppo avanti la forza del_ clima, quando infegna , che prelio gl’Inglelì il SuU cidio Ha effetto di malattia e dei fifico della macchina umana , •>S Dhllo Spirito bc , ove lagnar non Ci potrebbero con un fole della cagione de* loro afenni^ ed ove governan¬ do le leggi , piuttofto che gli uomini , conver¬ rebbe per cangiar lo Stato rovefciare eile ftcf- feU], ° Che fé la ftefHi nazione avelTè anche ricevuto dal clima un certo carattere d’impazienza , che foffrir non le lafciailè lungamente le co fé medelì- me , fi vede bene , che il Governo , di cui abbiam parlato, farebbe ancora il più adeguato . Quello carattere d’impazienza per fé fteflb non è grande j ma può diventar grandiflìmo , quan¬ do è congiunto al coraggio. E* tutt* altra cofa dalla leggerezza j la qual fa, che s* imprenda fenza motivo , e che s’abbando¬ ni nel modo medefimo : s’accolla più all* ollina- zione, come quello , che nafce da un fentimen- to de* mali si vivo , che non s* indebolifce nep¬ pure I’ abito di foffrirli. Sifratto carattere in una Nazione libera farebbe attillimo a fconcertare i progetti della tiranni¬ de [^] , la quale ne’ fuoi principi ^ fempre lenta c debole , come eli’ è pronta e vivace nel fuo fine ; la quale mollra folo alla prima una mano per foccorrere , ed opprime di poi con brac¬ cia fenza numero . La [a] Prendo qui quefta voce pel difegno di rovefeia- re la poteftà ftabilita , e fingolarmente la Democrazia . E’ il fignifìcaco , che le davano i Greci, ed i Romani. Za Francia n» partecipa ma piccicla dofa. Delle Leggi. Lib. XIV. Gap. XIV. 99 La fervitù comincia lèmpre mai dal tonno. Ma un popolo , che non trova quiete in veru¬ na ti cu azione , che perpetuamente fi palpa , c trova dolorotì tutt'’ i /iti , non potrebbe così agevolmente addormentar/ì. Una lima forda è la politica, che confuma, c va lentamente al fuo fine . Ora gli nomini, de* quali abbiam ragionato , non potrebbero foffrire le lentezze , le minute circoftanze, la lentezza de* negoziati : fovente vi riufcirebbero meno di qualfivoglia altra nazione e perdereb¬ bero co’loro trattati ciò, che ottenuto avrebbe¬ ro coll* armi loro . CAPITOLO XIV. Altri effetti del clima . I Padri noftri, gli antichi Germani, un clima a- bitavàno, in cui le paflìoni er;ano in fomma calma . Le loiio leggi non trovavano nelle cofe, fe non ciò , eh’ elTe vedevano e nulla di vantag¬ gio immaginavano. E fìccome le medefime giu¬ dicavano degl’ infulti fatti agli uomini dalla gra¬ vezza delle ferite , non poneano raffinamento maggiore nelle offefe fatte alle femmine. La leg¬ ge (a) degli Alemanni è molto /ingoiare fopra di ciò. Se uno fcuoprirà il capo ad una donna, pagherà una multa di fei foldi : altrettanto fe le fcuopre la gamba , fino al ginocchio ; il doppio Gl da [a] Cap. LVIIL 5.1. e 1. 100 Dello Spirito da fopra il ginocchio. Pare, che la legge miTu- rafTe la gravezza degli oltraggi facci alla per fona delle femmine , come fi mifura una figura geo- metricad non puniva il delitto deU’ immagina¬ zione , ma puniva quello degli occhi. Ma qtian- do fi trafportò in Ilpagna una nazione Germa¬ nica, ben altre leggi rinvenne il clima. La leg¬ ge de’ Vifigoti proibifce a’ Medici il cavar fan- gue ad una donna ìngenna.^ fuorché alla prefen- za di fuo padre , o- di fua madre , di Tuo fra¬ tello , di fuo figliuolo, 0 di fuo zio , S’ infiam¬ mò P immaginazione de' popoli ; fi rifcaldò nel modo ftelTo quella de’ Legislatori : la legge fo- fpeccò tutto per un popolo , che tutto pocea fofpettare . Quefte leggi adunque ebbero un'attenzione e- flrema fopra i due fedì . Ma femhra, che ne' gaftighi j che le medefime impofèro , penfallerò più a lufingare la vendetta privata, che ad efer- citare la vendetta pubblica . Cosi nella maggioP parte de’ cafi riduceano li due rei 'nel fervag- gio de’parenti, o dell'ofifefo marito . Una fem¬ mina (h) ingenua , che fi fofie data in balia d*' un uomo ammogliato, era pofta fotto la pote- ftà della moglie di lui per difporne a fuo femio. Obbligavano elle gli fthiavi (c) a legare , ed a prefen tare al marito la moglie che forpren de fiè¬ ro in adulterio : le medefime permettevano a' fuoi . . . P , I . ■ L ifcj——= [b] Lcg. de’ Vilìgori Lib, HI. Tit.4. §. Cc] Ivi Lib. ni. Tic. 4. §. Delie Leggi . Lib.XIV. Ca^. XV. loi fiioì figlinoli (d) d' accufarla , e di dare i tor¬ menti a‘'ruoi fchiavi per convincerla. Quindi fu¬ rono efiè più atte a raffinare alLeccelTo un certo punto d’onore , che a formare una buona po¬ lizia . Nè conviene maravigliard , fe il Conte Giuliano fi fece a credere, che un oltraggio di <^uefi:a fatta richiedefiè la perdita della fua pa¬ tria , c del fuo Re. Non dee far maraviglia , fe i Mori, con una tal conformità di coftumi, trovarono tanta facilità a fiabilirfi in Ifpagna , a mantenervifij ed a ritardar la caduta del loro Impero , CAPITOLO XV. Della differente fidanz.a che le leg^t hanno nel popolo f fecondo i climi . E ’ Il Popolo Giapponefè di sì atroce caratte¬ re, che i fuoi Legislatori, ed i fuoi Magi- ftrati, non hanno potuto avere in efib alcuna fidanza : non gli hanno pofto innanzi agli occhi, fe non giudici , minacce , e gafiighi : 1* han¬ no foggettato per ogni azione alP inquifizione della Polizia . Qiielle leggi, le quali in cinque capi di famiglia ix: fiabilifcono uno come Ma- giftrato fopra le altre quattro : quelle leggi , le quali per un fol delitto punifcono un’ intera fa- miglia, o tutto Ìl quartiere : quelle leggi , che ^ 3 non [d] Ivi . Lìb. III. Tit.4 §. 13. lox Dello SfiR-tTo non trovano un innocente ove può eflervi un reo j fon fitte perchè tutti gli uomini diffidino gli uni degli altri, perché ognuno vada ìnvefti- gando la condotta di ciafcuno , e fané 1’ ifpet- tore, il teftimonio , ed il giudice . Il popolo dell’ Indie per lo contrarlo c dolce^ (a) tcJiero, compaflìonevole . Quindi gran fidan¬ za hanno in eflo i Legislatori. Hanno ftabilite poche (b) pene , e poco Tevere , nè fono tam¬ poco efeguite a rigore . Hanno dati i nipoti a’ zìi , gli orfani a’ tutori, come li danno al¬ trove a* loro padri : hanno regolate le fucceffio- ni dal merito riconofciuto del fucceffore . Sem¬ bra i che abbiano penfato , che ogni cittadino doveflè ripofarfì fui buon naturale degli altri. D^nno facilmente la libertà a’ loro fchiavi, (c) gli ammogliano , li trattano come i lor pro- prj figliuoli (d) : clima fortunato , che fa nafce- re il candore de’ coftumi ^ e produce la dolcez¬ za delle leggi / {e) , X^I— [a] Vedi Bernier y Tomo II. pag. 140. [b] Vedi nella XIV. raccolta delle Lettere edificane fi pag. 4.0 j. le leggi principali o còftumanze de’ popoli dell’ India della penifola di cjua del Gange . [c] Lettere edificanti IX. Raccolta , pag. 37 ^* [d] Aveva io creduto, che la dolcezza del lèrvag- gio all’ Indie avelie fatto dire a Diodoro, che non vi era jn quella regione nè padrone, nè fchiavo ; ma Diodor» ha attribuito a tutte l’Indie ciò , che fecondo Strabe¬ ne Lib. XV. non era proprio che d’una nazione paiti- colare. [e] Si può otìèrvare in generale fopra quello 1 y ♦ 104 » LIBRO XV. s. Come le leggi della fei-yicù civile hànno „ relazione colla natura del clima „ , =====s=^====—==—. y CAPITOLO PRIMO, Della firvitH Civile , L a fervitù propriamente detta è io ìlabilimcn- to d* un diritto , che pone un uomo fotto la proprietà d’un akr’ uomo per modo , che quelli c Padbluto padrone della fua vita , e de* G 4 Tuoi XIV. che il Signor di MONTESQUIEU dà troppo agli effetti del clima. E’ certifsimo , ed hannolo ofTcrvato Kiolti Aatori, che la temperie dell’aria, gli alimenti, ec, eontribuifeono a formate le inclinazioni dell’uomo, co¬ me la lua morale coftituzionc ; ma non c meno vero , che r educazione , ed una lana dottrina , che fagge Leg¬ gi con prudenza efeguìte, polToii vincere , e totalmente mutare quefte inclinazioni , e i differenti coftumi } e che in tutt’ i paefi polibno gli uomini di pari elfer formati per tutte le virtù , e cadere in tutt’ i vizj . F piena E moria de’ cambiamenti feguiti ne’ coftumi de’ popoli, a fegno , che una generazione non alfomìglialì per nulla all altra . Non vi lata alcuno un poco lenfato d’aferiver- gli all’ influenza del clima . Tutto quello che ci dà di¬ ritto di concludete, è che i Legislatori debbono avere ac- tciizione di coniorinajrTi certe Leggi j c di prevenire con " buo- 104 Deilo Spirita ruoi beili . Quefta di Tua natura non è buonq. ; non è utile né ad un padrone, nè ad uno fchia- vo : a quello , perchè nulla può fare per virtù: a quello j perche contrae co^ fuoi Tchiavi ogni Torta di pravi abiti, perchè s‘ avvezza infenfibil- mente a mancare a tutte le virtù morali , per¬ che divien fiero , fubitaiieo , duro , collerico , voluttuofo , crudele . Ne paed DiTpoticì, in cui uno è già Totto la ' politica fervitù , la fervitù civile è più tollerabi¬ le , che altrove . 'Ciafcmi dee ellèrvi pago d^ a- vervi la Tua Tufiìftenza, e la vita . Quindi la condizione dello Tchiavo non vi' è gran fatto più gravofa della condizione del fuddito . Ma nel governo Monarchico , ove è di fom- mo momento il non opprimere , o avvilire la natura umana, non vi vuole Tchiavo . Nella De¬ mocrazia, ove tutti Tono uguali, e nelP Ariflo- crazia in cui le leggi far debbono i loro sfor¬ zi , perchè ogni uno fìa uguale in quel modo, che buone iftituzioni i rei eflètti , che pofTon rifultare dal- la fhrza del clima . Un opera Topra lo Spinte delle Leg" gì richiedea^ certamente , che Taceire vedere , come ne’ di- verfl paeh lì e ftudiato dal Sovrano d'adempire ad un tal dovere ; ed il Signore di MONTESQUIEU ci avrebbe fatto un gran fervigio , le intorno a tal foggetto ci avef- Te altresì feoperte nelle Eeggi di tutt’ i popoli le ragio¬ ni particolari , che gli hanno indotti a fare piuttofto nel la tal legge , che quella tal’ altra . 'Veramente fem- bra, quello ellère llato il Tuo fine ; ma dopo d’ aver let¬ ta la decimaquarta Lettera dello Spirito delle Leggi ridot¬ te in quintejfenz^n , ni uno lì perfuaderà cosi agevol¬ mente, ch'ei vi Ha. riurdeo f Riflef, d’un Anon.) Delle Leggi. Lìb. XV. Gap. IL 105' che può permettere la natura del governo , gli iciiiavi s* oppongono allo Ipirìto della coftituzio- ne : ad altro non fervono , che a dare a"* citta¬ dini una potenza ^ ed un luHò j che aver noa debbono , CAPITOLO II. Orìgine del diritto di fchiavitìì prejfo i Romani Ginreconfftlti . N I uno lì farebbe mai a credere , che la pie¬ tà ftabilita avelie la fervitù , e che perciò vi s" introdullè in tre maniere (4) . Ha voluto il diritto delle genti , che i pri¬ gionieri fodero fchiavi, perchè non fodero podi a morte . Il diritto civile de’ Romani permile a* debitori, eh’ elTer pocedero malmenati da’ loro creditori, il vendere fe medelìmi : ed ha voluta il diritto naturale , che i figliuoli, che più edèr non potedero alimentati da un padre fchìavo , rimanedero fchiavi come il padre loro . Quelle ragioni de’ Giureconfuld non fono fen- fate . E’ fallo , che fia permelTo in guerra l’uc¬ cidere in altro modo , che in cafo ^ neceflìtà ; ma poiché un uomo ne ha fatto fchiavo un altro j non può dirli, che fieli trovato nella ne-* cedìtà d’ ucciderlo , poiché non l’ha fatto. Tutto il diritto , che dar può la guerra fo- pra (a) Iftituiioni di Giujìmiane , lùb. I, io5 Dsleo Spirito pra i prigionieri, fi c d'afficurarfi per modo della loro perfona , che piu nuocere non pof- fano (h) . Gli omicidj fatti da’foldati a fangue freddo, c dopo il calor dell’ azione , fono riprovaci da tutte le Nazioni (c) del mondo . 1. Non è vero , che un uomo libero polla venderli. La vendita fuppone un prezzo : ven¬ dendoli Io fchiavo , ogni fuo avere palTerebbc nella proprietà del padrone ; dunque nulla da¬ rebbe il padrone, e nulla lo (chiavo riceverebbe. Si dirà, egli avrebbe un peculio : ma il peculio c annedo alla perfona. Se non è permeflb V uc- ciderfi, perchè uno froda di fé ftello la patria , neppure è permefib il venderli (d) . La libertà di (h) E fe far non Io po/Tono in altro modo , che eoi fare fchiavi i vinti ? ( Rifief, d’ un A non. ) (c) Se non. voglionìi citar quelli , che mangiano i loro prigionieri*. (ò) Tutto quello raziocinio barcolla; in primo luo¬ go è alTurdo il dire , che Io fchiavo vendendoli , il pn' drom nulla darebbe , e nulla rice'verebbe lo [chiavo : l’at¬ to d’ un uomo, che fi vende per elTere fchiavo, fuppone una mancanza de’ beni necelTarj per fulfiflere ; e quand’ anche avelie de* beni, e che quelli beni palfalTero in pro¬ prietà del padrone j neppure ne fegue , che il padrone nulla darebbe ; colui, il quale fi vendelTe , e che con ciò facelfe palTare i faci beni in proprietà di colui , che lo compra , non lafcerebbe certamente di far entrare in lit¬ ri ea di conto nel prezzo di vendita il valore de’ fuoi be¬ ni, In fecondo luogo, è un pretto paralogtfmo il direi ft non * fermerò l'ucctderji , perche altri froda di Je me- Delle Leggi. Lib. XV. Cap. II. i 07 di ciafcun cittadino e una parte della pubblica libertà . Qiiefta qualità nello Stato popolare è anche una parte della Sovranità , Il vendere la fu a qualità di cittadino è un ( e) atto di tale ftravaganza, che non può fupporlì in un uomo. Se la libertà ha un prezzo per chi la compra , ella è fenza prezzo per chi la vende . La legge civile j che ha permefTa agli uomini la divifione de*beni, non ha potuto porre nel numero de* beni una parte degli uomini che debbon fare quella divifione . La legge civile, la quale re- ftituifee fopra i contratti, che contengono qual¬ che lefione , non può fare a meno di reflituire centra un accordo , che contiene la lefione di tutte r altre la più enorme . La defimo U patri» , neppure è piu permejfo il 'venderfi. Sì confonde in quello luogo ciò , eh’ è ftabilito dalla leg¬ ge naturale , con ciò , che preferivono le leggi civili i Secondo i principi diritto naturale è vietato T ucci¬ derli , perchè non ci è perinelTo il toglierci ad una So¬ cietà , in cui Dio ci ha collocati , per reftatvì nelle dif¬ ferenti fituazioni , nelle quali piacerà alla fua provviden¬ za di collocarci , fino al momento , che a fe ci chiami; le leggi civili per lo contrario permettono , o proibifeo- no talora il fuicidio, fecondo le opinioni di coloro, che le hanno fatte . Secondo il diritto naturale è un dovere V anteporre alla perdita della vita ogni mezzo , per cui fi può confcrvaria, fenza pregiudicare a’ diritti d’ un ter¬ zo . Se adunque non ci rimane, che quel folo della fchia- vitù, non folo quello è permeiTo, ma altresì fìano tenuti, a ferviifi di quell' ultimo ripiego . ( Riflef. d’ un Anon. ) fe) Io parlo della fcliiavitù rigorofamente prefa qual’ era prefle i Romani, e eh’ è àabilita nelle noftre Colonie. \\ io8 Dello Spirito La terza maniera è la nafcita . Quella cade colle altre due . Imperciocché , fe un uomo non ha potuto venderli , tanto meno non ha potuto vendere il Tuo figliuolo , che nato non era : Se un prigioniero di guerra non può ellèr lidotto in fervicù , molto meno i Tuoi figliuoli. La ragione , onde la morte d’ un reo è cofa lecita , fi e , perché la legge , che lo punifce, e fiata fatta in fuo favore . Un omicida , a ca- , gion d’ efèmpio , ha goduto della legge , che lo condanna : efià in tutt' i momenti gli ha con- fervata la vita : adunque non può riclamare contr' efià. Lo fiefiò non avvien dello fchiavo; <^^1 TerVaggio non ha potuto efiergU mai proficua : é in rutt' i cafi centra di lui, elpr mai a fuo prò , il che é contrario al principio fondamentale di tutte le Società . Si dirà, che ha potuto efiergli proficua, per¬ ché il padrone gli ha fomminiftrati gli alimenti. Adunque converrebbe ridurre la fchìavitti alle perfone incapaci di guadagnarfi il pane (J) . Ma fiifatti fchiavi non fi vogliono. Quanto affiglino¬ li , la natura, che ha dato il latte alle madri, ha provveduto al loro alimento; ed il rimanente della loro infanzia é si vicino allferà, in cui è in efiì la maggior capacità di renderfi utili, che dir non fi potrebbe, che colui, il quale gli ali- mentafiè per efière loro padrone , defiè cofa alcuna , E' in (£) Aggiungetevi/er ft medejmi. ( Riflef un Anon. ] 1 ■ Dbile Leggi. Lib. XV. Cap.IH, lop E' in okfc la fchiavicij oppofta ugualmente al diritto civile, che al diritto naturale . Quai leg¬ ge civile impedir potrebbe , che uno fchiavo lì fugginè , egli , il quale non é nella focietà , e che perciò le leggi civili non gli appartengono? Non può edèr rat tenuto , che da una legge di famiglia , che è quanto dire, dalla legge ftefla del padrone . t CAPITOLO in. Altra ortgtm del diritto della fervità . D irei più torto che il diritto della fc biavi tu nafee dal difpregio , che una nazione concepifee per un'altra, fondato fopra la diver- rttà delle coftumanze . Lopes di Gamar (a) dice, ,, che gli Spagnuolì „ trovarono nelle vicinanze dì Santa Marta delle jj certe , in cui gli abitanti aveano delle derra- „ te: erano granchi, chiocciole, cicale , locufte . „ I vincitori ne fecero un delitto a'vintì „ . L' Autore confellà, che fopra di ciò venne fonda¬ to il diritto , che rendea gli Americani fchiavi degli Spagnuoli, come altresì perché fumavano del tabacco , nè fi faceano la barba alla Spa- gnuola. Le cognizioni rendono gli uomini dolci : la ra- (a) Biblioteca Inglefe , Tomo XIII. Parte IL Art. 3. 1 IO Dello Spirito ragione guida all’ umanità : ed i foli pregiudizi vi fanno voltare le fpallc. C A P I T O L O IV. Altra erigine del diritta di Jervittè , S Arei vago altresi d’ affermare , che la Reli¬ gione dà à quelli , che la profeffano , un diritto di ridurre in ifchlavitù coloro , che non la profedallo , per affaticarfl con maggiore age¬ volezza nella propagazione dt quella . Siffatta maniera di penfare fu quella , che ànimo i diftruggìtori dell’ America ne’ loro de¬ litti (4) , Sopra una tale idea fondarono Ìl di¬ ritto di ridurre in ifehiavitù tanti popoli : im¬ perciocché quei malandrini , che volevano ad ogni parto efièr malandrini e Criftiani , erano fommamente divo ti. Luigi XIII. (h) ebbe un eflremo cordoglio della Legge , che rendea fchiavì i Negri delle fue Colonie : ma dopo che gli fu facto com¬ prendere , che quella era la firada più iicura per convertirli, vi ac con (ènti. * CA- (a.) Vedi riftoria della conquìfta del Meffico del Solts, e quella del Peni di Garcilajfo de Ia Veg». (b) Il P. , Nuovo Viaggio all’Ifole delI'Amc- tica , Tomo IV. p. 114. 1711,, in 11. {^) La religione Criftiana non dona diritto alcuno per Dilli Léggi . Lib, XV, Gap. V. zìi CAPITOLO V. DelU fihmvhù de^ Negri, Q Ualor mi toccaffe a Toftenere il óiritto, che abbiamo avuto di rendere fchiavi i ' Negri j ecco ciò , eh' io direi. Avendo il popolo Europeo efterminati gli Americani , efTì han dovuto fare fchiavi gli Africani , per fervirfene a render colti tanti terreni . Troppo caro farebbe il zucchero , fe colti¬ var non fi facefic dagli fchiavi la pianta , che lo produce , Qpei, de' quali parliamo , fon neri dalla te- Ea a piedi , ed hanno il nafo s'i fchiacciato ^ eh e quali impo Iti bile il compiangerli . Potè uno penfar mai, che Dio, ch'ò un ef- fere fapientìEimo, abbia mella un’ aninia , e lo- piattutto un anima buona , in un corpo tutto nero ? . ^ E' co fa SI naturale il penfare , che il colore e quello , che cofticuilce l'ellènza dell* umanità , che i popoli d Afa , i quali fanno degli eunu- cliì per rendere fchiaTi coloro, che non la profefTano . L» violenza non e il carattere della vera religione , che fi propaga colla predicazione e dolcezza . A propofito S. Gregorio Magno: Egregius ille fraic^tor dik: argue , obfecrA m omnt f anemia tr dodrina. Nova vero CT «4»' ditA pradteatio , ^ua verberìbHs fidem exigit, Ili. Delio Spirito ,chi s privano fempre i Negri della relazione, che hanno con noi in un modo il piu dillinto . Dal colore della cute fi può giudicare di quel¬ lo de' capelli , i quali prelfo gli Egiziani filo- , fofi i migliori del mondo j erano di confeguen- za si grande , clv eglino ponevano a morte tutti gli uomini di pelo rolTo ^ che lor cadeano fra le mani. Una prova, che privi fono i Negri del fen- fo comune , fi è , che fanno più conto d’ una collana di vetro , che dell’ oro ftelTo , il quale di si gran momento fi è predo le colte na¬ zioni , E’ impolTìbile , che fuppongiriamo , che colo¬ ro fieno uomini ; imperciocché , fe li fupponef- , fimo uomini , fi comincerebbe a credere, che ^ noi ftefiì non fiamo criftiani . Certi corti intelletti efagerano foverchio 1' in- giuftizia , che vien fatta agli Africani . Imper¬ ciocché le tale foffè , qual' efiì dicono, non fa- | rebbe venuto in idea a' Principi Europei , i quali fra elfi fanno tante inutili convenzioni j il farne una generale a prò d^-Ua mifericordìa, c delia pietà ? CA- Qui il MONTESQ^UIEU la tira troppo, cjuan- do niega a’ Ne|;ri fino la ftefia umanità ed il lenfo co¬ mune . Deciderà forfè dell' umanità il color bianco , o nero? il nafo fchiacciato , o aquilino? La leggiadria P deformità del volto produrrà la bontà o perverfità dell!^ animo ? E poi un uomo nero proporzionato rion è beilo nel fuo genere? Noi non fappiamo fin dove arriverebbe¬ ro i Negli, fe fofiero educati nelle lettere. Certamente facondo r Elvezio potrebbero troppo avanti pafiàre. Delie Leggi. Lib. XV. Gap. VI. nj CAPITOLO VI. orìgine del diritto della fervitù . E ’ Ornai tempo , che rintracciamo P origin vera del diritto della fervitù . Dee quello efler fondato fopra la natura deile cofe"^ giamo j fe vi fono de' cali, da* quali ne derivi. In ogni governo Difpotico li trova facilità graiide a venderli, Il fervaggio politico vi an¬ nulla in qualche guifa la libertà civile . Il Signor Perry [a) dice , che i Mofeoviti vendono fe ftelfi con fomma facilità : me u’ è ben nota la ragione,, ed è che nulla vale la lo* ro libertà. ^In^ Achim tutti cercano di venderli . Alcuni de^ Signori principrdi [b) non hanno meno di mille fcliiavi , i quali fono de* principali mer¬ canti , i quali hanno parimente lotto di fè molti fchiavi : e quelli altri molti ; fe n* eredi¬ tano , e fannofi trafficare . In tali Stati gli uo¬ mini liberi j troppo deboli contra il governo , pioccurano di diventare fchiavi di quelli , che tiranneggiano il governo. ^qivi e origine giuda , e conforme alla ragione , dì quello diritto di fervaggio mici Ili - Tom.Il, H mo T, prefente della Gran Ruffia di Gio'vmnì Terry , Parigi lyj 7. in (b.) N.10V0 Viaggio intorno al Mondo di GuslieL mo Dampierxe, Tomo HI. Amlìerdam 170. *14 Deiio Spirito mo , che trovafi in alcuni paefi , e dee efièr mite , come quello , eh" è fondato fulla libera fcelca , che h fa un uomo per proprio vantag¬ gio d' un padrone ; quello forma tra le parti una reciproca convenzione . CAPITOLO VII. ‘ Altra orìgine del diritto della fervitù . E Ccovi un* altra origine del diritto dì fer- vaggio , ed anche di quel fervaggìo cru¬ dele , che fi vede fra gli uomini. Vi fono paefi , ne’ quali Ìl calore sfibra il corpo , ed infievolifce tanto il coraggio , che gli uomini non fi riducono ad un dover fatico- fo , fé non pel timore del gaftigo : adunque la fchiavicù vi difgufta meno la ragione i ed il pa¬ drone efiendovi così pigro in riguardo al Tuo Sovrano , come lo è lo /chiavo a fuo riguar¬ do } il /ervaggio civile vì è anche accompagna¬ to dal fervaggio politico. Vuol provare Ariftotile (a) ^ che vi fono de¬ gli fchiavi per natura , e noi prova gran facto ciò j che egli dice . Io fon d* avvilo, che fé ve ne ha di tal fatta , fon quelli , de’ quali parliamo . Ma ficcome gli uomini tutti nafeono eguali j forz* è dire , che il fervaggio è contrario alla na- fa ) Politica , Lib, I. Cap. I. Delie Leggi. Lib. XV. Cap.VII. ii/ aiàtiira (è) , quantunque in certi paeG Ga fon" dato fopra una ragion naturale , e fa di medie- ri diftinguere a dovere quelli paeG da quelli, ove le delle ragioni naturali lo rigettano , come i paeG Europei, ne" quali è dato si fortunata¬ mente abolito . Ci dice Plutarco nella vita di Numa, clic al tempo di Saturno non vi era nè padrone, ne fchiavo . Il Cridianelimo Ka fatto ritoriiaE queda età ne' nodri climi, H \ CA- t Popebbefi fui fondamento medelìmo foftenere, che ogni diftinzione nell ordine civile è centra la natu¬ ra, Non fon vago delle ragioni, che provan troppo, per¬ che nulla provano. La eivil Società efige un certo ordi- ne, di pari che ogni altra cofa ; fa d* uopo , che vi Ile- no delle perfone, che comandino, altre , che obbedifea- no . ppfone , che fieno fervite , altre , che fervano . Ecco i origine della fervitii; elTa è pii\, o meno dura . fecon- ^ che la fuggczione di quei, cip fervono , è afioluta . Ura , poiché la legge naturale ci comanda di contribui- K al ben efiere di^ tutti gli uomini , si in generale, che in particolare , cosi uno è obbligato a rendere la condi¬ zione di quei, che ci fervono , meno gravofa , che fia pqfiìbHe , e per confeguenza di fchivare di ridar gli uo¬ mini in uno fiato di fchiavitu, quando non ve ne ha una neceifica alfoluta. Ecco tutto quello , che il nofiro Aurore avrebbe dovuto dedurre dalle fue riflefiìoni ; ed unicamente a quello principio fempliee, ed evidente , di CUI abbiam parlato, forz’è attribuire 1’abolizione del ler- vaggLO ne'paefi Europei. (Rifiefi d’un Anon.) Dello Spirito 1 16 CAPITOLO Vili. Inunluk della fchmvìtH ne* nojiri climi . F a adunque di meftierì il limitare la natu¬ rale fchiavitù a certi particolari paefi della terra - Negli altri tutti, mi pare , che per quan¬ to penofe fieno le fatiche , che vi efìge la So¬ cietà j con uomini Uberi tutto può farli , Ciò, che fa, ch^ io penfi in tal guifa fi è, che prima che dal Criftianelìmo folle flato abo¬ lito in Europa il fervaggio civile , fi conlidera- vano gli Scavi delle miniere sì penofi, che cre- deafi , non poter eflèr quelli efeguiti, fé non dagli Schiavi, o da* condannati . Ma è noto, co¬ me al prefente gli uomini , che vi s* impiega¬ no (a) vivono felicemente . Si è animata quefta profelTìone con piccioli privilegj : fi è anneUb all’ accrefcimento della fitica quello del guada¬ gno j e fi e giunto a far loro amare la propria condizione più di qualunque altra > all^ quale fi fodero applicati. Non vi è fatica si peno la , che non pofla proporzionarli alla forza di colui, che vi fuc- cumbe , purché la regoli la ragione , e non l' avarizia. Col comodo delle macchine inventate, o applicate dall’ arte, fj può fupplire alla forzata fa- (a) Si può altri fave ili mire di ciò, che fegue per tal riguardo nelle miniere di Harrz nella bafl'a Genna- fiia , ed in quelle d’ Ungheria . J Delle Leggi Lib» XV. Cap. tX. 117 ^atica, che faffi altrove portare agli Schiavi. Le miniere de' Turchi nella' Comunità di Temifvar erano più ricche di quelle dell’ Ungheria , ne rendeano tanto , perchè non v’ impiegavano che le fole braccia de’ loro Schiavi . Non Co fé ha la mente , o il cuore , che mi detti quefto articolo . Non vi ha clima per av¬ ventura fopra la terra , ove impiegar non Ci potellèro uomini liberi al lavoro . Perchè le leggi erano mal fatte , fono lì trovaci uomini infin¬ gardi : perchè quelli uomini erano infinvrdi, fonoli fatti Schiavi. CAPITOLO IX. Delle Naz^tcm , fre^o le eguali U libertà clvUe è generalmente Jlahilha . N on fenteli dir altro qui tra dì noi , che tornerebbe bene, che aveffimo degli Schia¬ vi ! Ma per giudicar di ciò a dovere , non bì- fogna efaminare , fe folTero utili alla ptccìola porzione de' ricchi ^ e de' voi attuo (1 d' ogni nazione : fenza dubbio lo farebbero di vantag¬ gio : ma prendendo un altro punto di villa , non credo , che alcun di coloro , che la com¬ pongono , volehè tirare a forre per fapere , chi doveffe formare la porzione della nazione , che folte libera , e quella , che folte fchiava . Quel¬ li , che più parlano per la fchiavìtù , quelli fa¬ rebbero , che più 1' aborri néro , ed aborrireb- bonla di pari gli uomini più milérabili. La vo- H 5 X cc iiS t)Etto Spirito ce per la fchiavitu è adunque la voce del luf. fo , e della voluttà , e non quella dell’ amore della pubblica felicità . Chi può dubitare, che ogni uomo in particolare non folle fommamen- te pago d elTèr padrone de’ beni, dell’ onore , e della vita altrui , e che a fiffatta idea non le gli rifvegliaflèro tutte le palTìoni ? Volere voi fa pere , fé in fìffatte cole i deliderj di ciafeuno fono leggitimi ì fatevi ad efaminare i delìderj dì tutti. capitolo X. Diverfè fpec 'te di firvaggi , V I ha due forte di fervitù , la reale, e la perfonale. La reale è quella , che attacca lo fchiavo a’ fondi di terreno . Tali erano gli Schiavi prelTò i Germani , al riferire di Tacito (a) . Non avevano impiego nelle cafe : rende¬ vano al padrone una certa quantità dì biade, di befliame, o di panno : più in là non s'in- noltrava 1’ oggetto della loro fchiavitù . Siffatta fpecie di fervitù trovali tuttora ftabilita in Un¬ gheria , in Boemia, ed in più luoghi della balfa Germania (i). «I_ La (a) • De moYthus Germm, OJ La, f chiaviti eh' era in ufo in tutta V antica Duropa , e quella oggi de' Mofeovìti , Polacchi, Ungheri , Boemi mofira , eh' ella è effetto delle caufe morali , no/t delle fificht , u j > Delle Leggi. Lib. XV. Cap. XT. 115 La fervicù pe-Tonale rifguarda il. miniftero della caà , e fi nferifce più alla pei'fona del padrone. /• , r \ 1 L’eftremo abufo della fchiavkù fi e quando la medefima è a un tempo perfonale , e reale . Tal’era la fervìtù degl’ Iloti preffo i Lacede^ moni, erano foggecti a tutte le fatiche fuori dì cafa, e ad ogni Torta d’ infiliti in cafa : que- fta Iloti a è contraria alla natura delle cofe. I popoli Templici hanno un Tol fervaggi© reale {b) , perchè le loro mogli , ed i lor figliuoli Tuccumbono alle domeftiche fatiche . I popoli voluttuofi hanno un fervaggio perfonab , per¬ chè il lulTo richiede nella cafa il Tervizio degli Schiavi . Ora i’ Jlotìa unifce nelle ftefle perfone il fervaggio ftabilito preflb i popoli voluttuo¬ fi j e quello , eh’ è ftabilito preftb ì popoli Templici. CAPITOLO XL ciò , che dehbon fare le leggi per rapporto alla fchiavltà , M a fiefi di qualunque natura elTer fi voglia la Tchiavitù j fa d’ uopo che cerchino à per una parte gli abufi , H 4 CA- toglierne le leggi civili c per 1’ altra i pericoli (b) Non potrefle [ dice Tacito fopra i coftumi de* Germani ] diiUnguere il dallo Icbìavo per ie de¬ lizie della vita. Ilo Dello Spirito capitolo XìI. ^b»fo della fchiavhù, N Egli Scati Maoinetcani {a) fi è non folo padroni della vira , e de" beni delle fem¬ mine fchiave, ma eziandio di ciò , che diceli la loro vircu , o la loro oneftà . E’ una delle Evento re di quei paed , che la maggior parte della nazione non vi Zia fatta , che per fervire alla voluttà dell’altra ( j ) . Tal fervitù vien compen- fata dall’ ozio , che falli godere a limili Schiavi : e quella e una nuova feiagura per lo Stato . ^uell’ ozio è quello , che fa de’ ferragli d’ Oriente {b) luoghi dì delìzie per quei medeVimi, centra i quali Ibn fatti. Le Perfone , che temono la' foia fitica j polTbn trovare la felicità in quelli’ luoghi tranquilli. Ma h vede, che per tal mo¬ do li loVverte lo’ Ipirìto Hello dello Habilimento della fervitù [i] . Vuol la ragione , che la poteftà del padrone non s’ ellenda oltre le cofe , che fono del fio fervigio : bifogna , che il fervaggio fa pel van¬ taggio , e non per la voluttà. Le leggi della pu-^ (a.) Vegga!! Chardin , viaggio di Perlìa . fb) Chardin , Tomo II. nella fila deferizione del Mercato d’Izagour. [ I ] Come.^ in tutt' i paefì il povero è fatto per fervi al piacere del ricco, e del potente . [i] l:^ata per fatte are , e produrre i comodi , i Del^e Lbggi , Lib. XV» Cap. XII, ut pudicizia fono del diritco naturale , e debboii e/Ier comprefe da tutte le Nazioni del mondo, Che fe la legge , che conferva la pudicizia degli Schiavi, è in vigore negli Stati, ove V il¬ limitato potere tutto calpefta , quanto lo farà ella nelle Monarchie ? quanto lo farà ella negli Stati Repubblicani ì Vi ha una difpofizione delia legge (c) de' Longobardi , che fembra convenire a tutt' ì governi . „ Se un padrone corrompe la moglie „ del fuo fcbiavo , V uno , e V altra faranno „ liberi,, : prodigiofo temperamento per preve¬ nire , e troncare , .fenza foverchio rigore , 1' in¬ continenza de" padroni.. Non fo vedere , che i Roman: avefTero per tal rifpetto una buona polizia . Allentarono k briglia all' incontinenza de' padroni : privaron per hno in qualche modo i loro fchiavi del di¬ ritto de'' matrimonj . Era la porzione piu vile della Nazione : ma per quanto vile ella folTè , era bene, che fofle coftumata : oltredichè, vie¬ tandole i matrimonj, li corrompeano quelli de* Cittadini, ^ CA- (c) Lib. I. Tic. 31. j. Jii Dello Spirito CAPITOLO XIII. Danno del numero grande degli Schiavi . I L numero grande degli Schiavi produce effet¬ ei differenti ne* varj governi .Non è gra- vofo nel governo Difpotico : il fervaggio politi¬ co ftabilito nel corpo dello Stato fa che poco fi Tenta il fervaggio civile. Quelli , che diconfì uomini liberi, noi fono gran fatto più di quel¬ li , che non vi hanno un tal titolo j e quelli in qualità d* eunuchi , di liberti , o di fchiavi, avendo in mano quafi tutti gli affari , la con¬ dizione d* un uomo libero , e quella d* uno fchiavo fon molto fra fe vicine . £* adunque preffo che indifferente, che poche, o molte per- fone vi vivano nella fchiavitù. Ma negli flati Moderaci rileva moltiflìmo, che non vi fieno troppo fchiavi . La politica libertà vi rende preziofa la libertà civile, e que¬ gli , clf è privo di quella , è anche privo dì quella . Vede egli una felice Società , di cui non fa neppure parte : trova la ficurezza flabili- ta per gli altri, e non per fe ; comprende, che il fuo padrone ha un* anima , che può ingran¬ dirli , c che la Tua è fempre coftretta ad impic¬ ciolirli . Non vi ha cofii , che s accolli di più alla condizion delle beflie , quanto il veder fem¬ pre uomini liberi , e non effèrlo . Tali perfone fon nemici naturali della Società , c pericolofb farebbe il loro numero. Non Dells Leggi. Lib. XV. Gap. XIV. 125 Kon bifogna adunque maravlgUarfi , che ne* governi Moderati lo Stato abbia fofferta tanta inquietudine per la ribellione degli Schiavi , c che ciò fia accaduto sì di rado (a) negli (lati Difpotici. CAPITOLO XIV. Degli Schiavi armati . E * Meno pericolofo nella Monarchia- 1 * armare gli Schiavi, che nelle Repubbliche . Nella prima un popolo guerriero , un corpo dì nobil¬ tà terranno baftancemente a fegno quelli Schiavi armati. Nella Repubblica uomini femplicementc Cittadini, non potranno tener in dovere per Po¬ ne , le quali colP armi alla mano li vedranno eguali a’ Cittadini . I Goti, che conquillarono la Spagna , *(1 fpar- Pero pel paePe, ed in brev' ora Pi trovarono de- bolilHmi . Fecero tre conlìderabili regolamenti : abolirono V antica coftumanza , che proibiva loro (<«} 1’ allearli per vìa di matrimon) co* Romani : ftabilirono j che tutt* i liberti del 6Pco (b) Ci porterebbero alla guerra, Porto pena d’ el]£r fetti Schiavi j ordinarono , che ogni Goto con¬ durrebbe alla guerra, ed armerebbe la decima (c) par- (a.) La ribellione dì Mammelo era un cafo parci- flttiare: era un corpo dì milma. che ufurpò l’ Impero. [a] Legge de’Vilìgoti, Lib. III. Tir. I. §. i. [b] Ivi ^ Lìb.V. Tir. 7. §.iO. 114 Dello SpiurTO parte cle^ Tuoi Schiavi . Quefto numero era poco rilevante a confronto dì quei , che reflavano, Di più quefti Schiavi condotti alla guerra da* loro padroni non formavano un corpo fepara¬ to ; erano nell* efercito , e reftavano , per dir cosi p nella famiglia . CAPITOLO XV. CùntmHa,zjone del medefimo fognato . Q uando tutta la nazione è guerriera , foiici ancor meno- da temerli gli Schiavi armati. Per la legge degli Alemanni uno Schiavo, il quale (a) rubaflè una cofa , eh* era ftata de- polltata, fuccumbeva alla pena,, che farebbe fta- fta importa ad un uomo libero : ma fc rubava (h) con violenza , era foltanto obbligato a re-- fluire la^cofa tolta. Prellb gli Alemanni le azio¬ ni , che aveano per princìpio il coraggio , e' la forza, non erano odiofe . Nelle' loro guerre fi fèrvivano de’ loro Schiavi. Nella' maggior parte ■ delle Repubbliche Ci è fempre mai procurato di abbattere il coraggio degli Schiavi : il popO-lo Alemanno fìcuro di fè medefìmo penfava ad ac- crefeere 1 ’ audacia de* Puoi ; come quegli , che fempre era armato , non temea di loro co fa veruna : erano e (lì irtru menti , o de* Puoi ladro¬ necci , o della Pua gloria . fa] legge degli Alemanni, Cap. V. §. 3, fbj Ivi Cap. y. ffr •virtmetn. CA--^ Dele Lfitìoi . Lib. XV. Cai*. XVI, iif CAPITOLO XVI. ' Caufe/e da frenderfi nel governo Moderato . L ’ Umanità, che verrà praticata con gli Schia¬ vi, potrà ovviare nello ftato Moderato a' pericoli , che potrehber temerfi dal numero lo¬ ro troppo grande , Gli uomini a tutto s alTue- fanno , anche alla fchiavitu , purché il padrone più duro non fia della ftetlà fchiavitù . Trattava¬ no gli Ateniefi con una dolcezza grande gU Schiavi loro : non fi vede, che difturbaflero lo Stato di Atene , come fecer crollare quello di Sparca . Non d vede , che Ì primi Romani avellèr brighe per conto de* loro Schiavi . Appunto al¬ lora , eh* ebber per e Ili perduto ogni fenfo d* umanità , * nafeer li videro quelle guerre civili, che furono paragonate alle guerre Carraginefi (a). Le Nazioni femplici, e che fi danno per fe ftelle alla fatica , hanno d’ ordinario più dolcez¬ za pe* loro Schiavi , che quelle , che vi hanno rinunciato . I primi Romani viveano , lavorava¬ no , e fi cibavano co*loro Schiavi: ufavano con efii molta dolcezza , ed equità : la maggior pe¬ na , che loro defièro , era il farli pafiare dinan¬ zi a* fuoi vicini con un forcone di legno falle fpal- [a] „ La Sicilia, dice Floro , devaftata più crudel- » mente dalla guerra civile , che dalla guerra Cartagi" u neie . Lib, IH, iztf Detto Spir.i7(j fpsllc ■ Bsftdvsno 1 coftunii p0r confcrvsrc 1% fedeltà degli Schiavi ; non vi voleano leggi. Md poi che i Romani crebbero in grandez¬ za , che i loro Schiavi non furon più compagni della loro fatica^, ma iftromenti del lulTo e deli’ » liccome non vi era coftumacezza, vi abbifognarono le leggi. Ve ne vollero per¬ fino delle terribili per iftabilire la fìcurezza di quei crudeli padroni, i quali vivevano in mez¬ zo de loro Schiavi , come in mezzo de’ loro nemici . ^ Si fece il Senatufconfulto Sillanìano, ed altre leg- gi {b) , le quali ftabilirono , che quando foilè iiccifo un padrone , tutti gli Schiavi, che fofTero fotte un medefimo tetto , o in luogo si vicino alla cafa , che fèntir fi potellè la voce d’un uomo 5 verrebbero indiftintamence condannati al¬ la morte , Coloro , che in cal cafo , dell’ero ali¬ lo ad uno Schiavo per falvarlo, erano puniti co¬ me micidiarj (c) . Quello ftellò , al quale il Tuo padrone avelie comandato d’ ucciderlo (d) e che avelTèlo obbedito , farebbe flato reo : quello, che non 1’ avedè impedito d’ ucciderli, ne farebbe flato punito (tf). Se un padrone folle flato ucci- fo [b] Vedi tatto ilTit. del Senaturconfulto Sillanian» nel ff. [c] X. Si quis §. Il, jf. de Senat. Conful. Sillan. [d] Allorché Antonio comandò ad £ro d’ uccider¬ lo , non era un comandargli , che io uccidellè , ma «he uccidelTe fe ftelTo ; poiché, fe lo avelTe obbedito , farebbe flato punito come uccifore del Tuo padrone . fe} h«g. I, 21. jfi de Se?tatuJconfuU. Sillarp, Dell£ Leggi , Lib. XV. Gap. XVI. 117 fo in un viaggio, metcevanfì a morte coloro (/), eh' erano riraafti con elfo, e quelli, che fe ne' erano f*uggin . Valeano tutte ie di vi fate leggi centra quegli fteHì , la cui innocenza era pa¬ tente : aveano quefte leggi 1' oggetto d’infpirare agli Schiavi un ’ prodigiolo nipetto per li loco padroni. Non dipendevano efle dal governo ci¬ vile , ma da un vizio , o da una imperfezione del governo civile . Non derivavano dall' equità delle leggi civili, come quelle , che anzi erano contrarie a* princip) di quelle leggi. Erano elle propriamente fondate fui principio della guerra , colla fola differenza, che i nimici lì trovavano nel centro dello Stato . il Senatufconfulto Silla- ni no derivava dal diritto delle genti, Ìl quale vuole , che una Società lì confervi, tutto che imperfetta . E' una fventura del governo , allorché forza¬ ta lì vede la Magiftratura a fare in tal gulla leggi crudeli . Perchè appunto fi è rendura dif¬ fìcile P obbedienza , fi è nella necelficà d' aggra¬ var ia pena della difubbidienza , o dì fofpettare della fedeltà . Un prudente Legislatore previene la difgrazia di diventare un Legislatore terribile. .Appunto perchè gli Schiavi aver non poterono prellb i Romani fidanza nella legge, la legge non potè fidarli dì loro. CA- [f] Leg. I. §. 31, fF, Ivi, i tiS Dillo Spirito CAPITOLO xvir. HegoUmcntl d^i farfi fra U Padrone , e gli Schiavi . ♦ D Ee ii Magiftrato invigilare , affinchè abbia io Schiavo ii Tuo alimento ^ ed il Tuo ve- ftico : ciò dee eflèr regolato dalla Legge . Procurar debbono le leggi , che coftoro fieno governati nelle loro inférmità , e nella loro vec- chiaja . Ordinò Claudio (a ), che gii Schiavi, i quali fofTero flati abbandonati da" loro Padroni, mentre foffi;ro infermi, rimarrebbero liberi, fe. fe ne fuggiflero . Legge fìffatta afiìcurava la loro libertà : farebbe altresì bi fognato affi curar la lor vita . Allorché la legge permette al Padrone di co¬ glier la vita al fuo Schiavo , è un diritto ch’ei dee efercitar come giudice , e non già come pa¬ drone : fa d" uopo , che la legge preferiva delle formalità, che tolgano Ìl fofpetco d" un" azione violenta . Quando ìn Roma non fu più permeilo a" pa¬ dri il far morire i figliuoli, i Magiftrati (b) im- pofero la pena , che il padre volea preferivere , Un ufo fìmigliante fra il Padrone e gli Schiavi, farebbe ragionevole ne’ paefì, ne" quali i Padro¬ ni ' W Xifìlino,m Claudio. [b] V. la Leg. Ili, Cod. de fatria fotejlate j di’ ® deli’ Imperadore Aleilandro . i » Dellì Leggi . Lis.XV. Gap. XVII. ii^ •ni hanno il diritto di vita, e di morte, £cn zozza era la Molaica Legger ,, Se alcu¬ no batte il fuo fchiavo, e eh'ei muoja lotto la Tua mano , Tara punito ; ma s' ci fopravvi- va uno, o due giorni, non lo farà, perchè ,, e fuo danaro ,,, Che popolo mai era quello, in cui fodè necclTaiio , che la l^gge civile li dì— lungalTe dalla legge naturale j . ^ Per una legge de’ Greci (c) gli fchiavi trat¬ tati con foverchia durezza da’ loro padroni po- reano far iftanza d’ elfere ad un altro venduti NegU ultimi tempi vi fu in Roma una le^ce fomighante (d) . Un padrone fdegnato coi fuo fchuvo ed uno fchiavo fdegnato col fuo padto- ne debbon edere leparati. ^ Quando un Cittadino malmena uno fchiavo d un altro , fa d’uopo , che quelli polTa pre- fentarfi innanzi al giudice , Le leggi di Platone (e), e della niaggior parte de’popoli , tolgo¬ no agh fchiavi la difefa naturale : forz’ è per tìn- TomJL T ^ ^ to xii con- hgHi mottUltf- "“T vano a’ padron?o&ni rnn ^, che permecte- imoani;. ^ meritata. Ella klhk quando il padrone non mniCce _• impunita la morte del ier,o" oulT'^-f" ' ebbe i’animo d’ucciderlo ■ la n ^ padrone non da determinata volontà ’ V ?1 rfr- * proviene V. IO. ' * Exod, XXI. V. 2,0. W Plutarco dtlla SuferJH:,i,„,. Uh.ldrk.y d'Antonio Pio M Uh. IX. Inftit, j^o Dello Spirito to accordar loro la difefa civile . In ifp.irta aver non poteano gli fc biavi alcuna giudizi a centra gl’ infiliti , nè centra le ingiurie . Tal • era l’e* ftrenio della loro feiagura j che non erano fchìa- vi folcanto d’ un Cittadino, ma eziandio del pub¬ blico : appartenevano a tutti, e ad un folo. In Roma nel torto fitto ad uno febiavo fi conliderava il folo incerelle {f) dei padrone, Sotto l’azione della legge Aquilia confondead la ferita fatta ad una bellia con quella fatta ad uno febiavo ■ a nuli’ altro badavafì , fuorché alla di¬ minuzione del prezzo loro . In Atene li pu¬ niva feveramente, e talora colla morte , colui che avea malmenato lo febiavo d'un nitro . Non volea con ragione la legge Atentefe aggtunpre alla perdita della ficurezza quella della libertà. C A P I T O L O XVIII. JDelU Francaóoni . A Gcvolmente comprendefi , che quando nd governo Repubblicano vi fono molti fc bia¬ vi , molti forz’ è affrancarne . Il male è , che fe ■ '' fchiavi 5 non podbn eflère tenii- . ■ i-i ■ hanno troppi liberti non pof- foii frequenza lo Spirito del- -4 A/>]\a CìeriTiania . come (£) C^ueflo fu ancora con le Leggi de' popoli, che ufeirono della Germania , com può vederli ne’ loro Codici. (gj Demoftene , Or^t, coìì/tr^ JEdiz. di pranefort del 1^04. Dexle Leggi. Lib. XV. Cap. XVIII. 151 fon vivere, e divengon gravofi alia Repubblica : oltre a ciò può la medelima edere in pericolo di pari per parte de'molti fchiavi, che per par¬ te de' molti liberti. Fa d' uopo adunque , che le leggi abbiali 1’ occhio fopra quedi due difor- dini. Le val-ie leggi , e i_ decreti del Senato , che fui Oli fitti 111 Roma 111 favore ^ e con tra £rlì fchiavi ora per ritenete , ora per agevolare le libertà, fanno chiaro argomento della brif^a in cui fi trovava Roma per tal rifguardo . vT fu¬ rono perhno de' tempi che non h ardi di far • “Allorché fotco Nerone f a) li chiefè al Senato , che fofib permelfo a’ padroni di rimet- tere m fervitù i liberti ingrati, i'Imperadore Icrille , che conveniva giudicare gli affari parti- colarla e non ftabilire cofa alcuna in <^enerale» Non faprei dirvi quali fieno i regolamenti , che ima buona Repubblica dee dire fopra di ciò: quefto dipende troppo dalle circoftanze . Eccovi alcune rifielTioiii, Non bifogna fare tute' in una volta , nè con una legge generale , numero confidcrabtle dì francazioiii. £' noto come predò i Voldni i liberti divenuti padroni de'fuffragj,'fecero una legge abominevole, che dava loro diritto di co- ricard i primi con le fanciulle , che fi marita¬ vano con gf ingenui. , Vi fono diverfe maniere d'introdurre infenfi- I i bil- _ (a.) Tacito ^maLLih.XlU. (b) Suppliuicnto del Frinfhemio %, Decad, Lib, V. 131 DsLto Spirito bilmente nuovi* Citcadini nella Repubblica . Pof- fono le leggi favorire il peculio , e porre gli fchiavi in iftato di comprare la loro libertà : pofTono le medefime prefcrivere un termine alla fervitù , come qutjlle di Mosè , che aveano li¬ mitata a fei anni quella degli fchiavi Ebrei [c], agevole il francare ogni anno un dato nume¬ ro di fchiavi fra quegli, i quali, per la loro età j per la lor fanità , per la loro induftria, avranno il modo di vivere . Puofli anche curare il male nella fua radice : ficcome il numero grande di fchiavi è addetto a varj impieghi, che loro fi addolfano , trafportar negf ingenui una parte di quell’ impieghi , a cagion d'efernpio , il commercio, o la navigazionej e quello e uno feemare il numero degli fchiavi. Quando vi fono molti liberti , fa d’uopo, che le leggi civili determinino ciò , eh’ elTì deb¬ bono al loro padrone , o che il contratto di franchigia determini quelli doveri per elTe. Si comprende, che la lor condizione elfer dee più favorita nello Stato civile, che nello Stato politico : poiché nello ftelTo governo popolare la por ella non dee cadere nelle mani del popolo minuto. . ■ - ■ u’i* In Roma , ove erano tanti liberti, mirabili furono le Ie^Ì politiche rifpecto ad e/ìì. Poco fi diede loro , e non fi efclufero quali da cofa al¬ cuna : ebbero, è vero, alcuna parte nella iegisla- zio- fc) Efodo Cap.XXI. Delh Lbsgi. Lib.XV. Cap. XIX. 1^5 zìone ; ma non aveano quafi veruna influenza nelle rifoluzioni, che prendere fi poteano . Po¬ tevano aver parte nelle cariche , e per' fino nei Sacerdozio ; ma tal privilegio era in qualche modo Fenduto vano per gli fvanraggi , che a- veano nelP elezioni. Avean diritto d^entrare nel¬ la indizia j ma per efièr foldaro vì voleva un certo cenfo , Nulla impediva ì liberti [e] di con¬ trarre matiimonj colle famiglie ingenue^ ma non potevano imparentarli con quelle de'Senatori. Finalmente i loro figliuoli erano ingenui ^ tutto che eilì ftelTI noi foderò , CAPITOLO XIX. affrancati, e degli eunuchi, Q uindi nel governo di molti d con frequen¬ za proficuo , che la condizione degli af¬ francaci fia poco inferiore a quella degl’ inc^enui e che le leggi fi ftudiino di toglier loro il dif- gufto della propria condizione . Ma nel governo d'un folo , allorché dominano il ludo ; ed il po¬ tere arbitrario , ^ non vi è che fare per tal ri¬ guardo . I liberti fi trovano quafi Tempre fupe- rion agii uomini liberi: dominano nella Corte del Sovrano , e ne' palagi de' grandi j e come quelli j che hanno ftudiate le debolezze del Si- ^ 3 gnor [d] Tacito Annali , Lib. III. (e) Parlata d'Augufto, preab T>Ì0n«, Lib. LVL 134 Delio Spirito gnor loro , c non le Tue virtù , fannolo regnare non colle fu e virtù » ma con le fue debolezze. Tali erano ìn Roma ì liberti al tempo degf Im- peradori. Oliando gli fchiavì principali fono eunu¬ chi , per qualunque privilegio s’accordi loro, non fi pofiono con fiderare come affrancati. Im¬ perciocché , ficcome non pofiono aver famiglia , fono per lor natura addetti ad una famigliai ne fi pofibn confiderar Cittadini per una fpecie dì finzione . Nulladimeno vi fono de’ paefi . ne’ quali fi danno loro tutte le Magiflrature : ,, al Ton- « quii! \_a] , dice Dampierre [è] , tutr’ i manda- j) rini civili , e militari fono eunuchi « . Non hanno famiglia; e tutto che per natura fieno ava¬ ri , in fine de’ farti if padrone , o il Sovrano profittano della loro avarizia flefia . Lo ftefio Dampicrre [c] ci dice , che in que¬ llo pae/è gli eunuchi firar non pofiono lenza femmine, e che s’ammogliano . La legge, che permette loro il matrimonio , non può efi'er fon¬ data per una parte , fe non fopra la confidera- ztone , che vi fi ha per fiffarte perfone ; e per 1’ altra fui poco conto , che vi fi fr delle fem¬ mine . Co" [a] Lo flcifo era un tempo alla China . I due A- rabi Maomettani, che vi viaggiarono nel nono fecole , allorché incendono parlare del governatore della Citta , dicono V Eunuco. [b] Tomo ni. pag. [c] Tomo III. pag. 94, Delie Leggi, Lib.XV, Cap. XIX. 1151 Cosi affidai! fi a co tali peribne le magiftrature perchè non hanno famiglia : e per altra parte fi permette loro il matrimonio ^ perché hanno le Magiftrature . Allora é j che i fenfi , che reità no , vogliono ohinatamenue a quelli fupplire > che lonofi per¬ duti 5 e che le intraprefe da difperato fono una fpecie di godimento . Cosi preffo Milton quello fpirito , al quale nulla altro refta , che defiderj , piccato della fua degradazione vuol porre in pratica la ftefia fua impotenza , Si vede nell’ Iftoria della China numero gran¬ de di leggi per togliere agli eunuchi tutti gl’ impieghi civili, e militari : ma fempre vi s’in¬ troducono . Pare che in Oriente fieno gli eunu- clii un male necelTario [d] , - . - ...II. . , - . — . i [d] Dopo , che uno ha letto quefto Libro XV. re¬ fi a tutto maravigliato del non avervi trovata cofa alcu¬ na , che corrifponda al Tuo titolo. Si è creduto ri levarvi, come le leggi dell» fer'vitù civile hanno del rapporto colla natura del clima ; nè altro fi è veduto, fé non fe riflef- fioni Topra lo fiato di rchiavitù confiderato relativamen¬ te alle diftèrenti Ipecie di governi. La XVI. Lettera del¬ lo Spirito delle leggi ridotto in quintejfmza , lo prova Lenza replica . ( RtfieC d' un A non. _ ^ La Lettera XVI, citata dall* Anonimo riguardo all’ul¬ timo membro di quefto Capo avverte , che giammai un uomo fayio applaudirà a quefio penfiero . La neceffità non j°LL la faviezza non conofee mali , che debban toleiaru dalla legge, come necellarì, quando que- fti oltraggiano la natura. LIBRO XVI. ,, Come le leggi del fervaggio domefllco ,3 hanno rapporto colla Natura » del Clima « . ,. — .1 1 - CAPITOLO PRIMO. Della domefiica fervltù . S ONO gli fchiavi più torto ftabiliti per la fami¬ glia j che fieno parte della famiglia. Quindi io diftinguerò la loro fervitù da quella , in cui fi trovano in alcuni paefi le femmine, e che chiamerò propriamente la domeftica lèrvitù. CAPITOLO IL Che ne' paef fneridiomlì vi ha ne' due fejfi. una dìjHgHaglianz.a naturale . N E'climi caldi le femmine fon nubili [a] d* otto di nove , e di dieci anni : quindi van- [a] Sposò Maometto Cadhifia di cinque anni, dor¬ mì con erta di otto. Ne’paefi caldi d’ Arabia, e dell’In¬ die , le fanciulle vi fon da marito d'otto anni, e figlia¬ ne Dìelle Leggi. Lib.XVI. Cai*. IL 137 vjinnovi .<^uafì Icmpre di conferva l infanzia, cd il matrimonio : fono già vecchie di venti anni : adunque in effe la ragione non trovali mai col¬ ia bellezza . Quando la bellezza chiede V impero, la ragione lo fa negare : quando la ragione po¬ trebbe ottenerlo, la bellezza fi è dileguata .^ Le fémmine debbon trovarfi nella dipendenza , im¬ perciocché la ragione non può lor proccurarc nella loro vecchiaja un impero, che non avea ' dato lor la bellezza fui fiore della fteffa giova¬ nezza . E’ adunque co fa naturaliffima, che un uomo , qualora non vi fi opponga la Religione, lafci la propria moglie per prenderne un" altra, e che introducafi la poligamia . Ne^paefi tem* perati, ove meglio fi con fervano i vezzi femmi¬ nili , ove fon da marito piu cardi, ed ove han¬ no figliuoli in un" età più avanzata , la vecchiaja del marito fegue ìn qualche modo la loro; e ficco me quando fi maritano hanno più ragione, e più cognizioni, fé non per altro , almeno perchè hanno più lungamente vifiuto , vi fi è dovuta introdurre naturalmente una fpecie d" u- gua¬ no r anno dopo . Prideattx . Vita di Maometto . Veg- f oniì ragazze nel Regno d’Algeri incln'-e di nove, dì ieci , e d’ undici anni . Laugiet de TaiTy, I{toria del Regno d’Algeri, pag. 61. L’ Autore in quello luogo va rintracciando 1 » ragione, per cui ne'climi caldi, s’ è introdotta la poli¬ gamia , e la ripete dalla natura delle donne , che qiiafi dall’ infanzia fono nubili e vanno a marito : e così per¬ dendo prefto la bellezza , danno motivo a’ mariti di prendere altre mogli. Ma così fola eji utiUtas jufii mater (y . 13S Dello Spirito guaglianza ne* due feffi, e per confeguente la legge d’ una fola moglie . Ne* paefì freddi 1 * ufo quali necelTàrio delle bevande . gagliarde , ftabilifce. fra gli uomini T in¬ temperanza. Le donnesche per tal riguardo han¬ no un ritegno naturale , come quelle che deb- boniì perpetuamente difendere, hanno adunque fopra di ellì anche il vantaggio della ragione . La natura, che ha diftinti gli uomini per la forza, e per la ragione , non ha pedo altro confine al poter loro , che quello di quefta for¬ za , e di quefta ragione . Efià ha dato alle donne i •vezzi, ed ha voluto, che il loro afeendente finif- fè con quefti vezzi : ma ne* paefi caldi fi trova¬ no foltanto ne’principj, e non mai nel decor- fo della lor vita. Quindi la legge , la qual non vuole, che una donna, fi rapporta piu al fifico del clima Eu¬ ropeo , che al fifico del clima Afiacico . E* cjuefta una delle ragioni, onde il Maomettifmo ha trovato sì grande facilità nello ftabilirfi in Alia, e tanta difficoltà a dilatarfi in Europa : che Ìl Criftia- nefimo fi è confervaro in Europa , ed è fiato diftrutto in Afia [*] j ed onde finalmente i Mao- , met- [^] Dal clima ancora ripere il MONT£*ìCyTIKU perchè il Maomettirmo ilefì fiabilito in Alia e ne’ paeli caldi, cd il Cfillianefimo confervato in Europa . Ma quando m Afia fioriva il Criftianefìmo con maggiore fplendore, che in Europa , era forfè il cliiTsa digerente da quello , che poi fu a’ tempi di Maometto , e eh’ è a noftri gigtni ? Ed oggi forfè è picciolo il numero de’Criftiani d’Oriente? Delle Leggi. Lib. XVI. Ca?. Ili, 159 mettanì fanno tanti progrelH alla China, e sì pochi i Criftiani . Le umane ragioni trovanfi femprc fubordìnate a quefta caufa fuprema la quale fa tutto quello , eh’ ella vuole , e fi ferve di tutto ciò , che le aggrada . Alcune ragioni particolari di Valeiitiniano [b] gli fecero permetter nell’ Impero la poligamia. Qiiefta legge violenta per li noftri climi fu tol- tàr [c] da'Teodofio, da Arcadio, e da Onorio. [^] CAPITOLO III. che la pluralità delle moplt dipende molta dal loro mantenimento. Q uantunque ne’ paefi , ove la poligamia è già ftabilita, il numero grande delle mogli di¬ penda molto dalle ricchezze del marito ; tuttavia non poilìam pronunziare , che le ricchezze fica quelle , che facciano ftabilire in uno Stato la poligamia : può produrre V effetto medefimo la po- [b] Vedi Jornandes de regno ^ e? tempor. fuccef, e gl’ Iftorici Écclefiaftìci. [c] Vedi la Legge VII. Cod. de Jud&is , £?■ Csliee* ì'ts f e la Novella 18. Cap. V. Olferva l’autore dello Spirito delle leggi ridotto in qttintejfenza , che il noftro Autore potea far di me¬ no di diffimulare le ragioni , onde Valentinìano pennife nell’ Impero la poligamia . La ragione fi fa, eh’ edb Impcradore avea due mogli. Fu poi quella legge abro¬ gata non perchè violenta per li noftri climi i ma per¬ che la poligamia è meno conforme al diritto naturale, c del tutto contraria al Criftianefuno. *40 Delio Spirito povertà, come vedremo parlando de'Selvaqd. La poligamia preOo le na2Ìoni potenti non è canto un ludo , quanto V occadone d’un gran luflfo. Ne climi caldi hannofi meno bifogni [a] ; vi vuol meno per mantenere una moglie, e dè'li- g Ilio I. Adunque vi fi può avere un numerS di mogli. CAPITOLO IV. Dcll^ t Shc divsyfè cfyccddftz^e, OLcondo i calcoli, che fi fon fatti in varj luo- ^ ghi d’ Europa, vi nafcono più^ marchi , che femmine [^j ; per lo contrario le relazioni dell’ Afia [è] , e deir Africa [c] ci dicono , che vi nafce numero molto maggiore di donne, che d uomini. La legge d'una fola moglie in Eu¬ ropa , e quella, che ne permette più in Afta, ed in Africa, hanno adunque una certa relazio¬ ne al clima . js|e’ la] A CeyUn un uomo vive con dieci Ioidi di Francia il me e . Non vi lì mangia che del rifb , e del pclce . Raccolta di •viaggi , che hanno Jervìto allo Jlaèi iimento della Cotttpagnia dell’Indie Tomo II. Parte 1 . fa] li Signor Arbutnot rileva , che in Inghilterra il numero de ragazzi fu pera quello delle ragazze : Si è ratto^ male a concluderne , che fegui/Iè la cola fteda in rute’ i climi. [b] Vedi Kempf ro , che ci dà una numerazione di Meaco y ove fi trovano 18x071. malchi , e 183 573.^^1*' mine. ^ [cj Vedi Viaggio di Guinea di M. Smith, Parte II. intorno al Paefe d’Anrè. Delle Leggi . Lib* XVI. Cap. IV. 141 Ne’climi freddi dell’Afìa , nafcono , come in Europa più ragazzi , che ragazze . E’ , dicono i La mas [^/] , la ragione della Legge , la quale prellb di loro permecce ad una donna l’aver più roarici [c]. Ma io non credo, che vi fieno molti paeS ne’ quali la fproporzione fia molto grande a fe- gno che elìga 1’ introduzione della legge di più mogli, o la legge di più mariti. Ciò vuol di¬ re loltanto che la pluralità delle mogli, ed an¬ che la pluralità degli uomini meno in certi, che in certi altri paefi dalla natura fi allon¬ tana . Confefio , che fe vero folle ciò , che dicono le relazioni , che a Bantam (f) vi fono per ogni uomo dieci donne ^ farebbe un cafo molto par¬ ticolare della poligamia . In tutto il da me divi fato finora io non in¬ tendo già di giuftificare le ufanze ; ma ne rendo femplicemente le ragioni ^ CA- femplicemente le ragioni , [d] jDu Hdde, Memorie della China, Tomo IV. pag. 4^. [e] Albuzeit-el-hailèn , uno de’ due Maomettani Arabi, che fi portarono all’Indie, ed alla China nel IX, Secolo , prende fifiàtto ufo per una proftituzione. La ragion fi è , perchè non vi ha cola, che ranco fi a all’ idee Maomettane , Raccolta di viaggi, che hanno firviro*allo ftabilimento della Compagnia dell’ Indie . To. I. (^) La ragion dei clima di nuovo propofta per giuftificare la poligamia , fi ravvifa efier falfa ancora da quello, che negli fteffi paefi alternativamente abbia avuto vigore l’ufi) d’ una e di più donne , fecondo la diverfità della morale, come ferve d’ efempio la Grecia . Delio Spirito Mi CAPITOLO V. Ragione nna Legge del JìLalahar . S ulla fpiaggiadel Malabar, nella cafla ( o sia tribù} de'' Nairiy (a) gii uomini non pofibno avere più d' una moglie , ed una donna per lo con¬ trario può avere più mariti . Mi Infingo di po¬ ter rintracciar 1 * origine di tal cofl:um.uiza . So¬ no i Nairi la cajia de'nobili, che fono i folda- ti di tutte quelle nazioni . In Europa s‘ impe- difce il matrimonio de’ foldati : nel Malabar, ove il clima efige di vantaggio , fi fono conten¬ tati di rendere il matrimonio meno a carico, che fofiè pofiìbile : fi è data una Moglie a più mariti j la qual cofa d/mìnuifce grandemente 1’ attacco per una famiglia , e per le domeftichc cure, e lafcìa a coloro lo fpirito militare , CA* » " "3 ■ ■ ' ' ' ■ (s.) Viaggio di Francefco Fjirard ^ Cap. XXVII. Lettere edif. terza , e decima Raccolta fopra il Mallea- jtii nella Spiaggia del MalaWr. Ciò è confidecato co¬ me un abufo della profellton militare : e ficcome dice Tyrad , una donna della calla de’Braniini non ifpofereb- be mai più madd • Delle Leggi. Lib. XVI. Cap. VI. 145 CAPITOLO VI. Della poli ffamia in fe fiejfa ^ C Onfìderando la poligamia in generale , indì- pendencemenre dalie circoftaiize , die Ja pof^ ibno far alquanto tollerare , no]i è vant-aggiofa all’ umana generazione , né ad alcuno de’ due felli , lìelì a quello , che abufi , liell all’ altro, di cui vien facto abufo . Neppure è utile a’ fi¬ gliuoli : ed uno de’ malli mi fuoi difordini li é, che il padre , e la madre aver non polfono il medelìmo affetto per la lor prole ; non può un padre amare venti figliuoli , come una madre ne ama due . La cola va molto peggio , allor¬ ché una donna ha più mariti : imperciocché in tal cafo 1’ amor paterno più non s’ attiene che a quella opinione , che un padre pud credere, fe vuole , o che gli altri pollon credere , che quei dati figliuoli appartengangli . Dicell, che il Re di Marocco ha nel fuo fer raglio delle femminé bianche , delle nere , e delle gialle . Sciagurato l a mala pena ha egli bi fogno d’ un colore . li polfeder molte femmine non lèmprc impe- difce la brama (a) per quella d’un altro: lègue della lulTuria appunto come dell’ avarizia , coll* acquifto de’ tefori fe le accrefce la fete , Al fa) Qasflo appunto fa sì, che in Oriente fi celi¬ no con canta cura le donne. 144 Dello Seikito Ai tempo di Giuftiniano moki Filofoiì ìnfafti- , diti del Crilliaiiefìmo fi rifuggirono in Perlìa appreflo Cofi.'oe . Quello , che fece loro più col¬ po , dice Agatta (b) , fu , che la poligamìa era permefTa aperfone, che neppure s’afteueano dal- i* adulterio . La pluralità delle mogli , chi il crederebbe = guida a quell' amore , che la natura aborre : e la ragione fi è , perchè una dillokuezza ne tira fèco Tempre un’ altra . Nella rivoluzione, che avvenne in Coftantinopoli , allorché venne de- pofto il Sultano Acmet , diceano le relazioni, che avendo il popolo Taccheggiata la caTa del Chtaya , non vi fi era trovata neppure una don¬ na . Vieti detto che in Algeri {c) Ton giunti a tal legno, che ne fon voti la maggior parte de' Terragli. CAPITOLO VII. - DeW HgHaglìartz.a del trattamento net cajo diìU pluralità delle mogli. D Alla legge della pluralità delle mogli Tca- turiTce quella dell’ uguaglianza dei tratta¬ mento , Maometto , che ne permette quattro , vuole , che fra effe tutto lìa uguale : alimento , veftid , debito, conjugaie . Siffatta legge è anche fta- (h) Della vita, e delle gefia di Giuflìniano, pag. 405. (c) Laagier de Tafy, Iftoria d’Algeri. Delle Leggi. Lib. XVI. Gap.V ili. 145’ Habilica nelle Maldive (a ), ove si polTono fpo- fare ere donne . La Legge di Mose vuole (è) ancora , che fe - alcuno ha ammogliato il figliuol fuo con una fchiava , e che poi fpofi una libera , nulla tolga alla prima rifpetto al veftito , agli alimenti , ed a’ doveri. Più dar si potrebbe alla fpofa novel¬ la j ma converrebbe ^ che meno non avelie la prima , CAPITOLO Vili. Della feparazjone delle femmine dagli uomini , E ' Una confeguenza della poligamia , che nel¬ le Nazioni voluttuofe e ricche abbiali nu¬ mero grandillìmo di femmine . La loro fepara- zione dagli uomini j e la loro claufura légno- no naturalmente da quello gran numero . Cosi Io vuole P ordine domeftico ; un debitore che non può pagare si pone al coperto dalPinfegui- mento de' Tuoi creditori. Vi fono climi fiftatti, in cui ha il fìllco tal vigore , che nulla , quali dilTi, vi può la morale. Lafciare un uomo con una donna : le tentazioni faranno cadute j P attacco fi curo 5 nefiuna la refillenza. In que* paefi in vece di precetti , voglionvi de' chiavi¬ nelli (^) . Tom. IL K Un (a) Viaggi di irmcefea Fyrad, Gap, XII. Efodo , Gap. XXI. vérf. io. c ii. (H-) Dobbiamo render grado a MONTESQIJIDU di quei ' 54 ^ Dello Si'irito Un Libro clalTìco (a) della China prende per •un prodigio di virtù , il trovarfi folo con una donna in luogo appartato ^ fenza farle violenza. CAPITOLO IX.. 'UlììOYlB dsl ^O'VSY'tJO dsi9fgJìiC9 Coi j}olìtìC9 . I N una Repubblica la condizione de’ Cittadini è limitata , uguale , dolce, moderata : rutto vi fa fentire la pubblica libertà . Nonvì potrebb edere e (e rei tato si a dovere 1’ impero fopra le femmine ; e quando il clima ha richiefto un ta¬ le impero , il più dicevole è dato il governo d un folo . Ecco una delle ragioni , la quale ha fatto , che II governo popolare ha trovato tanto intoppo a ftabiliriì in Oriente. Per Io contrario la fervitù delle donne s uni¬ forma fommamente al genio del governo Difpo- ti- quel quafì difi , con cui ha rifervato alla morale qua - che forza fopra lo fpirìto dell’ uomo . Ma cerne e poiini e, eh’ il ftfico in certi climi abbia tanta forza, che qua i nu a vi nuore la morale ? Non è forfè la morale, o u i diritto naturale derivato dalla fteffa natura dell uomo. £' la corruzione della natura ed i mali coftumi chiari , che tutto feco portano, quando vi manca divina -■' (a) ^ „ Trovare in difpartc un teforo , di cui altri « ne ha il padrone: o una beila donna fola ss appartato: lentie la ^oce del nemico , che ^ _ ss non fe gli porga ajuro : prodigiofa ^ u^mo-* ss gone . ss Traduzione d’ un’opera Chmefe lopra rale, del P. Dh Halde > Tom. III. p^g. iji- DELtE Lèggi . Lib. XVI. Gap. X. 147 tico , il quale ama il far abufo di tutto. Quin¬ di li fono veduti in ogni tempo camminare d' un pado eguale in Ada la do medica ferviti?, cd il Difpotico governo, In un governo , in cui ricliieggad foprattut- to la tranquillità , ed ove chiamafi pace J' edre- ma fubordinazione , riferrar bifogna le femmine: le loro corrifpondenze farebbero fatali al marito. Un govelaio , che non ha tempo d’efaminare la condotta de" fuddici , la tiene per fofpetta per quello folo appunto , perchè fi vede , c fi fa fenrire . Supponghiamo per un illante, che la legge¬ rezza di fpirito , e le ìndifcretezze , i gufi^ed ì difpiaceri delle noftre donne , le loro palTìoni grandi, e pìcciole , li trovallerò trapiantate in un governo orientale col vigore , e con quella libertà , in cui fono fra noi j e qual padre di famiglia efler potrebbe un momenco tranquillo ? per ogni dove perfone folpette, per ogni dove nemici : barcollerebbe lo Stato , e f verfer ebbe¬ ro fiumi di fangue . CAPITOLO X. Principio della Morde d Oriente, N el cafo della moltiplicità delle mogli, quan- _to più la fiimigiia lafcia d'elTere "una, can¬ to più debbo 11 le leggi riunire ad un centro que¬ lle parti difgiunte ; e quanto più diveiTi’ fono gl’'intèrefifi, tanto più torna bene , che le leo-^ì K i % 14? Dslio Spirito riducanglì ad un folo intercfle [j] . Qiiefto d efeguifce fingolarmente colla clau- fura . Debbo n le donne non folo e Ilei- fé pa¬ rate dagli uomini colla claufura della cafa ; ma ne debbon altresì elTer feparate entro quella me- defìma claufura di modo, che faccianvi come una particolar famiglia nella famiglia . Derivi quindi per le femmine l’intera pratica della mo¬ rale ; il pudore , la cali ita , il ritegno , il filen- 2Ìo , la pace , la dipendenza , il rifpefto , i’ a- more : finalmente una generai direzione de' feli¬ ti menti alla co fa per fua natura la migliore dd mondo , eh’ è 1’ attacco alla fola propria fami- glia . Hanno le femmine n.atural mente a compir tan¬ ti doveri loro proprj , che altri non le potreb¬ be mai feparare quanto farebbe neceflario da tut¬ to ciò , che dar loro potrebbe altre idee , da tutto ciò j che chiamafi divertimento j da tutto ciò 5 che chiamafi affari . Trovanfì ne’varj Stati d’Oriente coflumì piu puri > a proporzione che vi è pii't efatta la clau¬ fura delle donne . Ne’ grandi Stati vi fono per neceflìtà grandi Signori . Quanto più fono agiati di beni di for¬ tuna , tanto più trovanfì in grado di tener le don- fi] intanto altrimenti in Ajfìria , od in “Egitto ne tempi, antichi fimi ; come la famiglia di ^ Àbramo, o dt Giacobbe dimojìra . Le donne non erano tìnchiufe tn lgtc' to , irodoto. E' la Mctajijìca dell' Autore, non il clima, nè il governo t che gli ha fomminijlrato quefio Erincipto , Delle tEGcr Lib, XVI. Gap. X. 14$ <ìonne in un’ efatta claufura, e d’impedire, che rientrino nella Società . Per quello appunto ne¬ gl’ira per j del Turco, di Perda, del MopU della China , e del Giappone mirabili fono i co- dumi delle femmine . Non può dirli lo ftelTo nell’Indie, che V in-* finite ifole , e la fìtuazione del terreno , hanno divide in infiniti piccioli Stati , che dal grandif- fimo numero di cagioni , eh’ io non ho agio di qui riferire , vengon fatti difpoticì . Colà non vi fono che miferabili , che ruba¬ no , e miférabili che fon rubati , Coloro , che chiamanfi grandi , hanno pìccioliffimi modi; quel¬ li , che diconft ricchi, più non hanno della lor fudiftenza . Non vi può edere si efatta la clau- fiira delle femmine , non vi fi pofion prendere precauzioni cosi grandi per contenerle , vi è in¬ concepibile la corruttela de’ loro co dumi . Qliìvì appunto rilevali fin dove poH'on porta¬ re il dì fiordi ne i vizj del clima lafciatì in una gran libertà . Quivi la natura hà un vigore , e la verecondia una debolezza, che non può com¬ prenderli. In Patana (a) la lubricità (b) delle K 5 fem- (n) Raccolta di viaggi, che hanno fervito allo ftabilimento delia Compagnia dell’ Indie. Tomo II. Par¬ te II. pag. 196. (b) Nelle Maldive i padri mati*-ano le figliuole fu dieci , e gli undici anni, eiréudo , dì con’ elfi, un gì'aii peccato il laidar loro patire il blfogno dell' uomo. Viaggi di Fritn-cefeo Pyrard, Gap, XII Iti Eancam giun¬ ta che una ragazza fia all’età di tredici in quattordici i|o Delio Spirito emmine e si grande, che gli uomini fon co- ftrecci a fard certe guarniture per porli al co¬ perto de loro attacchi . Secondo Ì 1 Signor Smhh (c) le cole non van meglio ne’piccioli Regni,dì Guinea . Pare , che in quei paell i due fefTì per¬ dano perfino le proprie loro leggi . CAPITOLO XI. Dell^ fervlià damefllca Indipendente dalla poligamia . N on è la fola pluralità delle mogli quella, che efige la lor claufura in certi luoghi d’ Oriente , ma e il clima . Q^iiei , che leggeranno gli orrori , i delitti, le perfìdie, le infamie, i veleni , gli afTaflinamenti , che la libertà delle dònne fa commettere in Goa, e negli (labili- menti de’Portughefì nell’Indie, ove la Religio¬ ne non permette più d’ una moglie , e la por¬ ranno a paragone coll’ innocenza, e colia purità de’ coftumi delle donne di Turchia, di Perfìa, del ^ anni, forz’ c maritarla quaJor non fi voglia , che meni una vita libertina. Raccolta^ di Via:^gi, che hanno fer'vì- to allo ftabilimento della Compagnia dell'Indù, pag, 34^. (c) Viaggio di Guinea, Parte II. pag. i^i. della Traduzione . ,, Qiiando le donne , die egli, incontrano « uii nomo, l'afferrano, e lo minacciano d’accufarlo al loro marito, s’ei non le cura . S’ introducono nel letto d' un uomo Io fvegliano ; e fé coftui non fa M il lor volere lo minacciano di farlo forprendere fui iàrtO. sa "DttTi Leggi . Lib# XVT. Cap* XII. dèi Mogol} della Cii:iia, e del Giappone , ve¬ dranno bene eitèr fovence di pari necelTario il fepararle dagli uomini , allorclié fé ne ha una fola 5 che quando le ne ha molte. Il clima è quello , che dee decidere di cofe /iffute . Che fervirebbe il rinchiuder le femmme ne' nodri paefi fectentrionali , ove i ior coftumi fon buoni naturalmente ; ove tranquille fono tutte le loro palfioni ^ poco attive , poco raffi¬ nate : ove 1' amore ha fui cuore un impero sì regolato, che per condurle bada la menoma polizia ? Felice cofa fi è Ìl vìvere in quei climi , che permettono il con ver fare ; ove il feffo , che pof- lede le grazie maggiori j par che tenga in do¬ vere la Società y e dove le femmine riferbandofi a.' piaceri d' un folo > fervono ancora al diverti¬ mento di tutti (^). CAPITOLO XII. Del ptidor naturale . S Onofi le nazioni tutte accordate ad unire ìl difpregio alla incontinenza delle femmine ; c ciò perchè a tutte le nazioni ha parlato la na¬ tura . Ha efia dabilito la difefa : effi ha dabi- lito l'attacco j ed avendo podo da ambe le par¬ ie 4 « (^) Grande elogio, che fa il MONTESQUIEU alle donne fecrentrionaii; ma febbene a tanta borita con- tàbuifeà il ciimàj molto alla buona educazione u oevs. j Delio Spirito ti tle^defiderj , in un d* effi ha collocata la te¬ mei icj y e nell altro la verecondia [ij . Ha dato agi individui per confervarfi lunghi tratti di tem¬ po , e non ha dato loro , che brevi iftanti per perpetuar^ . Vero adiuique non é , che l’incontinenza fe- gua le leggi della natura : per lo contrario n’ è la violatrice . Quelle leggi han per legnaci la mo- dellia , ed il contegno . In oltre e proprio della natura degli elTerì in¬ telligenti il comprendere le proprie imperfezioni; dunque la natura ha pollo in noi Ìl pudore, valeva dire , la vergogna delle nollrc imperfe¬ zioni . Qpando adunque la forza fi fica di certi-climi va violando la legge naturale de’ due fedì , c quella degli elTèri intelligenti ^ da al Legislatore il fare delle leggi civili , le quali sforzino la na¬ tica del clima, e rillabilifcono le leggi primitive. [i} si potrebbe diffuturé , fe il pudore ì' effetto deU la natura , o della educazione. Kolbi toccando il pottO ad una giovane tra gli Unentotti , ella non altrimenti domandi fenza niente cotnmoverjl , che volete , che fe aveffe toccata cofa non appartenente a lei . Anche ^uefia « una legge della Metaffìca dell' Autore . Vedi Mandevil* c ]a fable of Bces. Delle Leggi . Lib.XVI. Cap.XIII, ^si CAPITOLO XIII. Della Gelojta . F a d'uopo diftinguere a dovere preflb i po¬ poli la gelofìa di pallìone , dalla gelofia d* ufanza, di coftumi, di leggi . Una febbre ar¬ dente, che divora, lì è la prima; fredda Pal¬ tra, ma talvolta terribile, può unirli coll*indif¬ ferenza , e col difpregio. La prima, che è un abufo dell* amore , ha per padre lo ftedo amore ( i ) . L* altra è aderente unicamenté a* coftumi , alle maniere della nazio¬ ne , alle leggi del paefe , alla morale , e talora anche alla Religione (a). E* quali lempre 1* effetto della filìca forza del Clima, ed eflà è altresì il rimedio di quella fi- fica forza, CAPITOLO XIV. Del governo della cafa In Oriente . S r fpeftb lì cambiano in Oriente le femmine> che aver non polFono il domeftico governo. Dun- [a] Raccomandò Maometto aTuoi legnaci la cu- ftodia delle lor mogli : uo certo Ima.n di0e la colà lleR là morendo : nè Confucio predicò meno quella dottrina , [i] JPiù tojìo la gelofia di amore ì la gelofia ddt onore domef ico . JH Dello Spirito Dunque fi addotTa quefto agli eunuchi , loi* fi confegnano rune le chiavi ^ cd efTì hanno ladif- po fi zio 11 e degli affari della cafa . ,, In Perfia , „ dice 11 Signor Charùin , fi danno alle femmi- 3, ne i loro abiti j come fi farebbe a'fanciulli „ . Cosi quefta cura > la quale feniora, che conven¬ ga loro si bene > quefta cura, che altrove e per turco il principale impiego di quelle , non le ri¬ guarda nè molto , nè poco . CAPITOLO XV. Del Divorzio , c del Ripudio. F U A il divorzio , ed il ripudio palla quefta differenza, che il divorzio fegue con un vicendevol confenfo in occafione d’ una vicende¬ vole incomparibilicà ; dove per contrario il ripu¬ dio fegue per volere , e con vantaggio d una delle due parti indipendenremence dalla volontà, c dal vantaggio delP altra ^ rr ^ r Talora trovanfi le femmine in tal necsUita di ripudiare , e Io fanno con tal difgufto , perche dura è la legge , la quale dà agli uomini que- fto diritto , nè Io dà alle femmine , Un marito è il padrone della cafa : ha mille modi di tenere , o di ridurre al dovere k fue donne , e nelle fue mani pare , che il ripudio fia foltanto un nuovo abufo di fua poteftà. Ma una fémmina , che ripudia , non fa che ervir l d" un trifto rimedio. U per effa fempre una gran difgrazìa P efter coftretta a cercaifi uit tiuo Det,le Leggi. Lib. XVI. Gap. XV, ijj vo manco, c^uando ha perduto con un altro la ma^f^ior parte delie Tue grazie . E^uno de" vaii-, taggi de* vezzi della giovanezza nelle donne, che un marito in una età avanzata s'induca a voler¬ le bene per la memoria de" Tuoi piaceri. E* adunque una regola generale, che in tut- r* i paefi , ne’ quali la legge accorda agli uomi¬ ni la facoltà di repudiare , la debba altresì ac¬ cordare alle femmine. Vi è di più: ne* climi, ove le femmine vivono fotte un fervaggio do- meftico , pare, che la legge debba permettere alle donne il ripudio , ed a' mariti foltanto il divorzio . Quando le donne fono in un ferraglio, non può il marito ripudia,re per motivo d* incompati¬ bilità di coftumi ; fé i coflumi fono incompati¬ bili , è difetto del marito . Il ripudio per motivo della fterilità della mo¬ glie , non potrebbe darli, lè non fè nel cafo d' una donna unica (a): quando fi hanno piamo¬ gli j quella ragione nulla vale a prò del marito , La legge de* Maldivi (h) permette il prender di nuovo una femmina , che li era già ripudia¬ ta . La legge del Medico (cj proibiva il riunir¬ li fotto pena della vita . La legge del Medico era (a.) Ciò noti lignifica, che il ripadio per motivo della fterilità, fia permefib nel Criftianelìmo. (bj Viaggio di Francefeo Pyrard . Se la ripiglia piiittofto che prenderne un’ altra, perché in quefùo cafo yi vogliono minori fpelè. (c) Ifl-oria della dia conquifta, deh Solis. pag. 4^^, 1^6 Dfetto Spirito era più fenfata di quella de’ Maldivi ; nel tempo ftedb dello fcioglimento ella penfava alla dui-a¬ zione eterna dei matrimonio : dove la le"se de’ Maidivi, par che fi faccia giuoco del matrimo¬ nio infierae , e del ripudio. La legge del Meffico accordava fempliceraen- te il divorzio. Era una nuova ragione per non permettere a perfone , le quali fi erano volonta¬ riamente feparate, il riunirli . Il ripudio par plut- tofto che derivi dalla prontezza delio fpirito , e da alcuna paflione dell’ anima : il divorzio (ena- bra un affare di confislip, Ha per lo piu il divorzio un gran vantag¬ gio politico ; e rifpetto all’ utilità civile , è fta- bilito pel m.arito, e per la moglie, e non c favorevole a’ figliuoli. CAPITOLO XVL Del ripudio , e del divorzilo prejfo i Romani * P Errnife Romolo al marito il ripudiare la pro¬ pria moglie , qualora avelie commellb un adulterio , avelie preparato il veleno , o falfilì- cate le chiavi . Non diede alle mogli il diritto di ripudiare il màrito . Plutarco chiama duriflì- ma [a) quella legge . Siccome la legge Aceniefe (b) dava alla mo¬ glie , di pari che al marito la facoltà di ripu- dia- (a) Vita di Romolo . (b) Ira una legge di Solone. Delle Leggi . Lib, XVL Cap.XVI. 1J7 diare , e come fi vede , che le femmine otten¬ nero cjuefto diritto prefio Ì primi Romani non ofiante la Icgi^c di Romolo : e chiaro j che tale iftituzione fu una di quelle , che i Deputatt di Roma portarono da Atene t c che venne inferita nelle leggi delle XII. Tavole , Cicerone (c) afierifce , che i motivi di ripu¬ dio venivano dalla legge delle Xll. Tavole. Non può adunque dubitarli , che quefta legge non avefiè àccrefciuto il numero delle cagioni di ripudio da Romolo ftabilice . La facoltà del divorzio fu altresì una difpo- fizione , o per lo meno una confeguenza della legge delle XII. Tavole . Imperciocché » qualo¬ ra la moglie , o il marito aveano feparatamente il diritto di ripudiare , con maggior ragione potean lafciarfi d* accordo , e di vicendevoi volere. Non richiedea la legge , che fi adduceflèro caufe pel divorzio (d ). Il fatto fta che per na¬ tura della cofa vi vogliono motivi per lo ripu¬ dio , che non cì vogliono pel divorzio *, imper¬ ciocché ove la legge ftabilìfce motivi, che fcÌo- glier pofibno il matrimonio , il più forte dì tutti è la vicendevole incompatibilità. Dionigi d" Allearnaffo (e), Vdmo MaJJl- mo (c) Mim^m rei fuas fibi habere jujfit ex xi i. Ta- hults cmjfitm addldii . Philipp. II. (dj Giuftiniano cangia quefto. Nove!. iiy.Cap. X. (e; Lib. II. ij8 Delio Spirito mo j (f) , ed Aulogellto {g)i riferifcono un fatto, clic non mi fembra verifimile : dicono , che tutto che altri avcflè in Roma la facoltà di ripudiare la moglie, li ebbe tanto rifpetco per gli aufpi- c), che neppur uno pel tratto di cinquecento venti anni {h ) fi fervi di quefto diritto fino a Carvilio Ruga , che ripudiò la fua per motivo di fterilità. Ma balla il conofcere la natura del¬ lo fpirito umano , per comprendere qual pro¬ digio farebbe, che dando la legge ad un intero popolo diritto foraigliante , neppur uno fe ne lèrvifiè . Partendo Coriolano pel fuo efilio con- iìgliò (?) fua moglie a rimarirarfi ad un uomo più felice di lui . Abbiamo veduto , come la legge delle XII. Tavole , ed i coftumi de' Ro¬ mani , eftefero grandemente la legge di Romo¬ lo . Ed a che prò quelle dilatazioni, fe non fi era fatto ufo della facoltà di ripudiare? Di più le ebbero i Cittadini un tal rifpetco per gli aufpicj , che mai non ripudiarono , e perchè n* ebbero meno i Romani Legislatori ? Come mai corruppe la legge fempre i coftumi ? Colf unire due palTl di Plntarco vedremo dileguarli il mirabile di quefto fatto . La legge Re- (£) Uh. II. Gap. IV. (g) Uh. IV. Gap. ni. (h.) Stcondo Dienigi d’Alicarna^o, e Valerio Mai- fimo i e 513. fecondo Aulogellio. Così non pongono gli fteili Confoli . . (i) Vedi il difeorfo di ViturÌA in Dionigi d* AU- carnalTo, Lit). VHÌ1* Delle Leggi . Lib.XVT. Gap.XVI. Regia ik] permetteva al marito il ripudiare ne" tre cali, de’ qual: parlammo, j, E la me- defima volea , dice Plutarco (/) , che colui, ,, il quale ripudialle negli altri cali fofìè tenu- „ to a dar la metà de’ faci averi a Tua mo- glie ,,e che 1 ’ altra metà folle a Cerere con- fagrata ,, . Adunque fi pocea ripudiare in tute’ i cafi foggiacendo- alla pena . Ninno il fece prima di Ciarvilio Ruga (m) , il quale, come dice lo ftelfo Plutarco (fj) „ ripudiò fua 3, moglie per motivo di fieri li tà dugento trent’ 5, anni dopo Romolo „ j vale a dire , eh’ eì la ripudiò fettant’ un anno prima della legge delle Xll. Tavole , la quale eflefe la facoltà dì ripudiare , ed ì motivi del ripudio . Gli Autori da me citati dicono , che Car- vilio Ruga amava fua moglie ; ma che a mo¬ tivo di fua flerilicà i Cenfbri fecergli far giu¬ ramento j eh’ ei la ripudierebbe , per poter da¬ re de’ figliuoli alla Repubblica j e che per tal cofa divenne odiofo al popolo . Bifogna cono- feere il genio del popolo Romano per ifeuo- prire la vera cagione dell' odio , eh’ ei conce¬ pì per Carvilio , Non cadde già nella po¬ polare difgrazia Carvilio per aver ripudiata fua mo- [k] Plutarco di Romolo. i;i] Ivi. [ra] Eifèttivamente la caufa di fterilità non è por¬ tata dalla Legge di Romolo. E’ probabile, che non fof- fe Toggetto alla confilcazione , mentre fegaiva 1’ ordine de’Genio ri., [n] Nel confronto di Tefeo, e di Romolo. i6o Dello Spirito moglie : era quefta una cofa, di cui non cale¬ va al popolo Romano : mg, avea Carvilio fatto un giuramento a’ Cenfori , che accefa la fterì- lità di fua moglie , ei la ripudierebbe per dare de* figliuoli alla Repubblica . Era quello un giogo, clw il popolo vedea che andava.a met¬ terli da* Cenfori Ibpr’ ellb . Nel progrelTo di quell* opera (o) farò vedere le ripugnanze avute fempre dal raedefimo per lomigUantì regola¬ menti . Ma e donde può nafcere fiffatta con¬ traddizione fra quelli Autori f Eccolo: Plutar¬ co ha elàminato un fatto , e gli altri fi fon fatti a narrare una maraviglia (pj. LR [O] Lib. XXIII. Cap. XXI. , rp] Sarà bene il vedere fopra quello Libri) aV . XVIl. Lettera dello Spirito delle Leggi ridetto in quintej . ( Ri^- d‘ un Anon. ; Delle Leggi. Lib.XVII. Gap. T, léi LIBRO XVII. ,, Come le leggi della politica fervitù han- ty no del rapporto con la natura del clima ,, . s=====i ====^CB=====»===a CAPITOLO PRIMO. Della fervitù politica . N on dipende meno la politica fervitù dal¬ la natura del clima , che la civile, e la- domeftica , ficcome ora faremo vedere [a] . TorthlL L CA- [a] Molti fono i paffì nelle Opere di Cìceron?, i quali ci raccomandano di definire a dovere i foggetti, de' quali vogliamo trattare . Sarebbe deiiderabile , che il Signore di MONTESQUIEU fi foffe attenuto a quefta eccellente lezione . Nel Cap. XV. ci ha |iarkto della fer¬ vitù civile ; nel precedente della fervitù domenica : ora è per farci parola della fervitù poUùca . Ma e che dob¬ biamo noi intendere per quefte tre difi'etenti fpecie di ferviti!? La fervitù propriamente detta è fecondo il noftro Autore , lo flabilimento d' un diritto , il quale rende un- Homo talmente proprio d'un altro , che padrone della fua vita , e de fuoi Capitoli'XV. e XVI. fi rileva, che il Signor di MON¬ TESQUIEU intende per fervitù civile lo ftabilimento di qucUo diritto in rapporto a c^uei, che ci fono uniti pel fole quejii è l'af oluto beni . Leggendo i Dello Spirito C A P I T O L O II. j6x Di^crenz^a, de‘ popoli per rapporto al Coraggio . A Bbiamo detto , come il calor grande fner- va la forza ^ ed il coraggio degli uomini, c come ne" climi freddi vi è una cerca forza di folo loro fervigio . Gli fchid'vt , di-c’ egli , nel Cap, I, del Lib. XVI. fono piuttojio fiabiltti per la famiglia^ che nella famiglia . Scindi io difiingmro la loro fer'vità da quella, nella quale fi trovano le femmine in alcuni paeft e eh' io chiamerò propriamente la ferviti domeflica. E co¬ me mai comprendere il vero fenfo di tutto quello? Veggia- mo fé vi polTiam riufeire col farci dalle prime nozioni. Lo flato di fervaggio , o fia di fcbiavitLi, due voci, delle quali fi ferve 1’ Autore indi 11 inta mence, è 1’ oppoflo a quello di libertà. In quefto , quando è afToluto , fi fa tutto quello, che aggrada; in quello, quando è affolu- to , non fi fa fé non quel , che altri vuole ; in quefto fecondo cafo la noftra volontà è affatto palTiva, perche dipende totalmente da quella d’un altro. Quindi fegue, che ficcome lo flato di piena libertà porta feco una to¬ tale indipendenza da ogni altra volontà; così per lo con¬ trario , lo -flato d' una piena ferviti! trae feco una roral dipendenza dalla volontà d’un altro. Ora, ne’governi dii potici, tutt’ i membri dello Stato fono in una total dipendènza dalDefpota: quindi fono nel fervàgglo, nel¬ la fchiavitù . Quefto flato di fervitù è quello , che ÌI signore di MONTESQUIEU chiama fervitù politica. Chiama fervitù civile quello flato della vita privata , in cui quei, che fervono , fi trovano in una intera dipen¬ denza dal loro padrone ; e per fervitù domenica dinota Delle Leggt . Lib. XVIT. Gap. II. 1^5 di corpo , e di fpirico , che rende gli uomini capaci d’ azioni lunghe , faticofe, grandi, ed ardire . Ciò ii oderva non folo da nazione a nazione , ma eziandio da una ad ahra parte della regione medefìma . I popoli della China fettent rionale [a] fono piu coraggio fi di quelli della parte meridionale . I popoli meridionali della Corea [è] non lo fono tanto quanto quei del Nord della medefìma . Non occorre adunque maravigliar fi , che la poltroneria de' popoli de' climi caldi gli abbia quali Tempre renduti fchiavi, [i] e che il co¬ raggio de’ popoli de* climi freddi abbiali con- fervati liberi [2] . E* quello un effetto, che L 2 de¬ io ftato delle mogli , e de’ figliuoli, che rrovanfi in un* total dipendenza del marito , e dei padre. Con quedi caratteri della fervicù c agevole il vedere, che la dipen¬ denza potendo eifere più , 0 meno limitata , la fèrvità fi Icoftera dallo fiato di liberta, fecondo i limiti, entro i quali li fara rinchiufa: fe ella lì eftende fino al diritto alToluto di vita , e di morte , ella fi trova nel luo col¬ mo. La definizione dataci dall’Autore della fchìavuu non c dunque adeguata : la chiama la Jla^bilìmmto à'un dirit-- to , _«c. e generalmente è la dipendenza da una volontà «ramerà : d&pjndentia n voluntate aherius. ( Rijfl d’ uii Anon. ) . ' \ • (a) Il Padre Tiu ììulds , Tomo I. pa*?, 112 ('b) I libri Chinefi cosi lo chiamano', Ivi Tomo , V. pag. 448- I (1) ^ Cartoline U lìh,r^ „M . Oro et e una^ Rcpubblicfi . ^ ^ [2] 2 Mofcoym fono [chiavi nel fondo dei fettentrio^ ne, XI tro^^o freddo pnb far l'ipfo, Ihe il troppo caldo. i(?4 Dello Spirito deriva dalla faa cagion naturale . Ciò fi è anche verificato neil^ America : gl’ imperj difpotici dei Me Ili co , e del Perù erano verfo la linea j e quali tiut’ i piccioli po¬ poli liberi erano , e Ìo fono tuttora verfo i poli [c] . CAPITOLO III. Del clima deW AJÌa . C I dicono le relazioni [<«] „ Che Ìl fetten- ,, trione Afiatico, quell’ ampio contineii- ,, te, che dal quarto grado , o in circa va „ fino al polo , e dalle frontiere della Mofeo- „ via:, fino al mare orientale, è in un freddif- „ fimo [c] Per ragionare dirittamente non converrebbe di¬ re, parlando della viltà de’popoli de’climi caldi, e dei coraggio de’ popoli de' climi freddi , cb’ e un ejfeite , eh deriva dalla SUA CAUSA NATURALE : ma che è un effetto prodotto da caafe diverte , una delle quali è l’in¬ fluenza del clima. Oliando leggiamo le relazioni prove¬ nienti dall’ Indie , e {ingoiarmente T Ifìoria degli fiahili- menti JEuropei in America, fi può egli dubitare , che po¬ poli sì capaci di folfrire i tormenti più atroci, non ino- flrafiero del coraggio ,• fe difciplinati follèro alla Prufiìa- na ? Abbiamo già ofiervato nella nota [e] al Cap. XV. del Lib. XIV. come il Sig. di MONTESQaiEU dà^fóver- chio a' climi , e perciò a buona equità glie n’ è fiato fatto un delitto dall’ Autore dello Spirito delle Leggi re dotto in qHÌntejfenz,a. [ Rifl. d’un Anon. ] [a] Vedi i Viaggi del Nord, Tomo Vili. ITfioria de’ Tartari; ed il IV. Voi. della China del 1\Dh Baldi, Delle Leggi. Lib. XVII. Gap. HI. iGf ,, /Imo clima : che quello immenfo terreno è j, clivifo dal Ponente a Levante da una cate- ,, na di monti, die lafciano ai Settentrione la „ Siberia 5 ed al mezzodì la gran Tartaria : che ,, sì freddo è il clima della Siberia , che a ri- „ lerva d' alcuni luoghi , non può coltivarli , 5, e che quantunque i RufTì abbiano degli fla- ,, bilimenti lungo P Irtis, nulla vi coltivano , „ non allignando in quelle campagne che pic- 5, doli abeti cd arbofcelli : che i nativi del „ paelè fono divili in popolazioni miferabili , „ le quali ibiio come quelle del Canada : che la 5j cagione di quefto freddo nafee per una par- „ te dall" altezza del terreno j e per i" altra ,, dall appianarli , che fanno i monti , a mì- 3, fura 3 che li va dal mezzodì al fettentrione ; >3 licche il vento boreale foffia per ogni dove, 33 lenza trovare intoppi ; che quello vento , ,, il quale rende inabitabile la nuova Zembla , 33 loffi andò nella Siberia , la rende inculca : 33 che in Europa per lo contrario i monti del- >3 ia Norvegia, e della Lapponia , lono prodi- 33 gioii ripari , che difendono da quello vento 33 i paelì boreali ; che perciò a Stockplw^ che lì j, trova fu i cinquancanove gradi in circa di la- ticudine, prcxluce ia terra frutti, grani, pian- 3, te 3 e che intorno ad Aho , che trovali fui .33 grado felTàntunelìmo, di pari che verfo il fef- 33 LmtatreelìmOj ed il leflantaquatrrelìmo 3 vi fo- 33 no delle miniere d" argento , e fertililTimo c .3 il terr en o 33. [i] l ^ (1) Gli Arpihi /erto Jiati €enqmJ},uori per cìnq^ne fi- 1^(5 Delio Spirito „ leggiamo ancora nelle ivlazìoni , eo- me la gran Tartaria ^ che giace al mezzodì del- ,, la Siberia , è parimente freddilTìmaj che il ,, paefe non lì coltiva : che non vi lì trovano, che pafcoli pel beftiame : che non v’ alligna- ” no alberi , ma qualche cefpugUo , come in jj Islanda ; che prclTo alla Cjhina ^ ed al Mogol Il vi fono alcuni paefi > ove _ vegeta una fpccie * di miglio , ma che non vi lì poffono matu- II rare , nè il grano , nè il rifo ; che noii vi c quali luogo nella Tartina Ohinefe j Tu i ^ra- ” di 45- 44* 4J- ove non domini il gelo per ,, fette in otto meli dell* anno , di modo eh ,, eir è ugualmente fredda , che 1’ Iflanda, tutto l, che elTer dovelTe più calda de’ paeiì meridio- nali della Francia : che non vi fono Città, a riferva di quattro , o cinque , yeiTo il mare ,, orientale , ed alcune , che i Chinefi per mo- ,, rivi politici j hanno fabbricate in vicinanza „ delia China : che nel rimanente della gran „ Tartaria , non ve ne ha che alcune poche „ piantate nelle Bucarie , nel Turkeftan , e nel „ Carifmo : che la cagione di quello freddo 3, eftremo nafee dalla natura del tei reno nìtio- 33 fo , pieno di falpetra , ed arenofo , ed in oh ,, tre dall’ altezza del terreno . Avea trovato Pa- colì . I prenfenti Arabi fono ancora indipondmu . Tiro e Cartagine furom lungo umpo Repubblica . Jl Ckma io \ ma t e dm axione politica fa pisi. Rscerutamoci qno de Mamaliicchi in Rgitto. I Romani di oggi gtorno jj firificno da ijucUi del tempo degli Scipìoni, come gl India- ni da’ Rrtijftani . Delle Leggi. Lib. XVII. Cap/IIL 167 j, Padre Ferbkfl . che un certo luogo ottanta ,, leghe dal fettentuione della gran muraglia, „ verfo la forgente di Kavamhurara , foverchia- ,, va V altezza della riva del mare prelld a Pe~ 5, chino , di 5000. pafTì geometrici : che quella „ altezza è cagione {b) , che quantunque quali „ tutt* i gran fiumi dell’ Alia abbiano la lor „ forgente nel paefe, fcarfeggia tuttavia d’acqua 3, in guifa , che non può ellere abitato fe non 3, fe predo a’ finirli, ed i laghi . Piantati quelli fatti, mi fo a ragionare cosi: Non ha 1 ’ Alia propriamente Zona temperata , ed i luoghi fituati in un fretldilTìmo clima vi fo¬ no contigui a quelli, che fi trovano in un pae- fe caldinimo , cioè , la Turchia , la Perfia , il Mogol, la China , la Corea , il Giappone . In Europa per io contrario fommamente elle- fa è la Zona temperata , tutto che trovili pian¬ tata in climi fra loro differentifiimi , non eilèn- dovi relazione fra’ climi di Spagna , e d’ Ita¬ lia , e quei di Norvegia, e di Svezia . Ma fic- come il clima vi diviene infenlibilmente freddo andando dal mezzodì al fettentrione , ad un di prelfo , a proporzione della latitudine di ciafcun paefe, vi fegue , che ciafcun paefe è a un di predo limile a quello , che n’ è vicino : che non vi è una differenza notabile , e che , come ho detto , vi è fommamente eftefa la Zona temperata . L 4 Quin- (b) Adunque la TarCarìa è come unafpecie dlinon te appianato. Detto Spirito Quindi (ègue , che in A/la le nazioni fono oppofte alle nazioni dal force al debole : Ì po¬ poli guerrieri, bravi , ed attivi, crovanfi conti¬ gui a’ popoli efFemminaci, oziofi, timidi : forz* e adunque , che uno /la conquif'ato, l’ altro conquiftatore . Per lo contrario in Europa le nazioni fono oppofte dal forte , al forte : le contigue hanno alP in circa Ìl coraggio mede/i¬ mo . Quefta è la gran ragione della debolezza Afiatica , e della forza Europea; della libertà Europea , e della fervicù Afiatica , cagione , clP io non fo eftère ftata finora oftèrvata . Quefto appunto fa, che in*Afìa non accade mai , che la libertà s' accrefea ; dove per lo contrario in Europa efia crefee , o feema fecondo le circo- ftanze . Che la nobiltà Mo/co vita fi a ftata ridotta in iervitù da uno de^ fuoi Sovrani, vi fi vedranno ftmpre de"* tratti d' impazienza , che non danno i climi meridionali. Non vi abbiamo noi vedu-** to per pochi giorni ftabilito il governo Arifto- cratico ? Che un altro regno del Settentrione •abbia perdute le fue leggi , fi può fìdarfene al clima, non le ha perdute in guìfa da non po¬ terle ricovrare , Delle Leggi. Lib.XVH. Cap.IV. ló^ CAPITOLO IV. ConfegHenx^A di ^uejio . Q uanto abbiam detto fi accorda co’ fatti iftorici. Tredici volte è fiata P Alia fog- giogata : undici da* popoli Settentrionali ^ c due da* Meridionali . Ne* tempi più rimoti tre volte la conquiftarono gli Sciti ; quindi una volta per ciafcuno , i Medi, ed i Perfi, i Gre¬ ci, gli Arabi, i Mogolli , i Turchi, i Tartari, i Perfiani , e gli .Aguani . Non parlo fe non dell’ alta Afia, nè fo motto delle invafioni fatte nel rimanente del Mezzodì di quefta parte dei Mon¬ do , che ha fofferte di continuo grandìffime ri¬ voluzioni . In Europa per lo contrario dallo ftabilimento delle Colonie Greche , e Fenicie, non ci fon noti più di quattro cambiamenti (i) . Il primo cagionato dalle conquifte de* Romani : il fecondo dalle inondazioni de'Barbari, che diftrufièro que¬ ll i ftefiì Romani : il terzo dalle vittorie di Car¬ lo Magno j 1* ultimo dalle invafioni de* Norman¬ ni. £ fi ponderi ciò a dovere, fi rileverà in queftl cambiamenti medefimi una forza generale 4>aiTa in tutte le parti dell’Europa. E* nota la diffi- (r) Dove» dir cinque j gli Arabi conquijlarono l» Spagna , parte dell Italia , e della Francia , e le tennero molti fecoli . Ma quefié conquide fono oppop al Jìpma di'II,' Autore. lyo Delio Spirito difficoltà j eh* ebbero ì Romani nel conquiflarc in Europa, e la facilità, colla quale T^^fìa oc¬ cuparono. Noti fono gli ftenti, che provarono i Popoli fettentrionali nel rovefeiare 1 * Impero Romano , le guerre, e le fatiche di Carlo Ma¬ gno, le varie intraprefe de* Normanni . I dlftrut- tori venivano mai Tempre diftrutti . CAPITOLO V, Che enfiando ì popoli fittentrlonali dell' é quei del fette'/ìtrìo'ne Europeo hanno conquiflato, gli flejji non erano gli effetti della conqtùfia . I Popoli fettentrionali dell’ Europa , la conqui- ftarono da uomini liberi : -i popoli boreali dell’ Afa la conquiftarono da fchiavi, e vinfèro per un Polo Padrone. La ragione fé, perchè il popolo . Tartaro conquiftatore naturale dell’Afa è divenuto fchiavo cfb ftefb. Conquifta Tempre nel mezzodì Afa¬ tico , forma degl’ Imperj : ma la parte della na¬ zione , che refta nel paefe , f trova foggetta ad un padrone grande , il quale , Difpotico, nel mezzodì , vuol efèrlo ancora^nel fettentrione j e con un potere arbitrario fopra i fudditi con- quiftati, io pretende altresì fopra i fudditi con- quiftatori. Si rileva di prefente ciò chiaramente in quella vafta regione, che chiamaf la Tartaria Chinefe , eh’ è governata dall’ Imperadore con quaf ugual difpotifmo , che la China medef- Delle Leggi . Lin. XVII. Gap. V. 171 ma j, e che va ogni giofno dilatando colle pro¬ prie conquifte. n 1 - Si può anche vedere nell' Iftorie della China, che gl' Imperadpri {d) hanno fpedito delle Co¬ lonie Chinefi nella Tartauìa. Quelli Chi ne fi fon divenuti Tartarij e nemici mortali della China, ma ciò non fa , che non abbian^ portato nella Tartaria lo fpirito del governo Chìnefefi). Con frequenza una parte della Tartara nazio¬ ne , che ha conquiftato , è ella medelima cac¬ ciata : e porta ne' fuoi deferti uno fpirito di fer- vaggio j che ha acquiftato nel clima della fchia- vitù . Ce ne fomminiflra grandi efempj L Illoria della China , dì pari che la noflra ftoria antica {h), Qiiefla appunto è la cagione , onde il genio della nazione Tartara , o Greca, è flato mai fem- pre fimile a quello degli Aliatici Imperj . In quelli fono i popoli governati col batlone : i popoli Tartari colle lunghe frulle. A lìffatti collumi è flato Tempre contrario lo fpirito Europeo ; ed Ìii tutt' i tempi ciò , che i popoli d’ Afla han¬ no denominato punizione , Ì popoli Europei 1 (a) Come Ven-tÌ quinto Impetadore della V. Di- naftia . (b) Gli Sciti coiiquiilatono tre volte lAlia, e ne furono tre volte cacciati . G.ufiino > Lib. II. Q) 'ui e fnezzo ne'popoli Selvaggi , e harhayt > $ fono nello finto nnturale , o nel difpotffino . ,Cto nnfeo dalla loro fiupiditd . L' aiutore tira <^ui c» denti tutto al fuo fifiema . I 7 i Delio Spirito hanno chiamato oltraggio (c) , Diflruggencio i Tartari il Greco Impero fta- bilirono ne* paefi conquiftati la fervitu, ed il difpo- tifmo : i Goti conqiiiftando i* Impero Romano, fondarono per ogni dove la monarchia ^ e la libertà (2). Non fo , fe il famofo RuSec^i il quale nell* Atlantico ha commendata cotanto la Scandinavia, abbia fatta parola di quella gran prerogativa, che far dee le nazioni, che 1* abitano , fiiperio- ri a* popoli tutti del mondo; ed è eh* eflè ftate fono la forgente della libertà dell* Europa , eh’ è quanto dire , di quafi tutta quella, eh* e al predente fra gli uomini . Il Gotico lornmdes ha denominato il Nord Europeo la fàbbrica dell* uman genere (d) . Io ehiamcrollo anzi la fabbrica degl’ iftrumenti, che rompono i ferri lavorati ne* paefi meridionali. Colà fi formano quelle valorofe nazioni , che efeono de* loro paefi per diftruggere i tiranni, e gli fchiavi , e per infegnare agli uomini, che uguali avendoli fatti la natura , non ha la ra- gio- [c] Quefto non è contrario a ciò , che dirò nel Cap. XX. del_ Libro XXVIII. fopra la maniera di pen- fàre de’popoli Alemanni fopra il baftone : qualunque fi folle r iftrumento, prefero mai fèmpre per un affronto la facoltà, o r azione arbitraria di percuotere . fdj Ifumani generis ojfscinum , (z) JEjfetto del genie ) e eofinme de Csift em^nifiat*- fi » non del Clima . Delle Leggi. Lib. XVII. Gap. VI, 17 j gìone potuto rendei'ii dipendenti , fe non per loro felicità (3}. CAPITOLO VI. JSfuova caufa fife a della fervhà del^ j^fia y e della liberta dell’ £aropa . S Onofì nelP Afìa veduti Tempre de^ grandi Im- perj : in Europa non hanno mai allignato . La ragione fi è , che P Afia, che noi conofeia- mOj ha delle vafte pianure -, elP é tagliata in più grandi pezzi da'* mari j e ficco me elP è più al mezzodì, con più faciltà vi fi Peccano le forgen- ti i i monti vi fono meno coverti di nevi ; ed e i fiumi meno gonfi] {a) vi formano mino¬ ri barriere (i) . Adunque in Afia la potenza dee Tempre elTer difi- [a]^ Le acque fi perdono, o fi /"vaporano , prima di unirli, o dopo d’eflerfi unite . (i) Molti pftefi della Germania fono così difpotica- mente gouernati , come la Turchia . La Danimarca « Jchiazia. [i] Ecco de' capricci. La Tartaria è fata fempre divifa in molti principatiy ed i vafi Regni di Genchizeany e di Tamerlan non 'vi fono durati } non vi duro V Impe¬ rio di Dario, ne quello di Alejfandro . La China dee la fua durata alle leggiy ed al governo. In Turopa V Impero Romano vi ha durato molti fecoli , e la divifìone , e de¬ cadenza e pia da attribuirfi alla fciocchezza de 'Rrincipì j che al fuolo, E74 Dello Spirito ciifpodca . Imperciocché, lè eflrema non vi fol¬ le la lèrvitiì , farebbefì da principio una dÌvÌfio- ne , che non può comportare la natura del paefe . In Europa la dividone naturale forma più flati d’ una mediocre ellenllone, de' quali il go¬ verno delle leggi non c incompatibile colla con- fèrvazione dello ilato : per Io contrario vi è sì favorevole ^ che fenz' elle quello Stato inclina nella decadenza , e diventa agli altri tutti infe¬ riore . Da quello appunto vi lì è formato un genio di libertà , che rende ogni parte diffìcilillìma ad cflère foggiogata, e fbctomelTà ad una forza ftra- niera in altro modo , che dalle leggi , e dall’ u- tilità del fuo commercio , Per lo contrario domina nell’ Alia uno fpirito di fervitù > che non l’ ha mai abbandonata , ne è poffibile in tutte le Iftorie di quel paefe il rinvenire un tratto fblo , che dia indizio d un anima libera : altro mai non rilevei'avvin che 1' eroifmo della fervitù , CAPITOLO VII. DelL^ Africa > e America , E CCO quanto dir polTo fopra 1’ Afa , ed intorno ali’ Europa . E i Africa fotto un clima analogo a quello del mpzodì Afatico , €d è fotte una medefma fervitù . L' Amen- Delle Leggi. Lib. XVII. Cap.VIII. 17^ c?. {a} diftrutca, e ripopolata di nuovo dalle Na¬ zioni dell’’ Europa, e deil’ Africa , non può al prefence moftrarci il proprio fuo genio : ma ciò , che ci è noto della fua Storia antica j s' uniforma a capello co’ noftri principj , CAPITOLO Vili. Della Capitale dell' Impero , U NA delle confeguenzc di quanto abbiamo detto , lì è , che rileva in lommo grado per un grandillìmo Sovrano lo (cegliere a do¬ vere la fede del fuo Impero . Quegli , che la collocherà fui mezzodì 3 correrà pericolo di perdere il fettentrione ; e quegli , che la pian¬ terà nel lettentrione , conlerverà agevolmente il mfezzodi . Non intendo parlare de’cali par¬ ti colai! , ha la meccanica 1 fuoi ftropicciamenti, iqùali con frequenza cangiano , o fermano gli Gratti della Teorìa : ha parimente i fuoi la politica {a) . LI- fon dettp Picciole popolazioni barbare dell’ America cili a fnr» ■ ^ ^ Spagnuoli Indìos hravos: molto più difK- Bèrù ùe grandi Iraperj del Medico, e del ^ anche intorno . ^ ^ Spirito delie t jfenza . ( Anon. ) al prefente Libro la Le^^i ridotto m ^uift~ Dello Sei rito %76 LIBRO XVIII. Delle Leggi nel rapporto, che hanno » con la Natura del terreno. -■) L CAPITOLO PRIMO. Come la vAtura del terreno infiftlfcA , fopra le leggi • A bontà de’terreni d’ una regione - ^ biiifee naturalmente la dipendenza [ij- gente di campagna , che vi forma a principale del popolo , non e sì gelo la i «a libertà: è troppo occupata , c troppo mgpni brata de’ proprj affari particolari . Una mia che Toprabbonda di beni, teme il ^ ^ gio, teme un efercito • « Che è ciò , c le o »t ma il buon partito , dicea Cicerone a t » cico (ajì faranno elleno le perfone ai commercio , e della campagna 3 Qualoia non ^ c’ immaginiamo , che fi oppongono alla Mo- j> nar- (i) Lib. VII. fr * ( 1 ^ L'Italia e la Grecia fono fiate lungo tentfo'0~ pubbliche , e nondimeno terre feconde , e ben coiti'vate^ . L' Agricoltura , dice Varrofte j mantiene la robafie&x>a:.}i^ ds Joldfiii * Delle Leggi Lib. XVIII. Gap.!. 177 narchia ^ ^iTi , per li quali Tono uguali tute* » i governi, tofto che Tono tranquilli. « Qtilndi il governo d' un folo trovali con pili frequenza nelle regioni ubertolè , ed il go¬ verno di pm in quelle , che cali non fono » la qual co fa è talora una compenG'LÌone (z). La fterilicà del terreno Attico vi ftabilì il governo popolare ; e k fertilità di quello di Sparta , il governo Ariflocratico. Imper- ckcchè in quei tempi non voleafi nella Gre¬ cia ' in vermi conto, che un folo governalTe: ora il governo Ariflocratico ha relazione mag¬ giore coi governo d' un folo . Ci dice Plutarco [é] , che effèndo fedaca in Atene la fedizione Cilonia , k città cadde nelle vecchie lue diQenfìoni j c fi divife in canti par¬ tici y quante fpecie di terricorj vi erano nell* Attica. I montagnuoli volevano a viva forza il governo popolare ; quei della pianura il ao- verno richiedeano^ de* principaU : quelli , che ftanziavano in vicinanza del mare, amavano un governo rifulrante da im mefcuglio di quedi Tom.II, [b] Vita di Solone , CA- »*<. ^ fecondo in grmo e bofiia- me , (guanto l Jnghtherm. s^^gna ì grL jìJrih ^ 17S Dello Spirito CAPITOLO IL Continu^izjone. del me defi mo foggstta. Q Uei paefi liberto fi fono pianure , in cui nulla può centraftarfi al più forte ; altri adunque ad efib fi fiotto mette , e quando fi è fiotto me ifo 3 non faprebbe ricovrarvifì lo rpirito di libertà ; avvegnaché fieno un pegno della fedeltà i beni della campagna f 1} . Ma nelle regioni montuofie altri può confiervare ciò , che polfiede j e poco è quello , che fi ha da con-, fervare . La libertà, vale a dire , il governo » che fi gode, é il fiolo bene, che merita d’efièr difefo . Domina effia dunque dì vantaggio ne’ paefi montuofi , e malagevoli , che in quelli, che fiembrano efière fiati più favoriti dalia natura . Confiervano i montagnuoli un governo^ piu moderato , perchè non fi trovano tanto elpoftì ad efier conquiftati , Si difèndono agevolmente, e riefice malagevole V attaccarli ; le munizioni da suerra e da bocca fono unite , e portare con- (1) Noi treviamo un Regno quajì che Difpotico 'nc-lle jilpi , e delle Repubbliche ne'piani d'Italia. La Uh erta ne' climi dolci non è fiata opprefa dalla fecondità , ma dall' aumento delle mìlìz,ie regolate de' Sovrani ; come ^aefie crefeono tn Europa , ella diverrà tutta [chiava . Sve- x.ia, che ora è libera, fu [chiava [otto Carlo XII. j e Roma moderna può dirfi libera) perché i [uot Sovrani non hanno eruppe regolate , Delie Leggi. Lib. XVIir, Gap. II. 17^ contr'' efiì con molto difpendio ; e non ne fomminidi-a il paeff; . E* adunque più difficile il br loro la guerra , e più perigliofo V intra¬ prenderla i c tutte le leggi , che fi fanno per la ficurezza dei popolo, vi convengono me¬ no [a] . U CA- A,T j addurfl altra rasatone , onde i eoyerni lUrXnza tc V ■ Comminili,/un. iauiitenza tacile , puofii m qualche modo diportati con :/orWc & ZemV:';er“ó“cT? “ ‘‘“'"T' Cpopolargli: e quell. foUcoE/L ; •> indur dovrebbe i conduttori de' popoli . b.nXe in r s'Tui tc;= ;* so«tn:/“ DeLI-O Sl'IKITO I So CAPITOLO HI. Quaìt fono t pasjì più coltivati . N on fono i paefì cokivati in ragione di loro fercilicà , ma in ragione di loro li¬ bertà ; e fe fi divida la terra col peiifiero , ci farà maraviglia il veder la maggior parte del tempo deferti nelle parti Tue più ubercofe , e grandi popolazioni in quelle , ove pare che il fuolo tutto neghi M • (i) E' cofa naturale , che un popolo abbandoni un triko paefe per cercarne uno migliore , e non già che volti le fpalle ad un buono , per andare in cerca d’ altro peggiore . La maggior parte delle invafoni fannofi adunque ne’ paeii, che fatti avea la natura , perchè fofco^ ^ e . e ficcome non vi ha cofa , che abbia pui pron¬ ta la diftruzione, quanto l’invafione, con frequen¬ za i paefi migliori fono i più fpopolati, dove i paefi orridi fettentrionaii fono fempre abitati, appunto per la ragione che fono quali dilabi- tabili M [a] Ciò viene fpiegato da quanto diflì nella prece¬ dente Nota. [ Rid. d’ un Anoii. ] , , [b] Bramerei anzi foftenere, come la forma oe governo ha luppliro a ciò , che paiea, che a [i) La mancanza di libertà impedijce h* ' SlMeJio porta la barbarie, e fecondo i principe dell Anton la barbano rimette in pedi la liberta . Delie Leggi. Lib.XVIII. Cap.TII. iSj Si i-ileva da quanto ci dicono gl’ Iftotici della migrazione de’ popoli della Scandinavia Tulie rive del Danubio , che non è ftata una con- 5 qui- ncgalTe; e quefto è appunto quello, che rende popola¬ to il Settentrione . La Danimam m/r-, popola Difpotico Sf* ii P. „ • P'-’f Lino .Vtaro m brev’ora di verrebbe quel rcL^no defeifo ti che ai prefente vi revna con f ^ > to il nfodo di popo&re 5“ ófd «ifnte nonU da Jlciivcrc nnbalé I ' 1 ""“' colà invita gli uomini ma [f i ‘1“'“* ’ Mi vetta pe? avvenga Xttato'Te t » 7; governi olTendo® la ca4Ìrddla’” f'b’- ' Ktpri , converrà femore aferiverc dogli abi- viiata fterilità. Ma ^io rÌ!onn*ÌP- eletto alla di- rilità d’un paefe è „n n-.odvo di' pi77, •''7'' vram a governar con dolcevza i So¬ mari la cagione producitricé a/ tuttavia chia- verri fempfe ridurfi ad "n ^ moderati; con- fiiafione , che per iftl bene f) ad una per- altri. S’aggiunga, che 7 onr ° d'71' teuot dello Stato, non bafta 77 V ™ per I'i„. ton: (i dà le fpalle ad 1,7 oCfe ° fchiavo . per un paefe ‘ ’ 'a, altri farebbe godere k libertà, ma per lo ohi no /I POM qnando uno li perfuade^d ,m te,Lo 7 ’ fi al coperto degli atta-chi efte-ioti ^’ 7' " lacà tato grait fatto di ftabilirfi i,', 7,7 0 '^°" ™'” ten- avendo^ forze , trovafi JLZZ !,V° ’■ ‘‘ "on domani. Qiiefta doppia /ir» edere invafo oggi o poiL-deralTìin paceTnm opimone ^he coperto degli attacchi ® jer popolare un pae/’e ancb^ vi vuo- cio, che fece dell’Olanda un = ecco «iduftna , [ RiH. d’ un Anoii! ] Dello S P I R 1 T o quifta , ma folamente una trarmigrazione ìn pae/ì dcferci. Adunque tali felici climi e vano ri ma fi fpopo- lati per altre migrazioni , nè a noi fon note le cole tragiche , le quali vi avvennero. » Apparifce da varj monumenti , ^.ice AyU » jìottU ic) , che la Sardegna è una colonia » Greca. EU’era un tempo riccliifiima (i) i cd » AriUeo, il cui amore per l’agricoltura tanto » è flato celebrato, le diede le leggi. Ma di poi » ella decadde molto : imperciocché efìèndofene « fatti padroni i Cartagìnefi , rutto quello^ vi » diUruflcro , che pocea rejiderla atta ad àli- » menta re gli uomini, e proibirono Torto pena » della vita il coltivarvi le terre . « La Sarde¬ gna ne’ tempi d’ Ariflotile non fi era rimeira in piedi : ella non lo è neppure al prefente. Le parti più temperate della Perda , della Turchia, della Mofcovia, e della Polonia non hanno potuto ricovrarfi dalle devaftazioni de grandi, e de’ piccoli Tartari [3J • [c] O chi fcriifc il Libro Mir^hilihus, (z) La Sardegna e fiata popolatijfima nella harh^* rie di Europa fino ad a%fere più he . I Mori > e le guer-- re loro da noi fatte per cacciameli t hanno [popolata . (3 ) Cioè non tanto per la forza di mali [offerti quanto per la tirannide did governo . La Francia y e l Inghilterra da 300. anni in qua fono fiate foggette a guerre più deuafiatrici ^ che qui popoli ; e fi fono pertanto tifi abili te - Dille Leggi . Lib. XVIII. Cap.IT. 1S5 CAPITOLO IV. Nuovi effetti della fertilità e delia ferilita del paejè . L a fterilità de’ terreni rende gli uomini induftriofi, fobrj , tolleranti della fatica ^ corraggioiì, atti alla guerra [i] : forz’ è che Ci procaccino ciò , che lor nega il terreno . La fertilità d’ un paele da coll’ iigio la mollezza , ed un cerco amore per la confervazione della vita . Si e oflèrvato , come le truppe Tedefche, levate ^ in luoghi , ove ricchi fono i paefani, come in Sallonia, non loiio tanto buone, cjuan- to le altre . A tal difordine potranno provve¬ dere le leggi militari con una difeipUna più fevera. CAPITOLO V. De^ popoli delle Ifole . G l Ifolani fono più inclinati alla libertà, che i popoli del continente . LMfole fo¬ no per lo più di piccola eftenfionc [a] : una M 4 par- [a] Il Giappone e i’ eccezione di qiiefta resola per la, fua ampiezza, e per la fna fervitu . 0 Soldati i come negli Svizzeri ; Mercantt , come in Olanda , Genova , Adanane n^n ^ affolmamente vero^ che fieno fidati. 1S4 DEtLO SpiR.ixO rizne del popolo non può eftèr impiegata sì a dovere nell opprimer 1’akra: il mare*"!! lépara da’grandi imperi : e la tirannide non può alli¬ gnarvi ; fon fermati dal mare i conquiftatori : gl’Ifolani non fono inviluppati nella conquifta, e piu facilmente con fervano le loro leggi . CAPITOLO VI. De^ paejì formati daW indujkia degli uomini. I Paef fatti abitabili dall’ umana induftria , e che per cllftcre abbifognano della medefma indurtria, chiamano a fe il governo Moderato ( i ). Ve ne fono principalmente tre di tale fpecie : le due belle provincie di Kiang-nan , e di Tche- Kiang nella China, l’Egitto, e TOlanda. Gli antichi Iraperadori della China non era¬ no conquilVatori . La prima co fa da clTi fatta per ingrandirli fu la pruova maggiore di loro fapienza , Si videro ufeire di fotto P acque le due fi] V'Egitto ehhe i fmi Defpoti da che cì è di lui memoria . I Taraoni erano tali , come dalla Bibbia Ji rica'va. Seffiri fa conquiflatcre, e giammai i concfuifiato- rinon governavano con moderatezza. 1 Lagidi furono affolu- ti y e dopo il governo dò Mimaluccki l' Egitto e cosi fer¬ vo , come il nfio della Turchìa, Sono poi tutt’ altro le cagioni del governo dilla China , favio per altro relati¬ vamente agli altri dell' A-la . Sarebbe più ragionevole afcriverlo alle lettere , ed alle arti, che i Tartari non hanno potuto sbarbicate da tanti milioni di popoli. Delle Leggi. Lib.XVIII. Gap.VT. iS/ due più belle provincie dell" Impero : effe furo¬ no lavoro degli uomini. L" inefprìmibile fertilità di qucfte due pro¬ vincie ha date all" Europa le idee della felicità di quella vafta regione. Ma una cura contìnua, e necelìària per difendere dalla diftr tizio ne parte sì rilevante dell" Impero , richiedeva anzi i co- ftumi d" un popolo faggio , che quelli d" un popolo volutcuofo ; piuttofto il poter legittimo d" un Monarca , che la potefbà tirannica d" un Defpota . Bifognava, che la poteEà vi folfe mo¬ derata , ficco me lo è nell" Olanda j fatta dalla natura per badare a fe fteffa , e non per edere abbandonata alla noncuranza , o al capriccio , Quindi ad onta del clima della China , in cui altri è naturalmente inclinato all’ obbedienza fervile : mal grado gli orrori , che feguono la troppo ampia efienfione d’ un impero , i primi legislatori della China furono cofbretti a forma¬ re ottime leggi , e con frequenza fu coflrecto a feguirle il governo [a] [i] . CA- [a] Adunque non è il clima , ma la forma del governo , quella che ha decifo fra la fchiavitu > e la liberta (' Rifl, d’ un Anon. ) [i] la China ora e nel Tiifpotìfmo ( Lih. XVI. cap. nel governo moderato , come qui. Eoli è perche alcune volte bifo^na all’ Autore che fui Bìfpotico , e altre volte^ Moderato . Cesi (i fa fervire il Mondo al jtj etna . Z Egitto e era moderaia.msnte governato , perche forte -e difiante dal Capo del governo * non perche fatto 4 mano . ' ^ liij Dello Spirito CAPITOLO VIL Delle Opere de^li Hemìnì* G li uomini colle lor cure , c con buone leggi hanno renduta la terra più propria per la lor dimora . Scorrer veggiamo de’fiumi ove erano laghi , e lagune : è un bene , che non ha farro la natura, ma che da ella è con- fervato . Quando i Perfi [a] erano padroni dell’ Alia permettevano a quei tali , i quali condu- ceflero dell’ acqua di fonte in alcun luogo, che non per anche foflè flato bagnato, Ìl go¬ derne per cinque generazioni ; e ficcome fea- turifeono dal monte Tauro parecchi rufcelli, non rifparmiarono veruna fpefa per derivarne dell’ acqua . Prefencementc , fenza Papere onde polla venire , fi trova nelle fu e campagne , e ne’ Puoi giardini. Quindi, ficcome nazioni diftruggitrici le fanno de* mali, che durano più di ellè , cosi dannofi nazioni induftriofè , le quali fanno de’ beni, che non finifeono , ancorché elle più non, efìftano. C A-* ' t . . .. . "* 2olìbio , Lib, IO, Delle Leggi . Lib.XVIII. Gap, Vili, itj CAPITOLO Vili. Rapporto generale delle Leggi , H Anno le leggi una velazione grandiflìma colla maniera , con cui fi proccurano i varj popoli la ruffiftenza. Vi vuole un codice di leggi più eftefo per un popolo, il quale fi dà al commercio , ed al mare , di quello vogliavi per un altro , il quale fi contenta di coltivare le fue terre .Ve ne abbi fogna uno maggiore per quello , che per un popolo , il quale vive de"* Tuoi armenti. Ve ne vuole uno maggiore per quello ultimo , che per un popolo , che vive della fua caccia. CAPITOLO IX. Del terreno deW America . I L motivo , onde vi fono in America tante nazioni felvagge, fi é che la terra vi pro¬ duce di per fé molti frutti de’quali può altri alimentarfi [i] . Se le femmine vi coltivano in- [i] Tantafia realità. Il Mais non viene in lenza coltura j ed in Europa fenica coltura in Climi jimili nafeerebbero fimili frutti fclvaggi, e (imill erbe. Gli Euro^-ei fono fiati una volta felvaggi ; ed i P ernam fono fiati culti in Am^srìca. Gli altri il pojfono ef> iSS Dillo Spirito intorno aliii capanna, un pezzetto di tetreno vi crefce Tubi co il . La caccia, e la pefca compiono la loro abbondanza . In oltre gli animali, che pafcoUno , cornei buoi, i bufati, cc. vi ricfcono meglio delle bcllie carnivore. Quelle hanno avuto in ogni tempo l’impero deir Africa. Credo , che non fi avrebbero iji Europa tuct' 1 divifati vantaggi, fe vi fi lafciafTe incul¬ to il^ terreno : altro non vi verrebbe , che bo- Lcaglie , querce , e fìmiglianti alberi infrutti¬ feri . CAPITOLO X. Del numero degli uomini nel rapporta con la maniera , colla eguale ft proccurano la fHjfijìenz.a . Q Uando le Nazioni non coltivano i terreni, ecco in qual proporzione il numero degli uomini vi fì trova Siccome il prodotto d* un terreno non coltivato è al prodotto d’un terreno coltivato , nel modo fteflb il numero de' ejfere, fe crefeono in numero , Sono fempre barbari i po¬ poli f che fon pochi , ed g difìcile che fieno i popoli nu¬ mero fi . Il tempo poi , I efperienz.a , ed il go'verno fa tut- ^ forfè il^ Clima , e la Terra ci ha minor parte di L - eredi amo . si tr oziano de‘ culti o've furono de barbari e de' barbaric't^e furono de' culti. Degli Schiavi f ove fu liberta ^ e de Uberi , ove fu fchiavitù . Delle Leggi Lib. XVIIL Cap.XI. iS, de’ felvaggi in un paefe è al numero de’ col¬ tivatori in un altro; e quando il popolo , che coltiva le terre , coltiva di pari le arci, quello fegue tali proporzioni , che richiederebbero moke particolarica . Effi formar non poflbno una gran Nazione . Se fono paftori abbi fognano d’ un paefe eftefo per poter fuffiftere in cerco numero : fe lono cac¬ ciatori, fono in numero anche più picciolo , e formano per campar la vita una più pìccola nazione . Il paefe loro è per lo piu pieno di bo- feagUe , e ficco me gli uomini non vi hanno dato sfogo ali’ acque , è pieno di paludi, ove fi accantona ogni truppa, e forma una picclo- la nazione . CAPITOLO XI. De*popoli /ehaggi y e de*popoli P Afia quella diifèrenza fra i popoli felvaggi, ed i popoli barbari, che i primi fon piccio¬ lo nazioni difperfe , le quali per alcune ragioni particolari non poflbno unirfi ; dove per lo con¬ trario i barbari fono d’ ordinario pìcciole nazioni, che poflbno unirli. Sono i primi per lo più po¬ poli cacciatori ; popoli pallori i fecondi. Ciò fi vede nel CO capitolo conferma l' oJfer'vaMone d(0 me fatta nell' antecedente, T«jo Dello Spirito nel retrcnrrione Afiatico. I popoli della Siberia non porrebbero vivere in corpo , perchè non potreb¬ bero alimentarli : i Tartari pofTon vivere in cor¬ po per alcun tempo ^ perchè per alcun tempo pollon trovarfi unite le loro gregge . Tutte le Truppe de' Tartari erranti polTono adunque unirli; c ciò lègue , allorché un capo ne ha forco di le parecchie altre : dopo dì che forz' è , che facciano una delle due cofe , o che lì difgiun- gano , o che 1Ì portino a fare qualche gran conquifta in alcuno impero meridionale . CAPITOLO xir. Del diritto delle genti prejfo i popoli, che non coltivano le terre. N on vivendo quelli popoli in un paefe li¬ mitato e circoferitto , avranno fra loro molti motivi di contrailo : li difputeranno il terreno inculto > come fra noi li dilputano P eredità i Cittadini . Quindi troverranno frequen¬ ti occafioni di guerra per le loro cacce , per le loro pefehe, pel pafcolo decloro beftiami? pel rapimento de' loro fchiavi , e non avendo territorio , tante colè avranno da regolare col diritto delle genti > quanto poche ne avranno da^ decidere col diritto civile. « CA- Delie Leggi . Lib.XVIII. Cap.XIII. i5>» CAPITOLO XIII. Delle leggi civili prejfo i popoli ^ che non coltivano le terre . L a divìfione delle terre è quella , che piti d^ogni àlcra cola fa crefcere il Codice ci¬ vile . PrelTo le nazioni , dove non farà ftata fatta una tal divifione ^ vi faranno* pochiflime leggi civili . Le iftituzioni di quelli popoli polTon dirli piuttofto coflumi , che leggi, Preflb nazioni fimigliancì i vecchi , che fi rammentano le colè andate , hanno una grande autorità j non vi fi può efièr diftinti per gli averi , ma per lo valore e per li configli . Oiiefli popoli vanno errando , e fi fpargono per le pafturCj o per li bofchi . Il matrimonio non vi fata cosi accertato , come fra noi , ove e fillato dalla dimora , c dove la moglie appartie¬ ne^ ad una cafa ; cofloro adunque pofiono con più facilità cambiar mogli, averne più, e talora congiungerfi indifferentemente come le beftie . I popoli pafiori non poflbn Pepararfi dalle loro mandre , le quali formano la lor fuflì- ftenza : ne tampoco potrebber difgiungerfi dalle lor mogli, che ne hanno cura . Tutto queflo adunque dee procedere unitamente -, canto più, che vivendo d’ordinario in grandi pianure, ove trovanfi pochi luoghi difefi , le lor mogli , i loro figliuoli 3 le mandre loro , diverrebbero preda de’ loro nemici. pai- Dello Sfirito Dalle loro leggi verrà regolata la divilionc del bottino , ed avranno , come le noftre leggi Saliche , un' attenzione particolare fopra i ladronecci . CAPITOLO XIV. Dello Stato ■polìnco de’ popoli ^ che non coltivano le terre . G odono quelli popoli gran libertà , poiché ficco me non coltivano i terreni , non vi hanno affezione : fono erranti , fon vagabondi j e le uno de'capi voieffe toglier loro la libertà, andrebbcr tofto a cercarla preffb un altro , o fi rifuggirebbero ne' bofchi per vivervi colla loro famiglia . Predo quelli popoli la libertà deli uomo è cosi grande , che tira feco di neceffìtà la libertà del Cittadino . C A P I T O ,L O XV. De’ popoli , che cono fieno l* ufi della moneta , A vendo Ariffippo fatto naufragio , fi naife a nuoto , ed approdò alla vicina ripa : vi* de , che fulP arena erano fiate delineate alcune geometriche figure : fi fenti giubbilare il cuore avvifandofi d' effèr giunto preffb un popolo Gre¬ co , e non preffb un popolo barbaro. Sia- » Delle Leggi. Lib, XVIII. Cap.XVI, Siate folo, ed imbattetevi carualmenre in un popolo ignoto , fé vedete una moneta, fate conto d’ elTer capitato preflfo una calta na- zione. La cultura delle terre ricerca L ufo della moneta . Qiiefta cultura fuppone molte arti , c molte cognizioni ; e veggoniì perpetuamente pro¬ cedere d’ un palio eguale le arti, le cognizioni, ed i bifognì . Tutto ciò guida alio ftabilimento d'un fegno de’ valori. I torrenti, e gl’ incendj [ 4 ] cì hanno fatto Tcoprire, che le terre conteneano de’ metalli , Poiché ne fono flati feparatì , è flato agevole ii farne ufo , CAPITOLO xvr. Delle leggi civili prefo i popoli > che non ^ comfeono l’ ufi della moneta . Q uando un popolo non ha 1’ ufo della mo¬ neta , non lì conofeono preflb di quello che le foie ingiuftizic provenienti dalla violenza ; e le perfone deboli coll'unirli difendonlì dalla violenza . Quivi non vi fono le non politiche difpolìzioni. Ma prelfo un popolo , ove é ftabi- lita la moneta, fi è foggecto alle ingiuftizie pro¬ venienti dalla frode j e quefte ingiuftizie pofton eflere efercitate in mille guife . £’ neceflàrio TomJl, N adun¬ ici _ lyiodoro ci dice, come in cotal guLfa alcuni paftori rinvennero 1’ oro de Pirenei , É -1^4 Dello Spin.iTo adunque, che vi fieno buone leggi civili: nafco- no qucfie co'nuovi mezzi ^ e colle varie ma¬ niere d’ eficr cattivo . Ne paefi , ne’ quali non vi è moneta, il ra¬ pite re in-oia fole cofe , e le cole mai non il lomigliano . Ne' paefi , in cui è moneta , il ra- pitore invola i i e molto fi efponeano nel farne P afièdio : vendi¬ cavano col fangue tutto quello , clT eflì aveano fparfo (a) (%) ' Qk- [a] Non veggo , come fi pofTà cavare dal DIRIT¬ TO DELLE GENTI un principio di condotta , che non ammette legge alcuna , e che guida a tutto diftruggere. £ Rifl. d’ un Anon. ] £i] "Bemo il tnedejtffte i Berjl ) i Greeì, ì KomA^ Dzllè'Leggi. Lib.XVIII. Gap. XXL CAPITOLO XXL Legge civile de^ T'artari . D ice U padre Dii Halde , come prefTo l Tartari P ultimo de'mafchi é Tempre P erc« de , pel motivo , che a mifara , che i primoge¬ niti trovanfì in iftato di menar vita paftorale, cTcono della cafa con una quantità di beftlame, che il padre dà loro , e vanno a formare un nuovo abituro , L’ultimo mafchio , che rePta nella cafa col padre , è adunque Tuo erede na¬ turale . Ho udito dire , che u fan za fornì gli ante pra- ticavad in alcuni piccioli diftrecti d* Inghilterra: c trovali tuttora in Brettagna nel Ducato di Roano, ove fi pratica dalla gente ignobile . El¬ la è indubitatamente una legge paflorale, ufcita di qualche picciol popolo Bretone, o portata¬ vi da alcun popolo della Germania . Sappiamo da Cejkre , e da Tacito ^ come quelli ultimi col- tivaron poco le terre , N 4 ‘ ca; >2Ì , e tfùtt' i fùpoU Conqptifiatori t Bjfl mettevano a fan-- j^ue I ed a fuoco tutte le Città prefe per ajfodto. Se adunr g«e qucfio e un diritto delle Genti , e di tutte . la tutte è un diritto comra i diritti della natura. 4.0» Dillo Spirito CAPITOLO XXII. D'Ulta leg^c civile de’ pofelì della Germania . % Q Piegherò in qucdo luogo , come qucfto tefto particolare delia legge Salica , che dicefi d- ordinano la legge Salica, deriva dalle ìfticuzioni d'* un popolo j che non coltivava la terra , o almeno che poco la coltivava. Vuole la Legge Salica (a) , che quando un uomo lafcia figliuoli , ì mafcLi fuccedano alla terra Salica in pregiudizio delle femmine . Per fapere , che follerò le terre Saliche, forz’ e cercare , che follerò le proprietà, o Ha P ufo delie terre predo i Franchi j prima che ufeiflero della Germania . Ha provato ottimamente il Signor Echard <, che la voce Salica viene da Sala , che importa cafa ; e che perciò la terra Salica era il fuolo della cafa . Io andrò più oltre, e mi farò ad cfaminare ciò, che folle la cafa , e la terra del¬ la cafa predo i popoli delia Germania, „ Non-abitavano città ^ dice Tacito (b) ^ ne 35 poreano comportare, che una cafa P altra toc- ,3 cade r ciafeun lafcia intorno alla fua cala un 55 pezzo di terreno , o fpazio chiufo „ . Parlava Tacito con efatrezza j poiché molte leggi - 11 - - -- - ■ - fa} Titolo [b] Nullas Germanorum fopulis arhes habitart fa- tìs notum efi ) ne pati quidsm inter fé junSias fedei ; co- Ittnt diferetì , ut nemus placuìt . Vicos loeant , non in nofrum morem eonnexis , ef coh&reneìbus étdifieiis ; fuftVf quifqm domum/patio circumdat, l?e Morii?. Germ. D£ll£ Leggi , Lib. XVIII. Gap. XXII, 201. leggi de' codici (c) barbari hanno varie difpofi- zioni cotitra chi rovefciallè quelli recijici j e con¬ tro a chi penecraffe entro la (leda cafa . Sappiamo da Tacito , e da Cefare , come le terre , che i Germani coltivavano , erano loro concedute per un anno folo , terminato Ìl quale ricadevano al pubblico . Non avevano altro pa¬ trimonio, che la cafa, cd un pezzetto di terreno nel recinto intorno ad ella [d) . Quella era il particolar patrimonio , che Ipettava mafchi, In fatti, perchè farebb' egli appartenuto alle fan¬ ciulle ? Quelle paflavano in un' altra cafa . La terra Salica adunque era quello recinto , che dipendea dalla cafa del Germano , ed era quella la Tua fola proprietà . I Franchi dopo la conquida conlèguirono nuove proprietà , e con¬ tinuo Ili a dirle terre Saliche . Mentre i Franchi viveano nella Germania , ì loro beni confìllevano in ifchiavi, in armenti, in cavalli, in armi, 'ec. L'a cafa , e la porzioncella di terreno , che vi era annella , eran date natu- ralrnente a' figliuoli mafchi , che dovevano abi¬ tarvi . Ma poiché dopo la conquida ebbero i Franchi confeguke grandi terre, fu riputata cola dura, che le figliuole, ed i loro figliuoli non ne poteffero particìpare . S’introdufiè un ufo, il quale permetteva al padre il richiamar la figliuo¬ la , ed i^ figliuoli di lei. SÌ fece tacere la legge, fi bifogno, che quede forte di chiamate foflèr co¬ muni p fcj La Legge degli Alemaatii, Gap. X, e la $c de’ Bavari Tit io. §. i. c. 1 . * (A) Quello recinto chiamali Cftrtìs nelle Carte , IO’ Dello Spirito mani, mencre ne farono fatte delle formule (e). Fri tutte cjtiefte formule ne trovo una fìngo- lare (f). Un Avo richiamai fuot nipoti a fucce- dere co’fuot figliuoli, e figliuole . Duiic[ue che diveniva la Salica legge.*’ Bifogna, che neppure in quei tempi fofiè più in vigore , o che V ufo . continuo di richiumar le figliuole avcflè fatto con- fiderare la loro capacità di fuccedere , corhe il cafo più ovvio . Non avendo per oggetto la legge Salica unt certa preferenza d’ un fello fopra l’altro , aveva anche meno quello d‘ una perpetuità di fami¬ glia, di nome, o di trasferimento dì terra:tut¬ to quefto non entrava in capo a’ Germani . Era quella una legge meramente economica, che dava ia cafa, e la terra dipendente dalla cafa a’mafchi che dovevano abitarla , ed a’ quali per confe- guenza meglio conveniva . Balta foltanto copiare in quefto luogo il tito¬ lo degli y^llodj della legge Salica , quel tefto si celebre , di cui tanti hanno parlato , e che tanto pochi hanno letto : I. Se un uomo muore fenza prole , gli „ fuccederà luo padre , o Tua madre . z. S’ 3, ei non ha nc padre , nè madre , gli fuccede- ,, rà Tuo fratello , o fua forella . 5. S’ ei noli 3, ha nè fratello , nè forella , gli fuccederà la fo- ,, rella di Tua madre. 4. Se fua madre non ha (e) Vedi Marcolfo Lih. II. fotm. io, e it.'; L’ Append. di Mareolfc? form. 4^. e le formoie antiche dette di Sirmondo form. 2.1, (fj Form, sj, nella raccolta dei LtndembrscS^'* % Delle Lecci . Lib. XVIII. Gap. XXII. ioj forella , la forclla di fuo padre gli fuccederà . „ j. Se fuo padre non ha forella, gli fuccede- ,, rà il parente più proffìmo dalla parte de* „ mafehi . 6. Ninna porzione della terra Salica „ paflerà (g) alle femmine ; ma apparterrà a* „ mafehi , vale a dire , che i figliuoli mafclu al padre fuccederanno „ . E’ chiaro, che i cinque primi articoli rifguar- dallo la fuccefilone di chi muore fenza figliuoli, cd il fello la fLicceffione dì chi ha figliuoli, Quando un uomo moriva fenza prole, la legge volea , che 1* uno de’ due fe0ì non avelie prefe¬ renza fopra l’altro , fe non in certi cali . Ne’ due primi gradi dì fuccelHone , i vantaggi de* mafehi, e delle femmine erano i medefimi: nel terzo , e quarto venivano preferite le femmine, ed i mafehi nel quinto, 1 femi di fiffatte bizzarrìe li rinvengo in T4- euo . „ I figliuoli delle forelle , die’ egli {h ), 5 , fono cari al loro zio , come al proprio loro j, padre . Vi fono delle per fon e, che prendono „ quello vincolo come più llretto, ed anche per ,, più fanto ; lo preferifeono allorché ricevono >, degli oftaggi,, . Appunto per quello i noftri pri- (g) De ìervA 'vero Salica i» mulìerem nulla portìo hi.redita.tis tranjit , fed hoc virilis fextis ttc^uirit , hoc ejt fila in ipfa h&reditate fuccedunt. Tìt. €z, §. 6. (kj Sororur^^ film idem apud a'vimculum , e^uan^ apud patrem konor . Sluidam faniiiorem , arBiorem^ue. hunc nexum fanguinis arbitrantHr > e»* in accipiendis oU fidibus magis exigunt , tanc^uctm ti £?* animum firmìus ^ Cy domttm latìus teneant.'D^ Moùb, Gena. 1^4 D ? L t o 5 r 1 R t T 0 primi Iftorici (ì) ci parlano tanto deli^ amore de* Re de Franchi per la loro forella , e per li fi¬ gliuoli di quella . Che fe i figliuoli delle forelle venivano conhderati nella cafa come i figliuoli ftclTì ; era naturale , che i figliuoli riguardafTero la loro zia > come la lor propria madre. La forella della madre veniva antepofta alia forella del padre ; ciò fi fpiega con altri tefti della Legge Salica (k^) : quando una donna era vedova, cadea fotto la tutela de’parenti di fuo marito: anteponea la legge per quefta tutela ì pa¬ renti per parte di donne a quelli per parte di mafehio. In lùtei una donna , la quale entrava in una famiglia, unendo fi colle perfone del fuo fef- fo , era più legata co’ parenti da parte dì don¬ na , di quello folle comparenti da parte di ma¬ fehio . In oltre quando un (/J uomo aveva uccifo un altr’ uomo , e che non aveva onde foddisfare la pena pecuniaria , in cui era incorfo , la legge permette vagli ii cedere i fuoi beni, ed i parenti fupplir dovevano a quanto mancafiè . Dopo del padre , della madre , e del fratello pagava la forella della madre, come fe quello vincolo al¬ cuna cofa folle di più affettuofo . Ora la paren¬ tela j, che ingiungeva i peli , dovea nel modo ftellb dare i vantaggi . •Vo- Vedi in Gregorio di Tourf. Lib. Vili. Cap. XVIII. e XX. Lib. IX. Cap. XVI. e XX. i furori di Gontrano fopra i rei trattamenti fatti ad Ingunda fua Nipote da Leuvigildo ; e come Childeberto fuo fra* te Ilo , fece la guerra per vendicarla . (k) Legge Salica Tit. 47- Leg. Salica, Tit, i. Delle Leggi Lib.XVIII. Cai*. aXII. io; Volea la legge Salica , che dopo la forelia del padre, avea'e la fuccelTione il parerne pm prolLi- mo da parte di mafchio : ma fe qiaelb era pa¬ rente olti-a il t^uinto grado, non fuccedea . o i una donna in quinto grado larebbe fucceduta iii pregiudizio d’ un maLhio del Tcfto . e ciò ^ i r leva nella Legge [m] de' Franchi Ripuarj , pecre fedele delia Legge Salica nel rito o degli Allodj , ove ella fegue a palio a palio il mede- limo titolo della Legge Salica . Se il padre lafciava figliuoli, volea la Legge Salica , che le figliuole follerò efclufc dalla fuc- cefifione alla terra Salica , e che quella appartc- iielle a’ figliuoli maCchi . Mi farà agevole il provare , che la^ Legge Salica non efclude ìndiftintamente le figliuole dalla terra Salica, ma nel folo cafo , in cui l cl elude fiero i fratelli . Ciò ri fu Ita dalla Legge Salica ftefia , la quale , dopo d' aver detto, che le femmine nulla po(lederebbero della terra^ Sali¬ ca , ma i foli mafehi, s' interpreta , e fi riftrin- ge ella ftella *. .« vale a dire, die ella , che il sj figliuolo fuccederà all' eredità paterna . » . X. Il tefto della Legge Salica è dilucidato dal¬ la Legge de’ Franchi Ripuarj, che ha àncora un Titolo [n] degli Allodj fommamente uniforme à quello della Leo;G:e Salica. 5. Le leggi di quelli popoli barbari, originar) tutti della Germania , s' interpetrano a vicenda , (m) deinceps ufque ad proxhnm fmrit , in haredttatem Juccedat (n) Tic, 5^. (puintunj- genucHlam , Tic. 5 che il padre > e la madre lafcino la loro eredità a’ proprj figliuoli , e non già alla figliuola ; ma che l’e vi fono foltanto figliuole , abbiano elT© tutta Peredità. 4. Abbiamo due antiche formole [p], le qua¬ li pongono il cafo , in cui, fecondo la Legge Salica f le femmine vengono efeiufe da" mafehi \ cd è qiiand'’ efl'e concorrono col loro fratello. Un'altra formola [^] prova, che la figlia fuccedeva in pregiudizio del nipote : dunque non. veniva efclufa, che dal figliuolo. 6. Se le figliuole per la Legge Salica follerò fiate generalmente efclulè dalla Ìuccellìone delle terre, farebbe imponìbile lo fpiegare le illorie, le formole , e le carte che parlano continua- mente delle terre, e de" beni delle femmine nel¬ la prima razza. -rr r i Si fono ingannati coloro , che dillero [r], che le terre Saliche erano feudi. 1 . Opedo Ti¬ tolo è intitolato u4lhdj , a. Su i principi 3 Feudi non erano erediitarj. 3. Se le tene Sa¬ liche fòdero flave feudi, come Marcolfo avmbbe battezzata per empia la coflumanza, eh efclu- dea [o] Tit. 7 . §. I. Pai-er , defundl fido non fili A hAroditMèm relm<^u0nt. §.4' defundus non fillos , fed filias roli^uerìt, ad eas omnis h&ro(idas per-' tineat. [p] Marcolfo Lib. II. font). li. e ped’appena, form. 4p. [q] Nella Raccolta del Lindembrochio Formui. Jf. I>« Cange , iHèhou ^ ec. Dell* Leggi . Lib. XVIIT. Cap. XXII. 207 dea ie donne dal fuccedei-vi, poiché i malchi mcdelìmi non fuccedcvano feudi ì 4. Le car¬ te, che (i citano per provare , che le terre Sa¬ liche erano feudi , provano folcanto , eh’ erano terre franche. 5. 1 Feudi non furono ftabiliri prima della conquifta,, e le ufanze Saliche efì- fteano primà , che i Franchi partiiTero dalla Ger¬ mania . 6. Non fu la Legge Salica quella > I3 quale col limitare la fuccelTìone delle donne, formalTe lo ft abili mento de’ feudi ; ma fu lo fta- bili mento de’ feudi , che pofe limiti alla fuccef- fione delle femmine j ed alle dirpolìzioni della Legge Salica. Dopo ciò , che detto abbiamo , non fi cre¬ derebbe , che la fuccefiione perpetua de’ mafchì alla Corona dì Francia venir poteffe dalla Salica ■ Tuttavìa d fuor d’ ogni dubbio eh’ ella ne deriva j e lo provo con varj Codici de’ po¬ poli barbari . La Legge Salica [j] , e la Legge de’Borgognoni [t] non diedero alle figliuole il diritto di fuccedere alla terra co’ loro fratelli j c né pure fuccedettero le medefime alla Co¬ tona . La Legge de Vifigoti [»j per lo contra¬ rio ammife le figlie alla fucceffione [x] delle ter- loro fratelli, e le femmine furon capaci di fuccedere aUa corona. Freilo quelli popoli la difpo- [s] Tir. [t] Tir, I. §. 3. Tir. 14. §. i. e Tir. Cu] D] u- Lib. IV. Tit. 1 §. I. L*j Le Nazioni della Germania , dice Tacita , avr;ano delle ufanze comuni: e ne avcTano anche delle particoli^ri * ioS Dello Spirito dìfpoCìZionc della legge civile forzò (j) la legge poiicica . Non fu quello il folo cafo , in cui la legge politica predo ì Franchi ebbe a cedere alla legge civile . Per la dirpofìzione della Legge Salica tutti i fratelli fuccedetcero ugualmente alla terra : c taP era altresì la difpofizione della legge de’Bor¬ gognoni . Qiiindi nella Monarchia de’ Franchi, cd in quella de’Borgognoni, tutt’i fratelli fucce- dettero alla Corona , tutto che fi praticafiè¬ ro alcune violenze , uccifioni , ed ufurpamenti predo i Borgognoni , CAPITOLO xxni. DelliZ langa chioma de’ Re • I popoli, che non coltivano le t;t;rrq , neppuic hanno 1 ’ idea del ludo . Bifogna vedere in Tacito la prodigio fa femplicità de’ popoli deila Germania : non lavoravano le arci per li oro ornamenti : ma li trovavano nella la famiglia del loro Capo doveva edèr didinta con alcun fegno, dovevan cercarlo in que a ° {leda [y] La Corona prefTo gli Oftrogoti pafsò due vol- t dalle femmine a’ mafehi , una da Amalalunta erfona di Atalarico , e 1’altra da Amalaire a ne ^ lerfona di Teodato . Non è già» che preuo i , .Oline non potelTcro regnare per_ le tpedefime ; « unta dopo la morte di Atalarico regno , ^ nche dopo la elezione di Teodato , ed in co Oli efib . Ve» ri che li contentallèro d’ una fola moglie , « a riferva , dice Tacito , d’ alcune peiTone [h)^ »» le quali, non per diflolutezza , ma per moti- ” vo^di loro nobiltà, ne aveano più . Ciò {piega , come Ì Re della prima razza eb¬ bero numero cosi grande di mogli. Quelli ma- crimonj non tanto erano un argomento d’in¬ continenza , quanto un attributo di dignità : fa¬ rebbe dato un colpirgli in parte aliai delicata^ il ar loro perdere lifFatta prerogativa {c) . Da ciò *■ la ragione , per cui 1’ elèmpio 4e’ Re non venne feguìto da’ fudditi. Tom.II, O CA- ùd ^Idmodum paucis . qui mn libidine , nQhtlttMtem ^ plnrimis Nupsiis ambiuntHr . Ivi. [CJ vedi Cronica di Fredegario, anno éi,§. 110 Dello St trito CAPITOLO XXV, Chtlderìco , ” TT Matrirnonj prefTo i popoli della Germania « JL fono Teveri, dice Tacito [ 4 ] : i vizj non ” vi fono un foggecco ridicolo : corrompere, » o efler corrotto , non h chiama un ufo , o un modo di vivere : vi fono pochi efempli ” in una nazione [b^ si numerofa del violamen- » to della fede conjugale. Da ciò viene fpiegaca P efpulfione di Childe- rico ; egli andava a ferire i coftumi (èveri, che la conquifta non aveva avuto il tempo di cangiare, CAPITOLO XXVI. Bella ma^ìorhk de* Re Franchi . I popoli barbari , che non coltivano le terre , iwn hanno propriamente territorio j e fono, come abbiarfto detto , anzi governati dal diritto delle genti, che dal diritto civile . Sono adun¬ que quafi Tempre armati . QLiindi dice Tàcito ^ „ che faj Sedera tftatYiinoYt-ta . , , > illic ‘vitia fi- deti me corrum^ère, C? corrump [Aculum 'vocftmr. De Alorib. Germ. > , • (b) Fmctftma m tam numerala gente ammna , Ivi. Delle Leggi Lib.XVIIL Cap.XXVI. ìu w che i Germani non facevano alcun pubbli- co affare , nè particolare , fenz^ e/Tere arma- » ti [a]» , Efprimevano il lor fentimenm [h'] con un fegno , che faceano colle loro armi [c] Subito eh' erano acri a portarle, venivano pre- fentari all allembìea : fì ponea loro in mano un giavellotto [d] : m quel momento ùfeivano dell’ infanzia [e] ; erano effi una parte della famiglia, e divenivano^ una della Repubblica. » Le aquile, diceva [/] il Re degli Oftro, » goti, lafciano d’ alimentare i loro aquilotti , » lubito che formate fono le loro penne, e 1' 3 , loro ; quelli non abbi fognano più « deli altrui ajuto , quando per fe ftelTi vanno a ceixarfì una preda. Sarebbe cofa indegna, « c e 1 giovani, che fono ne' noffri efèrciti fof- ” lero ripucati d’ età troppo fievole per gover- ” i la condotta w della lor vita. La virtù è quella , che forma » fra Goti la maggiorità « , ^ ^ Avea fa] Nihil neque puhlicA , ncque privatA rei nifi armutt agunt. Tacito de Morib. Germ. ’ _ (h) Si difplicuit fentenim , afpernantur : (1}% cutt , frameas concHtiunt . Ivi . -i r ■ S! cmquam mcru, prob^'UBrit ^ ^ Lib. III. eh’ clTa fcelfe due uomini di Borgogna, eh’ era una con- qmfta di Clodomiro per innalzargli alla Sede dt Tours, VX era parimente del JXgno di Clodomiro . 214 Dello Si>ir.ito clamar Re nell' età di cinque anni {b ). Ma in quefto cambiamento medeiìmo fi fieguì il pvimo fpirito della Nazione , dì modo che neppure fi pafiàvano gli atti in nome de’ Re pupilli. Quindi fu prefib ì Franchi una doppia amminiftrazione ; una , che rifgiiardava la perfona del Re pupillo , e 1* altra , che rilguardava il Re¬ gno ; e ne’ feudi vi fu una differenza fra la tutela j ed il ballato . CAPITOLO XXVIIL DeW Adoz^ione prejfo i popoli della Germania . S iccome fra' Germàni fi diventava maggiore col ricevere le armi, cosi altri vi era adot¬ tato coi legno medefimo. Così Gontrano volen¬ do dichiarar maggiore il fuo nipote Childebertoj, e di più adottarlo , gli difle [a) » Ho polla w quella picca nelle tue mani come un fegnalcj » eh’ io t’ ho dato il mio regno « . E voltaii- dofi verfo 1 ’ afièmblea : » Voi vedete , che il « fìgliuol mio Childeberto è divenuto uomo: w obbeditegli « . Teodorico Re degli Oflrogoti, adottar volendo il Re degli Eruli , gli fcrif- (b) Gregorio dì TourS'Lib. V. Gap. I. Vix lujiro Atatii uno jatn pefaHo , ^ui die HoTnìtticA Hutalis (a) Vedi Gregorio di Toijrs Lih. VIE Gap, XXIU. Delie Leggi Lib. XVIII* Cap.XXIX. ìi_j {Q(a). « E' una bella cofa fra noi il poter elTere » adottato colle armi j poiché gli uomini corag- » gioii fono i foli 5 che meritano di diventare M noftri figliuoli . Tal forza rifiede in quello sj atto , che colui , il quale n’ è 1' oggetto , » amerà Tempre meglio morire , che fopporuarfc « alcuna cofa vergogno la . QLÙndi e per la co- ftumanza delle Nazioni , e perché liete un » uomo 5 vi adottiamo con quelli feudi , con quelle fpade , con quelli cavalli , che vi » mandiamo » , CAPITOLO XXIX, Spirito fanguinario Re Franchi', N on era {lato il lolo Clodoveo de' Principi predo i Franchi, ^che aveflè intraprefe del¬ le fpedizioni nelle Gallie -, parecchi de' fuoi pa¬ renti condotte vi aveano delle particolari tribù . E lìccome egli vi li legnalo di vantaggio , e fu in grado di dare llabilimenci conìiderabili a coloro j che feguito P avevano , accorfero a lui da tutte le tribù i Franchi , e gli altri Capi non fi videro si forti da fargli tella . Formò il difegno^ d’ ellerminare tutta la Tua Famìglia , c vi riufci [éi] , Temea , dice Gregorio di Fours ^ O 4 che (b) In Caffi odoro Lib. IV. Cap. II. (a) Gregorio di Tours Lib. II. (h) Ivi , 111? UGELLO Spirito che i Franchi prendeflero un altro Capo. I Tuoi figliuoli 5 ed i fuoi fucceflbri per quanto fu in loro potere fcguirono una tal pratica : videfi per¬ petuamente il fratello , il zio, il nipote , ma che dico ? il figliuolo, il padre, cofpirare centra tutta la fua finniglia. La legge feparava lem pre¬ mai la Monarchia j e fi ftudlavano di riunirla il timore , l’ambizione , la crudeltà . CAPITOLO XXX. Delie j4jfemblee della Nazjone prejfo ì Franchi . D icemmo poc’ anzi , come i popoli , che non coltivano le terre , godono una gran libertà. In quello cafo trovaronfi i Germani , Dice Tacito , che il potere , che davano a' loro Re, o Capi , era moderatiflìmo (a) y e Cefare {h)y che non aveano Magiftrato comune iti tempo di pace , ma che in ogni villaggio ì Principi ren- deano giuftizia fra eflì . Così i Franchi nella Germania non aveano Re , come prova ottima¬ mente Gregorio di Tours [c]. , i> I Prin- (a) 2 Cec regihus libera , aut infinita petefias . Cete- VìiW' nei^ue animati',vertere , neque 'mincire, neqae verberA' re, ec De Morth. Cerm. fb) In pace n alias tfi ccmtnunts Magiflratus ; fit^ prircipes regionam , atque pagerutn inter Jms jus dicant, De Lello Gallico Lib. VI. (c) Uh, II. Delle Leggi , Lib.XVIII. Cap.XXXI. 217 » ì Principi , dice Tacito {d ), deliberano To- » pra le picciole cofe, tutta la Nazione fopra le „ arandij in guifa però, che gli affari, de’quali » affuine ia cognizione il popolo , lì portano )> di pari innanzi z Principi « . Tal ufo confer- voffì dopo la conquifta , come provano cute’ i monumenti (f) . Dice Tacito (/), che i delitti capitali poetano portarli innanzi all’ allèmblea . Fu lo fteffo dopo la conquifta , e vi furono giudicati i grandi vaffalli. CAPITOLO XXXI. DeW autorità del Clero nella frima rax.z.a , « F Reffo i popoli barbari hanno d’ ordinario ì Sacerdoti del potere , come quelli, i quali hanno e P autorità , che aver debbono dalla Re¬ ligione , e la poteftà , che preflb tali popoli dà la fuperftizione . Quindi veggiamo in Tacito , che i Sacerdoti aveano credito grande preffb % Ger- (à) De mìnorìhus frincipes confuìtant , de majori^ bui omnes j ita. tamen , ut t», quorum penes plehem ur- hitrium e fi , upud principes quoque perir uBentur . De Mo- rib. Gerin. (ej Lex confenfu populì fit , C? confiitutione regis, Capitolari di Carlo il Calvo . Anno 864. Art. 6 . (f)^ Licei upud Coneilium accufare , SS* dìferime» capìtìs intendere . De Morib, Germ. Hello Spirito Germani, che ponevano e0ì la polizia nelI’afTcm- ^5 popolo (a) . Ad elTi foli era permelTo il gaftigafe , d legare , il battere (fi ; e ciò fa- ceano , pon già per un ordine del Principe , ne pei impone una pena; ma come per una in pii azione d^Ua Divinità , fempre prefente à coloio , che fanno la guerra . • ^^4 l^ifogna maravigliarli , fé fino dal prin- Cipio ella prima razza, veggonfi i Vefeovi ar- icri (c) de giudizj (^) , fe veggonfi comparire nelle afiemblee della Nazione, fe tanto influifeo- no ne^ e rifoluzioni de’Re, e fé fon dati loro tanti beni [^j . LI- (aj ^ SUentmm per Sacerdotes , quibus c? coerccndi jus ejì, if^peratuf . De Morib, Ger. (b) J^ec regibus libera , aut infinita potè fi as . Ca- terum neque animad'vertere , ncque njincire, neque verbe- rare , nijl Sacerdotibus e fi pertnijj'um : non quafi in pee^ ^ , quem adejfe bellatoribus credunt . Ivi. (c) Vedi Ja Coftituzìoac di Clotario dell' Anno 5 So. Art. S. (d) Lo Spirito delie Leggi ridotto in quIntelTetiza contiene ottime rifle/Iìoni fopra tutto quello , che li cfpone nel prefente Libro XVIPI. [ Rifl. d’un Anon. ]. f^) ^ Gli arbitrj de’Vefcovi tra' Crifliani f debbono *lla fàntita della Criftiana religione ed alla dottrina di •S. Paolo nella prima lettera a’ Corintj Cap. VI. libro XIX. « Delle Leggi nel supporto , che hanno co' prjn- » cipj , che foL-tnano lo Spirito generale , t « coftumi , e le maniere d' um Na^ione . „ CAPITOLO PRIMO. Del foggttto dp t^aejlo libro . Q Uefta materia c fomrrtamente eftefa , In quella folla d' idee^ che mi s'offrono alla mente , avrò più attenzione all' ordine delle co- fe, che alle oofe ftefTc. Forza è eh' io mi volga a delira, ed a finiftra, che io penetri^ c che fu- peri ogni oftacolo [^] . CA- (n) Non vorrei trovare tali bifoghi in un’opere dleAilnata a fvilupparci lo Spirito delle Leggi, Letto , che fieli quello capitolo , che abbiam noi imparato ’ che c necefiario , cne 1 ’ Amore fi voig* a defira , ed a fini» firn , che penetri , che faperi ogni ofiacolo . Era forfè bi* fogno, per avvertircene, fare un capitolo a polla ! ( Rifl. d: un Anon. ) Dello Spirito capitolo il Quanto è mceffkrh per le Lem rr/tdìotl, che ^nimi fané d§ofa / X'q bile [a] a" popoli della Germania, del Tri¬ bunale di V^aro . Qitello, eh’ erelTe [è] Giufti- niano prefTd j Laziani per proccfTai-e P uccifore del loro Re , parve a’ mede lìmi orribile , c bar- ara cola . Declamando Ali tri da te [s-j centra i Romani , foprattutto gli accagiona per le for¬ malità della loro giuftizia [d], I Parti foffrir non poterono cjuel Re , i!_ quale feudo (lato allevato in Roma lì refe affabile [r], ed accclTìbile a cliic- cheUia E riufeìta intollerabile la ideila libertà a’popoli, che non erano ufi a goderne. Così appunto riefee^ talor nociva un* aria pura a co¬ loro, che viduti fono fra le paludi . Un Veneziano della Cafa Balbt , Vovandofi al Pegu , ebbe udienza da quel Re [/] , Quan¬ do t Troncavano la lingua agli Av^’ocati, e dieea- BO ; finifeila , o vìpera , di fifehiare. Tacito , (^) , Lib. IV. (cj Giurino, Lib. XXXVni, fd) Calummas lìtium . Ivi . Promti aditHs , nov» comitas , ignota Farthis 'virttites , nova, 'vhtit. Tacito . ? ’ffj Ne fece la deferizione l’anno Raecolta di 'viaggi , che hanno fervilo allo flabilimento della Cem- f agata dell’ ladie ^ Tomo III. Parte I. pag, 33. Delle Leggi . Lib.XIX. Gap. III. iii do quelli intefe, che in Venezia non vi era Re^, oli venne da rider si forte , che preièlo la toflc b guifa , ch'ei ftentò molto a parlare co’fuoì Coi-cigialli . aual é quel Legislatore , che pò- celle proporre a popoli di quella fatta il gover¬ no popolare ì CAPITOLO ni. Della Tirannìa . V I fono due forte di tirannia , una reale , che confille nella violenza del governo; ed una d’ opinione, che lì fa fentire^ quando quei, che governano , llabilifcono cofe , le quali ripu- «rnano al modo di penfare d’ una Nazione [a]. Dice Dione , che Auguflo volle farfi chiamar Romolo ; ma che avendo in cefo , che il po¬ polo temea, eh’ eì volefle farfi Re , mutò pen¬ siero . I primi Romani non voleano Re , per¬ chè non poteano comportarne la potenza ; i Ro¬ mani d’allora non voleano Re , per non com¬ portarne le maniere. Imperciocché, quantunque Cefare, i Triumviri , Augnilo , fodero veri Re, con ferva va no tutto Y eftrinfeco dell’ uguaglianza ; e la loro vita privata conteneva una fpecie dì contrappello col fallo de’ Re di quel tempo : c quando non voleano Re , lignificava , che vo- lean (a) Quella è una delle più fenfate rifielfioni, ed a cui d'ordinario troppo poco tì bada [ Rifl. d'un Auon.} 21Z Dello Spirito Jean confervare le loro maniere, e non pren¬ der quelle de’ popoli Africani, e d’ Orinite Dione r-) ci dice, che il popolo kom'ano era idegnato contra di Augufto a motivo dì cerm leggi troppo dure , che avtLa fitte ; ma che lubito eh egli ebbe fatto ritornare il Comme¬ diante Pilade , che le fazioni aveano di (cacciato dalla Città , il difgufto cefsò . Un popolo jfimi- le fentiva più vivamente la tirannia , allorché fi di^acciava un buffone , che quando Mi to- glieano tutte le fue leggi. ^ CAPITOLO IV. Coja Jìa lo Spìrito generale . P IU’ co fé governano gli uomini , il clima , la Religione , le Leggi , le malli me del governo , gli efempj delle co fé pafl'ate , i coftu- mi, le maniere , dal che viene a formarli uno Ipirito generale, che ne rifulta . A mifura , che in ciafeuna Nazione una dì quelle cagioni agifee con più vigore, le altre le cedono. La natura, ed il clima dominano quali Ioli lopra i Selvaggi ; le maniere governano i Chìneli : le leggi tiranneggiano il Giappone : i collumi lìgnoreggiavano un tempo in Ifparta, le maflime del governo , ed i coftumì antichi in Roma. fa} Lib. LIV. p. 55i. CA- DEti.E Leggi . Lib.XIX. Cap.V. 115 CAPITOLO V. Quanto convenga avvertire dì non mutare lo Spirito generale una inazione. S E nel mondo eiìftefTe una Nazione , la quale avelTe un umor focievole j un'’ efpanfione di cuore, un contento nella vita , un gufto , una faciltà a comunicare ì proprj penfamenti: che foflè vivace , piacevole » , talora impruden¬ te , con frequenza indilcreta : e che con tutto quello folle coraggiolà ^ gcnerofa , franca , c che avellè un certo punto d’ onore ; non converreb¬ be ftudiarli di riftringere con leggi le lue ma¬ niere , per non riftringere le fue virtù . Se gene¬ ralmente il carattere è buono, che rileva, che vi li trovino alcuni difetti [^s] ì Vi lì potrebbero tener a legno le femmine , far leggi per correggere i loro coftumì, e por termine al loro luftb : ma chi fa , fe non vi "fr perdelTè un certo gufto, che folle la forgente delle ricchezze della Nazione, ed una gentilezza , che chiama a fe i foreftieri f Sta ai Legislatore il feguir lo fpirito della na¬ zione, allorché non li oppone a^principj del go¬ verno : poiché non facciamo mai meglio àlcuna cofa, che quando la facciamo liberamente ^ ed a fe- [a] Non vi vogliono occhi di lince per ticono- feere in quello luogo i f ranzeli. [ Ri£|. d’ un Anon. } , 4 114 Del lo Spirito (èconda del noftro genio naturale. Che dijf] ad una nazione gaja per natura uno ipirito pedantefco, nulla vi guadagnerà lo Stato né al di dentro , nè al di fuori. Lafciatelo fare le co fé frivole con ferietà , e le ferie con brio, CAPITOLO VI. X 7 on ejfer necejfarìo il corT^g^fT tutto . I fi lafci come ci troviamo , diceva un Gen- tiluomo d’ una -Nazione molto analoga a quella , di cui abbiamo data un" idea . Tutto ripara la natura . Ci ha efià data una vivacità capace d' offendere , ed atta a farcì mancare a tutt" i riguardi : quefta fteffa vivacità vicn cor¬ retta dalla gentilezza, che ci proccura , infpi- randoci del gufto pel mondo , e fingolarmentc per la con ver fazione delle donne . Ci fi lafci tali quali fiamo . Le noftre indi- Icrete qualità unite alla fearfa noftra malizia, fanno, che le leggi, le quali limitaflèro T umo¬ re Non può intenderli, come il nollco làvio Pre- lìJente adotti queila mallìma del Gentiluomo da lui mef- fo in iteena, che tende alla corruzion generale , ed alla totale rovina d/ uno Stato . Una prerela politezza , che infpira gufto pel mondo , e per le donne non efigerà r attenzione del Governo , nè dovrà elTer moderata dalle leggi: E quantunque la converfazion delle donne corrompa i coftutni, ficcome quindi a poco nel Gap. Vili, h fog- giungcv par iuttavolta perche forma il gufto, dovrà , ts- Jerarii l Delle Leggi . Lib, XIX. Gap. VII. 12 J re fociabile fra noi, non ci converrebbero , CAPITOLO VII. Atenìefi, e de Lacedemoni . G li Atenieiì, fèguiva a dire quello gentiluo¬ mo , erano un popolo , che avea qualche relazione col noftro . Ponea del brio negli afìà- ri ! un motteggio piaceagli di pari fu Ila Tribu¬ na , e fui Teatro . QLieila vivacità , che porta¬ va ne’configli, ponevala nella elècuzione , Il ca¬ rattere de’ Lacedemoni era grave , /èrÌo , arido , taciturno . Non fi farebbe ricavato più utile da un Atcniefe annoiandolo , che da uno Spartano col divertirlo . capitolo Vili. Effetti de ir umore fociabile . Q uanto più i popoli fi trattano , tanto. più facilmente mutano di maniere , perchè quanto più ciafcuno è uno fpertacolo per un al- n-o , tanto meglio fi rilevano le fingolarità deap individui .^11 clima, il quale fa , che una Na¬ zione ami di trattarli , fa altresì che ami il mutate ; e ciò , che fa , che una Nazione ami di mutate , fa altresì , che fi formi il gufto, La focietà delle femmine guafta i coftumi , e forma il gufto : la voglia di piacere più che oli altri ftabilifce gli abbigliamenti ; e la voglia di TomJL p «ia. Dslio Si^irito piacere più che fc ftelTo , ftabilifce Je mode. So¬ no le mode un oggetto rilevante : a forza dì lendcrh io fpirito frivolo, s'aumentano fempre i rami del proprio commercio [a] . CAPITOLO IX. Della vanita,} e dclVorgoglio delle Mazzoni, E La vanità un principio tanto buono per un governo , quanto n’ c un dannofo 1’ orgoglio . Balla folo perciò rapprelèntarli da un Iato i beni ìnnumcrabili rifultanti dalla vanità : quindi il Judo , l’induftria , le arci, Je mode , la pulizia, il gallo : c dall' altro lato i mali in¬ finiti provenienti dall'orgoglio di certe nazioni, L ozio , la povertà , T abbandono di tutto , la didruzione delle Nazioni, che il cafo ha dato lor nelle mani, e della loro medefima . L'ozio è P effetto {a) deli’ orgoglio : la fatica è una confeguenza della vanità; l'orgoglio d'unoSpa- gnuolo l'indurrà a non lavorare i la vanità d'uh Fran- Vedi la Favola delie Api. (a,J I popoli, elle fèguono il Kan di Malacamber, ^ue’ di Carnataca , e di Coromande! , fono popoli or- gogliojfì, ed infingardi ; confumano poco, perchè fon mi- lèrabili , dove per Io contrario i Mogolli , ed i popoli deli’ Indottan s’ occupano , e godono degli agi della vi¬ ta come gli Europei . Raccolta di viaggi^ che hannofer- vite allo fiabilimmto della Compagnia dell' ìndie j Tomo L pag. J4- p Delle Leggi. Lib. XIX. Gap. IX. xxj rraiizefe lo guiderà a faper lavorare meglio de^ gli altri . Ogni nazione ozio la e grave , mentre cjuei ^ che non lavorano, 1Ì conhderano quali alrn fo- vrani di quei, che lavorajio . Fatevi ad efaminare tutte le nazioni, e vedre¬ te , co nella maggior parte camminano d’ e- guai palio la gravità, Lezio, e L orgoc^lio I popoli d'Achim (b) Cono fieri, ed" ozìofi ; quelli, che non hanno fchiavi, ne affittano uno, febben pa- altro non foli ,, che per non fare cerno puffi, e portare due pinte di rifo: fe effi fteffi le portafiero, fi riputerebbero difonorati. y. fono pm luoghi della terra, „e‘quali al tri lafca crefeerfi l'unghie , per far vedere, che non lavora . ^ Le donne Indiane (c) credono cofa per effe vergognofa .1 faper leggere : é ncg„^o dicon effe, da fchiav. che cantano gl'i„„i „e'pago- di. In una tribù effe non filano ; in un' altra non fanno che certe e graticci, né debboà tampoco peftare .1 r.fo ; in altre neppure van- no ad attigner 1 acqua . Vi ha I' orgoglio fta- b,lite le fue regole e le ortbrvare^ Non è neceffario il dire , che le qualità morali produ¬ cono effem differenti, fecondo che trovanfi con altre unite 1 COSI l'orgoglio congiunto con u.u grande ambizione, colla grandezza delle idee ec. produffe ne’ Romani gli effetti noti. ’ '' ^ CA- (b) Vedi D«mpi,rr, , Tomo III. ( ) Lettere edificanti. Raccolta XII. pag, so. Dello Spi^it» CAPITOLO X. ! 1 T>d carmere degli Spagnfioli , e a quello de' Chinefì, I Di ver fi caratteri delle nazioni fono mefcolatì di virtù , e di vizj , di buone, e di ree qua¬ lità . Le mefcolanze felici quelle fono, dalle qua¬ li rifukano grandi beni, e fovente neppure fi fo- fpetterebbero j ve ne fono di quelli , da* quali ne rifukano de* grandi mali , che pure non fi fofpetterebbero . In tutt* i tempi è ftatà famofi la buona fede degli Spagnuoli . CÌ parla Gmfljno [a\ della loro fedeltà nel cuftodire Ì depofiti : per tenerli legreti hanno aliai fiate foffèrta la morte. Siffat¬ ta fedqkà, che avevano un tempo, la conferva¬ no tuttora . Tutte le nazioni, che commerciano in Cadice, fidano le lor fortune agli Spagnuoli} nè uno ve n’è ftato, che fiafene mai pentito. Ma quella maravigliofa qualità, unita alla loro poltroneria ^ forma un mifto y dal cjuale rifidtano effetti per efli pernicìolì : i popoli Europei fanno fotto gli occhi loro tutto il commercio della loro Monarchia . Il carattere de* Chinefi forma un* altra me- fcolanza , clf è un contrappello col_ caràttere degli Spagnuoli . La loro vita precaria [h] , fa (a) Lib. XLIII. (b) Dalla natura del clima, c del terreno. Dsllh Leggi . Lia. XIX. Cap. XI. aip che hanno una prodigiofa attività, ed un s\ ec- ceffivo defi delio dei guadagno , che non può fidarli di loro veruna nazione commerciante [c] . Quella nota infedeltà ha eonfervaco loro il com¬ mercio del Giappone : niuno negoziante Europeo ha ardito d’imprendere di farlo a nome loro,, per quanta facilità d" intraprenderlo fi prelentafiè dalle loro provincie marittime dei Settentrione . CAPITOLO XI. RtficJJìone , N on ho ió detto ciò per ifeemare d^ un mC'» nomo che 1 infinita diftanza^ che palla fra i vizj j, e le virtù . Dio noi voglia ! Ho foltanto voluto far comprendere , che cuttT vizj politici non fono vizj morali j e che tutt^ i vizj morali non fono vizj politici : e quello appunto dee laperfi da quei tali , cne fanno leggi ^ le quali fi oppongono allo Ipirito generale . CAPITOLO XII. Delle mAntere ^ e de’ cojlumi nelle Sfate Vi/jpoùco . E Lla_ fi è malTima capitale > che nello Statò Difpocico non debbanfi mutare i collumi, e le maniere : non vi farebbe più pronta confel P 3 guen- (cj II P. Du HM , Tomo II, ijo Dello Spirito guenza d* una rivoluzione. La ragione fi è , che in tali Stati non vi ha , per cosi dire , alcuna legge : non vi ha che coftumi, e maniere ; e fé alterate quelle, rovefciate tutto . Le Leggi fono ftabilite, i coftumi fono infpi- rati : quelli convengono più allo fpirico genera¬ le : quelle convengono più ad una particolare ìfiimzione : ora è cola ugualmente dannofa, ed anche più il rovefciar lo fpirito generale , che il cangiare un' iftituzione particolare . Si con ver fa meno ne’ paeli, in cui ciafcuno , e come fuperiore , e come inferiore efercita, e foffre un potere arbitrario , che in quelli, ove domina in tutte le condizioni la libertà . Vi fi cangia adunque meno maniere , e coftumi : le maniere più ftabili s’ accoftano di vantaggio alle leggi : quindi fù d’ uopo , che un Sovrano , o un Legislatore vi attacchi meno i coftumi , e le maniere, che in alcun altro paefe del mondo. Le donne vi fono d' ordinario rinchiulè, ne dar poflono alcuna norma . Negli altri paefi, ove vivono con gli uomini, la fmania , che han¬ no di piacere, ed il defiderìo, che pure fi ha di piacer loro , fanno si, che fi cangi di continuo maniere . I due lèfiì fi guaftano : perdono en¬ trambi la loro qualità diftintiva , ed eftènziale : entra 1’ arbitrario in luogo deli’ afloluto , e le, maniere ogni giorno mutano fàccia, ^ Delle Leggi . LiB.XI 5 ^!.CAPtXIIL 23'^ CAPITOLO XIII. Delle maniere -prejfo i Chinejl. A Lia China però fono le maniere perpetue . Oltre P ellèrvi le femmine alTolutamcntc feparate dagli uomini , s" infegnano nelle fcuole le maniere come i coflumi . Si coiiofcc un ^let¬ terato (a) dal modo difinvolto , col quale lalu- ta. Qiialora fiffacte cofe fien date in precetù, e da gravi maeftri , vi Ci fidano come principj ài Morale , e piu non fi metano . CAPITOLO XIV. QHalì fieno i mez.zj naturali di mutare i mi i e le maniere d* una nazione . A Bbiamo detto , come le leggi erano iftitu- zioni particolari, e precife del Legislatore ; ed i co fiumi, e le maniere, iftitu zioni della Na¬ zione in generale . Quindi fegue , che quando voglionfi mutare i cofiumi , e le maniere , non bifogna farlo con leggi : ciò fembrerebbe trop¬ po tirannico ; torna meglio mutarle con altre maniere, e con altri cofiumi {a ). P 4 Co- . (a) Dice il P. Dm Halde . (a) Quefta è pure un’ eccellente riflelTìone , alla quale non baderanno mai quanto bafti coloro , i quali troyanli alla tefta degli affari . ( Rifl. d’un Anon, ) i-ji Dbllo Spi il ito Così, allorché un Sovrano vuol fare de’ gran¬ di cambiamenti nella fiia Nazione , fa d’ uopo eh’ ei riformi con leggi ciò, eh’è ftabilico con \ ^ muti con delle maniere quello che trovali ftabilito con delle maniere : ed è una pef (ima politica il cangiare per via di leggi ciò, che dee cangiarli per via di maniere . Ls- Isgge, che obbligava i Mofeoviti a farli ta¬ gliar la barba, ed il velìito,e la violenza di Pie¬ tro I. che fàcea tagliare fino al ginocchio le lunghe tonache di coloro , eh* entravano nelle citta, erano tiranniche , Vi fono de’ mezzi per impedire ì delitti , e quelli fono i gallighi : ve ne fono per far mutare le maniere, e quelli fo¬ no gli efempli . La facilità , e la fpeditezza, onde f c incivi¬ lita quella nazione , ha fatto vedei-e, che quel Sovrano avea troppo fini lira opinione della me- defima , e che quelli popoli non erano befie, com’ ei diceva . Erano inutili i violenti mezzi, de’ quali lì lèrvì : avrebbe ottenuto I* iftello fine colla dolcezza , Ebbe a provare egli llelfo la facilità di fiffatti cambiamenti. Le donne erano chiufe, ed in qual¬ che modo fchiave : le fece venire alla Corte , le fece vellire alla Tcdelca , regalava loro de’ drap¬ pi . Gufò incontanente quello fellò un modo dì vivere, che tanto lufingava il loro gullo , la loro vanità, e le loro palEoni, e le fece piacere agli uomini . Ciò che fece riufeir più agevole il cambiamen¬ to , j(I é ^ che ì collumi di quel tempo erano Ura- Dblìe Lecci. Lib.XIX, Cap.XIV*. x-jj ftranieri al clima , eranvi ftad introdotti da un mefcuglio di Nazioni ^ e dalle conquifte . Pietro I. dando i coftumi ^ e le ufanze Europee ad una nazione d’ Europa , trovo delle facilità , eh* ci non s* afpettava . L* impero del clima è il pri¬ mo di tutti gl’ imperj . Adunque ei non uvea bifogno di leggi per mutare i co fiumi e le ufanze della firn nazione : gli farebbe bailato P infinuare altri coilumi, ed altre ufanze . I popoli generalmente parlando fono fomma- mente addetti alle loro coflumanze : il toglierle loro con violenza è rendergli infelici : adunque non bifbgna cambiarle, ma impegnare i popoli a cangiarle per fe mede/ìmi. Ogni gafligo è tirannico , qualor non deriva dalla neceflìtà . Non è la legge un puro atto di poteftà : le cofe di' lor natura indifferenti non le appartengono (h) . GA- (b)^ Tutto quefto Capitolo è pieno d’egregie rriafl liiTte , intorno alle quali 1 Autore dello Solfito dell^ > ridotto in quintejfsnza non rende la dovuta giuftizia al Signore di MONTESQUIEU.' non fi trat¬ ta foltanro nell’ amminiftraziòne d’uno Stato del quid, ma ancora del qmmodo. Noti bifogna fapere unicamen¬ te quello, che far fi dovrebbe, ma il come riufeirvì: per riufciie , forz c afferrare il debole deli’ uomo ^ piegarli a piegiudizj , adattarli alle opinioni, lenza di . che tutte le mire fon vane , ed indarno fi prenderanno tutte le rifolazioni. ( d’ «u Anon, ) ì54 Spiri T CAPITOLO XV. Influenz^a del governo domefiìco fui politico , Q Uefto cambiamento de^ coftumì delle femmi¬ ne influim fènza dubbio grandemente nel governo della Molcovia . Turco fi trova eftremamente legato , il Dif^jotifmo del Sovrano fi unifee naturalmente colla fervicù delle femmi¬ ne : la libertà delle femmine collo Ipirico della Monarchia . CAPITOLO XVI. Come hanno confujt alcuni Legislatori i principj, che governano gli uomini . I Coftumi , e le maniere fono ufi , che non hanno ftabiliti le leggi , o che non hanno potuto, p che non hanno voluto ftabilire. PafTa fra le leggi, ed i co fiumi cjuefta differen¬ za, che le leggi regolano più le azioni del Cit¬ tadino , ed i cofiumi regolano più le azioni dell' uomo. Vi ha fra’ cofiumi e le maniere quefta difièrenza, che i primi rifguardano più la condotta interna , le feconde V efierna . Talora quefte colè in uno Stato fi confondo¬ no (a) . Licurgo fece un codice medefimo per le (a) Fece Mosè un Codice medefimo per le Leggi e per la Religione. I primi Romani confufer* coll® leggi le antiche coùumanze. Dsile Leggi . Lib. XIX. Cai?. XVr. iji le leggi a pei.’ li coftumi , e per le niéiniere j e lo Hello fecero i Chinefi Legislatori. Non bi fogli a maravigliarli , fé i Legislatori Spartani , e Chinefi confufero leggi, coftumì, e maniere ; la ragione lì è che i coftumi^ rappre- fencallo le leggi , e le maniere rapprefentano 1 coftumi, I Legislatori della China aveano per loro og¬ getto primario il far vìver tranquillo il loro po¬ polo . Vollero j che gli uomini molto fi nfpectali- fero : che ognuno rilevafle ad ogni i(fante , clic dovea molto agli altri , che non vi era cittadi¬ no , il quaje per qualche riguardo non dipeiidef- fe da un altro cittadino : eftefero per tanto più delle altre le regole della civiltà . Qiiindi preHo i Chinefi (b) viderfi le perlone del villaggio oflèrvar fra loro delie cerimonie^ co¬ me le perfone d’ ordine Tape rio re : mezzo pro- priiffimo per infpirar la dolcezza , per confervar nel popolo la pace, ed il buon ordine, e per toglier via tutt' i vizj provenienti da uno fpiri- to duro . Di fatto il non curare le regole del¬ la civiltà non è egli un cercar il mezzo di confervare più agevolmente i proprj difetti? La civiltà per tal riguardo è migliore della puli¬ tezza . La pulitezza lufinga gli altrui vizj , e la civiltà c’ impedifce di porre in moftra i noftri : è una barriera , che gli uomini pongono fra effi per impedire di corromperli. Li- (b> Vedi il P. Dh Halds. Dello Sdirti (5 Licurgo , le cui ìftituzioni erano afpte^ non ebbe per oggetto la civiltà , allorché formò le maniere ; ma ebbe in villa quel bcllicofo fpirito, che dar voleva al fuo popolo. Perfone, che Tem¬ pre correggono, o fono corrette, che Tempre inftrui- vano , ed erano Tempre inftruite, Templici di pa¬ ri e levere j anzi cne averli de riguardi, efèrci- tavano fra elTì delle virtù . C A P I T O L O XVII. Proprietà particolare del governa della China t I Legislatori Chineli fecero di vantaggio (^), cort-' fuTer© la Religione , le leggi , \ coftumi, e le maniere: tutto quello fu la morale , rutto quello fu la virtù . I precetti riTguardanti quelli quattro punti furono ciò , che denominarono i Riti . Appunto nell" efatta olTervanza di quelli riti trionfò il Chi ne Te governo . Si con fumò tutta la gioventù in apprendergli, e rutta la vita in praticarli, Gl’ inTegnarono i Letterati, ed i Ma- giftrati li predicarono . E lìccome abbracciavano tutte le minute azioni della vita, quando li eb¬ be trovato il modo di fargli a capello oEèrvare, la China venne governata a dovere . Due cofe hanno potuto imprimere con facili¬ tà i riti nel cuore , e nello fpirito de’ Chinefi i la (a) Vedi i Libri Clafftci, de’ quali ci ha dati sì bei pezzi il P. X)« HaUe . Deile Lecci. Lib.XIX. Cap.XVII. 237 la prima , la loro foggia di fcrivere in eftremo ' comporta , la quale ha fatto , che in una parte orandiffima della vita la mente è ftata occupata fèl unicamente in quefti riti , perche è conve¬ nuto imparare a leggere ne' libri, e per li libri, che li conteneano : l’altra, che non avendo 1 precetti de’ riti nulla di fpirituale , ma foltanto delle recroie d’ una pratica comune , è più age¬ vole il perfuaderne, ed il colpirne le menti, che con una cofa intellettuale, ^ ^ I Principi , i quali in vece di governar co riti j governarono colla forza de fupplizj , voi'* lero far fire a' fupplizj ciò , che non è in lor potere, che è il dare de coftumi . _ Toglieranno bene i fupplizj alla focietà un Cittadino, che avendo perduto i fuoi coftumi viola le leggi ; ma fe tutti hanno' perduto i coftumi , li lico- Vreranno eglino.? Troncheranno , è vero , i fup¬ plizj varie confeguenze del male generale , ma noi correggeranno . Quindi, allorché fi lafcia- rono i pnncipj del governo Chinefe, quando vi fu perduta la morale , lo Stato precipitò nelP Anarchia, c viderfi delle rivoluzioni. CA- fb) Cip ftabiU r emulazipne , la fuga dell’ pzìo, la ftima per la fapienza, D E L I- O s 1 R I T O CAPITOLO XVIIL ConfegHenz^a del precedente capitolo. ir^A ciò rifulta j che la China per la conquh -fi. • Le maniere, 1 coftumi, le leggi, k Religione, elfendo la co¬ la mede/ima, iion polTono in una volta mucarfi tutte quelle cofe . E liccome forz'è, che il vin- citoie , o 1 vinto, cangino, è convenuto fem- pie a a China, che lo folTe il vincitore, imper¬ ciocché 1 fuoi collumi non clTendo le Tue ma- nierei le fue maniere le fue leggi j le f«e leggi a ua Religione, e Raro più agevole, clipei s’ Segue altresì da quello una cofa alTai trilla, ed e , che non è quali polli bile , che il CHRia- iielimo li Rabilifca alla China giammai [al I voti di virginità , le alTemblee delle donne nelle Chiele , la loro neceRaria comunicazione co’ Mi- iiiRri della Religione , la loro partecipazione a’ Sagramenti, la confcRìone auricolare , l’eRrema unzione , il matrimonio d’una loia donna ; tut¬ to queRo rovefeia i coRumi , e le maniere del pack , e fcaglia ancora il colpo ReRb /opra la Religione, e le Leggi, Là ’ Vedi le ragioni date da’ Chinelì Magiftrati nc Decreti, co’ quali proferivono la Religione CriRia- »a. Lettere Edificanti Raccolta, XVII. Delle Leggi* Lib.XIX. Gap.XIX. La Criftiana Religione collo ftabìHmento della carità, con un pubblico culto , colla participa- zione a* Sagramenti medefimi, par che richieg- ga, che tutto fi unifca ; i Riti Chinefi par che preferivano, che tutto fi difgiunga (^) . E ficcome fi è veduto , che una fiffatta lè- parazione è annefia allo fpirito del Difpotifmo [è] j generalmente parlando , così rinverremo in quello una delle ragioni, le quali fanno , che Ì1 governo Monarchico , ed ogni Moderato gover¬ no , meglio s'iinifcano [cj colla Crilliana Reli¬ gione . CAPITOLO XIX, Come Jl è formata, éi^nefa untone della Religione , delle Leggìi de^ cojtumi, e delle maniere y prejfo i Chinefi. E Obero per oggetto primario del governo i Chinefi Legislatori la tranquillità dell' Im¬ pero . La loro fu bordi nazione fembrò un mez¬ zo (b) Vedi il Lib. IV. Gap. III. ed Ì1 Libro XlX.Cap. XII (c) V edi in apprclTo il Llb XXIV, Gap. III. Se il Griftianefimo per melfi meramente umani s’introducelTe tra gli uomini , concedendo ali’ Autore tutto ciò eh’ egli dice per rapporto a’ Chinefi , riufeireb- be oltreraodo difficile a ftabiìirfi prefib quella nazione . La propagazione forprendente del Criilianefimo prefib le nazioni gentili , i coftumi delle quali erano dia¬ metralmente oppofìi alle niaffime del Vangelo, Imen- tifee l’aderti va del noftro Pr elìdente . 140 DKt.L0 SPIRITO 20 più atto à confervarla . Con tale idea s’av¬ vi fa reno di dovere in fi ini are il rifpetto per lì padri, e per ottener ciò unirono tutte le forze loro . Stabilirono riti lènza numero , e ceremo- nie per onorarli viventi, e dopo la loro mor¬ te . Era impoffibile T onorar tanto i padri mor¬ ti , fenz* efier portati ad onorarli mentre vivea- no : le ceremonìe per li padri morti aveano maggior relazione alla Religione ; quelle per 1Ì padri viventi aveano relazione maggiore alle leg¬ gi, a’coftumi, ed alle maniere: ma quelle erano iemplici porzioni d' un medefimo codice, e que¬ llo codice era lommamente ellefo . Il rifperto per 1Ì padri era di neceflìtà legato con tutte quelle cofe , che rapprelèntavano Ì padri 5 i vecchi, i maeflri, i magiftrari, V Im- peradore . QLiefto rifpetto per li padri fuppone- va una reciprocazione d"* amore per li figliuoli j c per confeguente la flefia reciprocazione de’ vecchi a’ giovani , de’ magillrati a quei, che crai! loro fogge cri, deli’Imperadore a’Tuoi fud- dici, Da tutto ciò erano formati i riti, e da quelli riti lo Ipirito generale della nazione . Ci faremo a comprendere la relazione, che aver pollono colla coftituzione fondamentale del¬ la China le colè , che comparifeono più iiidif- ferenti. E’ quello Impero formato full’ idea del governo d’ una famiglia . Se feemate la paterna autorità , od anche fé troncate le ceremonìe, le quali efprimono il rifpetco , che fi ha per quel*, la, infievolite il rifpetto , che fi ha per li ma- giflrati, che lì rifguar^ano come padri j i Ma- Delle Leggi . Lib. XIX. Gap. XIX. 241 giflrati piu non avranno la cura medefìma per li popoli, che debbon conhderare quali figliuo¬ li : quella relazione d'amore, ch^ è fra' So¬ vrani j ed i fudditi parimente fvanirà a poco a poco . Troncate una di quefte pratiche, e fare¬ te barcollare lo Stato . E' cofa in fe aliai indif¬ ferente , che ogni mattina una nuora fi levi, per portar fi a rendere tali, e tali altri doveri alla fu a Tuo cera ; ma fe fi riflette , che quefte pratiche efteriorì , richiamano fempre un fènti- mento ^ eh' è neceflario d' imprimere in tutt^ Ì cuori, e che di tutt' i cuori viene a formar lo fpirito, che governa l’Impero ; fi vedrà, eflèr neceffario , _ che cale, o taj’ altra azione partico¬ lare fi faccia. CAPITOLO XX. Sp}egaz,ìone d" mt p^radejjo /òpra ì ChtneJÌ, Q uello, che vi ha di fingolare , fi è , che i Chinefi, la cui vita è in tutto diretta da* Riti , fono tuttavia il più furbo popolo della terra . Ciò rilevali principalmente nel commer¬ cio , che non ha mai potuto infpirar loro la buona fede , che gli è naturale . Colui ^ che compra dee portare [ quando un popolo non è religiofo, non può praticarfi il giuramento fé non nelle occafioni, nelle quali chi giura non ha interellcj come un giudice, ed i teftimonj . CA- (a) Delle Leggi > Lib. XII. (b) Ivi. intcrpreii fopra le parole di Ezechiele > le no vedei-fi predo del Caini et : e fono degne di ]c ojTervazioni , che colla fcorta di S. Guo oino „ • le Maitre de Sacy cl ha date. E ; che i precetti dati a’Giudei, ri|uardantt fasrifìzj, e T altre offervanze , fieno buoni in q _ chx erino adattati a ^uel tempo ed a quelle perfo« ■ ■pricepta vetemm fmramentorftnf tetnport cruenti a , come S, Agoftino nella lettera LX i ' ga; pure mai farà vero, che un legislatore all’ ulànze del luo popolo debba autorizzare az formi dalla naturale e divina legge. f Delle Leggi. Lib. XIX. Gap. XXIII, 2.45 CAPITOLO XXIII. Come le leo^i fegHmo i cofinmì . N el tempo^ che i coftumi de* Romani erano puri , non vi era legge particolare centra il peculato, Quando comùiciò a comparire que¬ llo delitto , fu rilevato tanto infame , quanto Peflèr condannato a reftituire (a) ciò, eh* era fi ijivolato , fu confideraco un gran gaftìgo . Ne fia prova il giudizio di L. Scipione {b), CAPITOLO XXIV. Contìnuazjone dello JleJfo figgerto , > ^he danno la tutela alla madre, badano più alla confervazione del pupilla ; quelle, che Paddoflàno all* erede più proffimo , badano più alla confervazione de* beni . Prefio i popoli di coflumi corrotti torna meglio il dar ' la tutela alla madre i prelTo quelli, in cui le leggi debbono avere della fidanza ne’ coftumi de* Cittadini , dafiì la tutela all* erede de* beni , o alla madre , o alcuna fiata ad ambedue . Sq Ci rìHetra filile leggi Romane, fi rileverà, che li loro fpirito s* uniforma a quanto dico! Q 3 Nei (a) i» fimplum . ibj Tito Livio , Lib. XXXVMi, i4<> Dello Spirito Nel tempo , in cui fu flirta la legge delle XII. Tavole , mirabili erano in Roma Ì coftumi , Si addofso la tutela al parente più proflimo, dei pupillo j penfando , che a lui toccallè il. pefo della tutela , ai quale toccar potelfc il vantag¬ gio della fucceilìone .Non fi credette in peri¬ colo la vita del pupillo , tutto che foflè pofta nelle mani di colui, al quale efier dovea proh- cua la morte di quello . Ma quando in Roma i coftumi degenerarono, lì vide altresì mutare la maniera di penfìire de' Legislatori. Se nella fofti- tuzione pupillare, dicono Cajo [a], e Gmjìmmo \b'\ , teme il teilatore , che il i'oftituito trami delle ingiurie al pupillo, può lafciare fcopeità la foftituzione volgare [c], e mettere la pupilla¬ re in una parte del teftamento ? che non potrà aprirli , fé non pafTato un dato tempo . Sono quelli timori , e cautele , che non conobbero i primi Romani . CA- fa) Inftit. Lib. II. Tic. è. f i. Compilazione dì Ozei, Leida itfjS. (b) Inftic. Lib. II. de pupU. fubjiit. §. 3. (c) £’ la volgare fofliiuzione, lè un tale non ac¬ cetta l'eredità, io gli foftituil’co ec. La pupillare^ è: le un tale muore prima della fua pubertà, Ìo gU fofti* tuifeo . ec. (d} Qiiefto Capitolo c cenfurato nello Sptrito^ del¬ le "Leggi ridotto in ejH'tnteffenz.tt , di pari che tutto il ri¬ manente , ma /econdo me infinitamente fuor di propoli' to . ( Riflel'. d‘ un Anon, ) Delle Leggi Lib, XIX. Gap. XXV. 147 CAPITOLO XXV, ConnnHaxJonf del medefimo foggetto . D Avn la legge Romana la libertà di regalar¬ li prima del matrimonio : Jié Io permetcea dopo di quello. Era ciò fondato fopra i coftu- mi de" Romani, i quali non per altro s’indu¬ cevano ad ammogliarfi , le non per frugalità # per Templi cita , e per modelli a ; ma che potean reftar {edotti dalle cure domeniche, dalle com¬ piacenze , e dalia felicità d' un' intera vita . La legge de' Vilìgoti volea {a) , che lo fpofo non poteflè donare a colei, che Ipolàrfi dovea, più della decima parte de' Tuoi averij e che nul¬ la donar le potellè nel primo anno del Tuo ma¬ trimonio : ciò derivava parimente da' coflumi del pefe . Volevano i Legislatori arreflare quella jattanza Spagnuola portata a fare ecccllìve libe¬ ralità unicamente in un' azione ftrepitofa . I Romani colle leggi loro fermarono il corfo ad alcuni difordini del più durevole impero del mondo, eh e quello della virtù: gli Spagnuo- li colle loro vollero impedire i rei effetti della tirannide più imbelle del mondo , che è quella della bellezza . 0-4 , CA- .■ i ■ , ■ T (i) Lib. ni. Tic. I. §. Dello Spirito CAPITOLO XXVI. ContlnuazJone dello JleJfo /oggetto , L a legge di Teodojto [a ], e dì Valentiniano traife le cagioni del repudio da’ vecchi co¬ turni [é] , e dalle maniere de’ Romani. Mife nel numero di quelle cagioni Pazione d’ un ma¬ rito [c] , che gaftigalTè la moglie in guifa inde¬ gna d’ una perfona ingenua . Quella cagione venne omelTà nelle leggi feguenti (d) : la ragio¬ ne ii è j perchè i collumi eran mutati per tal rifguardo , e gli ufi d* Oriente avevajio occu¬ pato il pollo di quelli d* Europa . Il primo Eunuco dell’Jmperadrice moglie di Giulliniano II. la minacciò , dice 1 ’ Illoria , di darle il ga- ftigo , col quale fi correggono i fanciulli nelle icuole . Non pollon far venire in mente cola tale , fe non fé collumi già llabiiid, o che fi procura di llabilire . Abbiamo veduto , come le leggi leguono i collumi : veggiamo ora , come i collumi fegua- no le iccei . CA- ( J-sg- Vili. Cod. de repudih . ìb) E (Taik Legge delle XII. Tavole . Vedi Cice¬ rone Filippica feconda . [c] Si 'verbertbus , qui ingcnms ^licnA /ani , a/ì- cientsrn frobaverit, [d] Novella 117. Cap. XIV. Delle Leggi. Lib. XIX. Gap. XXVII. 2.4.9 CAPITOLO XXVII. Come le leggi fojfono contribuire a formare i cojìumi , le maniere , eà il carattere £ una Naùone . L e coftumanze d’un popolo fchiavo fonci una porzione di fua fervitu; quelle d un popolo libero Tono una porzione di Tua liberta. Ho parlato nel Libro XI. {a) d’un popolo libero : ho efpofti i principi coftitu- zione ; veggi amo quali effetti han dovuto fe- guirne, qual carattere abbia potuto formarfene, e quali maniere ne rifultano [è] . Non dico , che il clima non abbia in gran parte prodotte le leggi, i coftumi, e le manie¬ re in quella nazione ; ma dico , che i coftumi, e le maniere di quella nazione aver dovrebbero un gran rapporto alle Tue leggi. Siccome vi farebbero in quello Staro due po- teftà villbili j la poteftà legislativa, e T efecutri- cc , [al Capìtolo VI. [S] Quefto è un Capitolo , fu cui potrebbe farli un gran cemento , qualora fe ne volelTero rilevare tutte le inefattezr.e , Vedemmo , come il Signore di MON¬ TESQUIEU ha confijfe le tre poieftà, di cui ha parla¬ to nel Lib. XI. Cap. VI. e lègg. Quefto difetto ne pro¬ duce altri molti nell* applicazione , ch’ei fa di quefte tre poteftà , a’ coftumi, ali.' maniere, ed al carattere del¬ la Nazione Britannica. ( RiHef. d’ un Anon. ) ijo Dello Spirito ce, e che ogni Ckcadino vi avrebbe la Tua pro¬ pria volontà , e valer farebbe a l’uo talento la propria indipendenza ; cosi la maggior parte del¬ le perfone avrebbe più affetto per una di quefte poteftà, che per l’altra, non avendo d’ordina¬ no il maggior numero de’popoli badante equi¬ tà e fentimento , per afkzìonarfì egualmente a tute’e due [i] . E fìccome^ la poteftà cfecutrice difponendo dì tutti gl impieghi dar potrebbe grandi fperanze , e non mai^ timori , tutti coloro , che da ella ottenefìero , firebbero inclinati a rÌvoI- geru dalla Tua banda , e potrebb^ efière inveftita da tutti coloro , che nulla da lei TperafTèro [f]. Tutte le paflìoni elTendovi' libere, f odio, 1 ’ invidia , la gelofìa , la fete d’ arricchirfì , e di fegnalarli , d farebbero vedere in tutta la loro eden fon e ; e fé ciò altramente fèguìfle , farebbe lo Stato qual uomo abbattuto da una malattia, il quale non ha paflìoni, perchè non ha forze [d], L* odio .W poceftà efecutrice dee piuttofto dare de’gran- di timori , ^ e non mai fp“ran2e , perchè per dia natura impone^gàftighi , e non comparte grazie. La dirpofizio- ne degl impieghi non appartiene propriamente alla po- teda elècutrice; anzi converrebbe alla Legislativa,[ Ridef. d’un Anon.; ^ [d] Le confeguenze , che qui ci pone in moftra 1 '^ Autore , fon^ tutte gratuite, poiché non è dell’ elTenza d uno Stato, in cui le poteftà fono diftinte, che tutte le paflìoni vi fieno libere. [ Riflef. d’ un Anon. ] ^ fi) Tutto queflo Capitolo è lavorato fui folo modello degllnglefì. Delle Legi . DiBiXIX. CAP4XXVII. V odio , che farebbe fra’ due partiti, dure¬ rebbe perchè farebbe fempre impotente.^ Eifendo quefti partiti compofti d’uomini libe¬ ri , fe uno foverchiaile troppo 1’ altro , l effet¬ to della libertà farebbe , che quefto farebbe ab- bafTato , mentre i Cittadini, come le mani, che aiutano il corpo , verrebbero ad alzar l’altro da terra . Siccome ciafcun privato fempre ìndipendente feguìrebbe afl'ai i fuoi capricci , e le fue fanta- iie , con frequenza fi muterebbe di partito; fe ne abbandonerebbe uno , e fi darebbero le fpai- le a tutt’ i proprj amici, per unirfi ad un altro, nel quale d troverrebbero tutt’ Ì proprj nemici 1 e con frequenza in quella Nazione fi potrebbe¬ ro dimenticare le leggi dell’ amicizia, e quelle dell’ odio , Il Monarca troverrebbefi ne’ cali lleffi de’ pri¬ vati ; e con tra le ordinarie maflìme della pru¬ denza farebbe fovente forzato a dar la Tua con¬ fidenza a coloro , che 1’ avrebbero più offefo , ed a privare della fua grazia quelli, che meglio 1’ hanno fervito , facendo per neceflìtà ciò che gli altri Sovrani fanno per elezione . Si teme di perdere un bene, che fi prova, che gran fatto non fi conofce , e che ci può eflèr mafcheratoj ed Ìl timore ingrandifce fempre gli oggetti. Inquieto farebbe il popolo rifpetto alla propria fituazione , e ne’ momenti ftejffi più fidi ri temerebbe dì trovarfi in pericolo. Tanto più, che coloro, i quali s’opponeflè- ro con maggior forza alla poteftà efecutrice, con- I ^ t Dello Spirito confefTar non potendo gl’ ìntei-eflàti motivi di loro oppoiizione , accrelcerebbero i terrori del popolo , ^che non Hiprebbe mai chiaramenre s’ ei II trovane in pericolo , o no . Ma quefto ftefTo contribuirebbe a farlo fc hi va re i veri pericoli, a quali pocrebb cfière efpofto in avvenire , Ma il corpo legislativo avendo la confidenza dei popolo, ed efTendo più illuminato di luì, potrebbe lanario dalle ree impreffioni , che retri diiido luogo u' maggiori , tutto umtebbe- fi a prò della potefia efecutuce , ^ Che Te le difpLite. foirero formate in occafio- ne del violamento delle leggi che compariffe una ftraniera Potenza farebbevi una rivoluzione , che non muterebbe la forma del governo , né la fua coftitupone . avvegna che le rivoluzioni , che forma la liberta, atro non fono , che una conferma di quella , Una libera Nazione può avere un^ Libe¬ ratore : una Nazione foggiogata non può avere fe non fé un altro opprell'ore . . r u Imperciocché ogni uomo , che ha forza ba¬ llante per cacciar colui, che già fi trova allolu- to padrone in uno Stato , ne ha quanto ba¬ lla per diventarlo efib ftefib Siccome per godere la libertà fa d uopo 5 che ognuno dir pofla ciò , che ha in penfieio , e che, per confervarla abbifogna la cola ftel- fa ; un Cittadino in queflo Stato direbbe, e icri- verebbe tutto quello , che le leggi ^ non gli han proibito efpreffamente di dire , o di fcrivere. Qriefla nazione fempre ardente potrebbe con più agevolezza efier guidata dalle fue paffioni , che dalla ragione, la quale fopra Je ménti uma¬ ne non produce mai grandi effetti : farebbe age¬ vole a quei, che la governafiero Ìl farle efegm- xe delle intraprefe contrarie a^ veri fuoÌ interefifi. Amerebbe quella nazione in grado fommo la fua libertà , perchè quella libertà farebbe vera : e potrebbe darfi, che per difenderla , fagrificaf- j(e i fuoi averi, i fuoì comodi 3 i fuoi interefifi z che 2.S4 De ILO Spirito che fuccumbefre die più dure impofizioni, qua- ii non orerebbe d'efigere da'proprj fudditi il più alioluro Sovi'ano. Ma ficcome avrebbe una cognizione certa del¬ la necellìcà di fuccumbervi ; che pagherebbe col¬ la ben fondata fperanza di non più pagare, vi larebbero più gravi i peli , che il Tenfo de’ me- aelmii : dove per lo contrario vi fono degli tati , ne quali il lènti mento è infinitamente maggiore dei male . vrebbe un credito certo, come quella , che prederebbe a^ lè della , e da le pagherebbefi . 1 otrebbe darli, che co fa intraprendeflè fuperiore ^ lue forze naturali ^ e facelle valere con tra i luoi nemici inameni finte ricchezze, che ver- lebbero fatte reali dalla fidanza , e dalla natura del luo governo. Pci conlervare la propria libertà prenderebbe In impredito da’ fuoÌ fudditi ; ed i fuoì fudditi, i quali vedrebbero , che perduto farebbe Ìl lor credito j qualora venifle conquidata , avrebbero un motivo di più fare ogni sforzo per difende¬ re la propria libertà , Se queda nazione abitafle un’ Ifola, non la- lebbe conquidatrice , perchè l’indebolirebbero le conquide feparate . Se buono fodè il terreno di oi qued Ifola , lo farebbe ancor meno , come quella , che non avrebb’ uopo della guerra per arricchirfi. E llccome niun Cittadino dipendereb¬ be dall’ altro , ciafcuno farebbe più conto della propria libertà, che della gloria d’alcuni Citta¬ dini , o d’ un folo . QiuvI Delle Leggi. Lib. XIX. Cap. XXVII. ^ Qliìvì fi confidercL-ebbero i militari come per- fone d' un meftiero , cbe può efler utile, e con frecjuenza dannofo , come perfone , i cui fervigj fon laboriofi per la llefla nazione: e più vi ver¬ rebbero avute in conto le civili cjualita . Quefta nazione , che la pace , e la libertà ren¬ derebbero agiata , libera da’ pregiudizi diftruggi- tori, farebbe inclinata a darfi al commercio . Se avelTe alcuna di quelle merci f i) primitive, che fervono a fabbricare quelle colè , cui dà un gran prezzo la mano dell’ artefice , far potrebbe Idabi- limenti atti a proccurarfi il godimento di que¬ llo celefte dono in tutta la fua eftenfione. Se quefta Nazione fi trovafie piantata verfo il fettentrione , e che avcftè numero grande di prodotti fuperfiui , ficcome le mancherebbero altresì molte merci, che non produrrebbe il fuo clima , farebbe un commercio neceflario , ma grande , co’ popoli meridionali : e fcegliendo gli Stati, cui elTa favorirebbe d’ un commercio van- taggiofo f farebbe de’ trattati di recìproca utilità colia Nazione, che aveftè fcelta (i) . In uno Stato , in cui da un lato eftrema fa¬ rebbe l’opulenza, e dall’altro ecceffive le impo- fizioni, con foftanze limitate , ftenterebbefi a vi¬ vere lènza induftria. Molte perfone col prete- fto di viaggiare, o delia fanità , volterebbero le fpalle alle lor cafe, e fe n’ andrebbero in cerca dell’ abbondanza nel paefe ftelTo del ferv aggio . Una fi] lana , [i] Co ^QUogheJl, .. commerciante ha numero prò- àgiofo di piccioh intereffi privati. EJla può a- unque cfìer gabbata, e gabbare in milie forme. C^uelta diverrebbe in eftremo gelofa , e più s'at- trifterebbe delEalcrui profperità, di quello godef- le della propria. ® Le fue leggi poi , miti per altro , ed agevo- 1 j potrebbero efler si Tevere rifpetto al com- meiciOj ed alla navigazione, che farebbefi preflb di lei y che parrebbe eh’ ella trafficade con foli nemici. quella Nazione fpedille in lontane regioni delle colonie, lo farebbe più per dilatare il fuo commercio , che il fuo dominio. Siccome altri è vago di flabilire altrove ciò , che trovali llabilito in cafa propria , darebbe la Torma del Tuo proprio governo a’ popoli delle lue colonie ; e quello governo portando lèco la prolperita , vcdrebbonlì formare grandi popola¬ zioni negli llellì bofehi, ne’ quali ella malidade ad abitare , Potrebbe darli , che avelie un tempo Ibggio- gata una vicina Nazione , la quale per la Tua /ìtuazione , per la bontà de’ Tuoi porci, per la natura delle fue ricchezze, le darebbe della gelo- iia : cosi quantunque dace le avellè le proprie s terrebbe in una gran dipendenza , in guida, che i Cittadini vi farebbero liberi, e che lo Stato ftedb farebbe fchiavo. Lo Stato conquiftato avrebbe un ottimo go¬ verno civile , ma farebbe oppredb dal diritto delle genti i e fé gl’imporrebbero leggi di na¬ zione Delle Leggi, Lib, XIX.Gap.XXVII. 257 zione a nazione , le quali tali farebbero , che la fua profperità farebbe folo precaria, e come in depofito per un padrone . La Nazione dominante abitando una grand' Ifola , ed effendo in poflctfo d’un gran com¬ mercio i avrebbe tutte le facilità per aver delle forze marine ; e fìccome la confervazione di fua libertà richiederebbe , che non aveife né piazze, nè fortezze , nè rndizie terrei!:ri , avrtbb'uopo di un' armata marittima , che la difeiidefl'e didle invalìoni ; e la fua marina fa. ebbe faperiore a quella di tutte le altre potenze, le quali, aven¬ do bifogno d^ impiegar le lue rendite per la guerra terrei!:re , non ne avrebbero più quanto vi vorrebbe per la guerra marittima. L impero' del mare ha lempre data a' popo¬ li » che 1 hanno polTeduto , una fierezza natu¬ rale , poiché conolcendofi capaci d’infultare per tutto , credono , che il loro potere non abbia altro confine , che l'Oceano . Quella Nazione aver potrebbe una grande in¬ fluenza negli affari de' Tuoi vicini. Impercioc¬ ché , fìccome non impiegherebbe la fua potenza conquiflare , fi ricercherebbe più la fua ami¬ cizia , e più fi temerebbe il fuo odio , di quel¬ lo fembralTe prometterlo I’ incoftanza del iuo governo, e la fua agitazione interiore. Qiiindi farebbe il defti.no della poceftà elecu- trice l ellcr quali fempre*''iiiquiecata internamen¬ te, e rifpettata al di fuori. Se accadefte, che quefta Nazione divenillè in alcune occafìoni il centro de' traffichi Europei, Tm. //. R. elTa Dello Spirito clfa v' indarrebbe un poco più di probità, e di buona fede , che le altre : poiché efl'endo i liioi mi ni fi ri obbligati fovente a giudi fica re la loro condotta ad un con lìgi io popolare , ì lor negoziati non potrebbero eflèr fegreti, e per tal riguardo fi vedrebbon codrctti ad efier al- <]uanto più onoraci. In oltre, ficcome firrebbero in qualche modo mallevadori de’ cali , che potrebbe far naicerc una condotta dravolra , il partito più ficuro per efifi fitrebbe il prendere il cammino più diritto . Se i Nobili avuto a ve fiero in certi tempi nel¬ la Nazione un potere eccelTìvo , e che il Mo¬ narca avelie rinvenuto il modo d abballarli, coll* innalzare il popolo, il punto delh edrema iervi- tù dato farebbe fra il momento delfabbaffunen- to de’ grandi, e quello, in cui il popolo avefiè cominciato a provare il Tuo potere . Potrebbe darfi , che queda Nazione efièndo data altre .volte foggetta ad un potere arbitrario, ne avefiè in più .Qcc^pni confèrvato io dile : di modo che fui foh^ d’un governo libero Yedrebbefi con frecjuenza la forma d’ un governo afic)luto . Rifpetto alla Religione , ficcome in quedo Stato avrebbe ogni Cittadino la fua propria vo¬ lontà , e verrebbe perciò guidato da* proprj lu¬ mi , e dalle proprie fantafie , feguirebbe , o che ciafeuno avrebbe molta indifferenza per tutte le forte di Religioni, di qualunque fpecie fi fode¬ ro , c perciò ognuno farebbe indotto ad abbrac¬ ciare la Religion dominante > o che fi avrebbe Delle Leggi . Lib.XIX. Cap, XXVII. 1^5 zelo per la Religione in generale, e perciò fi moltiplicherebbero ie fette . Non larebbe cofa imponìbile, che vi foHero in quefta Nazione delle perfone, che non avef- fero Religione, e che tuttavia non foffrirebbero, che n voiellèro obbligare a mutar quella , che avellerò , fe una ne ave fièro : concionìaché rx- leverebber torto, che la vita , ed i beni non ap¬ partengono più .ad erti , che la maniera loro di penfire ; c che chi può toglier 1' uno, può an¬ che maggiormente involar V altro . Se fra le differenti religioni , una ve ne fof* fe , al cui ftabilimento fi forte tentato di giun¬ gere per mezzo delia^ fchiavitù , querta vi fareb¬ be odiofa ; perchè , iìccome noi giudichiamo del- le cole da vincoii; e dalle ciixoftanze ^ che vi ponghiamo, querta non fi prclèncerebbe mai al¬ la mente colf idea di libertà . Le leggi^ contra coloro , ì quali profèllaflèro querta religione , non farebbero fanguinarie; poi¬ ché non s immaginano dalla libertà fìffatte forte di pene; ma reprimerebbero a fègno, che fareb¬ bero tutto il male, che può far fi a fangue freddo , Potrebbe darfi in mille guife , che il Clero forte tenuto in sì poco conto , che pxfi d’effo filmati fofiero gii altri Cittadini . Quindi in ve- sp^i>v^rfi amerebbe meglio fuccumbere agli Ci 1 pefi de laici, ed a tal riguardo formare un medefimo corpo : ma ficcomc fi fludierebbe fem- pre di cactivarfi il rifpetto dei popolo, fi fe- giialeiebbe con una piu rifèrvata condotta, e con piu puri cortami , Que- R 2 téo Dei-lo Spirito Qiiefto Clero protegger non potendo la Re¬ ligione , nè eflér da quella protetto, mancando-' gli la forza per coftringe e , fi ftudierebbe dì per Tua de re ; vedrcbbonfi ufeire della Tua penna ottimi libri per provare la rivelazione , e la provvidenza dell' Ente fupremo . Potrebbe accadere , che fi eludefiero le fue afTemblee, e che non fe gli volellè permettere di correggere i fuoi medefimi abufi ; e che per un de lirio della libertà, fi amalle piuttofto la** feiare imperfetta la fua riforma , che comportar¬ lo riformatore . Le dignità facendo parte della coftituzionc fondamentale , farebbero più ftabili che altrove : ma per altra parte i Grandi in quello paefe dì libertà accollerebbero di vantaggio al popolo : adunque gli ordini farebbero più feparaci > e le perfone più confufe. Avendo quei, che governano , per cosi erprì- merci, una poteflà , che rinafee, e fi rifa ogni giorno j avrebbero riguardi maggiori per coloro, che lor fono utili, che per quelli, che li diver¬ tono : quindi vi fi vedrebbero pochi cortigiani, pochi adulatori, pòchi compiacenti, finalmente poche di quelle perfone, che fanno pagare a Grandi le loro medefime inezie . Non vi fi farebbe gran confo degli uomini di talenti, o dì doti frivole , ma di reali qualità > e di quello genere ve ne fono due fole, le ric¬ chezze, cioè, ed il merito perfonale. Vi regnerebbe un iullb fodo, fondato , non già fui raffinamento della vanità , ma fopra Delle Leggi . Lib. XIX.Cap.XXVII. i (Ji quello de" bifogni reali, e d cercherebbero nelle cofe quei foli piaceri ^ che vi ha collocaci la na¬ tura . Vi fi goderebbe un gran fuperfluo, e mal gra¬ do ciò vi farebber bandite le cofe frivole; quin¬ di avendo moki più facoltà, che occafioni di fpendere , ne farebbero bizzarro impiego ; in quefta Nazione vi dominerebbe più lo fpirito , che il gufio . Siccome altri verrebbe Tempre occupato da’ proprj interefiì, non vi fi vedrebbe quella puli¬ zia , eh’ e fondata nell’ ozio ; ed in fatti non vi farebbe tempo per ciò . L epoca della pulitezza Romana è la medeli- ma^ che quella dello fiabtlimento del potere ar¬ bitrario. Il governo afioluto ingenera l’ozio, e 1 ozio fa nafeere la pulitezza . In^ una Nazione quanto rnaggìore è il nume¬ ro di coloro , che hanno bifogno d’ averli de" riguardi fcambievoli, e di norì difguftare, tanto maggior pulitezza vi regnerà. Ma aliai più dob¬ biamo diftinguerci dalle barbare nazioni per la pulitezza de"coftumi, che per quella delle ma¬ niere . Infuna Nazione, in cui ogni' uomo a modo luo S mgenfie nell’ amminiftrazione dello Stato , conviver non dovrebbero con gli uo¬ mini. Adunque iarebbero modefie , vale a dire, timide : quella timidezza formerebbe la loro vir- ’i mentre gli uomini fenza amoreggìamen- 1^^^ ^ '■’^^°*^^^'ebbero ad un libertinaggio, che lafcaebbe loro tutto 1' ozio , e la libertà loro . R 3 Le x 6 % Dello Spirito Le leggi non eflèjidovì farce più per uno , che per alerò parcicolare , ciaicuno conùdorerebbe fé medefimo qual Monarca ^ e gli uomini in que¬ lla Nazione , anzi che concittadini , farebbero confederati . Se il clima dato aveffe a molti uno fpìrito inquieto , e delle mire eftefe in un paefe, in 'cui la coilituzione darebbe a cìafeuno una'parte del governo 5 c politici in te refi! , molto fi par¬ lerebbe di politica ; vedrebbonli perfone , che panerebbero la loro vira nel calcolare avveni¬ menti, i quali, per la natura delle colè, e pel capriccio della fortuna, cioè a dire, degli uo¬ mini , non foggiacciono gran fatto al calcolo . In una libera Nazione è con gran dilli ma fre¬ quenza cofa indifferente , che i privati ragionino bene, o male: balta che ragionino : quindi efee la libertà , che allìcura degli effetti di quelli llef- fi raziocini • Nel modo ficlTo in un governo Difpotico e ugualmente perniciofo , che ragionili bene, o male , balla , che fi ragioni, perchè vada a ter¬ ra il principio del governo . Molti , che non fi curerebbero di piacere ad alcuno , fi darebbero in balia dei proprio umo¬ re ; la maggior parte , che avefiè fpìrito , lareb- be dallo Ile fio Tuo fpirito tormentata : coi difpie- gio , e col difgpfto di tutte le cofe , con canti motivi di non eflerlo , colloro farebbero infelici. Niun cittadino altro cittadino temendo , Ila Nazione farebbe fiera : poiché la fierezza ue Re è unicamente fondata fulla loro indipendenza. Lo Delle Leggi. Lis.XIX. Cap.XXVII. Le Nazioni libere fono fuperbe, le altre con più faciltà poiTon eilèr vane, Ma quefti uomini sì alteri vivendo molto con gìIì fteffi, troverrebbonfi con frequenza in mezzo a psiTone ignote ; farebbero timidi , e vcdrebbcfì in efiì per lo più un bizzaro mefcuglio di rea vergogna , e d' alterigia . Il carattere deila Nazione comparirebbe foprat¬ tutto nelle fue opere di fpiritOj nelle quali fi vedrebbero perfone raccolte , e che avrebber pcn- fato da fc fole . La Società c’in legna a conofcere ciò ch^ é ri¬ dicolo : il ritiro ci ammaeftra a conofcere i vizj. Sanguinofi farebbero i loro fcritti fatirici , e ve- drebbonfi preflo di loro molti Giovenali , prima d’incontrarvi un Orazio . Nelle Monarchie eftre ma mente afiblute tradi- fcono ghiftorici la verità, perchè non hanno la li¬ bertà di fcrivere : tradifcono la verità negli Stati eftremamente liberi a motivo della loro fiefifa li¬ bertà, la quale, producendo fempre deile divilìo- ni, ciafcheduno fliffi tanto fcbiavo de' pregiudizj di fua fazione , quanto lo farebbe d’un defpota-, I loro poeti avrebbero con più frequenza quel¬ la ruvidezza originale dell'invenzione, che una certa delicatezza, la quale dà il gufio: vi fi rileve¬ rebbe alcuna co fa, che più s'accoderebbe alla forza di Michclagnolo, che alla grazia di Raffaello {e). \ 4 LI- " — l.i ■_ - _ I _ j—_| - JL {e) Non fo fe fìa per trovarù ciuefto quadro , clic fanbmigli ; ma certamente la Tua uniformità coll' origi¬ nale non dovrà afe riverii a' principj , che cL ha efpofti il noftro Autore. (' Riaef, d’ mi Anon, ; libro X X. 164 s. Delle Leggi nel rapporto, che hanno col jj commercio confiderato l'iella fua na» „ tura j e nelle fue diftlnzioni „ , Docpth quA max'mns Atlas . Virgil. Eneid. CAPITOLO PRIMO. Del Commercio . L e materie, che feguono , richiederebbero efier trattate piu ampiamente ; ma noi per¬ mette la natura di quefV’Opera. Vorrei fcorrere fopra un fiume tranquillo , e fono ftrafcinato da un torrente . Sana Ì1 commercio i pregiudìzj diftruggitorì [i], ed è qua/i una regola generale, che ovunque fi trovano dolci coftumi, regna il commercio , e che (1) A render è i coturni gentili , e dolci conférifcs pìh il clima , ed una educazione fa'vi a ^ e letteraria» che il commercio. I Ternani fenza commercio erano gen^ fili , ed afahili : I Fortoghefi nel maggior lor commercio fono fiati feroci . JE’ il lujfo principalmente che ammollifce i cofiumi. Delle Leggi , Lib. XX. Cap. I. che ovunque regna il commercio ^ fi trovano dolci coftumi. - 1- r ■ n. - Non rechi adunque maraviglia , le i noitri coftumi fon meno feroci di quello, che era¬ no un tempo . Ha fatto il commercio . che la cognizione de* coftumi di tutte le Nazioni fiefi per ogni dove infinuata : ^fonofi uguagliate fra elfe , e ne fon derivati beni grandìffimi. Poftiam dire , che le leggi del commercio per¬ fezionano i coftumi per la ragione medefima , che quefte leggi iftefte rovinano i coftumi (z) (a). Corrompe il commercio i coftumi puri (h): era quefto il motivo delle lagnanze di Platone : dirozza ed impiacevolifce i coftumi barbari, co¬ me veggiamo accadere alla giornata . CA- (a ) Quertò vuol elTere dilucidato. Il commercio rende gli uomini più focievoli , o le li vuole , meno feroci , più indufti'iori , più attivi ; ma li rende ad un tempo fteno meno coraggioli ^ più feyeri intorno al di¬ ritto perfetto, meno lenlibili a’l'entimenti di generolltà. Il fircema del commerciante lì riduce con frequenza a quefto principio : che cìafeuno lì affatichi per fé , com’ io mi affatico per me : non vi chieggo cofa alcuna , fé non offerendovi ciò, eh’ effa vale j fate voi l'ifteffo , ( Riflef. d’ un Anon. ) (b) Dice Cefare Ae'Galli , che la vicinanza, ed il commercio di Marlìglia gli avevano in gui(a corrotti, che elfi, i quali avevano un tempo Tempre debellati i Germa¬ ni , gli erano divenuti inferÌo;i. Guerra de'Galli, Lib.VI. (i) Il Commercio porta ricchezze e luffa , e corrom - pe il valore . Il commercio fa gli micini fcaltrì, e guajla la femplieità , e la buona fede . Tutto fi vende in un pnefe di commercio , Dello Spiriy^ CAPITOLO IL Dello fp trito del Commercio . Tr Effetto naturale del commercio è il porta- re alla pace (r). Due naziont, che trafEca- no iiifìenie ^ rendonli dipendenti a vicenda : le r una ha interefTe di comprare, l’altra lo ha di vendere , e tutte le unioni crovanll fondate fo- pra indigenze vicendevoli. Ma fe lo fpirito di commercio unifce le Na- ' 2Ìoni, non unifce nel modo fteffo i privati. Veg- giamo , come ne’ paefi (a)^ ove altri è foltanco addetto allo fpirito di commercio , fi fa traffico di tutte le umane azioni, e di tutte per fino le morali virtù : le cofe più picciole , quelle , che efige 1 umanità , vi fi fumo , o vi lì danno per oro {^) . Lo fpirito di commercio produce negli uo¬ mini un certo fentimento d’efatta giuftizia, op- po- [à] L’ Olanda . _[b] Se il Signore di MONTESQUIEU avelTe pra¬ ticati gli Olandelì, avrebbe molto efteuuato quello paf- fo . ( Kiflef d’ un Anon. ) ^ {^) gran fonte delie guerre è il Commercio i Egli e gelofo , e la gelofia arma gli Uomini . le guerre de Cartaginefi i e de Romani, de' Venezolani , de' Crenovefi, de Pifani, de' Portoghefi, e degli Olandefi, de’ Prancef, e degl Inglefi ne fono teflimoni . Se due nazioni trafficano infieme per reciproci bijogni, fono c^uefii hi fogni che fi op¬ pongono alla guerra , non già lo fpirito del commercio >■ Delle Leggi. Lib, XX. Gap.II. «oilo per una parte al ladroneccio , e per l’ ai- fra a quelle vitti, motali , le quali fanno ^, che non fi vadano fempte efaminando con tigoie i propri intereffi , e che fi pollano trafcurare pei jU altrui. • j La total privazbns del commercio produce cer lo contrario il ladroneccio , che Ariftotile novera fra i modi d* acquiftare . Non e lo ipi- rito oppofto a certe virtù morali j a cagion a cfempio 7 h ofpitalità , rariffima nc’ paefi di com¬ mercio , h trova maraviglio fame ntc fra i popo¬ li ^ che vivono di rapina fzj . ^ E’ un racrilegio fra i Tedefchi, dice il tener chiufa la propria cafa a chicchera, fof- {è , o non foflè peiTona nota . Qi^^gH > che ha efercitata (c) h ofpitalità verfo il foreftiero , lo conduce in un" altra cafa, che panmente la efer- cita 5 e vieiivi accolto colla ftella umanità . Ma poiché gli Alemanni ebber fondato de" Reami , la loro ofpitalità divenne gravo fa a" medefìmi . Ciò fi rileva da due leggi del Codice {d) de' Borgognoni, una delie quali pone una pena ad of^ni barbaro , che ìndicaflè ad un foreftiero la cafa d" un Romano ; e T altra difpone , che co- Ini. (c) Et qui modo hofpes fuerat , monfir^Aor hoffitìi , De Moi'ib. German. Vedi anche Celare , Qmrrt dille Callie y Lib. VI. ('d) Titolo 38. ( 1), Eerche V a'vidìtà « minore ir^ popoli plvftgp , che tra popoli Itijfurcggianti , Vove e minore (fviditky lui « ntttigiort OfpitalìtÀ . 2^8 Dello Spirito lui, il quale riceverà un foreftiero , farà tìm- borlaro dagli abitanti, ciafcuno per la fua quota. CAPITOLO IH. D^ll^ povertà de* popoli ^ ■y I fono due forte di popoli poveri quelli V renanti tali dalla durezza del governo j e quelli fono quali incapaci d^ alcuna virtù (t) , menti^ la loro poyenà forma una parte della lo- .8^ fono poveri j o perchè han¬ no ! piezzàti j o perchè non hanno conofeiuti 1 comodi de la vita ; e quelli far polTono cofe k^ioro^JiV^*^ ^ povertà forma una parte del- CAPITOLÓ rv. Del CQMfneTcìo ne ■ divevjl ^evevnt. IrTA il^ commercio del rapporto con la colli- ^ JI-^ tuzione . Nel governo d" un folo è d’ or- mano ondato fopra il lulTo j e quantunque o la ancora fopra i bifogni reali , P oggetto uo principale lì è il procctirare alla Nazio^iie , che lo fa, tutto quello, che fervir può al fuo or- • ^ valóre : la fervitU- è oppofla al corae- gto y e a ^erp , ì^ell^ liberta V uomo no^ ì de* gradati/ dal timore^ e'combatte per fe :■ nella fervkù $ fiupidOi ne vuol fembattere pel tiranno . Delie Leggi • Li?. XX. Cap. IV, orgoglio j alle Tue (delìzie , ed a fuoÌ capricci , Nel governo di più è con maggior frequenza fondaco fuU’economia. Avendo i negozianti 1 * occhio fopra cucce le nazioni della terra , por» tano a quella ciò , che ritraggono _ da quella , Cosi appunto le Repubbliche di Tiro , di Caiv tagine, d'Atene, di Marliglia , di Firenze , di Venezia, q d’Olanda hanno fatto il commer¬ cio fi) . Quella fpecie di traffico rifguarda il governa di più per la fua natura, ed il Monarchico per oc- canone . Imperciocché lìccome è fondato foR tanto nella pratica di guadagnar poco , ed an¬ che di guadagnar meno che alcun^’altra nazione, e di non compenfarfì in altro modo , che con¬ tinuamente guadagnando , non è poffibile che iìa adattato per un popolo , predò di cui è Uà- bilico il ludo , che fpende molto , e che non mira fe non fe grandi oggetti fi). Con quelle idee appunto Cicerone egregia- men- (i) Non è Jìafo per cagione della coflituìàone^ che ^ucfie Repubbliche fi fono date al commercio dì Economiaf ma per forza del fuolo . Un fuolo fiorile non fomminifira materia al commercio di robe proprie : dunque o fi ha da perire, o fi ha da fare un commercio di economia. Se L’ Irt~ ghilterra divenijfe Repubblica popolare , non a’vrehbe hì~ * fogno di commercio di Economia j perche il commercio de fuoi granii e delle fue manifatture bafierehbe a fo~ fienerla nel medefimo grado . Se la Repubblica di Venezia fojfe nel Milanefe , o nel Regno di Napoli , non avrebbe bifogno del commercio di Economia. [i] principio falfo per la ragifim detta di fopra - , 170 Dello Spirito menrc diceva Io non amo, che un medcfi- o> mo popolo fia ad un tempo il dominatore , ed il littore delhUnìverfo In filtri con¬ verrebbe fupporre , che ogni privato in quefto Stato , e tutto lo Stato medelimo, avellerò fem- pre la teda piena di grandi progetti , c quella me- delìma teda piena di piccioli j la qual cofa im¬ plica contraddizione ( 3 ^ , Non e già, che in quelli Stati, i quali fudì- ftono pel commercio economico , non faccianlì anche le grandi imprefe , e che non fìavì un ar¬ dimento 5 che non fi trova nelle Monarchie : ec¬ co vene la ragione. Un commercio guida ali* altro, ìl picciolo al mezzano, il mezzano al grande j e colui, che ha avuta tanta voglia di guadagnar poco , fi pone in una lituazione , in cui non ne ha meno di guadagnar molto. In oltre le grandi imprefe de' negozianti tro- vanfi per necedìtà mefcolate mai lempre co' pubblici affari. Ma nelle Monarchie gli affari pub¬ blici fono per Io più tanto fòfpetd a* mercatan¬ ti ^ quanto i medefimi fèmbrano loro ficuri ne¬ gli Stati Repubblicani . Non fono adunque le grandi imprefe di commercio per le Monarchie , ma fa) eundem popnlum imperatùrem , pertitO’ Yet» ejfe ttrrarum . [ 3 ] Verì0mo , Ma, le rendite de' Romani erano fondate fa le con^uìfie . Ne’ tempi nojlri nimo imperio potrebbe avere qaejìo fondamento. Delle Leggi . Lib. XX. Gap. IV. 271 ma pel governo di molti ('4J. in fomma una certezza maggiore della propria profpericà, che fi crede di avere in quefti Stati, fa tutto intraprendere ; e perchè altri h reputa ficuro di ciò , che ha acquiftato, ardifce d^’efpor- 10 per vie maggiormente acquiftare ; non li cor¬ re, ri fchiop fé non fu i mezzi d"* acquiftare : ora gli uomini molto fi promettono di lor fortuna. Dir non voglio, che fiavi alcuna Monarchia , la quale fi a totalmente efclufii dal commer¬ cio economico ; ma- eftk vi è meno portata dì lua natura , Dir non voglio , che le repubbliche a noi note fieno del tutto prive del commercio di lufib , ma quefto ha meno relazione alla loro coftituzione. Quanto allo Stato Difpotico fiirebbe inutile 11 farne parola. Regola generale : in una Na¬ zione, eh è fchiava , fi lavora più a conlèrvare, che ad acquiftare : in una Nazione libera fi la¬ vora piu ad acquiftare, che a coulervare (b) , CA- (b^ Ho gran dubbio , che queffca divifione ili som-~ fnercio economicù ^ ed i» commercio di lujfo , appaghi rut¬ ti . almeno non vi ha ragione d’ eflTerlo , del larciarci il Signor Ptelìdente a indovinate ciò, che incender dobbia¬ mo per quefte due fpecie dì commercio. L’ Aurore dell» Spirilo delle leggi ridotto in quìntejfenza gli rimprovera in qumo luogo la mancanza della definizione , e porta un paflo di Cicerone : noi 1’ abbiam fatto più d'una fia¬ ta [4] principio motore di quefie imprefe non è il com* mercto, ma « la eofiiùnza delle forze , e ì: avidità , il commmto nm eh» m pnro ifrommto, Dello Spirito i7i CAPITOLO V. Ve’ popoli j che hanno fatto il commcnh economico , M Arfiglia, iieceffano rìdro in mezzcjr ad un mar burrafcofo , MarfigUa ^ qu^fico , a cui tucd i venti, i banchi marÌE^, la diipofi- zione delle Tpiagge comandano > che s' approdi, fu frequentata da’marinari. La fterilità (a) del fno territorio determino i fuoi Cittadini al com¬ mercio economico . Fu d’ uopo eh’ eilì foflèro làboriofì per fupplire alla ributtante natura ; eh’ eìTì fpiTer giufti per vivere fra barbare nazioni, che formar doveano la loro profpericà ; ch’effì foflèro moderati, affiiichè il governo loro con- tinuaflè ad efler tranquillo : in fomma che avef- fero de’ coftumi frugali , perchè viver poreflèro fempre d’un commercio , il quale manterrebbe¬ ro ta . Ma non abbiamo maggiormente comprefo Ìl fignifica- to, che dar dobbiamo a quanto dice il Signore di MON- TESQUIFU in queflo luogo. Non mi _.quadxa , a ca* gion ci'efempio , perchè quefti due iami di cominema far non ii potefTero in uno Stato , qualunque h o - lè la forma del governo , purché i Negozianti elìer po- telfei'o alìicurati a un poire/lb pacifico di tutto que o , che acquiilano . ( Rifleb d’ un A non, ) (aj Giuftino Lib. XLHI. Gap. Ili* DvElle Leggi. Lib. XX. Cap. VI. 175 ro con più fìcurezza, allorché folle; meno vaii- taggiofo (i; . Abbiam veduto per ogni dove j dalla violen¬ za ) e dalla vedìizioiie elfèr nato il commercio economico , allorché gli uomini fon coilretd a cercare alilo fra 1 ? lagune, nell' [fole , ne^ balli fondi marittimi ^ e per fino negli fcogli . Cosi appunto Tiro , Venezia , e le città Olandelì fu¬ rono fondàCÉ^* trova ronvi i fuggi afe hi la lor ll-^ carezza . Fu fór^a fulTìftere, ed ellì ritrallero la lor fulTiftenza da tutto L univerfo (b). CAPITOLO VI. Alcnni effetti d" un a grande navlgaTLÌone , C Egue talora , che una nazione, la quale fa il commercio economico , abbifognando d’una merce d un paele , che le lervc di fondo per proc- curarll le merci d'un altro,, jfi contenta di'gua¬ dagnar pochilHmo , e talora niente affatto fopra alcune , colla fperanza, o colla certezza di eua- //, S V (h) Vi fono delle merci, che fervono al folo luf- 10, altre alle indigenze della vita ; ve ne fono di quel¬ le , che fervono pel lulFo, e pel necedario , ec. Una na- 21011 commerciante abbraccia tutto ; proccuta d‘ appaaa- re tute 1 deadetj , e poco le cale_, che fe ne facci^a un •° ‘ ‘Cofa è adunque iì commsr- etù at lu-JJOi n commercio d'eemomU? (Rifief.d'un Anon.) (i) Si^eftz fono i veri principj del eommerch di £cenomta , e non cofiitHX,ione , ì 74 DEtto SriRiTo dagnar molto full'’ altre. Così , quando 1 ’ Olanda facea quali fola il commercio dal mezzodì al fet- rentrione Europeo , i vini dì Francia , che por¬ tava al fettentrione , non le fervìvano in cerco modo che di fondo per fare il Tuo commercio colà . E' noto s come in Olanda con frequenza certi generi di merce venuta dì lontano non vi fi ven¬ dono più cari di quello fieno coftaci fu' luoghi fielli . Ecco la ragione, che fé ne dà. Un Ca¬ pitano, che ha bifogno di zavorrare il fuo va- Icello , “prenderà del marmo ; abbifogna dUegna- me per l’ordine delle mercanzie , ne comprerà j e purché nulla vì perda , crederà d'aver fatto molto . Così anche 1 ’ Olanda ha le Tue pietrie- re , ed i Tuoi bofclìi. Non folo può riufeir vantaggiofo un com¬ mercio , che nulla frutta, ma può efferlo ezian¬ dio un commercio fvantaggiofo . Ho udito dire in Olanda, che generalmente parlando , la pefea della balena , non rende quali mai ciò , eh è coftata : ma quelli , che fono fiati impiegati nel¬ la fabbrica del vafcello ; quelli , che hanno ^fom- miniftrati gli attrezzi, gli apparecchi, i viveri, fono anche quelli , che hanno Finterefie' mag¬ giore in quella pefea . Se perdono nella pefea, hanno guadagnato nelle cofe divifate . Quello commercio é una fpecie di lotto , ed ognuno e fedotto dalla fperanza del guadagno . Ognuno e vago di giuocare , e di buon grado giuocano le perfone più fagge > quando non veggono le apparenze del giuoco, i fuoi deviamenti, le ^ue Delle Leggi. Lib.XX. Cap.VIL 275 violenze , i Tuoi di Hi pa mentì, il gicto del tem¬ po , ed anche di turca ia vita, CAPITOLO VII. Spìrito dell’ Inghilterra intorno al eommercìo . N on ha V Inghilterra tariffa regolata con le altre nazioni; fi muta per dir cosi la Tua tariffa in ogni parlamento per le taflè particola- li ^ che toglie, o che impone. Ha efl'a voluto confervare la fua indipendenza anche fopra dì quello . Gelofà^ in fommo grado del commercio, che lì fa prelTò di lei, poco lì lega con trattati, e dipende dalle fole fue leggi . Altre nazioni hanno fatto cedere gPinterelTì del commercio agLinterelTi politici: efl’a ha fat¬ to fempre cedere i fuoi intereflì politici agP inte- reflì del fuo commercio ( i ). E I unico popolo , che abbia meglio faputo prevalerli in un tempo di quelle tre gran cofe, della Religione, del commercio , e della liber¬ tà (^), __S z CA- aereo r Autore . che la M azione fiali abufara deUa Relieione , Fa poco o- noie a quella quefto elogio : coinè è per un’ altra nazio- A r che prefTo «pi'fl ^1* * di tutte le umane azioni, e di tutte perfino le morali virtù . la ^ il mare . Bifogna armar- riAfì Trr'j forma la marmai lama^ rtna e U baioardo dell Ifila ^ Dello Spirito CAPITOLO Vili. Coms impedìfce talora U commercia economico, S Onofì fatte in certe Monarchie leggi attilTìrae ad abbaOàre gli Stati , che fanno il com¬ mercio economico . Si è loro vietato il portare altre merci fuorché quelle del terreno dei paefe : non il è loro permedb il venire a trafficare , fe non con navi della fabbrica del paefe , al quale fi portano ( i j . Fa d’uopo , che lo Stato, il quale impone ftf- fatte leggi , pofià con facilità fare Ìl commer¬ cio egli fteffio (z): fenza di ciò fivà , a dir poco, un torto uguale a fe me deiimo . meglio 1' aver da fare con una nazione , che poco eiige, e che vien renduta in qualche modo dipendente da" bifogni del commercio: con una nazione, la quale per l’ampiezza delle fue mire, o de" ftioi affari, fa ove collocare tutte le merci fuperflue j che è ricca , e può caricarli di molte derrate : che le pagherà fpeditamente : che ha per dir così, delle neceffità d" efièr fedele : che è per principio pacifica : che cerca di guadagnare , e non (i) il gYund' ^tto degl’ It^gl^fi f^tto fotto Crotnvvel ^ principio della decadenz,a degli Olande^ . , - (i) Principio vero . Egli fnojìra , che a noi^ il traf¬ fico meno danneuole è quello cogli Olandefi : pia qne lo degl' Inglefi : moUiJfitno quello dclrancefi. 4 Delle Leggi . Lib. XX. Cai», IX. 277 non di conquiftare : è meglio , torno a dire , i' aver da fare con quefta nazione, che con al¬ tre fcmpre rivali, e che non darebbero tute’ ì divifati vantaggi, CAPITOLO IX, DeWefclaJlva in fauo di commercio . L a vera mallìma lì è il non efcludere fen- za motivi grandlllìmi dal proprio com¬ mercio Nazione veruna . I Giapponefi traf^- cano con due fole Nazioni , con i Ciiinefì , e con gli Olande/i , Guadagnano i Chinefì mille per cento fopra il zucchero (a)^ e talora altret¬ tanto fopra i prodotti , che riportano. Gli O- landeli fanno de guadagni poco diver/ì . Ogni Nazione, che lì regolerà falle mafTime Giappo- neh, farà di necellìtà ingannata . La concorren¬ za e quella, che pone alle merci un prezzo giu.- fto, e che fìffa fra elle le vere relazioni. Molto meno dee uno Stato loggettarfì a non vendere le fue merci , fè non fe ad una fola Nazione , col pretefto , che la medefìma le pren¬ derà tutte ad un dato prezzo . I Polacchi han¬ no fatto per li loro grani quello contratto col- S 3 la (a) Il P. Halde , Tomo II, pag. 170. (i) Nel he» regalato cùmmercìo fi pojfono efcludere alcune merci , ma non fi dee efcludere alcuna nazione f ^ante piu fono , farà, più ‘vantaggiofo per noi . i Turchi Jerhano fuefia fnajfima , lyS Dello Spirito Ja Città di Daiizica : parecchi Re delRlndie fan¬ no hmiglianti contratti per le Ipezierie con gli Olandefi {b ). Quefte convenzioni fono proprie foltanto ad una povera Nazione , la quale vuol perdere la fperanza d’arricchirli , purché abbia una fìcura fuffiftenza ^ od a Nazioni, il cui fer- vaggio conlille nel rinunziare all' ufo delle cofe, che loro date avea la natura , o a fare fopra quefte cole uno fvantaggiolo commercio fij* CAPITOLO X. S.abilìmento proprio al commercio di econonna , N Egli Stati, che finno il commercio dì econo¬ mia fonoli fortunatamente ftabiliti de’ban¬ chi , i quali col loro credito hanno formati nuovi fegni di valori. Ma li farebbe male a tralportarli negli Stati, che fanno il commercio di luflb . Il pianrargli in paefi governaci da un folo , è un fupporre il danaro da una parte, e dall’altra la poceftà, che è quanto dire, da una parte la facoltà d’ aver rutto fenza alcun pote¬ re, e dall’ altra il potere con la facoltà di nul¬ la avere . In fomtgliante governo non vi è ftato mai Ciò venne prima ftabiiiro da’ Portoghefì. Vi^^- gì di Francefco Fyrard ■, Csp. XV. Parre II. {ì.) 1 Portoj>he(l hanno un trattato del ij 6 i. prejfo a poco Jttnile cogl' In^leji. .f^uindi dipende eh e£i tMito /t fludiana di proteggere ti Portogallo . Lèggi * Lib* mai che il folo Sovrano , il quale abbia avuto, o che abbia potuto avere , un teforo ; ed in ogni luogo , in cui ve n’ è uno j coito che è ecceiTivo^ diventa Tubico teforo del Sovrano ( i ). Per la ragione medefìma le Società de" nego¬ zianti , che li unifcono per un dato commercio, di rado convengono al governo d' un iolo . La natura di lìfFatte Società conlìfte nel dare alle ric¬ chezze private la forza di ricchezze pubbliche, Ma in quelli Staci una tal forza non pub tro- varfi , fé non le nelle mani del Sovrano . Dico di più : le medefìme neppur Tempre convengono agli Stati, ne" quali fi là il commercio di eco¬ nomia : e le gli aftàri non fono si grandi, che trafcendano la porrata de' privati, fi farà ancor meglio a non legare con efclulìvi privilegj la li¬ bertà del commercio (a)'(z) > S 4 CA- (a.) Perchè le iftùazioni differènti , di cui parla in quefto luogo l'Autore , non converrebbero di pari al governo d* un folo , ed a quello de’ più? Tutto dipen¬ de dalla particolar forma del governo per rapporto all aifoluto, ed all’ arbitrario , e non già per rapporto al numero di coloro, i quali governano.(Rillef.d’un Anon,) (i) Si vede , (he l’Autore riguarda il Bun-co dì Law. Mu quejio non cadde per forta della coJìituz.iene ^ ma- per le cireojlanze * in cui tro'vojjì la Corte dopo la morte di Luigi XIF. e pel troppo fuoco de' Francejt . Vedi Dutot t e la Storia de' Sifiemi . (i) Molti Inglefì hanno declamato centra le Campa* gnie . Vedi i difcorji di Hum. Ma egli e certOy che un gran commercio non fi può fare fenx,a de* gran fondi ; ni quefii 'averfi fenza le Compagnie , La gelofia de Lrincipì le terrà fempre hajfe , E di qui, e che io non credo, che nelle Monarchiepejjd ffervi mai, fe non mediocre commercio. 2So Dello SriniTo CAPITOLO XL ComlnHazjone del medejtmù foretto . N Egli Stadi che fanno il commercio di eco¬ nomia, fi può flabihre un porto franco. L* economia dello Stato , la quale fegue fempre la E'ugalita de’ privati , dà , quali dilli , P anima al fuo economico commercio . Ciò > che viene a perdere in tributi collo ftabiiimento, di cui par¬ liamo , viene compenLito da ciò, eh’ ei può ri¬ trarre dall’ induftriofa ricchezza della Repubbli¬ ca . Ma nel governo Monarchico fomiglìand fta- bilimenti farebbero centra la ragione : altro ef¬ fetto non produrrebbero , falvo Ìl follevare il lullb dai pelo delle impofizioni . Altri privereb- befi dell’ unico bene, che il hi Ito può proccura- re, e del lolo freno , ch’ei polla ricevere in una fomigliante coftituzione (a) (i) , CA- [a] Direbbefi fu quello Capìtolo , che per commef~ ciò di economi» indica l’A Licore quello, Ì 1 quale fi fa iti un pae-e , in cui il popolo c economo ; e per commev- ciò di lujfo quello , che fi fa in un paefe , in cui il popolo è portato al lulTo . Non vi veseo chiarezza , ( Rifief. d' un Anon. ) CO "Farebbe di peggio , Indebolirebbe il commercio attivo j a nAfura che Ji animerebbe il pajflvo. Se m vs~ de un efempo in Tofeana , DfLi-E Leggi. Lib. XX. Cap. XII, iSi CAPITOLO XII. Della libertà del commercio , N on è la libertà del commercio una facol¬ tà accordata a* negozianti di far ciò , che loro aggrada : quella farebbe anrd la fervitù. Ciò^ che lega il mercatante , non ifttinge ’il com¬ mercio (i). Appunto nel paele libero trova il negoziante infinite contraddizioni ; Jiè è meno attra ver fato dalle leggi, di quello fi alo ne'’ paelì di fervitù (i) . Vieta V Inghilterra P ufcita delle fue lane : vuole, che il carbone venga trafportato nella capitale per mare : non permette P ufcita de* fuoi cavalli ^ fe non fon tagliati : i vafcelli del¬ le fue colonie (4), che trafficano in Europa, deb¬ bono por l'ancora in Inghilierra fj). Effa lega il negoziante j ma ciò riefee in vantaggio del commercio, CA.- [a] Atto di navigazione del i^^o. So Itanto in tem¬ po dì guerra quei di Bofttìn , e di Filadelfia fpediro.^ no i lor vafcelli addirittura a portare le loro derrate fi¬ no nei Mediterraneo , [1] Il commercio dee fervtre allo StAto^ lo to al commercio , dicom gl' Inglefì. 1%} _ Perche vi e pochijfimo commercio , ed e uà pun¬ to invijihile alla legge. {jJ Per mantenere la fuhordìnaz,tone delle Colonie alla Metropoli . FJfe altrimenti fi emanciperebbero , come fi emanciperanno un giorno. Djèlj.o Spirito CAPITOLO XIII. ciò , che dijìrugge {^uejìa lihen'k * O VE tro%'ari commercio , efiftono le Doga* ne . U oggecco del commercio é il rraf- porco , e V introduzione delle merci in favor dello Staro (4) 5 e 1 oggetto delle Dogane è una certa taffa fopra quefto ftedo trafporto , ed Ìii* troduzione parimente a prò dello Stito. Bifo- gna adunque, che lo Staro fi fiia neutrale fra la Tua Dogana , ed il Tuo com.mercio , e che faccia sì j che quelle due co/e non fi attravcr- fino : ed in tal cafo vi vien goduta la libertà del commercio (ij . La [a] Leggete in favor del privato . Il commercio 1 Ì fa i e dee farii per bene , e per vantaggio dei privato i ed il bene , che per lo Stato ne rildlta , ne dee efiere la confeguen^a. La ragione in ver/a di quella propolizio- ne , cioè , che il commercio dee farfi in favor dello Sta¬ to , che il vantaggio del privato dee elferne la confe- guenza , guida a malfime , ed a regolamenti, che fanno perdere il commercio. Potrebbe l’Olanda foraminiftrar- cene degli efempj •, quello però non impedilce , che li verifichi , che debba elTer vietato ogni commercio che ridondi in pregiudizio dello Stato. ( Riflef. d'un Anon.J [i] che e do ejfer neutraleì Kceo una foUt/t hiz&ar^ ria di parole . Valea meglio a calcolare, quamoiper no» ledere la libertà del commercio , potejfe efere grande la Dogana. La libertà del commerdo è pùjia nell' attività del fuo moto . Un gran pefo l' arrefa. Si vuol cercare qual è il pefo , che non t arrejla. Dove la Dogana co¬ mincia a pefar troppo , ivi comincia la ferviti* del Com¬ mercio* Delle Leggi . Lib, XX. Gap. XIV. 285 La Finanza diftrugge il commercio con le Tue ingiuftizie } con le Tue vefìazioni 3 con 1 ecceilìvc fue impofìzioni j ma efTa lo diftrugge anche indipendentemente da ciò colle difficoltà, che fa nafcere , e colle formalità , che efige . In In¬ ghilterra 3 ove le Dogane fono in ammì— niftrazione , trovafi una {ingoiare facilità dì traffico : una parola di fcritcura fa gli più grandi , né bifogna , che un mercatante perda infinito tempo » e che abbia de" fattori a pofta per troncare tutte le difficolta degli Appaltato¬ ri 3 o per fotte metter vili (2) . CAPITOLO XIV. Delle Leggi di commercio , che tolgono la confifcazjone delle merci . L a Carta grande degl’ Inglefi vieta il prende¬ re , ed il eonfifeare in cafo di guerra le merci de’ negozianti foreftieri, qualor ciò non folle per rapprefaglia . Eli" è buona cofa , che la Nazione Inglefè abbia formato di ciò uno degli articoli della fua libertà . Nella guerra , che ebbe la Spagna con gl’In- glefi l’anno 1740 elTa fece una legge {a) , che puniva colla morte coloro , i quali introducef- fe- [a] Pubblicata in Cadi ce nel mefe di Marzo 1740, [z] E t^HsJìo farebbe defderabile da ^er tutte, ove e commercio . 284 Dello Spirito fero negli Seat! SpagnuoU merci Ingleiìj ed im- ponea la pena medefima a quelli , che porcalTe-. ro negli Srati Inglefi merci Spagnuole. Editto iomig lante non può a_ mio credere trovar altro modello, che nelle leggi del Giappone. Elfo è con¬ trario a^noftri coftumi, allo fpirito di commer¬ cio, alParmonia, che dee trovarli nella propor¬ zione delie pene i confonde tutte le idee, facen¬ do un delitto di Stato ciò, che è una femplice violazione di polizia . , capitolo XV. Della TÌtenxàorie de* corpi* I N^ Arene ordinò Salone [a] , che per debiti civili piu non obbiighsrebbefi il corpo . Ei prele quella legge dall Egitto [é] : vi era fiata ratta^ da Boccorì , e 1’ avea rinnovata Sefojìrl . . quella legge per gli ordinarj affari civili [cj j ma noi abbiamo ragione di non feguirla in quelli del commercio. Imperciocché efien* [a] Plutarco nel Trattato : Che non fi dee prcflare ad ufura. r j [b] Dhdero , Lib. I. P. H. Cap. IlL [cj Biafitnevoli erano i Greci Legislatori, che avea- no vietato il prendere in pegno le armi , e P aratolo d' un uomo e poi perraetteano che fi prendefle lo fle/To uomo . Diodoro, Lib. I. Parte II. Cap. ITI. ( fegl’ iftru- menti necefiarj per la difefa , e per la rufiì/lenza non fo¬ no comuni, fé fono necelTarj al roAentamento della fa- c co.^ piu dicevole il prender 1’ uomo , che i fuoi iflmmenti. Rifief. d’un >inon, ; Delle Leggi. Lib. XX. Cai». XVI. 285 eflèndo i negozianti obbligati a fidar grandi forn¬ irle per tratti di tempo fovente alTai corti , dì darle, o di riprenderle, forz* è che il debitore adempia Tempre nel termine afiègnato a" fuoì impegni : e ciò fuppone la ritenzione del corpo. Negli affari derivanti da^ contratti civili ordi¬ nar) la legge non dee dare la ritenzione de’cor- pi , perchè fa più conto della libertà d’un Cit¬ tadino , che dei comodo d’ un altro. Ma nelle convenzioni derivanti dal commercio la legge dee far più conto del comodo pubblico , che della libertà d'un Cittadino : e ciò non impe¬ dì fce le reftrizioni, e le limitazioni, che poffbn volere 1' umanità , e la buona polizia. CAPITOLO XVL ». Bella Legge . L a legge dì Ginevra , la quale efclude dalle Magiftrature 5 ed eziandìo dalP ingreffb nel Configlio i figliuoli di coloro , che hanno vif- futo i o che fono morti fenz’aver pagato, qual¬ ora non paghino i debiti del padre loro , è ot¬ tima . Produce la medefima quello effetto , che dà della confidenza per li negozianti, la dà per li Magiftrati, e fa Piffeffb per la medefima Cit¬ tà . La fede privata vi acquilla ancora la forza della pubblica fede. CA- tB 6 Dello Spijlito capitolo XVIL Le^^e dì Rodi . Q uei di Rodi s’innokrarono dì più Dice Seiko Empirico [a], che prefTo di loro un hghuolo noti potea far di meno di pacrare i de¬ biti del padre col rinunziare la fucceffione. Era data la legge di Rodi ad una Repubblica * foni data lui commercio : ora io credo , che la ra¬ gione del commercio vi doveflè porre tjueila li¬ mitazione, che ì debiti contratti dal padre , da che il figliuolo avea comincialo a commerciare, non danneggerebbero ì beni dal Edio acquifta- ti. Dee un negoziante conofeere fempre le pro¬ prie obbligazioni, e condurfi in ogni iftante fe¬ condo lo flato di fua fortuna. CAPITOLO xviir. De* Giudici per lo commercio ♦ S Enofonte nel Libro delle rendite vorrebbe , che fi afiègnaflero de"* premj a quei Prefetti del commercio, che con più ioliecitudine :^edi- feono le caule. Conofeeva egli il bifogno della noftra confolare giurifdizione. Po¬ ca] Ipotipofi Lib. I. Cap, XIV. Deile Leggi. Lib.XX. Cap.X tX. 287 Pochiffime formalità ammettono gli affari del commercio . Sono azioni giornaliere j che deb¬ bono efi'er feguite ogni giorno da alcr« della me- deflrna natura . Voxz è adunque , che po^lfano ef- fere decife ogni giorno . Tutto altrimenti proce¬ de la cofa nelle azioni della_ vita , le quali mol¬ to influifcono fopra l' avvenire , ma che acca¬ dono di rado . Non fi prende moglie , che una volta : ogni giorno non fannofi donazioni > o teftamenti : fi diviene maggiore una volta fola . Dice Platorfe (a) , che in una Città ; in cui non vi é commercio marittimo , vi vuol la me¬ tà meno di leggi civili ; ed è veriiTìmo . Intro¬ duce il commercio in uno ftello paefe popoli differenti , numero grande di convenzioni , di fpecie di beni, e di maniere d’acquiftare. Quindi in una Città commerciante vi ibno meno Giudici, e più leggi. CAPITOLO XIX. Che il Sovrano non dee fare il commercio . V Edendo ‘Tcofilo (a) un vafcello, ìn cui erano delle merci per Teodora fua moglie , io fe¬ ce divorar dalle fiamme, ,, Sono Imperadorc ,, j, ie difie , e voi mi fate padrone di galea. So- » pra che potranno campar la vita le povere » perfone , fe noi ci ponghiamo a fare anche il lo- [a] Delle Leggi, Lib. YHI. Zonata, iSS Dello Spirito »> loio meftiere,, ì Avrebbe egli pocuto agglun- gere : chi potrà tenerci a fegno , fe facciamo de’ monopolj ! Chi , d coftringerà ad adempire 1 ^ noftn impegni ? Quefto commercio , che fac- ciam noi, far Io vorranno i cortigiani; eiTì fa¬ ranno più avidi, e più ingiufti di noi. Il po¬ polo ha fidanza nella noftra gìuftizia, non ne ha nella noftra opulenza ; tante impofizioni , che formano la Tua miferia, fono prove certe della noftra, ' CAPITOLO XX. Continftaz,iom del medejlmo Jhggetto . N el tempo , in cui i Portoghefi, ed ì Ca- ftiglianì dominavano neir Indie Orientali , SI ricchi rami aveva il commercio , che Ì loro Sovrani non mancarono dì farlo fuo . Ciò ap¬ punto rovinò in quelle partì i loro ftabilimenti. Il Viceré di Goa accordava a perfone private de privilegj efclufivì : altri non fi fida dì tali perfone : il commercio é troncato dal perpetuo cambiamento di coloro, a" quali fi affida : tiiuno bada a quefto commercio, né fi cura di lafciarlo rovinato ai fuo fuccefTore ; il profitto rimane nelle mani de' privati, né fi dilata quanto bafta. Dille Leggi . Liff, XX. Gap. XXI. iSc) CAPITOLO XXL Del Commercio della Nomlta nella Monarchia , E Contra lo fpirito del commercio che P éferciti nella Monarchia la Nobiltà. Ciò riu- » fcirebbe dannofo alle Città , dicono gl' Im- » pcradori Onorio , e Teodofw (a) , e toglierebbe « fra' mercatanti , ed i plebei , la facilità di » comprare, e di vendere „ ( j). E’ contra Io fpirito della Monarchia , che la Nobiltà vi faccia il traffico . L' ufo, che ha per- melTo in Inghilterra il commercio alla Nobiìtà , c una delle colè , che abbia contribuito di van¬ taggio ad indebolirvi il governo Monarchico (a). Tom. IL T pA j > Cod. de commerc. e lee. ult Cod. de refcmd. vendit. ® * *.fr tl Nobile trucca , tavidità dc>Umte~ njfe abbajfa I altertgta della Nobiltà : non penfa ad effe- Y 'Cercante . Allora la confidenza e la facilita del comprare , s del vendere . ì tra il pl,blo ed tl inerbante'y non tra il plebeo , ed il Nobile . L»J Abate Coyer nel fuo libro ; La Nobiltà tr^f ficnte ì * „„ toro f j» una Monarchia inchinante al Biftoti fimo. Sarebbe dunque a defiderare , che tmt'i NohilÌ di tutte le Monarchie d'Europa trafiicaffero. Sarebbero »* »^ranm.. Nelle nofire Jonarchfe " t %T Dello Spirito l'JO C A P I T O L O XXII. RÌJleJJìonì particolari . P Ei'fone , alle quali ha fatta ìmprefTìonc ciò, che vien pratic-ato in alcuni Stati , s’avvi- fano che vi vorrebbero in Francia delle leggi , le quali impegnaflèro i Nobili a fare il commer¬ cio (i) . Sarebbe quello il modo di diftrugger- vi la Nobiltà fenz' alcun prò pel commercio . PrudetitiiTìma è la pratica di quello paefe : i ne¬ gozianti non vi godono la Nobiltà, ma polTono acquillarla : hanno la fperanza d' ottenerla , fen- za averne il di Tordi ne attuale : non hanno mez¬ zo più ficuro d’ufeire della lor profellìone, del farla a dovere , e di farla con fortuna j cofa , ^he trovali annelfa d'ordinario alla capacità fi). Le Leggi, le quali preferivo no, che ciafeuno fi rirnanga nella propria profelllone , e la traf- metra a’fuoi figliuoli, nè fono, nè polTono elTer proficue negli Stati Difpotici (a)j ove ne può ^ nè dee alcujio avere emulazione . Né mi fi dica , che etafeheduno farà meglio la fua profeffione , quando non potrà lafciarla per darfi ad un'altra. Io dico, che fi fara me- [i] Vedi l’Ah, Coyef: La noblelTe commerciante , _ [i] che fanno in. uno Stato tanti Nobili pezzenti ì Sifognerebbe chè La coflituzìone di i^uefo Stato fojfo a ^uet ra. Cattiva cofiituzione per li tempi £a] In fatti ciò vi è fovente cosi ftabilito . Delle Leggi . Lib. XX. Gap. XXII. 25 1 glio la propria profelTione, quando quelli , che vi fi faranno fegnalaci, fpereranno di pallk-c ad un’ altra [^] . L’ acquifto , che può fard della Nobiltà per mezzo del danaro anima grandemente i nego¬ zianti a porii in grado d’arrivarvi . Non Ini fo ad efiininaie , fè (i open bene a dare in tal guifa il prezzo della virth alle ricchezze ; ^d ha tal Governo, in cui quello può edere vantas:- gioummo (5) , * In Francia quell’ordine della Toga , eh’è col locato fra la Nobiltà grande, ed il popolo , il ^ ^ qua [b] Mai uo Quando in un paefe il carattere di planruomo non bafta; e che per cilér ricevuto ne* circo Il n vuole un titolo , e pet non enere berfa^lio a con- trafTegni di _ dii pregio , il commercio non vi iàrà fortu¬ na : le le ricchezze debbon fervirc per paliàre ad un’alrr* profellione e cne tal mezzo fa la llrada d’ ufeire d'uno btato conhderato come vile , neppure il commercio fulTi- ftera , inentre il commercio non è foftenuto , fé non Cc da quelli , che fono in grado d'abbandonarlo. Il neoo- zianre non dee avere altra emulazione , falvo quella^’ d’ aumentare _i fuoi fondi per fare un traffico maViore Non convien difliornare le Tue idee da ' affinchè coli-accrefeimento del commercio^e- prfva'tf h’ ceva lo Stato un aumento di forza , e di poLza In Aiemagna fmgolarmeiitc veggonfi i rei cffecti , che vi produce la maflima oppofta . ( Riflefs. d’ un A non. ) (3) Go'xierno farebbe quello la Tbìfii-n J i le , ed iljofiegno fojfe il commereh . La JìneU no JT' ne può ejjere tale , ' * Se tutn ricchi mercmti pofon ejfer Nobili in una Me- nmchia, non m e Nobiltk vera, SiHefa teoria I altra di non dovere trafficare i Nobili, ^ lijz Dello Spirito quale , fcnz’ avere lo fplendore cU quella , ne gode tute' i privilegi ; quell’ ordine , che lafcia i privati nella mediocrità, mentre il corpo depo¬ lì tar io delie leggi è nella gloria ; quell' ordine altresì , in cui non vi ha altro mezzo di fegna- larfi , che pel talento, e per la virtù : profelTio- ne onorevole, ma che fa vederne Tempre una più dipinta: quella Nobiltà, tutta guerriera, la quale penfa , che qualunque fia il grado dì ricchezze , in cui uno fi trovi , convien fare la propria fortuna} ma che è vergogna 1 accrefcc- re i propri averi , fe non fi comincia dal diffi- parli ; quella parte della nazione, che ferve lem- pre col capitale de* Tuoi fondi ; che quando c in rovina , dà ad mn altro, che pur fervili col proprio capitale, il Tuo pofto } che va alla guer¬ ra, perche niuno ofi dirle che non vi è ftata } che quando non può fperar le ricchezze , fperà gli onori : e quando non li conleguifce , fi fola perchè s'ha fatto onore : tutte quefte coP- hanno di neceffità contribuito alla grandezza dì quc(lo Regno . E lè da due , o tre ha Tempre mai dilatata la fua potenza, forz'e alcri- ver ciò alla bontà delle Tue leggi, non alia for¬ tuna 3 che non ha tal coftanza ("4) • Xcco urna /cappata francefe . Cht legge ria da Carlo Vili, in qua, vede hne, che Nobiltà , che ha ingrandita la Francia , ma p I cpprcfione della Nobiltà . L'avere aboliti L V aver i Sovrani di quel Regno ottenuto pt Dilie Lsggi . Lib.XX. Gap. XXIII. 19} CAPITOLO XXIIL ^ NAzÀonì è fvmt^.ggtofo il cQmmersio , C Onfiftono le ricchezze in fondi di terreno o. in effetti mobili : i fondi di terra dt cia- feun .paefe fono d" ordinario poflèduci da' fuoi abitatori. La maggior parte degli Stati hanno delle leggi, che ributtano Ì foreftieri dall’acquifto delle lor terre : non vi ha tampoco altra cola , che le faccia valere » fuorché la prefenza del padrone : adunque un tal genere di ricchezze fpetea ad ogni Stato in particolare . Ma gli ef¬ fetti mobili, come Ìl danaro , le cedole , le let¬ tere di cambio , le azioni fopra le Società, i ba- ftimenti, tutte le merci, appartengono a tutto il mondo , il quale per tal rapporto compone un folo Stato , i cui membri fono tutte le So¬ cietà i ed il popolo , il quale po(lègga copia maggiore di quefti mobili dell' univerfo , è il più ricco . Alcuni Stati ne hànno copia immenfa : ciafeuno gli acquifta colle fue derrate , col la¬ voro de' fuoi artefici, colla fua indùftria , colie fue feoperte , per mezzo del cafo ftelfo . L'ava¬ rizia delle nazioni fi contrafta i mobìli di tutto T 3 l'uni- . . . ' ' — " .■■■■■,. t j imperio . L aver difctplinate le pnprie milizie, è fiata la cagione^ dello ÌTìgrandimento di Trancia. iHetro Ìl Grandt ha così ingrandito l'Impero Mojeovita , come Luigi XIK il Trance fi » 194 Dello Spirito i'univcrfo . Può darfì uno Stato sì infelice, che venga privato degli effetti degii altri paefì , ed eziandio fino di quali tute' i proprj : allora i proprie carj de’fondi di terreno vi faranno fem- plicernente coloni de' foreflieri . Tutto manche- fà a quefto Stato , e nulla potrà acquifiare : fa¬ rebbe aliai meglio , eh' ei non avelie commercio con alcuna nazione del mondo : il commercio è quello , che Io ha ridotto alla mi feria nelle circoftanze , in cui fi trovava. Un paefe , il quale fpedifee meno merci , o derrate, di quelle, che riceve, fi pone eflo ftef- fo in equilibrio coll’impoverirfi : riceverà fem- pre meno fino a che in una edrema povertà non riceva più cofa veruna (i). Ne' paefi di commercio il danaro , eh’ é {vanito in un fubito , corna , perchè lo debbo- no gli Staci , che lo han ricevuto : negli Stati, de' quali parliamo , il danaro non torna mai , perchè quelli, che l’hanno ricevuto, nulla deb¬ bono . In quello luogo ci fervirà d’efèmpio la Po¬ lonia . Eflà non ha quafi alcuna delle cofcjche noi chiamiamo effetti mobili dell’ univerfo, qual- or non fodero le biade de’ fuoi terreni. Alcu¬ ni Signori po(leggono intere Provincie ; mole- dano il contadino per avere una copia maggio¬ re di grano da potere fpedire a' foredieri , e proccurarfi le colè, che richiede il lor ludo. Se la (i) Ma non Avrk pure du dur cofu ulcum . Delle Leggi. Lib. XX, Cap.XXIII. la Polonia non trafficade con alcuna nazione , ì fuoi popoli fìirebbero più felici . 1 Tuoi grandi , i quali altro non avrebbero , che d loro grano, lo darebbero per vivere a’ ìor paefani : le gran¬ di polTclTioni ìor farebbero a carico , le divide¬ rebbero loro paefani : ognuno trovando delle pelli, o delle lane ne’ fuoi armenti, non vi vor¬ rebbe più una fpefa immenfa per far degli abi¬ ti: i grandi, che amano fempre il luffo ^ e che noi potrebbe!* trovare fe non nel paefe loro , animerebbero i poveri alla latlca * Dico , che quella nazione farebbe più florida j qualora non diventadè barbara : ma quello prevenir fi po¬ trebbe dalle leggi < Facciamoci ora a condderàre il Giappone. La quantità eccelfiva di quello, che edo può ricevere, produce 1’ eccclTiva quantità di quello , che può fpedlre; faranno le co^e in equilibrio , come fe il rrafporto j e P intTrtdo folfero moderati : ol- tredichè quella fpecie di ripienezza produrrà mil¬ le vantaggi allo Stato ; vi avrà maggior con fu¬ mo : più cofe, fopra le quali pedono le ani e- fercitarlì ; più uomini imp:cgati j più mezzi d' acquiftare potenza . Pedono darfi de’ cali , ne’ quali fi abb>fogni d’ un pronto ajuto ^ uno Stato si pieno pot.rà darlo più fpeditamente, clis un altro . E’ difficile > che un paefe non abbia cofe fuperflue , ma tale appunto è la natura del comrtiercio , che rende utili le cofe fuperflue, e le utili necedarie . Potrà adunque lo Stato dar le cofe nècefiarie ad un numero maggiore di fudditi. T 4 Di- Dello Spirito Diciamo adunque , non efler le nazioni ^ clic di nulla abbilognano quelle , che perdono a fa¬ re il commercio: ma quelle , che abbifognano di rutto. Non fono i popoli, che hanno tutto CIO che vi vuole per folleneriì ; ma quelli, che nulla hanno in cafa loro ^ che trovano del vaiv raggio nel non trafficar con alcuno (a) (2). Li¬ ra) Il signor di MONTESQUIEU , moftra d'ef- fer vago di parado!fi . Ma in un’ opera di <]ucfla tempra convien parlar chiaro , non vi ha cofa più fuor di luo¬ go eie giuochi di parole . ,, Un paefe, dice l’Autore , il M quale rpedifee Tempre meno merci , o derrate di ciò , a» che riceve , fi pone da fé rtclTo in equilibrio , impo¬ si verendofi ,, . Quefto pafl'o nulla fignifica, qualora non fia quivi collocato per dirci , che un paefe, il quale ri¬ cava da un altro paefe per un valore maggior di quel¬ lo , che fomminiftra , a lungo andare dee impoverirli ; ed in tal cafo quello palio dice una cofa, che tutti fan¬ no . Ne conclude il Signor di MONTESQUIEU. „ che »> non fono le nazioni , che di nulla abbifognano, qiiel- s5 le, che perdrmo a fare il commercio: che fon quelle, » che abbifognano di tutto . Non fono ( ei continua ) i popoli, che hanno turco ciò, che vi vuole per Ibftc- 9> nerfi , ma quelli , che nulla hanno in cafa loro , che M trovano del vantaggio nel non trafficar con alcuno . E con che mai trafficheranno popoli , che nulla hanno? Non acculiamo il Signor Prefìdente di non aver detta la verità: imperciocché è evidente , che non può fiip- perfi Cz) Una Kazhne, che non ha htfogno dì nulla , fe non ha tragico, ha poco jitmolo ad avere del foverchto. £lla pah duncfue crollar nel htfogno . £’ una majjltna confermata dalla fperunza , che lo fcolo alimenta i ge~ neri , aumentando l'mdafria . V Inghilterra e una dtfno- frazione parlante di e^uefìa majfma . Z nondimeno la pra/JIma del nofiro Autore « vera fino ad un certo grado ^ libro XXI. M Del e Leee» nel rapporto , che hanno col » 55 rr .... )j commercio connderato neUe rivoluzioni > » che ha avute nel Mondo . CAPITOLO PRIMO. Alcune eonfiderazjoni generali . Q uantunque fia foggetto il commercio a gran¬ di rivoluzioni j può darli tuttavia , che hf- fino per Tempre la fua natura certe fifiche cagio¬ ni j la qualità del terreno, o del clima . Al porfi una nazione capace di romminiflrare alle altre tut¬ te del fuo proprio fondo , di che corapenfare un’ indi¬ genza sì enorme quanto quella del tutto : e che qucUl, che nulla avellerò in cafa loro , dovefTero necciTariamen- te trovar del vantaggio nel non trafficar con veruno ; avvegnaché non avendo alcali valore , che potefTe con- trappefare quello delle merci , che riceveffero , altro lor non refterebbe, che pagare colla propria perfona. Bifo- gnava egli forfè per avere il piacer di non dir nulla , attorcigliare verità così femplici in un confufo ammaC fo di parole ? In rigore è falfo , che un popolo , il qua¬ le non hu nulla in cafa fua , tro^oi del 'vantaggio net non trafficar con veruno j a parlare con proprietà, a que¬ llo popolo manca un vantaggio , eri elfo s’ ingegnerà d’acquiilarfélo , fuoplendo colla propria induftria a ciò, che gii ha negato la natura . f R.Ìflef,id’un AnonJ i*)? Dello Spirito Al prelènte non fàccicimo il connmercio dell* Indie, fé non fé col danaro , che vi mandia¬ mo . I Romani vi portavano ogni anno intor¬ no a cinquanta milioni di reflerzj (aj . Q^uefto danaio, come il noldro d*oggidi, era convertito in merci , che elTi riportavano in Occidente . Tutt*i popoli, che hanno trafficato all’Indie , vi hanno portato mai Tempre de’ metalli, e nc hanno riportato delle merci * Tale effetto è prodotto dalla ftelTa natura . Hanno gT Indiani le arti loro , che fono adatta¬ te al modo loro di vivere . Non è poffibile > che il noftro luffio lor convenga , nè che i no- ftri bifogni fieno analoghi a’ loro . Il loro cli¬ ma nè richiede , nè permette quali niente dì quello , che noi abbiamo . Per la maggior par¬ te vanno nudi , ed i veftiti , che portano , li dà loro convenevoli il paefe ; e la loro Religio¬ ne , eh’ è indeUruttibile (ij (^) , dà a’ mede- fimi- (aj Idinio . Lib. VI. Gap. XXIII. £’ qtiefVa una sf'uggita di penna , per' cui ha chiamaca il noilro Autore indeftruttibile la Religiow de¬ gl' Indiani , La fola verità non può mancare, ed eftin- f uerfi . Durique ia prerogativa di non Toggiacere alla iftruzione conviene foltanto alla vera Religione . Perche mdejirutùhile ? Huejià Religióne ér* iìt Perfì/t i e ‘vi fi e cambiata . Buona parte dell' India fimo Maomettani . Il tempo li farà tutti , Il vino comincia a piacere nell’ Impero Turco , e Perfiano. E' più tofto il cli¬ ma che lor toglie certi bifogni: e queflo clima e fimpre l'f- fteffo . Le pelli , i drappi forti di panno faranno loro eter¬ namente inutili'^ e tra noi eternamente piaceranno gli aromiy le tele di bambagia, le file, e tutte le bagattelle Orientali. Delle Leggi . Lib. XXI. Gap. ir. zpf fimi della ripugnanza per le cofe, che ci fervo¬ no d’ alimento . Adunque abbifognano fokanto de* nokri metalli, che fono i fegni de* valori, e per li quali danno delle merci , che dalla lo¬ ro frugalità , e dalla natura ^ del paefe vengon loro proccurate in gran copia. Gli Autori anti¬ chi , che ci hanno parlato delle Indie , ce le dipingono quali le veggiamo a* dì noftri rifpet- to alla polizia, alle maniere , a’ coftumi (è). So¬ no ftate 1 * Indie, e faranno ciò , che fono oggi, ed in tutt’ i tempi coloro , i quali traffi¬ cheranno all’Indie, vi porteranno del danaro, e non n’ eftrarraiyio, CAPITOLO IL De’ Popoli d’ Africa . L a maggior parte de* popoli delle fpiaggeA- fricane fono felvaggi , o barbari. Penfo che ciò molto dipenda dall’ efferfi fepàratì piccìqli paefì , che pofibno abitarli da regioni quafi non. abitabili. Non hanno induftria ; fon privi d’ ar¬ ti : abbondano di preziolì metalli, che ricevono immediatamente dalla mano della natura . Adun¬ que tutt’i popoli puliti fono in grado di traf¬ ficar con e Ili vantaggiofamente . Pofibno far lo¬ ro [b] V. Tlìnio , Lib, VI. Cap. XIX. e Strahone Lib. XV. joo DiLto Spirito ro {lirn^r molto co(c tli muri Vtilorc j‘ c ricever* ne graiidiflìmo prezzo (i). CAPITOLO in. chi ì bìfognì de* popoli meridionali fem diverjt da quelli de* popoli del fettentrione . V I ha nell' Europa una fpecic dì contrappefo fra le nazioni meridionali, e quelle del fet- tentrione . Hanno le prime tutte le fpecie di comodi per la vita» e pochi bifogni : le fecon¬ de hanno molti bifogni , e pochi comodi per la vita . Alle prime la natura ha dato molto, cd «nè le chieggono pocoj alle altre dà poco la natura, cd effe le richieggono molto. Softienfì l’equilibrio colla poltroneria , che ha data alle nazioni meri¬ dionali , c coll' induftria , e con 1' attività , che ha data a quelle del fettentrione (i). Quefte fe¬ conde fi] Come dall' affrica togliamo tntt'i Regni fidiaco^ fla fettentrtonale, e l' Rtiopia, i popoli^ con cui fi pub trat^ tare , non fono gran fatto così ricchi di oro , che potè fiero alimentare di molto un commercio delle NasLtoni trafican* ti di Europa . E dopo che fuefio commercio fefie aurato un pajo di fecoli , fi ridurr ebbe anche a più poco . Ora medefirnamente il maggior tra fi co , che *vi fi faccia , ì quello degli fchia'vi . fi] La poltroneria e V indù firia hanno fpefio cagio* ite nella educazione, e nel governo^ non già nel clima, J Cartaginefi, i Tiri ^ gli Lgit.j, ed ora i Cinefi jurono t « fono indufirìofifiìmi , 1 Mofeoviti erano gran poitrmi . Deile Leggi. Lib. XXL Cap. TV. 3*^' eonde fon forzate a lavorar molto^, fenza di che tutto lor mancherebbe , e diverrebbero barbare Quefto appaiato ha fatta naturale la^ivitupre - fo i popoli meridionali : ficco me poiTon far di meno facilmente delle ricchezze , polTono anche vie maacriormente far di meno della libertà . Ma i popolt^del Settentrione hanno uopo della liber¬ tà , la quale proccura loro varj mezzi di fod- disfare tute’ Ì bifogni, che la natura ha dati lo¬ ro I popoli del fettentrione adunque trovanu in uno ftato forzato , qualor non fono > o barbari ; quali tutt i popoli meridionali fono in qualche modo in uno flato violento > le noti fono fchiavi [z] • CAPITOLO IV. Dffereftz^a principale del commercio degli antichi da ^ftello de* noftri giorni , S I pone il mondo di tratto in tratto in fitua- zioni tali , che cangiano Ìl commercio Al prefente il commercio dell’ Europa fi fa princi¬ palmente dal fèt cent rio ne al mezzodì . In tal cafo la differenza de’ climi fa_, che i popoli han¬ no . .. ■ ■ . «. ■ 1 « ^ (1) Tutte quejle rijle^oni hanno pochijljfna feltdtta • Si è trovata una Repubblica nel mex.zo dell’Africa, {Sto¬ ria de’ viaggi) , E ve nera una fatnofa nel Mejjìco ( la Repubblica de' Tlafcalefi. Solis conquida del Mejfico). La Mecca era Repubblica, ideila dijfoluziene del grande Impe¬ rio Arabico Momettano nel X. fecole > vi fi formo una Repubblicbetta. Gli Ebrei furono lungo tempo Repubblica. }01 Dello S I* * R I T o 7 i a ri T. <1^1^ merci, gli uni de- ft-cL di r""“ " ,'^'c=»trione formano una di U r “” 1 "“;? 'S'’r “gli amichi. Quin. rp' J, > che mifuravafi un tempo per moggia di grano, fi mifura oggi per botti di liquori (i) . oc' Il commeixio antico a noi noto facendoli da un porto all altro del Mediterraneo , era quafi tutto al mezzodi. Ora i popoli dello ftelTo cli¬ ma avendo in cafa loro a un di prelfo le cofe medefime, non hanno tanto bifogno di trafficar tra efii, quanto quelli d'un clima diverfo A- dunque in Europa era una volta il commercio meno efiefo di quello ora Zìa . Quefto non contraddice a ciò , che dicemmo del noftro commercio dell'Indie : l'eccelfiva dif¬ ferenza del clima rende nulli i bifogni relativi. CAPITOLO ^Itre dìff'erenz.e. V. I L commercio , ora diftrutto da" Conquifiato- ri , ora riflretto da’Monarchi, feorre la ter- >/ugge onde viene opprefTo, fi ripofa , ove fi jafcia refpirare : domina al prefente ove non fi vedea- {^) SlHeflù ufo e nato Meccanica y e n&n dal Commercio . he botti Jono acconce a moki ufi fu i n/afccUi j ed in cafo di naufragio fe ne falva una parte. Delle Leggi. Lru. XXI, Gap. VI. 30J vedeaiio che deierti , mari , e fcogìi : ed ove do¬ minava , non il veggono fe non deferti. Nel vedere ora la Colchide , cì\ è un’ ampia forefta , ove il popolo, che va ogni giorno fce- maiido , non difende la Tua libertà per altro, che per venderli partitameli te a’ Turchi, ed a’ Perlìa- ni, mai non ,li direbbe , che quella contrada fìata folle al tempo de’ Romani piena di città , alle quali chiamava il commercio le nazioni tut¬ te del mondo . Nel paefe non fe ne rileva al¬ cun monumento, e' rlnvengonfene delle tracce in Flhito {a) foltanto , ed in Strabane {b) . L’iftoria del commercio è quella della comu¬ nicazione de’popoli. Le lor varie diftruzioni, e certi fiulli , e riflulfi di popolazioni , e di de- vaftazionì, ne formano gli avvenimenti più gran- di [c] . CAPITOLO VI. X)el commercio degli antichi» G L’immenlI tefori dì Semiramide [ £rato(ìene [c] , ed Ariflobulo làpeano da Pa¬ troclo lyj , che le merci dell’ Indie pafTavano dall’ O/To (b; THod. Lib. II. (0 Vedi Ainio , Lib. VI. Gap. XVI. c Strahm Lib. XI. ^ ("d) Strahone Lib. XI. f'c) Iti . ^ ^ L’autorità di Patroelo è confiderabile, come ri¬ levali da un racconto di Strabene, Libro IL Dbile Leggi. Lib, XXI. Gap. VI. joy Ofib nel mare del Ponto . Ma^rco Marrone cì dice [^], che lì Teppe al tempo di Pompeo nella guerra centra Mitridate , che in lètte giorni dall' Indie fi giu-ugea nel paefe de* Battriani , ed al fiume Icaro , che mette foce nell'Olio : che quin¬ di le merci dell* India potevano attraverfare il mar Cafpio , e di là entrare nell' imboccatura del Ciro : che da quello fiume non vi yolea j che un tragitto per terra di cinque giornate per giun¬ gere al Fafe , che conducea nel Ponto EulHno . E* indubi tato, che per mezzo delle nazioni , le quali popolavano quefti varj paefi, i grand'Im- perj degli Aflìrj, de’Medi, e de* Perii avevano anche comunicazione con le parti dell* Oriente , e dell’ Occidente le più remote . Quella comunicazione più non vi ha. Tutti quefti paefi fono ftati devaftati da* Tartari (h), c quella nazione dìftruggitrice gli abita tuttora per infeftarli. L’ Oflb non va più al Mar Cafpio ; i Tartari gli hanno mutato il corfo per ragioni particolari [/] j e fi va a perdere in aridi fab- bioneti, Tom.IP V L* laf- [g] In 'Slmìo, Lib. VI. Cap. XVII. Vedi anche Strabone , Lib. XI. intorno al tragitto delle merci dal falò al Ciro. fli)_ Bifogns, che dal tempo di Tolommeo, il quale ei deferive tanti fiumi, che mctton foce nella parte orien¬ tale del Mar Cafpio, vi fieno feguici in quel paefe gran¬ di cambiamenti. La carta dei Czar da quella banda po¬ ne il folo fiume à' Afirabatf e quella del Signor Bathalii neppuc uno . (ì) Vedi la relazione dì Gmkmfùn nella raccolta de’viaggi del Nort, Tom. iV. >00 Dello Spirito L* laflàrto 3 il quale formava un tempo uni barriera fra le nazioni pulite , e le nazioni bar¬ bare , è ftato nel modo fleflo traviato da’Tarta¬ ri , e più non mette foce nel mare {k ). SeU’Hcc I^ìca^ore formò il progetto (l) d’uni¬ re il ponto Eu{Tino al Mar Cafpio . Quello dife- gno , che avrebbe fom minili rate grandi agevolez¬ ze al commercio , che facevafi in quel tempo, effendo egli venuto a morte, sfumo (m). Non lì fa , s’ ei 1’ avelTe pocato mandare ad elTctco nel¬ la lingua di terra, la quale difgiunge i due ma¬ ri . Quello paefe al p re lente è pochi iTimo noto, e {popolato , pieno di bofcaglie j non vi manca¬ no le acque , poiché vi difcendono dal monte Caucafo infiniti rufcelli; ma quello Caucafo, da cui è formata la parte boreale dell’iftmo , e che llende una fpecie di braccia al mezzodì (»), fta- to farebbe un ollacolo grande , malTime in quel tempo, in cui non avealx 1’ arte di fare delle pa¬ lizzate . • Porrebbe fuppoiTi, che Seleiico far voIelTe 1 ' unione de' due mari nel luogo medefimo , in cui la fece di poi il Czar Pietro L, cioè, in quella lingua di terra , ove il Tanai s'avvicina alla Vol¬ ga j ma non era per ancora fcoperto il No re del mar Cafpio . ^ • Men- [k] Sono d avvifo, che quindi fi formaife il la* [Q Claudio Cefare in TlimOi Libro IV. Capitolo ÌL [mj Fu uccifo da Tolommeo Cerano . [n] Vedi Str abolii > Lib. XI. Celle Leggi. Lis. X.^ 1 . Gap. VI. Mentre negl’ Imperi Afiatici dominava un com¬ mercio di luflb 5 facevano i Tiri per tutta la ter¬ ra un commercio di economia. Il Bochard ha im¬ piegato il primo libro del fuo Chanaan nel fare l’enumerazione delle colonie , che fpedirono in tutt’ i paefi , che fono vicini al mare*. : pafiarono le colonne d’ Ercole, e fecero degli Ilabilimeiiti falle fpiagge dell’Oceano (o). , In quei tempi erano co (fretti i navigatori a corteggiare i lidi , eh’erano, per dir cosi , la lor bullbla : lunghi erano i. viaggi, e peuofi. Le avventure della navigazione d’ UlifTe hanno fom- minirtrato un tema aliai ricco pel più bel poe¬ ma del mondo, dopo di quello , che va innan¬ zi a tutti . La poca cognizione , che avea la maggior par¬ te de’ popoli di quelli, che fi trovavano da lor dilungati, favoriva le nazioni , le quali faceva¬ no il commercio di economia. Poneano le mede- fime nel traffico loro le ofeurità , che volevano ed aveano tutti quei vantaggi , che le nazioni illuminate fi prendono fopra i popoli ignoranti. L’ Egitto , e per la Religione , c per li co- ftumi lontano da ogni comunicazione co’ fore- ftieri , non faceva efterno commercio : godea d’un terreno ubercofo , e d’una fomina abbon¬ danza. Era erto il Giappone di quei tempi , ed avea quanto vi vuole in cala propria . Si poco gelofi furono gli Egiziani del com- V % mer¬ co] Fondarono Tartefo, eh ftabiiirono in Cadice. ^oS Dello Spirito. mercio efterno , che lafciaron quello del mar rof- fo a tutte quelle picciole Nazioni, che vi ave¬ vano alcun porco . Coinportaroiio , che gl’ Idu- rnei, gli Ebrei, ed ì Siri, vi avellerò delle flot¬ te . Salomone (p) fi fervi per quella navigazione de’ Tiri j a’ quali noti erano quelli mari. Dice Gmfeppe (^), che la Tua nazione occu¬ pata dalla fola agricoltura , conofcea poco il ma¬ re , laonde fu un mero accidente, che negoziaf- fero i Giudei nel mar rolfo . Conquillarono da¬ gl’ Idumei Elath, ed Afìongaber, che diedero lo¬ ro quello commercio : ficcome vennero a per¬ dere quelle due Città , così perdettero di pari quello commercio . Lo ftelEo non avvenne de’ Fenicj ; colloro non facevano un commercio di luflo ; non negozia¬ vano con la conquilla : la loro frugalità , la lo¬ ro valentigia, T indullria loro , i lor pericoli > le loro fatiche, li rendevano a tutte le nazioni del mondo necellàrj . Le nazioni vicine al mar roflb trafficavano foltanto in quello mare, ed in quello dell’Afri¬ ca , Ciò prova ballantemente la maraviglia dell’ univeiJfb nella fcoperta del mare dell’ Indie fat¬ ta al tempo d’ AlelTandro . Abbiamo detto [r], che fi portano femore all’ Indie de’ metalli pre- zio- [p] Lib. in. de Re , Cap. IX. Taralìpom. Db. Il Cap.'VIII. [q} Centra Af pione , [r] Nei Cap. I. di quello Libro, Deìle Leggi. Lib. XXL Cap. VI. 509 zioii j e che quindi non £è ne ritraggono [j] : Je flotte Ebree , le quali riportavano pel mar roflb deli' oro, e deir argento, ritornavano dall* Africa , e non già dall’ Indie . Dico di più ; quella navigazione lì facea fui- la fpiaggia orientale dell’ Africa : e lo flato , in cui trovavalì allora la marina , prova quanto bada, che non lì navigava in luoghi molto lon¬ tani . Mi è noto , che le flotte di Salomone , e dì Gio fafatte , non ritornarono le non dopo tre anni j ma non fo vedere , come la lunghezza del viaggio faccia prova della grande eflenlìone di tratto . Ci dicono Plinto^ e Strabane, che Ìl cammi¬ no^, il quale faceva in venti giorni un naviglio deir Indie , e del mar rodò , fatto di giunchi , un naviglio Greco, o Koraano lo faceva in fet¬ te [rj , Con taf proporzione un viaggio d’un anno per Je flotte Greche , e Romano , era a un di preflo di tre per quelle di Salomone . ^ Due navi di velocità difuguale non fanno il viaggio loro in un tratto di tempo proporzio¬ nato alla loro velocità : la lentezza produce con frequenza una lentezza maggiore . Quando lì trar- V 3 ta Jitiii ■ P] La proporzione ftabUìta in Earopa fra T oro proStto nel pren¬ dere nell Indie deli oro per dell’ argento ; ma è cola di lieve momento , mj. lib, XV. ilflD JIO Dillo Spirito u di corteggiare, e che uno trovafi Tempre in una diverfa pofizione : cV ei bifogna afpettare un buon vento per ufcir del golfo , averne un altro per andare innanzi ; un baftìmento buon veleggiatore s"* approfitta dì tutt* i tempi favore¬ voli , mentre l'altro rimanfi in un fito diffìcile, ed afpetta altro cambiamento per più giorni, Quefta lentezza de* navigli, Indiani , i quali in un tempo eguale , più far non poteano della terza parte del cammino , che facevano i Greci, ed i Romani badi menti, può fpiegarfi con quel¬ lo , che veggiamo al prefente nella noftra mari¬ na . I navigli Indiani, eh* erano di giunco, pren- deano meno acqua de* baftimenti Greci, e Ro¬ mani , eh* erano dì legno, ed armati dì ferro. Portiamo paragonare quelli navigli delT Indie a quelli d’alcune nazioni de’ noftri giorni , i cui porri hanno poco fondo : tali fono quel dì Venezia , ed anche di tutta l’Italia [#] del mar Baltico , e della Provincia d’ Olanda [x'j . I lo¬ ro baftimenti, che debbono ufeirne , e rientrar¬ vi , fono d* una fabbrica tonda , e dì fondo lar¬ go : dove per lo contrario i baftimenti delle al¬ tre nazioni, le quali hanno buoni porci , fono nella parte inferiore d’una forma , che gl’ìm- merge profondamente nell* acqua. Oiierta mecca- (u) ElTa non ha quali che delle rade, ma la Sici¬ lia. ha otiimi porti . • i > • '(x) Dico della provincia d’ Olanda j poiché x porti «li quella di Zelanda fono molto profondi. Delle Legct . Lib. XXT. Cap. VI. 311 ftica fa sì, che quefti bafìimenti fecondi navighi¬ no più a feconda del verno , e gli altri appena ficcian viaggio, fe non hanno il vento -in poppa. Un baftimento , che affonda molto, naviga vet- fo il mede [imo lato quafì con ogni vento ; e quello nafce dalla refftenza, che trova nell' ac¬ qua il baftimento fpinto dal vento , che forma un punto d' appoggio , e dalla forma lunga del baftimento, ch'è prefentato al vento dal Tuo fianco, mentre che coll'effetto della figura del timone fi volge la prua verfo il lato, che altri lì pro¬ pone , dì modo che fi può andare vìcinillìmi al vento , cioè , vieinillìmi al lato , onde fpiva il vento . Ma quando il naviglio è d'una figura rotonda, c largo di fondo , e che perciò poco fi profonda neir acqua , non vi ha più punto d* appoggio : il vento caccia il baftimento , che non può far tefta , nè far viaggio fe non dal lato oppofto al vento. Dal che nafce, che i va- fceili d’una fabbrica tonda di fondo fono più lenti ne' loro viaggi; i. perdono molto tem|>e nell'afpettare Ìl vento, malTirae , fe fono forza¬ ti a mutar fovente direzione : t. vanno più len¬ tamente , perchè, non avendo punto d'appog¬ gio , non pollbn portar tante vele , quante gli altri. Che fe in un tempo , in cui la marina* fi è tanto perfezionata : in un tempo , in cui le arti fi comunicano : in un tempo , in cui fi cor¬ reggono coli' arte , non meno i difetti della na¬ tura , che quelli dell’arte medefima , fi rilevano tali differenze; e che dovea mai feguire nella ma* rina degli antichi ? V 4 Non 3 IZ Dello Spirito Non faprei abbandonare queflo foggetto . Le navi Indiane erano picciole , e quelle de'Greci, c de' Romani, fe fi eccettuino quelle macchine fatte fabbricare dalla oftentazione, erano minori delle noftre , Ora quanto più picciolo è un ba- ftimeiito, tanto più é in pericolo ne'tempi bur- rafcofi . Una tal tempefta fommerge un bafti- mento, la quale tormenterebbelo femplicemen- re, fe folle più grande . Quanto più jfupera un corpo un altro in grandezza , tanto più picciola n' è relativamente la fua fu per fi eie : dal che fe- gue, che in un picciol baftimento vi ha una ragione minore, eh' è quanto dire una mag¬ gior differenza della fuperficie dei baftimento al pefo , o al carico , eh’ci può portare di quel¬ lo fia in un grande. E’ noto , come per una pratica preftb che generale fi pone in un bafti¬ mento un carico d’ un pefo uguale a quello della metà dell’acqua, che potrebbe contenere, Supponghiamo , che un baftimento contenga ot¬ tocento botti d’acqua , il fuo carico tari di quattrocento botti : quello di un baftimento, che ne con tene flè fole quattrocento , farebbe di dugento botti . Quindi la grandezza del primo baftimento farebbe al pefo , che porterebbe, come 8f è a 4. e quella del fecondo , come 4. è a 2, Supponghiamo , che la fuperficie del grande fia alla fuperficie del piccolo come 8. éa 6, la fuper- ficic di quefto farà al fuo pefo come 6,èd.x.(y) 0 ) Vale a dire, per paragonare le grandezze del Duce licei; Lib. XXI. Cap. VII. 31J «iovfe la fupcificic di quello farà foltanto al Tuo pelo come 8. c a 4. ed i venti, ed i flut¬ ti operando fulla fola foperficìc , il vafoello grande col Tuo pefo tefiilerà piu all impeto lo¬ ro , che il picciolo . CAPITOLO VII. JDel Commerch de Greci. T Urt* i primi Greci erano corfari. Minofe , che avea tenuto P impero del mare, per avventura eravili fognalato più d'ogni altro ne* ladronecci : il Tuo impero terminava fu i confi¬ ni della Tua Ifola . Ma quando i Greci diven¬ nero un gran popolo > ottennero gli Ateniefi il vero impero del mare, poiché quella nazione trafficante, e vìttoriofa diede la legge al più po¬ tente Monarca di quel tempo (a), ed abbatté le forze marittime della Siria, dell’Ifola di Cipro , e della Fenicia. Fa di meftieri, ch’io parli dì quello impero del mare , eh’ ebbe Atene Atene dice Sem fonte [f] , j. ha P impero del mare : ma ficcome l’ Attica » é nei continente, i nemici la defolano , men- »> tr’efla fa in lontani paelì le fue fpedizioni, » I primati lafciano diftruggere le terre ioro^ e »» met- medefìmo genere: l’azione o l’In veftj mento del fluido fui naviglio , farà alla reflftenza del raedefimo^ come cc- (aj II Re di Perfia . ' (ìej jO* Rt^uhl. Athen. ji 4 Dello Spirjtc M mettono ìn falvo in alcuna ifola i beai loro; « la plebe , che non ha terreni, vive ien?/ al- M cuna inquietudine. Ma fé gli Ateniefì abitaf- » fero un'lfola, ed oltre a ciò pofTedeflèro Tim- «« pero del mare, avrebbero la forza per nuocere « agli altri , fenza che gli altri potè (fero lor nuocere, mentre che forebbcro i padroni del 3, mare ,, . Direfte , che Senofonte ha voluto parlare dell’ Inghilterra . Atene piena di progetti di gloria : Atene, che accreicea la geloiìa in vece d’ accrefccrc 1 ’ influenza : piu attenta a dilatare il Tuo im¬ pero marittimo , che a goderne j con un gover¬ no politico di tal tempra, che il minuto po¬ polo diftribuivaiì le pubbliche entrate, mentre ì ricchi giaceano neir oppreiTìone , non fece quel gran commercio , che le promettevano il lavoro delle Tue miniere, la copia grande de’fuoi fohiavi, il numero della fua gente di marina, la fua autorità fopra le Greche città, e più che tutt’ altro , le belle iftiruzioni di Selene . Il Tuo traffico fu quali limitato alla Grecia , ed al Pon¬ to Euffino , onde ritraflè la propria fiifTÌ(lenza. Corinto fu prodigiofamente bene fìruata , di- vìfe ella due mari, apeiTe, e chiufe il Pelo- ponnefb, aperfè , e chiufe la Grecia . Fu la medefìma una Città di fomma rilevanza in un tempo 3 in cui Ìl Greco popolo era un mondo, e nazioni le Greche Città, ed ella fece un mag¬ gior commercio, che Atene. Aveva un porto per ricevere le merci d'Afia: altro per ricever .;quelle dellMcalia; imperciocché, iiccome vieta- Delle Leggi, Lib. XXL Cap, VII. $if HO difficoltà grandi a girare intorno al promon¬ torio Maleo , ove s’incontrano oppoftì venti > e cagionano de' naufragi (c) , fi amava meglio il portar fi a Corinto , e vi fi poteaiio far pai- fare i vafcelll per terra da un mare alP altro , In niun’ altra città fi perfezionarono tanto i la¬ vori dell’ arce. La Religione finì di corrompere quelle reliquie di coftumi , che avea lor lafcìa- te l’opulenza. Innalzò un tempio a Venere, nel quale confagrate furono più di mille bagafce . Da tal eonfcrvatorio appunto ufcirono per la maggior parte quelle famole bellezze ^ delle qua¬ li Ateneo ardì te (Ter l’iftorìa . Apparifee , che nel tempo d’ Omero l’opulen¬ za della Grecia fofie in Rodi, in Corinto , ed in Orcomene, „ Giove, die’egli ^ amò quei di ,, Rodi, e diede loro grandi ricchezze {d)^y. Die¬ de egli a Corinto l’epiteto di ricca {e) . Pa¬ rimente , quand’ ei vuol parlare delle città co- piofe d* oro , cita Orcomene (f) , che congiun¬ ge con Tebe d’Egitto. Coiifervarono Rodi , e Corinto la loro potenza, e la perdette Orcome¬ ne . La fituazione d’Orcomene prefib all’ Eilef- ponto , alla Proponcide, ed al Ponto Euflìno, fa naturalmente penfare , che ritraefiè le fue ric¬ chezze da un commercio falle fpiagge di queftì mari , (c) Vedi Strtihone , Lib, Vili, (d) lUad. Lib. II. (t) Ivi. (f^ Ivi Lib. I. verf, 831. Vedi Strahont^ Lìb. IX. pag. 414- <1®! 1^10. 5 r 5 Dello Spirito mai'i, che avea dato luogo alla favola del vello d oro ; di latto la parola AiìnìaYj è aflègna- ta di pari ^ ad Orcomenfe (g)^ ed agli Argonauti. Ma poiché ne’cempi polleriori quelli mari diven- nwo piu noti: poiché vi ftabilirono i Greci mol- tiflime colonie: poiché quelle trafficarono co’po- poli barbarii poiché comunicarono colla loro me¬ tropoli j cominciò Orcomene a decadere , e li riconfule fra la folla delle altre Greche città. fJ' prima d'Omero aveano trafficato fra cln Ioli , e con alcun popolo barbaro 5 ma di¬ latarono il loro dominio a mifura , che andaron formando nuove popolazioni. Era la Grecia una gran penifola , i cui capi parca ^ che avellèro fatto tornar indietro i mari , ed i golfi aprirli da ogni lato come per riceverli di nuovo . Se fi da un' occhiata alla Grecia , vedremo In un paefè aliai rinchiulb un' ampia ellenlione di piagge . Le Tue innumerabili colonie formavano intorno a lei un^immenfa circonferenza ; ed ef- fa vedeavi per dir cosi, tutto il mondo , che non era barbaro, Penetrò ella in Sicilia, e nell' Italia ? vi formò delle nazioni. Navigò i mari del Ponto , verfo le fpiagge dell’ Alia minorej verlo quelle dell’ Africa ? ne fece lo flellb . Ac- quillarono le Tue città della profperità a raifura, che fi trovaron vicine a nuove popolazioni . E ciò, che vedeavilì di maravigliofo , la circon¬ davano ancora ifole innumerabili j fituace come in prima linea . Qua- fg) Strahme t Ivi. Delie Lecci. Lib. XXI. Gap. Vili. 317 Quali cagioni di profpeLità per la Grecia fi era¬ no , i giuochi, eh’ elTa dava , per dir così, all* univerS : Templi, a quali tiuc’ i Re fpedivano obblazioni : felle, alle quali s*_accorrea _ da ogni p^rte • oracoli ^ che tenevano in ^tccnziojic r umana curiolìtà j finalmente il gufto , e le arti portate ad un fegno , che rimmaginarfi dì for- pailàre, farà femprc mai un non conofcerle ? CAPITOLO Vili. D* Mejfandro . Sua con^HÌJÌa . * Q uattro fatti accaduti nel regno d* AlefTan- dro produffero una gran rivoluzione nel commercio : la ptefa di Tiro , la conquifta dell* Egitto, quella dell* Indie, e la feoperta del ma¬ re , che giace al mezzogiorno di quella regione. L* impero de* Perfi ftendeafi fino all* Indo . Lungo tratto di tempo prima d* AlejfandrOi avea Dario rpediti de* naviganti {b) , i quali calando per quello fiume gìunfcro fino al mar'rolTo. Co¬ me dunque i Greci furono Ì primi , che face fi- fero pel mezzodì il commercio dell* Indie ? Come fatto non 1 ’ aveano prima i Perfiani ; Ed a che lor fervivano mari ad efiì tanto vicini ; mari, i quali bagnavano il loro impero ? E* vero , che Aleflandro coiiquiftò 1 * Indie : ma è egli necellà- rio ^— - - - - Strahone , Lib. XV. (b) Erodoto in Melpomene , , Delio Spirito rio per trafficarvi il conquiftare un paefc ì Ci fa¬ remo ad cfaminar tutto ciò. L' Ariana ( r} , che fi fiendca dal golfo Pcrfico fino all Indo , e dal mare del mezzodì fino a Monti de Paropamiladij dipendeva in qual¬ che modo dall’ impero de' Perfi : ma nella fua parte meridionale era arida , adufta, incolta, e barbara . Portava la tradizione [i:/j , che gli efer- citi di SentirAmiàs , c di Ctro erano periti in quefti defèrti j ed ^lejfandro , Ìl quale fi fece feguire dalla fua flotta , non lafciò di perdervi buona parte de' fuoi foldati. I Perii lafciavano rutta la fpiaggia in potere degl’ Ictiofagi [e], de¬ gli Oritti, e d’ altre popolazioni barbare . Non erano oltre a ciò i Perii navigatori [/J , elaflef- fii loro religione dilungava da elfi per fino ogni idea di marittimo commercio . La navigazione » che Dario fece fare full’ indo ^ e fui mare In¬ diano , fu anzi un ghiribizzo d’un Sovrano, che vuol far moftra di Ilio potere, che un progetto regolato d’un Monarca , che voglia fame ufo. Non ebbe -la medefima nc confèguenza pel com¬ mercio , nè per la marina: e fe fi ufei dell'igno¬ ranza, fu folo per ricadérvi di nuovo . Vi [c] Strabone ^ Lib. XV. [d] Ivi. [e] Plmio, Lib. VI. Cap. XXIIL Strahont Lib.XV. [fj Per^non fozzare gii elementi, non navigavano fu i fiumi , il Signor Hidd Religione de' Pi-rfimi. Nep¬ pure al prèfente Kanno commereio marittimo, e trattano ti'Atei <]uei , che vanno fui mate. Delle Leggi . Lib* XXI, Gap .Vili. 319 Vi ha di vantaggio i era creduto prima della fpedizione d 'AUjJmàro [g ], che la parte meri¬ dionale deir Indie non folle abitabile [h\ ; e ciò veniva dalla tradizione , che Semira/nÙn [i] non n* era tornata con più di' vent* uomini » e Clra con foli lecce . Entrò Aielfandro per la parte fettentrionale, La Tua mira lì era di marciare verfo oriente; ma avendo trovata la parte meridionale piena di grandi Nazioni, di città, e di fiumi, tentò la conquifta j e vi riufci . Allora formò il dife- gnp d'unire 1 * indie colf Occidente per via dì un marittimo commercio , lìccome le aveva unite con delle colonie , che avca fondate nelle terre , Fece fabbricare una flotta full’ Idafpe , calò per quello fiume , penetrò jieir Indo , e navigò Ano alla fua foce . Lalciò a Fatalo il fuo eferci- ro , e la fua flotta , andò in per fona con alcu¬ ne navi a riconofcere il mare , fegnò i luoghi, in cui volle , che vi fi fabbricalTero porti , cd arfenali . Reftituitoll a Fatalo lì feparò dal¬ la fua flotta , e prefe la ftrada per terra per darle ajuto , e per riceverne. La fiotta cofteggìò la fpiaggia dalF imboccatura delf Indo lungo il fiume de" paefi degli Oritti, degl’ Idliofagi della ' Ca- Ig] Strabone i Lib. XV, [h] Erodoto in Melpomene , dice , che Dario con* ^uiftò le Indie. Ciò non può in tenderii , che dell Aria¬ na : e quella ancora fu una conquifta ideale . [i] turabon* Lib. Xy, ?io Dello Spirito Caramania , e della Perlìa . Fece fcavare de’ poz¬ zi : fabbricare delle citcà , proibì agl’’ Idtiofagi il vivere di pefce [y : volle che le fpiagge dì quello mare fodero abitate da popoli inciviliti. Ntorco ed Oneficrito fecero, il giornale di quella navigazione, che fu di dieci meli. Giunlero a Sufa ; trovaronvi Alejfmdro , che banchettava le fue truppe . Qiiello conquillatore avea fondata AlelTandria colla mira dì confervarlì 1 ’ Egitto : era una chia¬ ve per aprirlo nel luogo medehmo (/J, ove ì Re Tuoi predccelfori avevano una chiave per chiuderlo , nè penfava ad un commercio, la cui idea potea fargh venire in mence la fola fcoper- ta del mare indiano . Apparifce altresì , come dopo tale fcoperta non ebbe alcuna nuova mira fopra AlelTandria. Avea Ck) Ciò non potrebbe incendcrfi di tutti gli Iccio^ fagi, che abitavano una fpiaggia di diecimila ^ ftadj? Come avrebbe potuto AleiTandro dar loro la ^fullìftenzaì Come fi farebbe l’ateo ubbidire ? Qui non può trattarli > che d’alcuni popoli particolàri . Nearco^ net Lib. Jndicarum , dice , che all’ eflremità di (juefta fpi^ggia dalla banda della Perfia avera trovati i popoli rdeno léliofao'i. Crederei , che l’ordine d’Alefiaiidro^ riguar¬ dane quella contrada, o alcun’ altra anche più vicina (!) AlelTandria fu fondata in una fpiaggia detta Hacotis . Gli antichi Re vi tenevano una_ guariugione , per vietar l’ingrefib del paelè a’ forellieri, c fingolar- Inentc a’ Greci , eh’ erano , com’ è noto , gran ladroni di mare , Vedi Slinh , Lib. VI. Gap. X. c Strahone j Lib. XV ni. Delle Leggi. Lib. XXL Cap.VIII. 311 Avea bene in mente in generale il progetto di ftabibre un commercio fra L Indie e ie par¬ ti occidentali del fuo impero 3 ma per lo pro¬ getto di fare quefto commercio per V Egitto , gli mancavano per poterlo formare troppe cotTnizio- ni. Veduto avea i' Indo , avea veduto il ^Nilo : ma gli erano ignoti i mari d^ Arabia , che fono in mezzo : tornato appena dalf Indie, ei fece fabbricare nuove flotte , e navigò full' Euleo fui Tigri , fulLEufrate, e fui mare (m) ; tolfe via le cataratte pofte da' Permani fu quefti fiumi ; j-ju- venne come il fieno Perfico era un golfo dell' Oceano . Siccome ei fi portò a riconÌfcere que¬ llo mare come avea riconofciuto quello del- 1-Indie ; ficcome ei fece fabbricare un porro in Babilonia capace di mille navi , e de?li affienali • ficcome fipedi cinquecento talenti in"^Fenicia^ e nella Siria , per farne venir de' nocchieri che volea collocare nelle colonie, che fipargea' nelle piagge: ficconae finalmente fece immenfi lavori full Eufrate,re fu gU den fiumi dell-Afliria ; non può dubitarir, che la fua mira non folTe di fare il commercio dell' Indie per Babilonia, e pel voFo perfico. -r & " Certuni fotta pretefto che AlelTandro volefTe conquiftar 1 Arabia fa) hanno detto, che aveva m mente di fifiarvi la fede del fuo impero ■ ma come mai avreob'egli fcelto un luogo , che ' non Tom. II. X „i. Ariano At expAìt, j^lexand, Lib. VII [nj Ivi . * [o] Stmboney Lib. XVI. fui fine . 311 Dello Spirito gli fofTe noto (p) ? Oltrediché era il paefe pili rcomodo del mondo : farebbefì feparato dal Tuo impero. I Califfi, che fecero lontane conquifte, lafciaron fubito T Arabia per iftabilirfi altrove. CAPITOLO IX. Del commercio àe Re Greci dop» Alejfandro , A LlorcKè Alcjfundro conquiftò l’Egitto era /~\ pochiffimo noto il mar roflo , e nulla af¬ fatto di quella parte dell* Oceano , che lì uriifce a quello mare, e che bagna da un lato la Ipi^-g*^ già Africana, e dall* altro quella d Arabia . Si credè ancora dopo, che era impoffibile di fare il giro della penifola d’ Arabia. Coloro, che i*a- veano tentato da ciafctm lato, avevano abbando¬ nata la loro imprefa . Diceali M : » Come la- « rebb* egli poffibile il navigare al mezzodi del- » le fpiàgge Arabiche , mentre 1* efercito dì ». Cambile, che le tragittò dalla carte fetten- »> trionale, peri quafi tutto j e mffitre quello, - che Tolommeo figliuolo di Lago_ fpedi m ajuto ». di Seleuco Nicatore in Babilonia , loffn in- ». credibili malori , ed a motivo del calore non » potè marciare fé non la notte ». ? I Perfiani non aveano fpecie alcuna di navi- ga- rp 1 Vedendo la Babilonia* inondata r Arabia , che 1 ’ era Ticina , come un Ifoia , in Strabone Lib. XVI. (%) Vedi il Lib. rerum Imtcarum. ^ i. DttiB Leggi . Lib. XXI. Cap. IX. 325 ■ gazione . Quando conquiftarono l’Egitto , vi portarono lo Epirito medefimo , che avuto avca- no nel lor paefe ; c la negligenza fu sì ftraor- dinaria j che i Re Greci trovarono ^ che non folo le navigazioni de" Tiri, degl' Idumei , e de' Giudei nell’Oceano, non fi fapeano , ma che emno pur anche ignote quelle del mar rollo . Credo , che la diftruzione deli’ antica Tiro fat¬ ta da Nabuccodonofor, e' quella di molte piccio- le nazioni, e città vicine al mar rofib, facefiero perdere le cognizioni, eh’ eranfi acquiftate. L Egitto al tempo de Perfiani non avea rela¬ zione^ al mar rofib : non coiitenea fé non quel¬ la ftrifeia di terra lunga e firetta, che cuopre il Nilo con le inondazioni, e ch’^ chiuU a’due la¬ ti da catene di monti [^J . Convenne adunque kuopni-e una feconda volta il mar rofi'o, ed una feconda volta l'oceano , e quella feoperta dovet¬ te a feri ver fi alla curi olita de’ Re Greci. Si rimontò il Nilo , fi fece la caccia deMi E- lefanti ne'paefi . che giacciono fra il Nilo , ed il mare , fi 1 co per (èro le rive di quefto mare colle terre; e ficcome tale feoperta fi fece fiotto i Greci, i nomi fon Greci, ed i templi con- fiegrati a Greche Divinità [c] . I Greci d’Egitto fi trovarono in grado di fa¬ re un commèrcio fiommamente eftefio : eran p-^- drom de’_ porti del mar rofi'o : Tiro, emola d’ ogni nazion commerciante , pih non efiftea * X 2 (h) Strabene . Lib. XVI. (c; Strabene , iyi. non 314 Dello Spirito non erano legati dalle vecchie fuperftizioni del paefe [d'\ : era V Egitto divenuto il centro dell’ Uni ver fo . 9 I Re di Siria lafciarono a quei d’Egitto il commercio meridionale dell’ Indie , e dieronfi unicamente a quel commercio fetcentrionale, che faceafi per 1’ Odo , e pel mar Cafpio. Credevad in quel tempo , che quello mare folle una par¬ te deir Oceano recrentrionale (e): ed i^leffandro qualche tempo prima della Tua morte fatta avea fabbricare una flotta, per ifcuoprire, fe comuni¬ cane colf Oceano pel Ponto Euflìno, o per qual¬ che altro mare orientale verfo le Indie [/]. Do¬ po di lui Seleuco, ed Antioco ufarono una par¬ ticolare attenzione nel riconofcerio : vi manten¬ nero delle flotte . Quello , che riconobbe Sc- Uhco , fu denominato il mare Seleucidej ed An- tiochide quello , che fcoperfe Antioco . Attenti a’ progetti , che far poceano da quella banda , trafeurarono i mari meridionali ; o perchè Ì 7s- lommci colle loro flotte fui mar roflò Ce ne fof- fero già acquiftato l’Impero, o perchè aveffero fcoperco ne’ Perflani un invincibil diftacco per la marina . La fplaggia meridionale di Perfla non fomminiftrava marinai j mentre non vi fe ne era- (dj ElTc davan loro dell’ orrore pe’ foreftìeri. [e] I‘Urlio , Lib. II. Càp. LXVII. e Lib. VI. IX. e xn. Strabane t Lib. XI. Arriane della Sped. dA^ dclT. Lib, III. pag. 74. e Lib. V. pag. a04* ,('£) Arriano , ivi, Lib. VII. (%) , Lib. IL Cap. LXIV* Delle Leggi . Lib. XXL Cap. IX. ' 32^ erano veduti fé non fè negli ultimi momenti delia vita d"* Alellandro . Ma i Re d^ Egitto pa¬ droni dell’ Ifola di Cipro , della Fenicia ; c di numero grande di luoghi falle fpiagge delF Alia minore, aveano tutte le forre di mezzi per far^ dell’ imprefe marittime. Non avevano a violenta¬ re il genio de’ loro fudditi, ma doveaiio fecon¬ darlo . Si ftenta a comprendere l’oftinazione degli anti¬ chi nel crederCj che il mar Cafpio foffè una parte dell’ Oceano . Le fpedizioni d ’Alejfmdro , de’ Re di Siriaj de’ Partii e de’Romani, non val¬ lerò a farli cambiare di penfìero ; la ragione fi c, perché al tri ^ fi fpoglia più tardi che può , de’ proprj errori . Da princìpio fì riconobbe folcan- to il mezzodì del mar Cafpio , e fi prefe per 1 Oceano ; a mi fura , che fi andò avanzando lungo ^ le fue rive dalla parte di fettentrione , fi feguicò a credere, che fofTe 1’ Oceano , che en- trafiè nelle terre , Seguendo le fpiflgg® 3 non fi era riconofciuto dalla banda dell’ Eft , fe non fe fino al Jafiarto j e dalla banda dell’ Oveft , fe non fino ali' eftremicà dell’ Albania . Il mare dalla banda del Nort era limacciofo e perciò pochifiìmo atto alla navigazione (/?J. Tutto tìue— fto fece sì , che non fi vide mai altro che J’ Oceano . L eferciro à’^lejfandro dalla banda deli’Orien-i> te non^ era fiato fe non all’ Ipanì, eh’ è ì’ ulti¬ mo de fiumi, che sboccano nell’ Indo . Quindi X 3 il fh} Vedi la Carta del Czar. Dello Spirito il primo traffico , che i Greci fecero all’ Indie, fegui in una piccìoliffima parte del paefe . Se- huco JS^ìcators penetrò fino al Gange [?] , e n^uindì fi fcoperfe il mare^ ove mette foce que- fto fiume, vale a dire il golfo di Bengala. Oggi fi fcuoprono le terre per mezzo di viaggi ma¬ rittimi ; un tempo fi fcuoprivano i mari colla conquida delie terre. Stradone [iQ, ad onta della teffimonlanza d*^- poilodoro , moffra di dubitare , che , i Re Greci di Eattriana s’innoltrafiero più di SeUuco , e d’ AleJfa,i;drQ {l), Quando fofTe vero , che non fi fodero iniioltrati di vantaggio verfo 1’ Oriente di quello facefiè Seleuco , andarono più in là verfo il mezzodì [m) : feoptrfero Slger , e de’ porti nel Malabar, che aperlèro la navigazione , di cui fono per parlare . Sappiamo da iHlnìo («) , che furono prefe fucceffìvamentc tre ftrade per fare la navigazio¬ ne dell’ Indie . Prima fi andò dal Promontorio di Siagra all’ Ifola di Paralene , eh’ è all’imboc¬ catura dell’ Indo : fi vede effere fiata quefta la ftrada tenuta dalla flotta d’ Aleflandro , Si prefe di poi un cammino più corto [c] , e più ficu- ro [i] Plinio Lib, VI. Cap. XVII. [k] Lib. XV. , n . • [ l ] I Macedoni Batcriani dell’ Indie e dell’ Aria- naf'endofi feparaci dal Regno di Sina, formarono un ^ [m] Apollonio Adramittino in Str^henet Libro XL [n] Lib. VI. Cap. XXIII. [o] Plinh, Lib. VI. Cap. XXIII. Delle JL che il regno di Siger , di cui fa parola StT^hone (p) > che fcoperfero i Greci Re di Batcriana_ Non può dir Plìmo , che (^ueiìa -ftrada folle piu cor¬ ta , le non perchè fi facelte in minore fpazio di tempo, imperciocché Siger ellér dovea piu di¬ lungato deli' indo , * mentre lo fcoperfero i Re dì Bactriana . Bifogna per tanto , che per quella banda li veniflè a fchivare il giro di certe Ipiag- gè» e che 11 profìctaire di certi venti. Finalmen¬ te i mercatanti tennero una terza ftrada : porta- vanlì a Canes , o pure ad Ocelis , porti lituati ■luiB imboccatura del mar rodo , donde con un vento d^Ovefl lì giungeva a Muziris, primo fcari- catojo dell'Indie, e quindi ad altri porti. Si rileva, come in vece d' andare dall* imboccatura del màr rolTo fino a Siagra , col rimontare la rpiaggia dell'Arabia felice al Nord-eli fi andò direttamente dall' Ovcll all' Eli da un lato all' altro , per mez¬ zo de' monfoni > onde li fcoperfero i cambiamen¬ ti navigando in quelli liti . Non lafciarono gli antichi le fpiagge , fé non quando fi fervirono de’ monfoni e de’ venti frefchi , eh' erano per elTi una fpecie di bulTola [^] . Dice Fiimo [r] , che fi facea vela per l’Indie X 4 alla [p] Llb. XI, Sigertidii regnum . [q] Soffiano i monfoni in una parte dell’anno da una banda, cd in un’altra parte deli* anno da ui^ altra i cd i venti fi-efehi foffiano dal iato ftedò tutto l'aautt , [r] Lib. VI. Gap. XXIU. 3 iJÌ D £ L t O S P 1 R 1 i;o alla meta dell Eftare, e che ii tornava verfo il tenniiiar di Dicembre, ed al principio di Genna- ]o . Quello s uniforma a capello a’ giornali de* nollii navigatori . In quella parte del mare dell' Indie. , che giace fra la penilola d’ Africa, c quella di qua dal Gangò, vi fono due monfoni: il primo, durante il quale i venti vanno dall' Oveil ali' EH , comincia nc’ meli d' A godo , e di Settembre; il fecondo, durante il quale ì venti vanno ^ dall* EH all* Ovell, comincia in Gennajo . Q^uindi noi facciam vela dall' Africa pel Malabar ne tempi , in cui partivano le flotte di Tolom- meo , e torniamo nel tempo Hello . La flotta d* jilcjfandro impiegò lètte meli per andar da Fatalo a Sufa : parti nel mele di La¬ gno , cioè, in un tempo , in cui al prelènte non olà alcun baHimento porli In mare per tor¬ nar ^daìi* Indie . Fra l'uno, e Faltro monfone vi e un intervallo di tempo , durante il quale variano i venti , ed in cui un vento boreale frammifcliiandolì co* venti ordinar; , cagiona, mallime predo alle Ipiagge , orride tempefte . Ciò continua ne* meli di Giugno, di Luglio, e d* AgoHo . La flotta d* AleHandro pàrtendo/ì da Fatalo nel mele di Luglio , provò molte tempe- He; c lungo fu il viaggio, perché navigò con un monfone contrario. Dice Plinio , che lì facea vela per 1* Indie fui terminar dell* EHate : quindi impiegavalì il tempo della variazione del monfone nel iàre il tragit¬ to d' AlcHàndria al mar rodò. Oilcrvate , vi prego, come lì perfezionò trat¬ to Deli -2 Leggi. Lib. XXI. Cap. IX. 319 to tratto la navigazione, Quella fatta fare da DatÌs per calar per T Indo ^ e portarli al mar rodo , fu di due anni e mezzo [s] . La flotta A'Ahjfandro (t) calando per T Indo giunfe a Su- fa dieci mefi dopo , avendo navigato tre meli fuir Indo, e fette fui mare dell' Indie : ìn pro- grello il tragitto della fpiaggia Malabarica al mar rolfo lì fece in quaranta giorni («). Straboney Ì 1 quale rende ragione dell'ignoranza, che avealì de* paelì, che giacciono fra P Ipanis , ed il Gange, dice, come fra i Navigatori, che vanno dall' Egitto àli* Indie , pochi arrivano fi¬ no al Gange. Di fatto fi vede che le flotte non vi approdavano : fi portavano co* monfonì deli' Oveft all’ Eft dalla foce del mar rofib al¬ ia Ipiaggia Malabarica . Si fermavano negli fca- ricatoi, che vi erano , nè andavano a fare Ìl gi¬ ro della penifola di qua dal Gange pel capo dì Comorino , e per la fpiaggia dì Coromandei ; il piano della navigazione de’ Re d* Egitto , e de* .Romani era il ritornare l’anno {x) . Cosi vi vuol molto , che il commercio de* Greci , e de* Romani all' Indie fia fiato eftefo come il noftro : noi, cui noti fono immenfi paefi, ch’eflì non conofceano: noi , che fac¬ ciamo il noftro traffico con tutte le nazioni In¬ diane , e commerciamo anche per eflè, e per effe navighiamo. Ma £s] Erodoto in Melpomene. [t] ninio, Lib. VI. Cap, XXIII. £u] Elmto , ivi . [x] Ivi Jjo Dello Spìrito Ma facevano efiì quello commercio con più fecilicà di noi; e fe al prefente non Ci trafGcalTc che falla Ipiaggia di Guzarat, e Malabarica, e che fenza andare a cercare f ifole meridionali ci con- tentammo delle merci, che gl' Ifolani veniffero a portarci, converrebbe anteporre la via dell’ Egit¬ to a quella del Capo di Buona Speranza . Dice Strabane (j) , che così mercatantavah co' po¬ poli della Taprobana. CAPITOLO X. Del ^Iro dell’ Africa . T Roviamo nell’ Iftoria , come prima del ritro¬ vamento della bullola fi tentò ben quattro volte di fare il giro dell' Africa . Alcuni Feniej fpediti da JVecho (a) e da Eudojfo [èj, lo fde- gno fuggendo di Toiommeo Laturo , partirono dal mar rofib, e vi riufeirono , Satafpe fcj lotto Xercete y ed Annone, il quale fu Ipedito da’Car- taginefi fortìrono dalle colonne d* Ercole , e non vi riufeirono. Il punto eflènziaie per fare il giro dell’ Africa confiftea nello fcuoprire, e paHare il Capo di Buona Speranza. Ma fe faceafi vela dal mar rofib trovavafi quello Capo più vicino la metà [y] Lib. XV. [&] Erodoto, Lib. IV. egli volea concjuìflare. [b] Plinio, Lib. IL Gap. LXVH, Pomponio Mtl* $ Lib. IH. Gap. IX. [cj Erodoto in Melpomene , Dille Leggi* Lib. XXI. Gap. X. 351 metà del viaggio , di quello follè partendo dal Mediterraneo. La rpiaggia, che va dal mar ro- fo al Capo è più fana di quella, che va dal Capo alle colonne d’Ercole [d] . Perchè quegh, i quali partivano dalle colonne d’ Ercole poteflero fcuoprire il Capo , vi volle l’ invenzione della bulTola , la quale è fiata cagione , che fi e ab¬ bandonata la Ipiaggia d'Africa , e ^fì e navigato nel vallo Oceano per andar verfo 1 IfoladiSant Elena, o verfo la fpìaggia del Brafìlc (e ). Eia adunque fommainente poflìbiìe 1 andare dal rodo nel Mediterraneo , lenza che Ci rito mafie dal Mediterraneo al mar roflb . Quindi lènza fare quello gran giro, fatto il quale non potevaE altrimenti tornare in dietro , era più naturale il fare il commercio delP Africa orientale pel mar rofTo , e quello della fpìaggia occidentale per le colonne d' Ercole , I Re Greci d'Egitto fcoperfero da prima nel mar roflo la parte della fpìaggia d Africa, che va dal fóndo del golfoj ov*è là città d 'Hcroumt fino a Dira, cioè, fino allo flretto prefentemen- te denominato di . Quindi fino al promontorio degli Aromati , fituato fulla foce del [d] Unite a quefto ciò , eh’ io dico nel Gap. XI. di quefto Libro intorno alla navigazione di Annone. [e] Trovali nell’oceano Atlantico ne’ meli d’Otto¬ bre, di Novembre, di Dicembre, e di Gennajo' un vento di Nord-eft . Si paftk la linea*, e per eludere il vento ge¬ nerale d’Eft, s’indirizza il Tuo cammino verfo il Sud: ovvero s’ entra nella Zona torrida ne' luoghi f dn cui foffia il vento dall’ Oveft all’ Eft . Dello Spirito del mar rodo [/] , la fp.iaggla non era data ri- conolcmca da naviganrì : c quedo è evidente da <5uanto ce ne dice Arcemidoro U], eh'erano non 1 iuogin di quella fpiaggia, ma che non fé ne lapeano le diflanze ; e ciò dipendea dall’cfTer- li conorciuci fuccedìvamente quelli porci dalle terre, e fenza portarli dall'uno all’altro. quello promontòrio , ove principia la Ip^sggia dell’oceano, nulla li conolcea , co¬ me ci accertano Erarollcne ed Arcemidoro [h'j. Tali erano le nozioni , che lì aveano delle Africane al tempo di Strabone , eh’è quanto dire , al tempo d’ Augullo , Ma dopo Augnilo Icoperlero Ì Romani il promontorio Raptttm , ed il promontorio Prajfum^ di cui non /a parola Strabene, perchè non per anche le ne avea contezza . SÌ rileva , che quelli due nomi fono Romani. Toiommeo il Geografo vivea ne' regni d'Adiia- no , e d Antonino Pio ; e I' autore del Periplo del mare Eritreo , qualunque ei /la, fiorì poco dopo, Frattanto limitava il primo l'Africa [ij nota al promontorio Prajfum , eh’ è in circa al dé- [p Quefto golfo, detto oggi così da noi,^cIiia- mavaa d^Ii anciciii il fono Arabico : eilì denominavano ■War Rollo la parte dell’ Oceano vicina a quello Golfo, tgj Strabone . Lib. XVI. Do Strabene ivi . Artemidoro limitava Ja /piaggia nota al luogo detto Auflricorna , ed Eratoftene ad Cinna- ^omiferam. ,, fi} Lib, I. Gap, VII. Lib. IV. Gap, IX. Tavola- JV. dell'Africa. ^ É Djelie Leggi. Lib. XXI. Cap. X, 333 dccimoquarto grado • di lantudinc Sud : e Lauro- re del periplo ( kj al promontorio Rapam , eh* c a un di predo nel decimo grado di quefta la¬ titudine. Vi é della probabilità, che quelli prén- dede per confine un luogo, dove lì andava j c Tolommeo un luogo, al quale più non andavad. Quello , che mi conferma in quella idea lì é, che i popoli , che abitavano ne* contorni del Rrajfftm , erano antropofagì (/). Tolommeo, Ìl quale ci parla {m) di numero grande dt luoghi lira il porto degli Aromatì, ed il promontorio Eaptttm , lafcia dai Rapmm fino al Prajfum un voto totale. I grandi proventi della navigazione dell* Indie dovettero far -trafeurare quella dell* Africa . Finalmente non ebber mai ì Romani fu quella Ipi^-ggi^. navigazione regolata : aveano feoperti dalle terre quelli porti, e da* navìgli sbal¬ zati dalla tempcHa: e lìccome al prefente lì co¬ no feono molto bene le fpìagge Africane , e ma- lillìmo P interno ; così gli antichi cono feevano ottimamente l'interno , e pochilTimo le fpiag- Se [^1 • ^ '■ ^ Dif- (k) E’ flato attribuito ad Arriano quefto Periplo., ( l ) Tolommeo, Lib, IV. Cap. IX. (m) Lib. IV. Cap. VII. e Vili. (n) Veggafi con quanta elattezza Strabene, e To~ iommeo ci deferivono le diverfe parti deli' Africa. Siffatte nozioni derivavano da varie guerre , che le due più po¬ tenti Nazioni del mondo, i Cattaginelì, ed i Romani, avevano avute co’ popoli dell’ Africa , dalle alleanze che aveano eoatratte, dal commercio, che fatto aveano .nelle terre. 534 Dbllo Spi Ulto Diflì, come alcuni Fenicj rpeditì da Nccho e da Eudofio lotto Tolommeo Laturo fatto ave* vano il giro dell'Africa j forz'é il credere, che ' al tempo di Tolommeo il Geografo, follerò tenu¬ te per favolofe quelle due navigazioni, mentre pianta dopo il Sinus magnns [d], eh’è a mio ' , una terra incognita, che d Alia in Africa va a terminare al prò- i montorio Prajfum , di modo che il mare dell' Indie non fp-ebbe flato che un lago. Gli anti- 1 chi che riconobbero le Indie per la parte lèt* i ten trio naie, cllèndoll innolcrati ver lo oriente, pian¬ tarono quella terra incognita verlo il mezzodì. CAPITOLO xr. i Qartagirle e JUfarJiglia , jA, ^^arta^ine un diritto /ingoiare delle gen- I ti j faceva annegare tutt' i foreftieri [a], che trameaflero in Sardegna, ed allà volta delle colon- niente meno flraordinario era Ìl fuo diritto politico j proibiva ellà a' Sardi il coltivare la terra fotto pena della vira, Ella accrebbe la fu a potenza colle fue ricchezze, e polcia le fue ricchezze colla fua potenza. Padrona delle fpiag- ge d'Africa, che bagna il Mediterraneo, E di¬ lato lungo quelle dell' Oceano . Annone per ordine : Co] Lib. VII. Gap. III. [a] Eratofiene in Srrabone, LIb. XVII. pag. 801. Delle Leggi . Lib. XXI. Cap. XI. 53 5 ordine del Senato Cartaginsfe fparfe trentamila Cartaginefì dalle colonne d’ Ercole fino a Cernè. Egli dice, che quello luogo è tanto lontano dal¬ le colonne d"* Ercole , quanto le colonne d"* Ercole 10 fono da Cartagine . Quella pofizione è fom- mamence olTervabile , come quella , la quale fa vedere , che Annone limitò i Tuoi (labilimentì fui ventefimoquinto grado di latitudine boreale, vale a dire, due o tre gradi di là dall^ Ifole Canarie verfo il Sud . Edèndo Annone a Cernè fece un’ altra navi¬ gazione , il cui oggetto era di fare delle fcoper- te più oltre verfo il mezzodì . Ei non prefe quad veruna cognizione del continente . L* eden- (ione delle fpiagge, eh’ei fegui, fu di venzeL gior¬ ni di navigazione; e fu forzato a tornarfene per mancanza di viveri. Sembra, che i Cartagineli non face'lTero alcun ufo di quella imprefa An¬ none . Afferma SciUce , [è] che di là dal Cernè 11 mare non è navigabile [c], perchè vi è di poco fondo , pieno di limo , e d’ erbe marine ; e di fatto molte ve ne fono in quei fiti [^d ] . I mercatanti Cartagine/! , de’quali parla Scilace « in. (b ) Vedi il fuo Periplo , Articolo di Cartagine . (c) Vedi Erodoto in Melpomene , intorno agii coli , che trovò Satp^fpe . (à) Vedi le Carte, e le relazioni, il primo vola^- me de’viaggi , che han!;o fervito allo ftabilimento della Compagnia dell’Indie , Parte I. pag, loi. Quell’erba cuopte per hftatto modo la fuperhcie del Mare, che 1 Ì ftenta a feorger 1 ’ acqua; ed i basimenti non polTono Erag- gictaie , (e non hanno un vento freCco. P I R I T O Dello S Incontrar poteano degli oftacoli ruperari da An~ none , come colui, che avea feilanta baftimentì di cinquanta remi l'uno. Le difficolcà fono re¬ lative j oltredichè non dee confonderfi uji’intra- prefa ^ che ha per oggetto l'ardimento ^ e la re- merita , con quello , eh' è l' effetto d'un' ordi¬ naria condotta . La relazione d’ Annone é un pezzo d' an¬ tichità : ha fcritto quello ftefs' uomo , che 1’ ha cfeguito : ^ ne' fuoi racconti non pone ombra d ^ oftentazione . Scrivono i grandi Capitani le azioni loro con femplicità , perchè fon piu gio- riod per quello che hanno 4tto , che per quel¬ lo , che han detto . Sono le cofe analoghe allo ftile ; non dà nel maravigliofo ; quanto ei dice dcLclima, del ter¬ reno, ^ de' coftumi, delle maniere degli abitanti, fi riferi/ce a ciò, che /i vede al preiente in que- ffa j'ifricana /piaggia : pare appunto un giornale de'noftri naviganti . Annone ofiervò falla fua flotta , come il giorno regnava nel continente un vafto fìlenzio } c la notte udiva fi il fuono di varj muficali iftru- menti, e vedeanfi per ogni dove fuoclii, alcuni maggiori, altri minori . Ciò vien confermato dalle noftre relazioni : vi il rileva , che il giorno quei felvaggi per ifchivare l'ardor folare fi ri- fe) Ci dice Htnìo la cofa medefima parlando del Monte Atlante : Nocfthus micare crebris igmbus^ cantu j ty mpemorumque fmitH fircpere j neminem interdiu cerm , 357 Dblle Leggi . Lib. XXI. Gap, XL tirano entro 'le forefte , che la notte fanno gran¬ di fuochi per tener dilungate le belfie feroci ; e che amano perdutamente il ballo ^ ed i muilcali iflrumenti. Ci de feri ve Annom un Vulcano con tuct' i fenomeni, che moftra «1 dì d' oggi il Vefuvio ; ed il racconto, ch’ei fi, di quelle due donne pelo fé , le quali ,,anzi che feguire i Carcaginef , lafciaronfì uccidere , le cui pelli ei fece portare ^ Cartagine , non è , com^ è flato detto , inve- rifmile . Tanto più preziofa è quella relazione , quan¬ to é un monumento Punico ; e per ellère ap¬ punto un Punico monumento, è Hata piefa per fivoletta. Avvegnaché i Romani conlervarono l'odio loro contra i Cartagineli , eziandio dopo d averli dìUrutci . Ma la fola vittoria fu quella, che decife, s'ei bifognalTe dire la fedel o la f AJaicagmefì , ed 1 Romani; fe gli'per¬ ii J Libro in. (h) M:0ns Argsntarius , deiiza ^veva avara in qualche luogo la foprante 340 D F L L o Spirito n-ifj; r efplorazione, l'efeguì per ogni dove, nc trovò cola alcuna . I Carraginefi , padroni del traffico dell’oro, e dell' argento , vollero eflerlo eziandio di quello del piombo , e dello ftagno . Quefti metalli era¬ no trafportaci per terra da' porti delia Gallia fo- pra 1’ Oceano > fino a quei del Mediterraneo: I Cartaginefì vollero riceverli di prima mano, fpedirono Imilcone per piantare degli ftabilimenti nell’ Ifole Calfiteridi , che credonfi quelle di Sìlle-s (m) . duerti viaggi dalia Betica in Inghilterra hanno fatto penfare a certuni, che i Cartaginefi a\e- fcro la buflbia ; ma è chiaro che -coflegglavano. Non voglio altra prova di ciò fé non quello che dice Imilcone, che impiegò quattro mefi nell andare dalla foce di Betis in Inghilterra oltre di che la celebre Iftoria di quel piloto Cartagi- nefe («) , che veggendo venire una nave Roma¬ na , fece naufragio per non mfegnare la Itr - da d’ Inghilterra M toccar con mano , cn quelle navi eran viciniffime alla fpiaggia, all che incontrarono • a rml Gli aiìtichi potrebbero aver fatto ^ per mare , che firrebber credere che polTedeano L bufiola , tutto che non 1 ' avelTero . Se un p loto fi folTe dilungato dalle • fpiaggc , e che Tuo viaggio avclTe avuto un tempo fereno, cue * fm) Vegga li Fejìo ^'vleno . [n] StrfL,, VA. ni. tl f”'• , fo] Ne fu premiato dal Senato Caicagm ©SLLE Leggi. Lib. XXT. Gap. XL 541 la notte avetle veduta fenipre una fìrella polare, cd il giorno il nafcimento, ed il tramontar del fole, non vi ha dubbio , eh’ ei farcbbelì potuto con¬ durre , come appunto fi fa a’ di nolfri colla buf- fola : ma quello farebbe un accidente, e non già una regolata navigazione. Si rileva nel trattato , che pon fine alla prima Punica guerra, come Cartagine ebbe P occhio principalmente a conlèrvarfi 1’ impero del mare, e Roma quello della terra. Annòne [p'j nel trat- dichiarò, che non comporterebbe, che fi lavallèro tampoco le mani ne’ mari Sici- lani. non^ fu loro permelTo Ìl navigare oltre il promontorio Bello; fu lor proibito [q'\ il traffi- care nella Sicilia {r) , in Sardigna , in Africa , a ruerva di Cartagine , eccezione , la quale fa vede- re , che non vi fi preparava loro un traffico van- taggiofo . pi imi tempi feguirpno guerre fan guinolè ' c Marfiglia {s) per k pefcagionc. j. ^ .pace fecero in concorrenza il commer- o 1 economia . Fu Marfiglia tanto più gelok , rivale nell’indullria , ivenuta inferiore in potenza ; quindi ap¬ punto quella gran fedeltà per li' Romani, La guerra fatta da quelli contra i Cartaginefi in Y ? ifpa- fpoonda, Supplimento del Freinfernh, ©ecade Cq] Palagio, Lib. III. a’Cartaginefi . V (s; Giujimo. Lib. XLIII. Caj>. y. 5 42. Dello Spirito Ifpaf^na fu una forgente di ricchezze per Marfi- rrlia j la c]uale ferviva come luogo d; ilepofico. La rovina di Cartagine , e di Coruito accrebbe eziandio la gloria di Marlìgliaj e fcnza le guerre civili, nelle iquali forz’era chiudere gli occhi, ed applicarli ad un partito, iarebbe la inedelinia fia¬ ta felice fotte) la protezione de'Romani, a’ quali non dava la menoma ombra di gelofia il fuo commercio [i]* CAPITOLO XIT. JfoU di Deb. Mìtrìàme. A vendo i Romani diftrutto Corinto , i Mer¬ catanti fi ritirarono in Deio . La religione, c la venerazione de^ popoli facea con fi der are ^ quell ifola come un alilo frej : ed’ era oltre a ciò , ot- timamente ficuata pel commercio Italiano , en Afiacico, il quale, dopo il defolMieiito del ^ frica ; e P indebolimento della Grecia, era venuto di maggior confeguenza. ^ * j; ■ Ne’primi tempi fpedirono i Greci, come d cemmo , delle Colonie falla Propontide , e Ini Ponto Buffino ; fotto i quelle le leggi loro, e la propria liberta Altllai dro , che fi era meffio in via per li foli [a] Vedi Strabùne , Lìh. X. ^ _ fi) £' fericolofùf dice MacchiavelU) scariche fio fr. mnerfene neutrAlt: fi hf^nno tutti e due tpttr p ^ Dellf Leggi. Liiì. XXL Gap. XII. non gli aicaccò (b) . Nè vilevafì che gli ftellì Re di Ponto , i quali molte ne occuparono , to- glieffcr loro il proprio politico governo (c) . ’ La potenza di quelli Re divenne maggiore, poiché l’ebbero foggiogate (d). Fu in grado Mitridate di comprare per ogni dove delle trup¬ pe : di riparare continuamente le proprie per¬ dite (e): d’avere degli artefici, de’vafcelli , delle macchine militari : di proccurarfi alleati : di cor¬ romper quei de’ Romani , e gli ftefl^ Romani eziandio : d’ asoldare i Barbari Afiatici , ed Eu¬ ropei (/): di far lungo tempo la guerra , e perciò di difciplinare le Tue truppe ; potè armar¬ le , ed addeftrarle nell’ arte militare de’ Roma- ^ de’lor difercori Formarne corpi confide- rabili : finalmente , perire , eì potè fare grandi perdite , e foffrire grandilÙme rotte ; nà Y 4 egli [b] Confermò egli la libertà della Città d'Atntfo Colonia Atenlele , che goduto avea lo ftabilimento popo¬ late , anche foccp i Re Perfiaui . Lacullo, il q.iale prefe Smopc , ed Amifo, rendette loro la libertà, e richiamò gli abitanti , che fé n' erano fuggiti falle loro navi . [c] Vedi ciò, che fcrive App'mm fopra 1 Fanagore- gli Amisi , i Sinopi, nel fuo Lib deila ffuerra coacra Mitridate . • . ^- Appiano , intorno agl’ immeiìfi tefori , che ntipiego Mitridare nelle fue guerre, que lì, che avea nar tcofi , quelli, che si fpelfo ebbe a perdere per tradimento de Tuoi, quelli, che furono trovati dopo la Tua morte. ■ ^(e) In una fola liata perde te 170000 uommi, ed In brev ora fi videro in pronto nuovi elerciti . ff) Vedi Appiano, della guerra centra Mitridate. Cg) • 3 44 Dello Spirito egli farebbe perirò , fe in mezzo alle profperirà il Monarca volurcuofo e barbaro dillrutro non avelie quello , die nella rea fortuna avealo facto un gran Principe . Così appunto nel tempo , in cui i Romani fi trovavano fulP apice della grandezza , e che parca , non dovefler temere che le medefìmi , ri- vocò in dubbio Mitridate ciò , che decifo avea- no la prefa di Cartagine , le disfatte di Filippo , d^ Antioco , e di Perfeo . Non vi fu mai guer¬ ra più funefta : ed avendo i due partiti una gran potenza , e vicendevoli vantaggi, diftrutti furono i popoli della Grecia, e dell* Ada, o come ami¬ ci di Mitridate, o come nemici dì quello. lo fu avvolta nella comune difgrazia . Il com¬ mercio per ogni dove cadde , e forz*era eh ei folle diftiutto , mentre lo erano gli ftefli popoli. Secondo un ddema , di cui altrove ho palia¬ te rh) . i Romani dilì: roggi tori per non coni¬ ne , e Corinto ; e con pratica fomigliante d rcdibero per avventura perduti , fe conquiftata non avellerò tuttà la terra . Quando i Re c Ponto -occuparono ieV Greche Colonie del Ponto EulTìnOj'non ebbero, rigùm'do di diftruggerc ciò, che doveva efler la caufa della loro- grandezza. CA- fhj Ncl'e conlìdÉ grantU.‘£/;a de' icomaiii . conlìderazioni intorno alle cagioni della Dille Leggi . Lib, XXf. Oap, XIII* 54^ CAPITOLO XIII. Del ^ento de* RotytAtiì pcy Ia . TT Romani non iftimavano che le truppe terrc- 1 cui rpirito confiftea nel reftar ferme» Tempre , nel combattere nel luogo fteffo , e di morirvi . Non poteano, far conto della pratica delle peiTone della marina , che d prefencano al¬ la pugna, che fuggono, tornano , fchivano mai- fempre il pericolo, fervonfi delP inganno , dì ra¬ do della forza. Tutto quello non era del genio de’ Greci [a] , e meno altresì di quel de’ Ro¬ mani . Deftinavano edì per tanto alla marina coloro Toltanto , i quali non erano cittadini di tal con- dderazione , che merìtalTero d’aver pollo nelle Legioni (b) : le peiTone di mare erano per lo più liberti [i] . A’di noftri più non abbiamo nè la medelì- ma (lima per le truppe terreftri , nè lo dello dì- fpregio per quelle di mare . Nelle prime V arte è de- (a) Come offervò Flatotie, Lìb. IV. delle Leggi. (b) Polihio , Lib. V. Può dirfi de tempi ni antiehiffìmi , ne dopo U guerre de' Perfiani , Negli antichijftmi tempi tutte le Città marittime di Grecia erano della marina. £ dopo la guerra co Ptrjp i Greci fecero fempre gran conto del Mare . I 54^ Dello Spirito e clecaducà (c): nelle feconde (d) è aiimcntara: ora iì reputano le cole a p roporzionc del ^rado di capacità , che fi ricerca per farle a dovere (a). C A P I T O L O XIV. Del genio de* Romani •pel Commcxcio . N on fi è mai nc’ Romani rilevata gelofia pel commercio . Di fatto invellirono Cartagine, non già come nazione commerciante ^ ma bensì come rivale , Favorirono le città , che trafficava¬ no , tutto che non fodero fuddite : in tal modo col cedere più paefi accrebbero la potenza di Marfiglia . Tutto temeano da'* Barbari, e nulU affatto da un popolo dato al commercio . Oltre a ciò , li ‘dilungavano dal commerciare il loro genio , la gloria loro , la lor militare educazio¬ ne 3 la forma fteflà del loro governo . Le fole occupazioni della città confilfevano in guerre ^ in elezioni, in brighe, in caufe : nella campagna nella fola agricoltura j e nelle provin- cie non conveniva al commercio un governo du¬ ro , e tirannico . . Cbe (c ) Vedi le Confiderazioni Ibpra ie cagioni delia grandezza de' Romani ec, • (à) Ivi . (i) Anzi pel grado d’ utile , che fa la fujficienza . il Commercto è il fondo di (juaji tu^ti gli Stati di -Ew rapa . Ecco perchè la marina armata , che fofiiene il com- vnercioye più. coltivata. Gl'lnglefì hanno nella prefente guer¬ ra dimafirato , che vuoi dire aver l' imperio dei Mare . 17 ^ 1 . 1 ' Delle Leggi . Lib. XXt. Cap. XIV. 547 Che fe la loro politica coftituzione vi fi op- ponea, meno non vi ripugnava il loro diritto del¬ le genti. .. I popoli, dice .1 gninfconfulto .. perno [<,], co’ quali non abbiamo amiftà , ne ofpitalità , nè alleanza , non fono noftn nemi- ci • ciò non oftante fe cade nelle mani loro ’’ una cofa , che a noi fpetta, fe L appropriano, „ gli uomini Uberi divengono loro (chiavi : e lo jj fteflb jiJiticano rifpetco a noi fteflì . Non opprimea meno il loro airicto civile . La legge di Cofì^ifìttfio , dopo d aver dichiaiato ba- ftardi i figliuoli delle perfofi^ vili , che lian con¬ tratto matrimonio con quelle d* ordine eminente confonde le donne , che hanno una bottega dì merci , con le fchiave [^] , le oftelTe , le donne di teatro, le figliuole d* un uomo , che tiene un lupanare , o che fia flato condannato a combat¬ tere nelU arena ; tutto ciò derivava dalle antiche Romane iftituzioni . Io fo bene , come perfolie piene d* ambe quefte idee , la prima, che Ìl commercio è la cofa più utile d’ogni altra ad uno Stato j e V al¬ tra, che i Romani aveano la polizia migliore del mondo , fonofi fatte a credere, che i Roma¬ ni incoraggiaflèro grandemente , ed onoraflero il commercio : ma la verità Uè, che vi penfaroiio di rado . CA- [a] Leg. V. ff. De captivìs. [b] SìMéi mercimomis pablice pr&fuit. Leg. V• Cod, De naturai, libtris . CAPITOLO XV. Commercio de’ Romani co’ Barbari . (ani cieli* Europa , cicli’ j L ^ dcii'Atnea j un vailo impero: la clebolezza eie popoli , e la tiranniile del coman¬ do unirono ciucce le parci di c^ucto inimenlo corpo Allora la Romana politica coniìilè nel lepararlì da tutte le nazioni , che non erano fta- tc Soggiogate : il timore d* ifitrodurre in eiTe 1* arte di vincere , fece crafeurar 1’ arte d*arricchirfi , Formarono- leggi per impedire cjuallìvoglia com¬ mercio co* Barbari. ,, Che veruno, dicono faj 35 Ralente ^ e Grazianoy non ifpedifca vino, olio, 3, od altri lic|uori a* Barbari, neppure per ailàg- 5s giarne: che non fi porti loro oxOy(b) ag- 5, giungono Grazjano y ^alentmìano , e Teodojìo ^ 35 ed anche con ifcaltrezza fi tolga loro quello , 5, che hanno ,, . Il trafporto del ferro venne vietato fotco pena della vita. Domìz^iano , Principe timido , fece dibarbicare ìc viti nella Gallia [c] , per timore certamente, che un tal liquore non vi chiamafle i Barbari, ficcome fatti gli avea altre volte calare in Ita¬ lia . Probo e Giuliano , i quali non ii* ebbero mai fa) Ecff, ad Barl/arieuf» , Cod. qua res exportari non debeayit . , fb) Leg. II. Cod. de Commcrc. ©r Mercator. ■ ■fc) Ltg. II. qua res expor tari non debeant , e Tre- eepie , guerra de’ Per/Ì , Lib. J. Delle Leggi. Lib. XXL Gap. XVL. 549 mai paura 3 ve le ripiantarono . Non mi é ignoto , come nel tempo debole dell’ Impero i Barbari coftrìnfero i Romani a fta- bilire degli {^arlcatoi \_d~\y ed a trafficar con cffi . Ma prova quello fteffo j che lo fpirito de’ Ro¬ mani non era portato al commercio . CAPITOLO XVI. Del commercio de‘ Romani coll’ Arabia , e coll* Inàie . I L traffico dell’ Arabia felice, e quello dellTn- die furono i due rami, e quali diffi , i foli del commercio efteriore . Aveano gli Arabi gran¬ di ricchezze ; le ritraevano da’ loro mari, e da' loro bofchi, c come quelli, che poco compra¬ vano 3 e molto vendevano,' attraevano tutto l’oro, e l’argento de’loro vicini ia). Conobbe Augu- fto ^ (b) la loro opulenza , e fi rifolfe di farfegli arnici 3 o d’averli nemici. Fece-pallare in Arabia £lio Gallo dall* Egitto. Trovò coftui de’ popoli oziofi, tranquilli, e poco agguerriti. Diede delle battaglie, fece degli affedj , nè venne a perder più di fette foldati ; ma la perfidia deUe fue fcor- te A n Confideraztoni incorno alle cagioni f 4 grandezza de’ Romani, e della loro decadenza . P*- rigi 17 i ì. (aj Flinh y Lib. VII. Cap. XXVIII. c l'io. XVI. Cb) Ivi. 31© Dhllo Spirii-o re y le iTiJirce ^ il clinia, fxtmej la fete, le in- fyrmità , le mirare mal prefe^ perder gli fecero il fuo cfcrcito. Fu forza adunque contentarli di trafficare con gli Arabi, come fatto aveano gli altri popoli, cioè, di portar a'medelìmi per le'lor merci dell’ oro e dell' argento . Si traffica tuttora con ellì nell'iftellà guifa : la cara vana d ’A leppo , ed il va- fcello reale di Suez, vi portano immenfe forn¬ irle (c) . La natura avea dedinati gli Arabi al commer¬ cio , non gli avea dcftinati per la guerra : ma quando quelli tranquilli popoli lì trovarono falle frontiere de' Parti, e de' Romani, divennero aull- Jiarj , sì de’primi , come de'fecondi. Avcvagli jEÌÌo Gallo trovati negozianti : Maometto li tro¬ vò guerrieri : diede loro dell’ cntulìafmo, ed ec¬ coli conquida tori {d) . Era di momento il commercio de’Romani all’ Indie. Strabane (e) avea fiputo in Egitto, che v’ impiegavano cento Venti baffimeiTti j e quello commercio fodenevall ancora foltanto col lor da*- naro . Vi Ipedivano ogni anno cinquanta milioni di fcllerzj . Dice J?lhÌQ^ (f) , che le merci, che fe (c) Le Caravane d’A leppo , e di Suez vi portano due milioni di moneta di trancia , e ne pana in node altrettanto: il Vafcello regio di Suez vi porta pure due (d^ Altra prova di quanto dicemmo lotto il Cap. XVII. del Lib. XIV. ( Riflei: d’un Anon. .) (Cj Lib. II. pag. 8r. (f) Lib. VI. Cap. XXXIII. Dellt Leggi . Lib. XXI. Cap.XVT. fe nc riporravano , in Romi fi vendevano il centuplo . Per me ctedo , eh ei parli troppo ge- neraìrnente : qualora fi faceile un tal profitto, ognuno avrebbe voluto farlo j ed allora appunto niuno fatto lo avrebbe . Si può rivo care in dubbio , fe fafle vantaggio- fo a* Romani Ìl commercio dell'Arabia , e dell* Indie . Bifognava , che vi fpcdifièio il lor dana¬ ro 5 e non aveano , come abbiam noi Ì1 cona- penfo dell' America , la quale fupplifce a quel¬ lo , che da noi fi fpedifee . Son per fu ufo , che^ una delle ragioni , onde fu accrefeiuto preflb di loro il valor numerario delle mo¬ nete , cioè a dire , ftabilice le leghe de' metalli, fu la rarità del danaro , cagionata dal continuo trafporto , che facevafene all’ Indie . Che fe le merci di quel paefe vendevanfi il centuplo in Roma , quello guadagno de^ Romani faceafi fo- pra i Romani medefimi, e non arricchiva 1 ’ Im¬ pero . Si potrà dire per altra parte, che quello com¬ mercio proccuralìc a' Romani una grande naviga- zior.e , che è quanto dire , una ‘gran potenza : che nuove merci aumentavano il commercio in¬ terno , favorivano le arti , confervavano 1* ìndu- llria ; che il numero de' Cittadini multiplicavalì proporzionatamente a'nuovi mezzi che fi ’ aveano di vivere : che quello nuovo commercio ingene¬ rava il lulTo , che provammo , eflèr tanto profi¬ cuo al governo d’ un foio , quanto fatale al go'- verno de' più : che quello flabilimento ebbe la ftefla epoca della caduta della loro Repubblica : m:- 3 S ^ Dello Spirito che neceflàrio in Roma era il lufTo 5 e che facea di meftieri , che una città , la cjuale tirava a fé tutte le ricchezze dell' univerfo , le reftituiflè col fuo lulfo . Dice Stradone (g) che il commercio ile* Romani all* Indie era di gran lunga più rilevan¬ te di quello de’ Re d’ Egitto ; ed è cofa fingo- lare , che i Romani , i quali poco intendevano il commercio ' , abbiano avuto per quello dell* Indie maggior cura , di quella ne avellerò i Re d’ Egitto , i quali lo avevano , quali dilli , in¬ nanzi agli occhi . Fa d’uopo fpiegare quella alFerzione. . Dopo la morte d’ AleEàndro , i Red’ Egitto ftabilirono all' Indie un commercio marittimo : ed i Re di Siria, cui toccarono le provincie le più orientali dell* Impero , c per confeguenza le Indie , mantennero quello commercio, di cui parlammo nel Capitolo Vi. il quale 11 facea per le terre, e per li fiumi, e che per lo llabilimen- to delle Colonie Macedoniche aveva acqui Hate ^ nuove facilità : di modo che 1 * Europa comuni-* 'cava coll’ Indie, e per l'Egitto , e pel Regno di Siria . Lo fmembramento , che feguì del re¬ gno di Siria onde’ formoli quello dì Bactria- na > nulla pregiudicò a quello commercio . rìno di- Tiro , citato da Tolommcc (h) , parla del- rg) Dice nel Lib. XII. die i Romani v'impiega¬ vano 120. Navi , e nel Lib. XVII. che i Re Greci ve nc rpèdivano appena 20. . [h] Lib. I. Cap. II. Delle Leggi . Liu. XXI. Gap. XVI. 355 delle fcopcrte facce all’ Indie per mezzo d’ alcu¬ ni mercacanci Macedoni . Quelle , che facce non aveano le Regie fpedizioni , le fecero i merca¬ tanti . Veggiamo in Tolommeo (i) ^ che andaro¬ no dalla Torre di Pietra fino a Sera (k) : c la feoperca ficca da’ mercacanci d’ uno fcaricatcjo si dilungato iìtuato nella parte orientale , e let- tentrionale della China, fu'’Tina fpecie dì prodi¬ gio . Quindi forco i Re di Siria , e di Bactria- na le merci meridionali dell’ Indie pafTavano per l’Indo j per 1 ’ O 0 o , e pel mar Cafpio in oc¬ cidente ; c quelle delle regioni più orientali, e più fettentrionali erano portate da Sera, dalla Torre di Pietra , e da altri fcaricatoi , fino all’ Eufrate. Quelli mercatanti facevano il loro viag¬ gio tenendo preflo a poco il quarantefimo gra¬ do di latitudine fettentrionale per paefij che efi- ftono all’ occidente della China più pulid di quello fieno a’ di noilri, perchè i Tartari non per anche gli avevano infellaci. Ora mentre 1 ’ Impero di Siria dilatava tanto il fuo commercio dalla parte delle terre , 1 ’ E- gitto non accrebbe gran fatto Ì1 fuo commercio mari etimo . Comparvero i Parti , e fondarono l’ImpprO loro ; e poiché cadde 1’Egicto in poter de’Ro¬ mani j era quell’ Impero nel fuo vigore ^ ed "Tom. II. Z avea [i] Lìb. VI. Gap. XIII. _ [k] Le noftre Carte migliori collocano la Torre èi Pietra fui ccntefimo grado di longitudine , e fui quarantefimo in circa di latitudine . JJ4 Dello Spirito avc.1 ricevara la fua eflenfìone, I Romani, ed i Parò furono due Potenze ri¬ vali 3 le quali combatterono , non già per fape- re chi dovePè regnare , ma elidere . Fra' due Imperj fi formarono de’ deferti : fra’ due Im¬ peri Tempre fì ftette coli' armi alla mano : non i o lo non vi fu fra elTÌ commercio , ma neppu¬ re comunicazione . L’ ambizione , la gelofa , la Religione , P odio > i codumi, tutto fepararo- no . Cosi il commercio fra 1 ’ occidente, e 1 ’ oriente , che aveva avute più ftradè, n’ ebbe una fola ; edendo divenuta il folo fcaricatojo Aledandria , quefta s’accrebbe. Dirò una fola parola del commercio interno. Il fuo ramo principale fu quello de' grani, die fi facean venire per la Tuffiflenza delia popola¬ zione di Roma : ciò era anzi materia di poli¬ zia , che un oggetto di commercio. In tale occafione ottennero i piloti alcuni privilegi ? che la falìezza dell' Impero dipeadea dalla Io* ro vigilanza (l) . CA- [ 1 ] Stietonio m Claudi , J-eg- VII. Cod. Theodof de fPii'vic Hlariis, Dellj Leggi . Lib.XXI. Cap.XVIL 5 j j CAPITOLO xvir. Del CQ'MwieYclo dopo la dt^YHzjonc de’ Romani in occidente , ipu mvafo n Romano Impero, ed uno degli IL effetti dell umveiTale calamità fu la diftni- aone del commercio . l Barbari alla bella pri¬ ma lo confiderarono come im oggetto de’ lor ladronecci, e poiché fi furono ftabiliti niente pm 1 onorarono, di quello fi faceffero l’agricol- g^u, e le altre profeflloni del popolo foggio. In brcv’ ora non vi fu quafi dilli, più com meicio in Europa ; la nobiltà, che per tutto Je^vifi "dr La Teg. g clt Viligoti (a) permetteva a’ privati l’occn pare la metà del letto de’fiumi Log ori ^u^ «;”bi?ot^L'^ -luiftati, vi folfe 'affai i.XÌl.td'lr 1 quali ne^tempi d’ignoranza fono i belli ingegni. Gli Scolaftìci fe ne infatuarono, ^ piefero^ da quello Filofofo molte fpiegazio- ili ^b'ca il prellito ad interelTe (a) , mentre n* ^ra SI naturale la forgente nel Vangelo : indi- 2 5 {lin- W Vedi ArìfioùU 'Polir. Lib. 1 . Cap. IK. e X. Dello Spi rito ftintamente , ed in tiuc^ i cafì !o cojidannarono Qiiindi il commei-cio , eh’ era foltanto la profelHone della gente vile, divenne anche quel¬ la degli uomini dìfonefti ; concioffiachè qualora li proibifee una cofii naturalmente permelTa, o neceilaria, altro non lì fa ^ che render difonefti coloro j che la fumo. Pafsò il commercio in una Nazione coperta allora d’infamia, ed in brev’ ora non fu più di- ftinto dalle ufure più orride, da’monopolj, dall’ cfizioni de’ fufiìdj , e da ogni mezzo difonefto, di far danaro . Gli Ebrei fatti ricchi dalle loro efazioni, ve¬ nivano Ipogliati da’ Principi con ugual tirannia (h) ; affare , che confolava i popoli , fenza follevarli . Ciocché accadde in Inghilterra darà un’idea di ciocché avvenne negli altri paefi. Il Re vmnì {c) avendo fitto porre in carcere gli Ebrei per prenderli i loro averi, pochi d’elli vi furono , a’ quali non foffè per lo menò ca- va- [b] Vegganfì nella Marcii Hifpamea le Coftituzio- ni d’Aragona degli anni 1218. e 1231. ed in Bru^t i concordato del jxoG. fatto fra il Re > la Contefla. di Sciampagna , e Guido de Dampierre . [c] Slowe nel fuo efame di Londra, Lib. Ili- pag. 54. " . . - , • (+) I padri delta Chiefa, e quindi i teologi > fenza che c' entri Ariifotile, hanno leinpre condannata la vera ufura , cioè r eggere qualche colà di più a cagione del fole mutuo, il quale per fua natura è un contratto gratuito, fondato fui difegnor di far bene agli alni. Delle Leggi. Lib. XXI. Cap.XX. 359 vato un occhio : per sì fatto modo cfcrcirava cjueflo Re la Tua Camera di giuftizia. Uno d’eflì, al quale furon fatti cavar fette denti, uno per giorno, futi’ ottavo sborso diecimila marche d argento . Arrigo HI. carpì ad Aronne Giudeo di York quattordicimila marche d’ argento , e die¬ cimila per la Regina. In quel tempo faceafi con violenza ciò , che al prefente si fa con qualche moderazione in Polonia . Non potendo i Re por mano nella borfa de’ iudditi a motivo de* * loro privilcgj , ponevano alla tortura i Giudei, che non fi conflderavano per cittadini . Alla per fine prefe piede un’ ufanza , che confifcò cutt’ i beni de* Giudei, i quali abbrac¬ ciavano il Criftianehmo . Tale ufanza sì bizzarra ceda notifica la legge, che l’annullò (d) , Se nc afiègnarono ragioni afiai vane : fu detto, che fi voleano provare , c far si, che' non reftallè in efiì veftigio della fchiavitù del demonio . Ma e chiaro , che una tal confifcazione era una fpecie di diritto d’ amortizzazione pel Sovrano ff) , o per li Grandi, di caffè, che poneano fopra i Giudei, e le quali perdevano , allorché coftoro fi faceano Criftiani. - In quei tempi con- fìderavano gU uomini come le terre . Ed io of- Z 4 fer- [d] Editto dato in Baville i 4. d’ Aprile 13 _ [e] In Francia i Giudei erano Servi , manimorte , *d i Grandi lor fuccedeano. Riferiice il Signor Bruffel un Concordato del fra il Re e XìbAut Conte di Sciampagna , in vigor del quale era convenuto , che i Giudei del primo non prefterebbero nelle terre delF altro. 3^0 Dello Spin.i'i-0 fa-vei-ò di pafTaggio , quanto fi fia prefo eiuoce da un fecolo_ all' altro di quufa Nazione. Si loro beni , quando voiean fiarfi rr lani , c poco tempo dopo , quando non vollero farli , fi fecero divorar dalle fiamme. Ciò non oftante fpuntar fi vide il commercio di mezzo alla velTazione , c dal fieno ftefld della diiperazione . I Giudei proficritti tratto tratto da qualche contrada, rinvennero il modo di fal- vare i loro effetti, Con ciò vennero a render firn per ^fiempre i loro ritiri ; avvegnaché quel .tal Principe , il quale voleflè bandirli, non fi fèntirebbe perciò la voglia di disfarfi del lor danaro . Inventarono le Lettere di cambio (f) » c per tal mezzo il commercio potette eludere la vio¬ lenza , e confervarfi per tutto : il più ricco ne¬ goziante non avendo fè non fè beni ÌnvÌfiibili, che potevano efière fpediti per ogni dove, c non iaficiavano traccia in verun luogo. I Teologi furon coftretti a riflringere ì loro principi ; ed il commercio , che erafi violente¬ mente legato colla mala fede , rientrò, per cosi efprimermi, nel fieno della probità . Laonde damo noi debitori alle Scolaftìchc fipe- _ [f] E’ noto , come lòtto Filippo Augufto , e fotta Filippo il Lungo i Giudei banditi dalla Francia , f ri- fuggirono nella Lombardia ; e che quivi diedero a ne¬ gozianti foreftieri , ed a’ viaggiatori lettere fegrcte fo* pra quelli, a’quali aveano confidati r loro effetti in Fran- «ia, alle quali fa data efecuzione. Delle LsGGitLiiì. XXI. Gap. XX. fpeculazioni di tutt' i mali, che accompagnarono la difh’uzione del commercio (^} i ed alD ava¬ rizia de' Principi dello ftabilimento d' una cofa , che lo pone in qualche guifa fuori dei poter loro, Convenne dopo quefto tempo , che i Princì¬ pi fi governailèro con più prudenza di quello fi foflèro immaginati : poiché dall' evento i gran colpi d' autorità fonoh fperimencatì s\ mal diret¬ ti , eh’ è una provata efperienza, che non vi ha cofa , che più produca la profperità , della bon¬ tà del governo . Si è cominciato à guarirà del Macchiavellì- fmo , e s’andrà fempre più ogni giorno guaren¬ done , Vi vuole ne’Configli maggior moderazio¬ ne . Ciò j che un tempo diceanfi colpi dì Sta- to, oggi , indipendentemente dall’ orrore , fareb¬ bero imprudenze. Ed è fortuna per gli uomini il trovarfi in una fituazione , in cui mentre che le loro pafTìonì ìnfpiran loro il penderò d'efièr cattivi, tuttavia hanno intereflè nel non eflèr tali. CA- C §1 Vedi nel corfo del diritto la Novella ottanta- di Leone , che rivoca la Legge di Baillio Tuo padre . Quefta Legge di Bafilio è neir'Ermenopulo (ot¬ to il noras di Leone , Lib. III. Tic. VII, §. 17» 3 ^ 2 . Dello Spiritò CAPITOLO XXL Scoperte di due nuovi Mondi : Stato dell’ JEuropa a tal riquardo, L a buflbla ape'rfe, quafi clifTì , P univerfo . Sì fcopeiTero 1'AHa , e P Africa , tii cui al¬ cune foie fpiagge fi conofeevano j e l’America, che ci era ignota del tutto , Navigando i Portoghefi full'Oceano Atlanti¬ co feoperfèro la punta la più meridionale dell’ Africa: videro un ampio mare, che li conduf- fie all' Indie orientali. 1 loro pericoli in quello mare, e la feoperta di Mozambico , di Melin¬ da , e di Caligut, lono fiate celebrate dal C«- moens , il cui poema fa rilevare alcuni incanti delPOdifièa, e della magnificenza dell’Eneide. Fino allora avevano Ì Veneziani fatto il com¬ mercio deir Indie per li paefi de' Turchi , e 1’ aveano profeguito ad onta delle avanie , e degli oltraggi , Colla feoperta del Capo di Buona fpe- ranza , e quelle fatte alcun tempo dopo , l’icalia non fi trovò più nel centro del mondo com¬ merciante , ma fu , per dir così , in un angolo dell' Univerfoi ed ivi ri man fi tuttora . Lo ftef- fo commercio del Levante dipendendo al prefen- te da quello , che fanno alle due Indie le gran¬ di Nazioni, P Italia lo fa accedo riamente . I Portoghefi trafficarono alP Indie da coiiqui- fia- I Delle Leggi . Lib.XXI, Cap.XXL 5^5 /latori. Le leggi rcftrirtive (a) che gli Okndelì impongono prefentemente intorno al commercio a’ piccioli Principi Indiani , erano ftate prima dì loro ftabllite da’ Portoghefi. Prodigiofa fu la fortuna della Cafi d’Auftria. C^lo qmnto raccolfe la fucceffione di Borgogna, di Cartiglia, e d’ Aragona : pervenne al Trono Imperiale j e per proccurargli un nuovo genere di grandezza , 1 * uni ver fo dilato iTì, e vi deh for- gere fotto la fua obbedienza un mondo novello. Criftoforo Colombo fcoperfe P America ; e quantunque la Spagna non vi fpedifl'e altre for¬ ze , che quelle vi avrebbe potuto nel modo ftef- fo^ fpedire un picciol principe d’ Europa , fotto- mife due grandi Imperi, ed altri ampj Stati. Mentre gli Spagnuoli faceano feoperte, e con- quifte dalla banda occidentale, i Portoghefi in- tioltravano le loro dalla banda orientale ; quefte due Nazioni s’incontrarono : ricorfero al Papa Ale/Tàndro VI. il^ quale tirò la gran lìnea di di- vifione , e giudicò una gran caufa. Ma le altre nazioni Europee , non li lafcia- rono pdere in pace la divisone fattafi j ayve- gnache gli Olande/! cacciarono i Portoghefi da quafi tutte 1 Indie Orientali , e varie Nazioni piantarono in America diverfi ftabiiimenti. Alla bella prima confiderarono gli Spagnuoli le terre feoperte come oggetti di conquifte ; popoli d’eflì più [a] Vedi la relazione dì Trméejco Fyr^ird , Parte feconda, Cap. XY* 364 Dillo Spirito più raffinati trovarono cflère le medefìme ogget¬ ti di commercio , eci a quello indirizzarono Je loro mire . Molti pt)poli fonofi condotti con tal prudenza, che hanno dato l’impero a compa¬ gnie di negozianti , i quali , governando quelli Stati lontani per 1’ unico a Ha re del traffico, han¬ no formata una gran potenza acceflbria , fenza imbarazzare lo Stato principale . Le colonie , che vi (I fono formate, trovanfi Lotto un genere di dipendenza , della quale IÌ ■danno pochi efempj nelle antiche colonie , o iìa che le prefènti dipendano dallo Stato medeluno, o da alcuna Società commerciante in quello Sta¬ to fiffiita . L’ oggetto di quelle colonie fi è il fire il commercio a patti migliori di quello li faeeOe co’ popoli vicini, co’ quali reciproclii fono tute’ i vantaggi. Si é flabilito, che la loia Metropoli potè de trafficare nella colonia ; e ciò con gran ragione ; avvegnaché il fine dello flabilìmento Ibf- fe l’citenfione del commercio , e non la fonda¬ zione d’una Città, o d’un Impero novello . QLiindi ella fi è pure ■ una legge fondamenta¬ le Europea , che ogni commercio con una co¬ ionia ftraniera vien confidcraco qual monopolio punibile dalle leggi municipali ; né fi dee giudi¬ car di ciò dagli efempj , e dalle Leggj de’ po¬ poli anticlii [è], che non vi lì poflòno gran facto applicare , E an- [b] A riferva dé Cartagtnefi , come fi rileva éal trattato, éhc terminò la prima guerra Punica. Delle Leggi . Lib. XXI. Cap. XXI. 3^5 E’ ancora cofa convenuta , che il commercio ftabilito fra le metropoli, non tira feco^ una per¬ irli ffione per le colonie , le quali fi rimangono Tempre in iftato di divieto . Lo fvantaggio delle colonie , le quali perdo¬ no la libertà del commercio , vien compenfato patentemente dalla protezione della Metropoli [c], che, o la difende colle Tue armi , o la mantie¬ ne e conferva colle Tue leggi. Quindi featurifee una terza legge Europea , che quando il commercio foreftiero è vietato colla colonia j non li può navigare ne'' Tuoi ma¬ ri 5 Te non Te ne' cali da' trattati Inabiliti. Le nazioni , le quali , rifpetto a tutto l' unì- verfo , fono quello , che fono i privati in uno Stato i li governano com’ eiE col diritto natu¬ rale j e colle leggi, che fi fon fatte . Può un popolo cedere ad un altro il mare , com'eì può ceder la terra . I Cartaginefi vollero ottener da* Romani (d)^ che non navigaflèro oltra certi con¬ fini j come i Greci ottener vollero dal Re di Perfìa , che fi tenefle Tempre lontano dalle fpiag- ge del mare la carriera d' un cavallo (e) . L'eftremo dilungamento delle noftre colonie non è un difordine per la lor ficurezza : avve- gna- CO E’ metropoli , fecondo l’erpreffione degli Anti¬ chi , lo fiato che ha fondato la Colonia . (àj Polihìo , Lib. III. f ej S’obbligò il Re di Perfìa con un trattato dì con navigare con alcun 'Vafcello da guerra oltre le rupi Sianee , e l’Ifok Chelidonie. ]?ÌHtarc0 Vita di Cixaone. DEtto Spirito piacile, fé la metropoli è lontana per difenacr- conquillarle le jijzioiii livelli (icLn M erro poli In oltre lifìàtto dilungamento è cagione , che coloro , 1 quali vanno a ftabilirvili non polTono pitndeie la foggia di vivere d’un clima tanto diverfo, e fono codrecti a far venire tutt’ i como- 1 e a ^vita del paefè , onde fono partiti. I artagineh f/;^per render più dipendenti i Sar- i , ed- i Corii, aveano lor proibito fotto pena della vita il piantare , il feminare , ed il fare co- f ij^ lomigliante : Ipedivan loro Ì viveri a Africa . Noi, lènza hr leggi si dure lìamo giunti ai punto niedefimo . Le noftre colonie dell IfolC- Antille fono mirabili : hanno oggetti dì commercio , che noi non abbiamo, nè aver pof* Iiamo ; e manca loro quello , che forma 1’ og¬ getto dei noftro . L ederto della feoperta delf America lì fu d’ unire alf Europa EAtìa, e E Africa : l’America fomminidrò all' Europa la materia dei fuo com¬ mercio con quella vada parte dell' Ada , che de- nominodì i' Indie Orientali. L'argento, quel me¬ tallo sì utile al commercio come fegiio, fu an¬ cora la baie del maggior commercio dell'univer- fo come merce . Finalmente divenne necellària la navigazione d' Africa : la medelìma fommini- drava uomini pel lavoro delie miniere, e de' ter¬ reni Americani. Giuli- (f) Airiftotile dglle cete mirabili | The Lii/i^ , Life. VIJI. liJcfaa, H. Delle Leggi. Lib. XXL Ca?. XXL 5 C7 Giunta è l’ Europa a sì alto grado dì poten- *a , che fopra di ciò non ha che porle a fronte 1’ ilio ria , fe (ì riflecra alL immenfe fpefe , alla grandezza degl’ impegni, al numero delle trup¬ pe , ed al profeguimento del loro mantenimento, quand’ anche fono più inutili, e che fi tengono per mera oftentazione . . Il Padre du Hdde (g^ aflerlfce , che il com¬ mercio interno della China è maggiore di quello di tutta V Europa. Quello potrebbe darli qual¬ ora il commercio interno non veni ile acc refe lu¬ to dal noftro commercio elleriore . Fa I’ Europa il commercio , e la navigazione delle altre tre parti del mondo , come la Francia , P Inghilter¬ ra , e i Olanda fanno preflò a poco la naviga¬ zione ed il commercio dell’ Europa . CAPITOLO XXIL Delle rìcchez^z^e , che la Spagna rìirajfe dall" America . O E I Europa {a) ha ricevuti nel commercio vJ dell’-America canti vantaggi, farebbe natura- e a credere^, che la Spagna ricevuti ne avefìTc e maggiori. Ella ntraflfè dal mondo nuovamen¬ te coperto copia d’oro, e. d* argento sì prodi¬ gio- (g) Tomo II. pag, 170, . Ciò comparve venti e più anni fono in un o- ° manoferitto deli’ Aurore , eh’ è ftaio quafi cvtcr<» folto in quell' opera. jòS Dkilo Spirito giofà , che non vi fi potea paragonare quello che fe n’ era avuto fino a quel tempo . Ma ( la qual cofa niuno avrebbe fbfpectata giammai ) la mi feria la fece mancare quafi per ogni dove . Filippo li. che fuccedette a Carlo V. fu coftretto a fiire il famofo fallimento noto a tutto il mondo i nè vi è fiato per avventura Monarca , che abbia folttìrte tante mormorazioni quant’ e fio , infolenze , ribellioni delle truppe Tempre mal pagate . Dopo tal tempo la Monarchia di Spagna andò Tempre declinando. La ragione fi è , che vi era un vizio interno e fìfico nella natura di quefte ricchezze , che rendeale vane , e quefto vizio andò ogni giorno più aumentandofi . L’oro, e l’argento fono una ricchezza finta, o di fegno . Quefti Tegni Tono di Tomma dura¬ ta 5 e poco fi confumano , per loro natura. Quanto più fi moltiplicano , tanto più perdono di pregio , perchè rapprefentano meno cofe . Nel tempo della conquifia del MefTlco , e del Perù abbandonarono gli Spagnuoli le ricchezze naturali per avere delle ricchezze di Tegno , le quali fi avvilivano per Te ftefie . Rariflìmi erano in Europa 1’ òro , e T argento ; e la Spagna pa¬ drona in un batter d’ occhio d una quantità grandiflima di quefii metalli, formò delle Tpeian- 26 , che mai avute non avea . Le ricchezze, che fi trovavano ne’paefi conquiftati , non erano per tanto proporzionate a quelle delle oio miniere. Ne occultarono una porzione gTIndia¬ ni i e di più quefti popoli , i ,quali facean Tervir ' ^ ^ Toro Delle Leggi . Lib.XXI. Cap.XXII. 369 V oro , e r argento unicamente alla magnificenza de'Templi decloro Numi, e de’palagi de’Re, non ne andavano in cerca colla flellà avarizia noltra : finalmente non poflèdevano il fegreto di cavare i metalli da tutte le miniere , ma foltan- to da quelle , in cui la feparazione fi fa col fuoco , ignorando la maniera d' adoprare il mercurio , c neppure per avventura co no Ice v.ano elio mercurio . Tuttavia fi vide raddoppiare in brev’ ora in Europa l’argento ; e ne fu dimoftrazione 1' au¬ mento del prezzo di tutto quello , che fi com¬ prava^ che fu a un bel circa del doppio. Gli Spagnuoli cavarono le miniere , traforaro¬ no monti , ^ inventarono macchine per tirar acque ^ per infragnere il minerale, e fcpararlo; e hccome non prezzavano la vita degl' Indiani , li recero lavorar fenza dar loro mai ripofo . In brev ora raddoppiò 1' argento in Europa , ed il profitto fcemò fempre della metà per la Spagna, a ^quale ogni anno non aveva , fe non la quan¬ tità medefima d un metallo , eh' era diventato la meta meno preziofo . Nel doppio di tempo raddoppiò anche l'ar¬ merà " ^ ^ profitto fcemò parimente della neceTarr^^’^ miniere , per farne le vi vnl P'-'epai-àzioni, e trafportarlo in Europa, cnm» ^p^^^ ■ Suppongo , che foTe ^ I. a ^ 4 . unji volra ^ che 1 ' argento fa A a rad. 370 Dello Spirato raddoppiato , e perciò la metà meno preziofo, la fpefa fu come i, a 64. Qiiindi^ le flotte, che portarono in ifpagna la quantità medeflma d’ oro , portarono una cola , la quale valea realmente la metà meno , e coftava la meta più . Se fi fegua la cofa di raddoppiamento in raddoppiamento, tro ver remo nella piogieflione là cagione dell' infiifficienza delle ricchezze Spa- gnuole . ' r 1 II Sono dugent’anni in circa,che fi lavoià nelle miniere dell’indie . Mi fo a fupporre , che la quantità d'argento , che al prefente efilte ne mondo commerciante , fia a quella^ che ehi ea prima della fcoperra t come 31. e a 1. cioe> che fieli raddoppiata cinque volte : m altri dugent'anni la ftefia quantità farà a quella, che era prima della fcpperta, come 64. e a i. cioè, che tornerà a raddoppiare . Ora > pie entemente cinquanta quintali di minerale per loro (b) dan¬ no 4. 5. e é. once d’oro; e quando non ve ne ha più di 1. il minatore ricava le loie Ipe- fe. In dugenc'anni, quando ve ne ha Me 4- K minatore caverà parimente le fole lue Ipefe . Dun¬ que poco farà il profitto nel cavar oro , o ftelTo raziocinio vale rifpetto all argento ^ la vo che il travaglio delle miniere _d' ^ vantaggiofo di quello delle miniere^ e oro . Che fé fi fcuopróno miniere cosi ricche , c ^ [b) Vedi ì vkggj di ^reicier , Delle Leggi. Lib.XXI. Cai*. XXII. 571 diano maggior profitto , quanto più efiè ’ faran¬ no , tanto prefìo il profitto cefi'erà . Tanta copia d'’oro lianno trovata i Portoghefi nel Brafile (c) , che bifognerà , che il profitto degli Spagnuoli fcemi di neceffità confiderabil- mente , ed eziandio il loro . Più volte ho fentito deplorare 1' acciecamento del Con lìgi io di Franccfco /. che non diede orec¬ chio a Crifloforo Colombo , il quala gli proponea P Indie . A dir vero , forfè per imprudenza ^ fu fatta cofa prudenti0ìma . La Spagna ha fatto come quel Re infenGito j il quale chiefe , che fi convertidè in oro tutto quello , eh' ei toccava j e che fu coftretto a tornarfene a’ Numi per pregargli a por fine alla fua miferia. Le Società , ed i banchi, che ftabilirono varie nazioni , finirono cì’ avvilir P prò , e V argento nella ior qualità di fegno : imperciocché con nuove ^ finzioni multiplicarono per fiffatto modo i légni delle derrate , che P oro , e 1’ argento non fecer piu quell' uffizio , fe non. fe in parte, fi ne divennero meno p reziofi . Quindi il pubblico credito fervi loro di mi¬ niera , e feemò di vantaggio il profitto , che dalle loro ritraevano gli Spagnuoli. A a 2 Ve- ^ I Milord Anfon 1 ’ Europa riceve oani ^ per due milioni di Lire tlerline in oro, falde de’ monti . o nell’ Oliando feci l’o^ufeoio , di cui ’ho P nella prima nota di quello Capitolo > vi mol», eh.: i dal Brifik folli-;- - ' ' levante quale fi ^ a) predente. :'ro oggetto si ri- iyi Dello Spirito Vero fi è , che pel commercio , che fecero £;li Olandefi neih Indie orientali , diedero qualche prezzo alla merce degli Spagnuoli : imperciocché , ficcome portarono dell’ argento- per barattare colle merci dell’ oriente , follevarono in Europa £^li Spagnuoli d’ una porzione delle lor derrate, che vi abbondavano di fovecchio . E quello commercio , che mollra di rifguar- dar la Spagna folo indirettamente , l’ è vantag- giofc) nel modo ftcflo , che lo è alle nazioni, che lo fanno . Dal detto finora polliamo giudicare ^ degli Editti del Conllglio di Spagna , i quali vietano l’impiegar 1’ oro e E argento in indorature , ed in altre fuperfluità : decreto limile a quello, che farebbero gli Stati d’ Olanda , fé proibifiero il con fumo della cannella . . Il mio raziocinio non verte fopra tutte ^ - miniere i quelle d A le magna , e d Ung >-ii^ * dàlie quali poco più fi ritrae fuor che le Ipele, fono udlilTime . Elfe fi trovano nello fiato prin¬ cipale: vi occupano parecchie miglia)a d riomim, che vi confumano le derrate foprabbondan ■ fono propriamente una manifattura del paele. I,e miniere di Germania , e d’ Ungheria fanno valere la coltivazione delle terre , dove il avoro di quelle del Meffico , e del Perù la diftrugge ■ L’ìndie , e la Spagna fono due potenze fo un padrone medefimo : ma l’Indie fono il pi cipic , e h Spagna è 1 ' accedono . Inda no tenta la politica di ridurre il principale all acce! folio : l’Indie attraggono fempre la Spagna. Delle Leggi. Lib.XXI. Gap. XXII. 373 Di cinquanta milioni in circa di merci , che vanno ogni anno all" Indie , piu non iw fom- miniftra la Spagna di due milioni , e mezzo ; adunque 1’ Indie fiuino un commercio di cin¬ quanta milioni, e la Spagna di due e mezzo . E' una rea fpecie di ricchezza un tributo ac¬ cidentale , e che non dipende dall" induftria della nazione, dal numero de" fuoi abitanti , nè dalla coltivazione de" fnoi terreni . Il Re dì Spagna, che riceve grandi fomine dalla Tua dogana di Ca¬ dice, per tal rifpetto , non è più che un pri¬ vato ricchiffirao in un poveriflumo Stato . Tutto palla da" foreftieri ad elTo , fenza che vi abbiano qualche parte i fuoi fudditi : quello commercio e ìndipendente dalla buona , e dalla rea fortuna dei Tuo- reame . Se alcune provincìe della Cafliglia gli delTero fomma fimigllante a quella della dogana di Ca¬ dice , la Tua potenza farebbe molto maggiore . Le fu e ricchezze farebbero l" elfetto di quelle del paefe ; quelle pròvinde animerebbero tutte 1" al¬ tre , e tutte inlieme fi troverrebbero più in illato di foftenere Ì rifpettivi peli ; in vece d" un ^ran ;eforo avrebbelì una grande popolazione. A a 3 CA- \ I 574 Dello Spirito •CAprTOLo xxin. Problema, N O N tocca a me a pronunziare fopra la queftione , fé la Spagna far non potendo da fé medefìma il commercio dell’ Indie, non darebbe meglio , che lo rendcflè libero a' foreftie- ri . Dirò foiamente , che le -conviene dì porre a tal commercio i meno oftacoli , che le potrà permettere la fua politica . Quando le merci, che le varie nazioni portano alflndie, vi fon care , gP Indiani danno molta della lor merce, eh e Poro , e P argento, per poche merci^ foreftiere : iegue il contrario , allorché quelle li trovano a baffo prezzo . Sarebbe per avventura vantaggio- fo , che quelle nazioni fi nuocedero a vicen¬ da , affinchè le merci, che portano alP Indie, VI fofièro iempre a buon mercato . Eccovi de principj , che hanno bifogno d’ efame , fenza però fepararli dàlie altre conlìderazionì ; la fìcu- rezza deiP Indie: P utilità d’ una dogana unica: i péricoii d'un cambiamento grande : i difordint, che fi preveggono , . e che con frequenza fon meno dannofi di quelli che fi polTono preve¬ dere (a) . j (a) „ Di qual vantaggio ( dice l’Autore delh mite delle Leggi ridotto in ^ a Trattato Generale dello SPIRITO DELLE LE _ 1 % libro XXII. „ Delle Leggi nel rapporto , che hanno con „ 1’ ufo della moneta „ . „ ' '’.ji'.-gj CAPITOLO PRIMO. Ratfìone dell’ ufo delis 7non€t4 . I Popoli , che hanno poche merci pel com¬ mercio j come i Selvaggi ; ed i popoli pulì- A a 4 ti , , il minuto racconto delie rivoluzioni d’ un ufo , che a non è ftato fondato (opra le leggi , di cui altri .fi j propone di fplegarci il puro iftorico ? ,, In fatti , fe i. Signore di MONTESQUIEU fi folTe affati.-aro per iidicarci , con quali principi , con quali mairime , con qiali leggi , con quali ufi , con quali dirpofiiioni , con quii illituzioni , nnalmente con quali rae-izi, fon giun¬ te le diverfe nazioni al grado del commercio , in cui foio fiate, ci avrebbe fomminiflrata con ciò un’iflruzio* ne, che ci avrebbe pofli iti iflato di trar tìoftro proErto da quelle leggi , da qucfle maflime , ec. Si rileverebbero de difetti : fi fcuoptirebbero utili cambiamenti : ci tro- vetremmo in un fentiero così certo, come è quello dell' efperienze nella Fifica . La difgrazia vuole, che non fiamo più ammaefltati intorno a qiieflo foggetto , dopo d’ aver meditato quello Libro XXL délh Sftrito djlle > di quello lo avremmo, fe mai non ravefìÌBOO ietto , ( Riflef. d’ un Anon. ) 37 ^ E iloSpirito I tij che ne hanno folcaiito due , o tre Tpecie , | trafficano per baratto . Così le caravane de* Mo- | ri , che vanno a Tomba etti nel fondo dell' A- | frica a barattar del fai e per oro , non abbifo- | guano di moneta . Il Moro fa un mucchio . 1 di file : il Negro ne fa un altro della hia polvere: | fé non vi è oro quanto vi vuole, il Moro le- I va via del iuo fale j, o il Negro aggiunge del | " fuo oro ^ fino a che ambì reftano paghi. | Ma quando un popolo traffica fopra moltif- | lime merci , vi vuole di neceffità una moneta, | perchè un metallo d'agevol trafporto rijfparmia M molte fpefè , che fi iàrebbe coftretti a fire ^ fe j la faccenda feguiflè Tempre per cambio . | Tutte le Nazioni avendo bifogni reciprochi , i| fegue con frequenza , che 1’ una vuol avere nu- j mero grandìffimo di merci dell' altra , e que- y fta pochiffime delle fue; mentre rifpetro ad un' ■ altra nazione trovali in un cafo contrario . Mi quando le naziojn hanno una moneta ^ e de ^ procedono per vendita, e per compra,, quelle, J che prendono più merci, pagano il di più in di¬ naro : e vi ha quefta differenza j che nel cao della compra il commercio fi fa a proporzione de' bifogni della nazione, che più ricerca : e nel cambio il commercio fi fa folo nelTefienfo- ne de' bifogni della nazione, che ricerca il me¬ no , fenza di che quefta feconda farebbe impof- fibiJicata a faldare il fuo conto , CA- Delle Leggi. Lib.XXII. Gap. II. 377 CAPITOLO IL Della natura della moneta . 1 E ’ La moneta un fegno , che rapprefenta il valore di tutte le merci : affinché il Te- gno ha durevole h prende alcun metallo [ ^ ] » che poco fi confami con V ufo > e che fenza diftruggerfi lia capace di molte divifioni . Si fccglie un metallo preziofo ^ affinché Ìl fegno abbia un agevol trafporto . Un metallo è propriiffimo per edere una mifura comune , perchè d può ridurre con facilità al mede limo titolo . Ogni Stato vi pone il fuo impron¬ to , affinché la forma afficuri il titolo , ed il pefo, e colla fola infpezìone d rilevi V uno » e V altro, Non avendo gli Atenied 1 ’ ufo de' metalli , d fervirono di pelli di bue {h) j ed i Romani di pecora : ina un bue non è la cofa fteflà , che un altro bue, come un pezzo dì metallo può eflèr lo de db , che un altro . Siccome il danaro è il fegno de' valori delle merci j cosi la carta è un legno del valor del da- (a_) Il Sale , che adropalì nell’Abiffinia ha quello difetto j che continuainente lì eonfuma. [b] ^ Erodoto in Clio ci dice , che i Lidj trovaron 1 arte di battere la moneta : i Greci da cflì la prefero: le monete d’ Atene ebbero per impronto il loro antico bue . Ho veduta una di quelle monete nel Mufeo del Conte di Perabrocke, 37S Dello Spirito danaro j e quando è buona {c) ^ io ■ rapprcTen¬ ta per sì fatco modo , che quanto all' effecco, non vi è alcuna dlftèrenza . Nel modo Hello , che il danaro é un fegno d’ una [c] Cioè , quando è tale , che r rpprefenti un foft- damenio deuro ; fui quale fi polTa contare : queflo ior,* damento c pieib dalla buona fide, o dal dirirto civile’ Quando ho da fare con uno , della cui probità , ed averi fi è perfuafb pienamente , un obbligo in carta di fuo pugno vaie quanto il denaro , perchè altri c certo di avere il fuo danaro, fpirato che nc fia il terni ine , Quefto è il fondamento di rute’ i pubblici nepozj , ciie hanno per oggetto un' impreftanza per parte cel Sovra¬ no ; avvegnaché fup ponga fi , che un Sovrano concia troppo la necefiìcà della buona fede per temere vifpctto a ciò un mancamento : e di più fi fupponga , che un co¬ vrano abbia mezzi per rim buffa re alle fcadenze l iinpre- fìito fatto . To'fl'o che fi comincia a dubitare ai quelli due riguardi , la carta ceda di rapprefentare 1’ intero valore del danaro : il fuo prezzo Iceina , e può rifol- verfi in nulla . Nella Società civile una carta è riputa¬ ta buòna, fubito die per l' autorità delle P''® farci ottenere il valor del danaro , che rappreleiita : la ■qual cofa. fuppone un debitore folvibile , ed una carta fatta in conformità deile leggi ftahilite nello Stato . Quello prova , che quaptunque una carta , ^ buona , rapprelènti per sì fatto modo il valore ael nato , che quanto ,^11’ effètto non vi ha difFero'''2*i . rimane fempre - quella, cioè , che una carta di buona , che è , può dÌTentar cattiva per le mutazioni nello ro di colui, a pefo del quale Ha la carta r c gue , che una carta non ruppf^finta mai per do il 'valore del danaro , fi non guanto all vi fia alcuna difieren&a , fe non in^cjuel cui fi riceve in danaro il valore della caria. ( d’mi Anon. ) . Dille Leggi . Lib.XXII. Gap. II. 3 79 unii cola , c I3. rapprcfcnts. > cosi ciafcuna co(d e un legno del danaro , e lo rapprerenta : e lo Scalo è profpero fecondo che per una par¬ te il danaro rapprefenta a dovere mete le cole, c per Palerà tutte le cofe rapprefentano a do¬ vere il danaro , e che fono fegni le une delle altre ; eh' è quanto dire , che nel valor loro relativo fi può aver 1 ’ una cofa , qualor fi ha 1 ' altra . Ciò mai non fegue fe non in un governo moderato , ma neppure in un tal go¬ verno fegue fempre : a cagion d’ efempio , fc le leggi favorifeono un debitore ingiufto , le cofe j che gli appartengono , non rapprefenta¬ no il danaro , e non ne fono un fegno {d) . Rifpetto al governo Difpotico , farebbe un prodigio , qualora le cofe vi rapprefentafletp il fegno loro : La tirannide , e la diffixierìza fan¬ no 3 che ognuno fotterri il fuo danaro (e) ; a- dunque le cofe non vì rapprefentano il danaro. Alcuna fiata i Legislatori fonofi ferviti d’ ar¬ te [d] Cioè per rapporto a coloro , che gli avranno dato credito : per altro le cofe, che appartengono ad un debitore ingiufto , yÌ rapprefenteranno il danaro , e ne faranno un fegno , appunto come ne* paefi , ne’ quali non avranno vigore quefte leggi. Quelle " toglie¬ ranno il credito ai negozio : colui , che non avrà da¬ naro 5 fi vedrà coftretto a vender le cofe , che gli ap¬ partengono , per porfi in iftato d’acquiftarne delle altre, ed in quefto modo le prime faranno lémpre un fegno del danaro. ( Riflefs. d’un Anon, ) [e] E’ antica ufiinza in Algeri , che op‘f'' famiglia abbia un teforo fotcerraio . L' Iftoria del Regrìo d’Algeri. 5 ^^ Dello Spirito te fìffacta, che non folo le co fé rnpprefentalTe- ro il danaro per lor natura , ma che diventaf- fero moneta come lo ftefio danaro . Cefarc [/] Dittatore permife a\iebitori il dare in pagamem ' to a creditori loro dc^ fondi di terra al prezzo che^ valeano prima della guerra civile . Tibcrìo ordinò [^] , che coloro , i quali voleffero del denaro , ne avrebbero dal pubblico teforo con obbligare de’ fondi pel doppio , Sotto Cefarc i fondi di terreno furono la moneta , che pagò tute' i debiti : fotto 'Tiberio diecimila feflerzj in fondi divennero una moneta comune , come cinquemila fefterzj in danaro . La carta grande d’ Inghilterra vieta d’ occu¬ par le terre ^ e le rendite d’ un debitore , quan¬ do i luci beni mobili , o per fonali ballano pel pagamento , e che egli eiibifee dì dargli : in tal calo tutt' i beni d’ un Ingiefè rapp re fen te re obe¬ ro danaro [h'\ . [f] V. Cefarc, della Guerra civile Lib. Ili, i g 3 Tacito , Lil), VI. [ h 3 Quella carta non iinpedìfce , che le terre , e l'entrate d’ un Inglese non rapprefentino il danaro nel modo fteil'o , che gli altri funi beni : tende ad impedir le velfazioni de’ creditori ir.difcrcti . E' oliera ! equità/ allorché il lèquellro eccede la li cu rezza , che può efi- gerf) ; e le baflàno certi dati beni pel pagamento d un debito j non vi ha ragióne > che alTiller polTa Ì1 feque- flro d’altri . Siccome le terre , e I’ énrrate aJfficiua- no del pagamento , allorché non ballano gli altri beni, c evidente , che non lì polfono efeiudere dal numero de' fegni del danaro , fecondo il linguaggio del nolìto Autore , ( Rifiefs. d’ A non. J Delle Leggi. Lib. XXII. Gap. HI. 5S1 Le Le2 o ad una pecora col fuo agnello ; quello di tre valeva un bue di Pedici mefì, Preftb di quelli popoli la moneta diventava beftiarae, raeice, o derrata , e quefte cole divenivano monete. Non folamcnte il danaro è un Pegno delle cofe ; ma è ancora un Pegno del danaro , e rapprefenta il danaro 3 come vedremo nel capi¬ tolo del cambio . CAPITOLO HI. H Delle monete ideali . V I fono delle monete reali, e delle monete ideali , I popoli puliti , che fervonft quafi- tutti di monete ideali , non per altro lo fanno , fé non perchè hanno convertite le lor monete reali in ideali, Prima le loro monete reali fono un certo pefo , ed un certo titolo d’al¬ ti] hegge de’ Saflbni, Cap, XYHL 5^1 Dello Spiilito d alcun metallo : ma in brev’’ ora la mala fede , o il bifogno fanno si , che fi tronca una porzione del metallo da ciafcun pezzo di moneta , alla quale h lafcia il nome fteflò : a cagion d’efempio da un pezzo del pefo d'una li- ra d argento, fi tronchi la metà dell’’argento , fi continui a chiamarlo lira ; il pezzo , eh' era una ventèlima parte della lira d’argento , lì coii- tinua a chiamare foldo, tutto che non ha più la vente/ìma parte di queffca lira. In tal calo la lira c una lira ideale , ed il foldo un foldo ideale, è lo fteffo delle altre fuddivifìoni : e quello può tanto innoltrarlì, che ciò che diraffi lira, altro non farà , che una porzione picciolilfima delia lira , la qual colà verrà a renderla anche più ideale , Può anche darli , che non fi batta moneta , che vaglia precifamente una lira , nè moneta, che vaglia un foldo ; allora la lira, ed il foldo , faranno monete meramente ideali. SÌ darà ad ogni pezzo di moneta la denominazio¬ ne di tante lire , e di tanti fòldi , che fi vor¬ rà ; la variazione potrà eflèr continua , perchè è anche così facile il dare un altro nome ad una colà , quanto è difficile il murare la cofa ftefià [a] , Per togliere la forgente degli abu¬ fi farà un"' ottima Jegge in ogni paefe , ove YO- [a] In fatti l’operazione , che rende il nome di un pezzo doppio in valore di ciò > che era prima , non opera tanto filila moneta, quanto fopta le cole contenute nello Stato , di cui alza proporzionatamente il valore , f li’,Ìiìcfi. d’ un Anon. ) Delle Leggi. Lib. XXII. Gap. IV. 5S5 vocliafi far fiorire il commercio , quella, la qua¬ le prefcriverà , che adoprino_ monete reali , e che non faccianfì operazioni , che rendere le poflano ideali [h^ . Non vi ha cofa , che debba eflere tanto c- fente da variazione , quanto Cio , eh e delti•• nato per mifura comune di tutto . Il traffico per le medelìmo è incertilTimo : cd è un mai grande l’aggiungere una nuova incertezza a quella , eh* e fondata fopra la na¬ tura delia cofa, CAPITOLO IV. Della <^uantìtk dell* Oro , e deWArgento . A Llorchè fono le Signore del mondo le nazioni colte , l’oro , e P argento s* au¬ mentano di giorno in giorno, o lo ritraggano da efiè ftellè, o lo vadano a cercare ove fi trova. Scema per lo contrario , allorché dominano le barbare nazioni . Si fa quanto rari fi foflèro que- [b] Perchè quefte operazioni fono realmente inu- tilifllme, e con frequenza fommamente dannofe -, fe 1 * eftendete fui foreftiero , rovinate il voftro credito > fe vi limitate all' interno del voftro Stato , non fate nulla, qualor non (i tratti di rimborfare con valori inferiori le preftanze fatte; ed in quefti cali rovinali pa¬ rimente il credito, d della Nazione, che del Sovrano. ( R.iflefs. d’un Anon, ) __ \i 3S4 DsLto Spirito rnecallì j allorché 1 Goti , ed ì Vandali per una parte , i Saraceni, ed i Tartari per l’altra ebbero tutto occupato . CAPITOLO V. •i ContìnHitzàone del mede fimo figge ti 0 . L Argento cavato dalle miniere Americane, trafportate in Europa , quindi fpedito an¬ cora in Oriente , ha favorita la navigazione Europea : elP è una merce di più , che P Eu¬ ropa riceve alP Indie in baratto . Adunque una quantità maggiore d’ oro , o d’argento è proficua, allorché queftì metalli fono confiderarì .come una merce : non lo é , quando fi confide- rano come legno , poiché la loro copia fover- chia altera la loro qualità di fegno , eh’ è molto fondata fopra la rarità [a] . Innanzi alla prima guerra Punica il rame era all’argento, come ^60. é a i. è il M Qualora le leggi non abbiano fiilkto il prez¬ zo ,Ja qualità di legno verrà*ad elTere egualmente fon¬ data Tulla rarità per ogni fortà di merce. Un bue , come legno , collerebbe , pur in un tempo di mortali¬ tà , che'in un altro; lo ftelfo è de’metalli . Se h i®" IO vaipre, è più filTo , lo è perchè Ì1 Sovrano ^ determinato . Adunque non è una maggior copia, d o- ro , e d’argento, nè più, nè meno favorevole come merce , che come legno Riflels. d’un Anon.) [b} Vedi in feguito ii Cap. XII. !l Delle Leggi. Lib. XXII. Gap. VI. 3 ^J è il medefimo a un di preflo , come 75 t- ^ 1. [c] quando la pcopoi-zione folTe qual’ei-a uìi tempo , l'ai-gciuo farebbe meglio la fua funzione in qualità di fegno [}- Dello Seiilixo capitolo X. cambio, TT Aboondanza j e la i-arità relativa delle mo- ^^'^0 p^e/ì, fono e 1 Olan¬ da formafièro una fola Città , farebbefi come fi fa quando fi dà la moneta d’ uno feudo : i* Frali- Delle Leggi. Lib, XXII. Gap. X. 395 Franzefe (i caverebbe di tafca tre lire , e l Oìan- clefe caverebbe dalla Tua cinquantaquattro grofli 3 ma liccome fra Parigi, ed Amfterdani vi è^della diftanza j forz’ è ^ che colui, il quale mi da pel mio feudo di tre lire 54. groffi elisegli ha in Olanda , mi dia una lettera di cambio di ^ 4^, grolPi fopra 1 ' Olanda . QlÙ non li tratta piu di 54. groffì , ma d^ una lettera di 54. grolli . Quindi per giudicare della fearfezza o delP ab¬ bondanza del danaro (c) ^ fa. d’uopo Papere , fe in Francia vi fono più lettere di 54. groffì de- ftinate per la Francia , che non vi fieno feudi deftinati per l’Olanda. Se vi fono molte lettere offerte per gli Olandefi , e pochi feudi offerti per li Franzefi , il danaro è comune in Olanda, e raro in Francia > e forz’ è > che il cambio alzi , e pel mìo feudo mi fi dia più di 54. groffi 5 altrimenti non lo darei , c v'^ce ver- fa (d ). Si rileva , che le diverfe operazioni del cam¬ bio formano un conto dì ricevimento , e di fpefa, che cònvien fempre faldate ; e che uno Stato j il quale dee, non foddisfa più gli altri col cambio , di quello un privato paghi un de¬ bito barattando del danaro . Sup- ^ .CO Vi è molto danaro in una piazza, quando vi e più danaro , che cartai ve ne ha poco, quando vi é piu carta , che danaro . M Forz’ è intender cosi quefto pafTo . Se in i-i'ancia vi fono più groiTe Ibmme da rkrarre dall’ Olan¬ da , che da rimettervi , è detto , che a danaro è fear- fo, e vicijfìtn ( Rifleff. d’ un Anon. ) Dello Spirito Suppongo , che nel mondo vi heno foli tre Sciti In Francia, la Spagna, e P Olanda; che diverli privati di Spagna doveflèro in Francia il valore di centomila marche ” ' ; diverfi privati di Francia cento diecimila marche, e che una qualche cir- coftanzà face ile , che ciafcuno in Ifpagna, ed Ìii Francia voleflè fui fatto tirare il fuo danaro: che farebbero le operazioni del cambio ? Soddisfe- rebbero reciprocamente quelle due Nazioni della fomma di centomila marche ; ma la Francia dovrebbe Tempre diecimila marche in Ifpagna } c gli Spagnuoli avrebbero Tempre delle lettere fopra la Francia per diecimila marche ; e niuna ne avrebbe la Francia fopra la Spagna . Che fè F Olanda fi trovalle colla Francia in im calo contrario , e che per fai do le dovelfe loooo. marche, la Francia potrebbe pagare la Spagna in due maniere , o col dare a Tuoi creditori ìn Ifpagna lettere fopra ì Tuoi debitori d" Olanda per loooo. marche, ovvero con ifpe- dire in Ifpagna loooo. marche di argento in fpecie. Quindi fegue , che quando uno , Stato ha bl- fogno di rimettere una fomma di danaro in un altro paefè , è indifferente quanto alla natura della co fa , che vi fi fpedìfea del danaro , o che fi prendano delle lettere di cambio , Il vantaggio di quelli due modi di pagare dipen¬ de unicamente dalie circo danze attuali : bifogneia vedere ciò , che in quel momento ftrà piu srofìi in Olaiftla , o il danaro portato in fpecie o uni Delle Leggi. Lib* o una lettera fopra V Olanda dì fimile fom- ma [e1. ^ r jj Oliando lo m'o titolo,e lo ftelTo Pefo d ar-^ genco in Francia, mi rendono 1 ifteflò pelo e 1 1 e o titolo d’argento in Olanda, lì dice, che il caitibio equilibra. Nello ftato attuale delle monete (f), l’equilibrio è a un di prello a cinc|uantaquatt^ groflì per feudo : quando il cambio andra piu fu de’ 54. groffi , fi dirà , che è alto ; q^uando fa¬ rà più giù, fi dirà, che è bafib . Per fapere , fe in una data fituazìone del cani-’ bio lo Stato guadagni, o perda , La d’ uopo con- fiderarlo come debitore, come creditore , come venditore , e come compratore . Quando il cam¬ bio è più baffo del pari, perde come debitore , e guadagna come creditore ; perde come com¬ pratore , e guadagna come venditore . Si rileva, eh’ ei perde come debitore : a cagion d* efem- pio, dovendo la Francia all’ Olanda un dato nu¬ mero di grojGfl, quanti meno groflì varrà il fuo feudo , tanti più feudi vorranovì per pagare : per lo contrario , fe la Francia è creditrice d’ un dato numero dì groflì, quanti meno groffì varrà ogni feudo , tanti più feudi effa riceverà . Perde ancora lo Stato come compratore: Imper¬ ciocché vi vuol fempre lo ftefib numero di grò fi- fi per [e] Dedotte le rpefe del trafforto , c dell’ affi- curazìoi* . [f] Nel Z744 . Dhlio n per comprare la flelTa quantità di merci ■ c quando il cambio abbaflà, ogni feudo di Fnn eia dà meno gtoffi . Per ragione guadagna lo Srato come venditore; io vendo la mia .merce in Olanda Io HelTd numero di grof- 11 , eh' IO la vendea : dunque avrò piò feudi in f rancia , ■ quando con cinquanta grolTì mi procurerò uno feudo, che quando menebifogne- ranno jr4-_P“i' avere Io ftelTo feudo : tutto i'op- pofto di ciò feguirà nell' altro Stato. Se 1 ' Olan¬ da dee un dato numero di feudi , guadaf^nerà, e fe a lei fi dsbbono, perderà ; fe vende f per- dera 5 e guadagnerà , fe compra . Fa però di meftieri oHervar quello ; quando il cambio è più giù’ del pari , per efeinpio, fe è a po. in vece d’ edere a J4. dovrebbe fe^ui- re, che fpedendo la Francia , pei cambio cin- quantaquactro mila feudi in Olanda non com¬ prerebbe merci che per foli cinquantamila; e che per altra parte Ipedendo i’ Olanda il valore di cinquantamila feudi in Francia , ne comprereb¬ be per cinquantaquattromfla , che formerebbe una diiferenza d' otto cinquantaquattrefmi, va¬ le a dire dì più d' un fettimo di perdita per la Francia ; di modo che converrebbe Ipedire in Olanda un lèrdmo di più in danaro , o in mer¬ ci di quello lì facefie , quando il cambio era in equilibrio : e crelcendo fempre il male , poiché un debito di tal fatta farebbe anche feemare il cambio , alla per fine la Francia farebbe rovina¬ ta . Sembra, io ripeto, che dovrebbe cosi ac¬ cadere, c quello non accade, a motivo dii prin- cì- Delle Leggi . Lib.XXII. Cap. X, cipio da me altrove ftabilito {g) ì ed è , che gli Scaci tendono a lempre porli In bilancia, ed a proccurarll la loro liberazione : quindi jion pigliano a predico Te non fè a proporzione di ciò» che poi- fon o pagare , e non comprano , fé non fe a mi- fura che vendono . E prendendo il fopra efpo- fto efempio , fe il cambio dà giù in Francia dal j4. al j'o. F Olandefe , che compralTè merci Fran- zeh per mille feudi, e che le pagafe cinquan- taquattromila grolTì, non le pagherebbe più dì cinquancamiia, fe il Franzele vi voleilè accon- fencire : ma k merce di Francia alzerà ìnfenli- bilmence, il profitto fi dividerà fra il Franzefe , e F Olandefe ; poiché quando un negoziante può guadagnare, divìde facilmente il fuo profitto : feguirà adunque una comunicazione di profitto fra il Franzefe , e FOkndefe . Nel modo Hello il Fran¬ zefe , che comprafle merci d* Olanda per cin- quantaquattromila grolll, e che le pagalTè con mille feudi j quando il cambio folle a 54 fareb¬ be obbligato ad aggiungere quattro cinquanta- quattrefimì di più in feudi di Francia per com¬ prare le medefime merci : ma il Franzefe mer¬ catante , il quale comprenderà la perdita , eh’ ei farebbe , vorrà dar meno della merce Olan¬ de fe : adunque feguirà una comunicazione di per¬ dita fra il mercatante Franzefe , e F Olandelè : lo Stato fi porrà infenfibilmente in bilancia, e 1 abballaraento del cambio non produrrà tutti gli fconcerti, che temer li dovrebbero . Qiian^ (S; Vedi il tib. XX. Cap. XXI. 400 DEtto Spirito Oliando il cambio è più balio del pari , può un negoziante , fenza fcemare la Tua fortuna ri¬ mettere i Tuoi fondi ne’ paefi foreftierì ; poiché facendoli tornare, viene a riguadagnare ciò , che ha perduto; ma un Sovrano , il quale non ifpe- difce ne’ paefi ftranieri , fé non un danaro, che non dee mai ritornare, perde Tempre . Allorché i negozianti fanno parecchi affari in un paefe, infdlibilmente il cambio va in su. Ciò nafce, dal prendervi molti impegni , e dal com¬ prarvi molte merci ; c per pagarle fannoh delle tratte fopra i paefi foreftierì. Se un Sovrano accumula gran danaro nel fuo Stato, il danaro vi potrà eiler raro realmente , c comune relativamente : a cagion d’ efempio , Te ad un tempo fteftò quefto Stato avelie a pagar molte merci nel paeTe foreftiero , il cam¬ bio darebbe giù , rutto che raro folle il danaro. Il cambio di tutte le piazze tende lèmpre a porli in una data proporzione , e ciò fta nel¬ la natura della cofa medelìma . Se il cambio dell Irlanda all’ Inghilterra è più bafib del pari , e che quello dell’ Inghilterra all’ Olanda fia pa¬ rimente pili baftb del pari , quello dell Irlaii a alT Olanda Tara ancora più ballo , vale a ire in ragion comporta di quello dell Irlanda a Inghilterra, e di quello dellMughlherra all da: imperciocché un OlandeTe, il quale può ar venire i Tuoi fondi indirettamente ^d’ Irlanda per 1 ’ Inghilterra, non vorrà pagar piu caro pei li venire addirittura . Io dico che cosi e -r ° vrebbe ; ma tuttavìa non va la coTa tota mente ’ cosi: Delle Leggi. Lib. XXII. Cap.X, 401 COSI : vi fono mai fempre delle circoftanze , le quali fenno variar quelle cofc ; e la differenza ìd profitto , che vi è a far tratte per una piaz¬ za , o a farle pèr un' altra , forma L arte , c la prodezza particolare de' Banchieri , di cui ora non trattiamo . Qiiando uno Stato alza la Tua moneta j per efempiOj quando ei chiama lei lire , o due feu¬ di, ciò eh’ ei chiamava tre lire j o uno feudo ^ quella nuova denominazione , che non aggiunge allo feudo nulla di reale, non dee proccurare un folo groffo di piu col cambio . Non dovrebbe averfi per li due nuovi feudi , fe non fe la ftefla quantità di grofifi, che fi ricevea per Io vecchio feudo ; e fe ciò non fegue , non è l' effetto del¬ la fitìàzioue in fe fleffa , ma di quello , che pro¬ duce come nuova , .e di quello che ha come iraprovvifa . Il camliio s’.attiene ad affari p|i|^ cipiati , né fi mette in regola j fe non dopo jmi dato tempo . Allorché uno Stato, ìn vece d' alzare fempli- cemenre la fua moneta con una legge , fii un nuovo getto per formare d' una moneta forte al¬ tra piu debole , fegue , che nel tempo dell* ope¬ razione vi fono due forte di monete ; la forte, che è la vecchia , e la debole , che è la nuova i e fi eco me la force è fere ditata 3 e non fi riceve, fe non alla zecca , e che per confeguenza le let¬ tere di cambio debbon pagarli in fpecie nuove , pare, che il cambio dovefle regolarli fopra la nuova fpecie . Se per efempio I’ indebolimento follè in Frància della metà , e che lo feudo vec- TomJI. C c chio 401 Dello Spirito chio dì tre lire defTe in Olanda tìo. groftì , Io leu do nuovo non dovrebbe darne più di 50. per “Irra parte pare , che il cambio doveflè rego¬ lari lui valore della /pecie vecchia , perchè il Banchiere , che ha del danaro , e prende delie lettere, e tenuto a portare alla zecca le fpecic vecchie per averne delle nuove, Tulle quali perde. Si porrà adunque il cambio fra Ìl valore della Ipecie nuova, e quello della fpecie vecchia ; il valore della fpecie vecchia cade per dir cosile perchè già cor¬ re nel commercio della fpecie nuova , e perchè il Banchiere non può tener rigore, avendo interefiè eh far ufeire fpeditamente il danaro vecchio dal- Tua cafTa per farlo lavorare , ed eflèndovi an¬ che forzato per fare i Tuoi pagamenti ; per al¬ tra parte il valore della Ipecie nuova alza per così dire , perchè il Banchiere colla fpecie nuo¬ va trovali in una circoftanza, in cui faremo ve¬ dere , che può con vantaggio grande proccurar- fene della vecchia : adunque fi porrà il cambio > come diflì , fra la fpecie vecchia , e la fpecie nuova. In tal cafo hanno i Banchieri del pro¬ fitto nel far ufeir dello Stato la fpecie vecchia» perchè in tal guifa fi proccurano V ifteffo vantag¬ gio , che darebbe un cambio regolato fu la fpe¬ cie vecchia , vale a dire, molti groffi in Olan¬ da ; e perchè hanno un ritorno nel cambio re¬ golato fra la fpecie nuova, e la vecchia, vale a dire » più baffo : il che proccura molti feudi nx Francia . Suppongo j che tre lire di fpecie vecchia fen¬ dano pel cambio attuale 4_5’. grofìì , e che traf- por- Diìlle Leggi . Lib.XXII. Cap.X. 40J portando quello ftefio feudo in Olanda , fe,ne abbiano 60. ma con una lettera di 45. grollì U proccurerà uno feudo di tre lire in Franeia, il quale trarportaco in fpecie vecchia in Olanda, da¬ rà aneora 60. groffi ; adunque ufeirà dello Sta¬ to , che di nuovo fonde, tutta la fpecie vèc¬ chia , ed il profitto farà de" Banchieri. Per riparare a ciò converrà fare una nuova operazione . Lo Stato , che di nuovo fonde , fpe- dirà eflò ftelfo quantità grande di fpecie vec¬ chia alla Nazione, che regola il cambio ; e proc- curandovifì un credito , farà afeendere il cambio ai punto , che fi avranno , là in circa , tanti grofii per uno feudo di tre lire , quanti fe ne avrebbero col fare ufeìre fuor del paefe uno feu¬ do di tre lire in fpecie vecchie : dico là in circa, perchè quando il profitto farà tenue, non ver¬ rà la tentazione di farne ufeire la fpecie , a mo¬ tivo delle fpefe del trafporto , e de" rifehi del¬ la confifeazione . Torna bene' il dare un* idea ben diftinta di tutto ciò. Il Signor Bernard o qualunque altro Banchiere , dì cui vorrà fervirfi lo Stato , pro¬ ponga le fue lettere Copra POlanda , e le dia ad uno , due , tre grofTì più alte dei cambio attua¬ le : egli ha fatta una provvifione ne* paefi fore- (beri per mezzo delle fpecie vecchie , che ha fatto continuamente trafportare 1 quelli adunque fa alzare il cambio al punto da noi divifato : intanto a forza di dare delle fue lettere ìncaffa tutte le fpecie nuove, e conftringe gli altri Ban¬ chieri , che hanno da fare de* pagamenti, a por- C c a ta- I ^04 DeiloSpi rito tare alla Zecca le loro fpecie vecchie : oltre % ciò 3 hcccme ha avuto infenfibilmcnte tutto il da¬ naro > coftringe dal canto loro gli altri Banchie¬ ri a dargli delle lettere ad un cambio altiflìmo: il profitto, eh" ei fa fui fine, lo compenfa in gran parte della perdita , eh’ ei fece da princi¬ pio . Si comprende, come nel tempo di tutta que¬ lla operazione dee lo Stato foffrire una crifi vio¬ lenta . Il danaro vi diverrà fommamente raro , I. perchè bifogna fcreditarne la maggior parte . i. perché bifognerà trafportarne una porzione ne’ paefl foreflieri: 3. perchè ognuno lo chiu¬ derà , non volendo alcuno lafciare al Sovrano un profitto , che fpera di fare ellb ftefib . E’ pericoiofo 1' andar con lentezza : è dannofo il fare fpeditamente. Se Ìl guadagno , che fi fup - pone , è eccefifivo , crefeono Ì difordini a pro¬ porzione , Vedemmo poc’ anzi, che quando il cambio era più baflb della fpecie , vi era del guadagno nel far ufeire il danaro : per la medefima ragio¬ ne, quando è più alto della fpecie , vi ha del pro¬ fitto a farlo ritornare . Ma vi ha un cafo,in cui fi trova del profit¬ to a fare ufeire la fpecie, benché il cambio fi trovi al pari ; allora è , quando fi fpedifee ne paefi foreftieri per farlo riconiare , o rifondere . Fafifi il guadagno della moneta, quando eternata, o impieghifi nel paefe , o fi prendano lettere pel forelliero , r {T Se accadeflè, che in uno Stato fi formane una I Delle Leggi . Lib. XXII. Cap.X. 405 unii compagnia , la quale avelie un rUevantilti- rao numero di azioni , e che nel tratio d’ al¬ quanti meli fi follerò fatte alzare quelle azioni venti , o venticinque volte , oltra il valore della prima com|>ra ; e che quello Stato mede fimo avelie ftabilito un banco , i cui biglietti , o ce¬ dole dovelièro far le veci di moneta , e che il valor numerarfo di quelle cedole folle prodigio- fo per corrifpondere al prodigiofo valor nume¬ rario delle azioni ( è quello il lillema di M. Lavv ) ; dalla natura della cofa feguirebbe , che quelle azioni , o cedole fi diflruggerebbcro nel modo ftelTo , nel quale fi follèro llabilite. Non fi farebbe potuto fare afcendere in un colpo le azioni venti, o venticinque volte più alto del primo valore, fenza dare a moke perfone il mezzo di proccurarfi ricchezze immenfe in carta : ognuno fi lludierebbe d' alTicurarfi la propria for¬ tuna e ficcome il cambio fomminillra la fira¬ da piu agevole per cambiarla , o per trafportar- la ovunque fi voglia , fi porrebbe di continuo in potere della nazione regolatrice del cambio una parte de’ proprj effetti , Un perpetuo pio- getto di rimettere ne* paefi foreflicri farebbe ab- balTare il cambio . Supponglnamo^, che nel tem¬ po del fillema nel rapporto del titolo , e del pefo della moneta d’ argento , la taflà del cam¬ bio fo^e di 40. groffi per feudo , quando una numero fofie diventata moneta , non fi fara voluto dare più di 59. groffi per feudo, poi foli poi ec. La cola s’ innoltrò a legno j che non fi volle dar più d' otto groflì, C c 5 e fi ,- I 40Ó Dèlio Spirito e finalmente non vi fu più cambio. li cambio era quello , che doveva in tal ca- fo regolare in Francia la proporzione del dana¬ ro colla carta. Suppongo , che pel pefo, c pel titolo dell’ argento lo feudo ^i tre Urc d’ argento valellè 40. grofll , e che il cam¬ bio faccndofi in carta, lo feudo di tre lire in carta non valeflè più d’ otto groftì, la differen¬ za fofl'e di quattro cinquefimi. Adunque lo feu¬ do di tre lire in carta valea quattro cinquefimi di meno , che lo feudo di tre lire in danaro . CAPITOLO xr. 'Delle opeYAzjoni , che fecero ì Romani Jòpr^ le monete . P ER quanti tratti d' autorità fieno flati pra¬ ticati a’ dì noftri in Francia in due conie- CLitivi Minifteri fu le monete, ne ufarono e più grandi i Romani, non già ^nel quella Repubblica corrotta, ne in quello e medefima Repubblica, in cui era un* anarchia, ma allorché nel vigore di fua iftituzione , no^ meno colla fu4 prudenza , che col fuo^ coraggio, dopo d’ aver debellate le Italiche citta > conten dea r Impero a* Cartaginefi . c -i ' p Mi giova d* efaminare un poco a fondo qu - fta materia, affinché non fi dia per efempio c.o, che non é tale . rr u An. Nella prima guerra Punica (a) rafie, c e - (a) Piimo , ftoria Naturale Libro XXXIH art. 13 Delle Leggi . Lib. XXn. Cap. Xf. 407 veva efière di dodici once di rame , ne peso due fole i e nella feconda non fu più un' oncia . QLiefto tron(^amento corrifponde a cÌo che noi chiamiamo prefenternence aumenti delle monete , togliere da uno feudo di fei lire la metà Sell' argento per farne due, o pure farlo valere do¬ dici lire , è precifamente la cofa ftefTa . Non ci rimane alcun monumento della manie¬ ra , che tennero i Romani nel fare le loro ppera- zìoni nella prima guerra Punica : ma ciò che fe¬ cero nella feconda , ci fa rilevare una fapienza maraviglio fa . La Repubblica non fi trovava in ifiato dì pagare i fuoi debiti : V affé pefava due once di rame , ed il danaro che valea diece af¬ fi , valea venti once di rame , La Repubblica fe¬ ce degli affi (h) d' un' oncia di rame , guada¬ gnò la metà fopra i fu ai creditori , e con que- fte dieci once di rame pagò un danaro . Siffat¬ ta operazione diede allo Stato una grande feofi¬ fa , e bl fogli ava darla più leggiera , che fofle pofi- fibile ; conrenea la medefima un' ingiuftizia , bi- fognava che foffe minore , che far fi potelTe : ella avea per oggetto la liberazione della Repubblica verfo i fuoi Cittadini ; dunque non bifognava , che aveffe quello della liberazione de' Cittadini verfo di eflà>quefto cagionò una feconda ope¬ razione : e venne ordinato , che il danaro , il quale fino allora era fiato dì foli dieci aflì, ne fa¬ rebbe valutato fedicì : da fiffatta doppia opera- C c 4 z.io- [b] Flimo , Ivi . 4 o8 Dello Spirito 2Ìone rifaltò j che mentre ì creditori della Re¬ pubblica venivano a perdere la metà, (cj quei de' privati perdevano un folo quieto (c/) , le merci non crebbero più d' un quinto , la mu¬ tazione reale nella moneta era d^ un folo quin¬ to ; fon chiare le altre confeguenze. Adunque fi conduUero i Romani meglio di noi, che nelle noftre operazioni abbiamo con¬ fale ^ le fortune pubbliche , e le fortune priva¬ te . Quello non è tutto : vedremo, com’ eiR lo fecero in circollanze più favorevoli che noi . CAPITOLO XIL CtrcoflanK.e , nelle i Romani fecero le loro operaz^iom /Òpra la moneta . A Ncicamente poveriflìma era P Italia d* oro , e d’ argento : quella regione ha pochilli- me, o ninna miniera d' oro , e d’ argento : quando Roma fu prefa da' Galli, non 11 tro¬ vò più di mille libbre d’ oro {a). E pnte ì Romani aveano faccbeggiate varie potenti Cit¬ tà, e trafportatene in cafa loro le ricchezze . Per lungo tratto di tempo u faro no fole ^ mone¬ te di rame , e folo dopo la pace di Rìrro eb¬ bero argento a fulEcienza per batterne delle mo¬ ne- [c] Riceveano dieci otice di rame per venti , [d] Riceveano fedici once di rame per yenti * [a] ninio , lib, XXXIIL Art, 5. Delle Leggi , Lib*XXII. Cap.XII. liete [b) ; fecero de* danari di guelfo metallo , che valeano dicci alti (cj j o dieci libbre di ra¬ me , era allora la proporzione dell’ argento al rame , come i. a 960. mentre valendo il da¬ naro Romano dieci allì > o dieci Ubbie^ di ra¬ me j veniva a valere cento venti once di rame j e valendo il medelimo danaro un ottavo d on¬ cia d' argento {d) ^ ciò veniva a formare la pro¬ porzione da noi divifata . Divenuta Roma padrona di quella 'parte dell Italia j che è la più vicina alla Greck , ed alla Sicilia , ebbe a poco a poco a trovarli fra due popoli ricchi , i Greci ed i Cartagineli : l’ ar¬ gentò s* accrebbe prelTo di lei j e la proporzione di I. a 9 fio. fra l’ argento , ed il rame non po¬ tendo più fulTiftere , elfa fece varie operazioni Co¬ pra le monete, che ignoriamo . Ci è noto foltan- to 5 che fui principio della feconda guerra Pu¬ nica il danaro Romano (e) non valea più di venti onee di'rame je che così la proporzione fra 1’ argento , ed Ì1 rame non era più che di i. a 160. la riduzione era aliai rilevante mentre la Repubblica venne a guadagnare cinque felli Copra tutta la moneta di rame : ma lì fece quel- [b] Treinfemio , Lib. V. ùella lì. Decade . [c] Ivi , nel' luogo citato : batterono ancora , dice r Autore , de’ mezzi detti quinarj , e de' quarti detti Sefierzj . [d] Un ottavo fecondo il Budeo , un fettimo , fe¬ condo altri Autori . {^e] Plinio, Iiftoria Naturale Lib. XXXUI. Art.ij. 4^® Delio Spiiljxo foltanto , che rìchiedea la natura delle cofc , c riftabiliflì la proporzione fra i metalli, che fer- viyano di moneta. La pace , che terminò la prima guerra Puni¬ ca 5 avea lafciatì i Romani padroni della Sicilia. In brev^ ora pofero piede in Sardegna ; e comin¬ ciarono a conofcere la Spagna: la malia dell’ar¬ gento s’ accrebbe anche in Roma If)^ vi fi fe¬ ce L operazione , la quale ridulTè il danaro d’ argento di venti once a Tedici ; e vi produllè quello effetto, che rimìfe in proporzione 1’ ar¬ gento, ed il rame : quella proporzione era come 1. è a ifi©. e fu come i. è a iz8. Fatevi a ponderare i Romani, e non li ero * verrete mai tanto fu per io ri, quanto nelle fcelte del¬ le circoftanze, nelle quali fecero del bene , e del male . CAPITOLO XIII. Op€YAz.f&vi} fòpTa le monete nel tempo degl Jmperadort , N elle operazioni fette Ibpra le monete nel tempo della Repubblica, fi procedette per via di troncamento : confidava lo Stato al popo¬ lo i fuoi bifogni } nè intendea di fedurlo . Sot¬ to gl’ Imperaderi fi procedette per via di lega : quei Principi ridotti alla dilpérazione dalle ftef- tfj Iti. Delle Leggi . Lib.XXII. Cap.XIIL 41 ^ fe loro liberalità fi videro coftretti ad alterare le monete j via indiretta, che fcemava il male len- 7a moftrar di toccarlo ; fi ritirava una porzione del donativo, e fi nafcondea la mano , e lenza far parola di diminuzione della paga, e di lar¬ gizioni , quelle fi trovarono diminuite . Veagonfi tuttora ne’Mufei alcune medaglie (4) dette incamiciate , le quali non haiuio che lamella d’ argento , che cuopre il rame. E fatta parola di tal moneta in un frammento del Libro 77. di DÌone {h) . _ . 1 r Didto Gmlìano diede principio all’indebolimen- to . Si trova, che la moneta di C^racdU {c) avea più della metà di lega : quella Ale'jfa^dro Severo più di due terzi l’indebolimento con¬ tinuò, e fotto Gallieno altro non vedeafi , che rame inargentato (e) . Si comprende , come tali violente operazioni, non reggerebbero in quelli tempi ; un Sovrano ingannerebbe fe medefimo, e niun altro . Ha il cambio infegnato al Banchiere a confrontare tut¬ te le monete del mondo , ed a porle fui loro giufto valore ; il titolo delle monete non può più elTer un fegreto . Se un Sovrano comincia [a] Veggafi La Scienza delle Medaglie del Padre Jouhert, Ediz. di Parigi 1735* psg- 59 - [b] Eftratto delle virtù , e de’ vizj . [c] Vedi Suvotte , pare. 1. Cap. XII. ed il Giorn. de' Sapienti de’ xS. Luglio 16S1. fopta una feopetta di 50000. Medaglie . [d] Vedi Savotte , ivi . [e] li medefimo ivi . Dello Spirito mondo continua , e Io fa per eUo ; ^'Libito fé n’ efeono le fpecie forti, e rien¬ trano le deboli. Se alla foggia de’ Romani Im- peradori indebolifTe l’argento, fenza indebolir 1’ oro , vedrebbe in un batter d occhio dileguarli 1 oro , e farebbe ridotto al fuo cattivo argento . 1 cambio , come dilli ne! Libro precedente , (f) ha tolti i tratti grandi d’ autorità , o per lo meno la riufeita di quelli (g) , CAPITOLO xrv. Come H cambio rijìringe gli Stati Difgotici S cender vorrebbe la Mofeovia dal Tuo difpo- tifmo, e nol^può. Lo ftabilimento del com¬ mercio richiede quello del cambio , e le opera¬ zioni del cambio contraddicono tutte le leggi . Nel 1745’. ba Zarina un Editto per ban¬ dire gli Ebrei, perchè avèan rimellb ne’ paed ftranieri il danaro di coloro , eh’ erano relegati nella Siberia, e quello de’ forelLeri, ch’erano nel¬ le truppe. Tutt’ i fudditi dell’ Impero , come- chè fchiavi, non ne polTono ufeire , nèfareufei-' re i loro averi lenza licenza . Il cambio , che dà il modo di trafportare il danaro da uno in al¬ tro [f] Cap. XVI . ' _ [g] Ecco un paTo, che fi protrebbe applicare allo ftaco deila Moneta in certe Provincie dell’ Alemagna , [ Rifle/s, d’ un Anon, ] Delle Leggi . Lib.XXII. Cap.XV. 415 tro paefe, è adunque contraddittorio alle leggi Mofcovire . ■ 1 n rr Contraddice altresì le Tue leggi lo fteilo com¬ mercio . il popolo confifte in fchiavi addet¬ ti alle terre, ed in fchiavi denominati Eccle- faftìci, o Gentiluomini , perchè fono i Signori di quelli fchiavi : dunque non rimane alcuno pel terzo dato , che fòrmar debba gli artefici , ed i mercatanti . CAPITOLO XV. Vfo éi aìcmi d’ Italia * TTN alcuni paefi d’Italia fono ftate fatte delle !L Leggi, che vietano a’ fudditi le vendite .‘de’ fondi di terre per trafportarne il loro danaro in paefi foreftieri. Siffatte leggi potrebbero effer buo¬ ne , qualora le ricchezze dì ciafcuno Stato fof- fero fiffattamente anneffe ad elfo , che vi folle una fomma difficoltà nel farle pafTare in un al¬ tro . Ma , da che coll’ ufo del cambio , le ric¬ chezze non fono in certo modo particolarmente aderenti ad uno Stato, e che vi è tanta facilità nel trafportarle da uno in altro paefe , è una cattiva legge quella , la quale non permette dì difporre pe’ fuoi affari de’ proprj fondi di terre, quando fi può difporre del proprio danaro. Cat¬ tiva è quefta legge , perchè dà del vantaggio agli effetti mobili fopra i fondi di terra , perchè diflorna i foreftieri dal venire a ftabilirfi nel pae¬ fe, e finalmente perchè può eluderli , C A- 4*4 Dbi-lo SprKixo capitolo xvr. Del ficccrjò , che può ritrarre lo Stato da Banchieri . S ON fatti i Banchieri per cambiartlcl danaro, e non già per preftarne . Se il Sovrano per altro non fc ne ferve, che per cambiare il fuo danaro , fìccome gli affiti Tuoi fon fempre gran¬ di , per quanto lieve profitto lor dia per le lo¬ ro rimeffe , la cola diventa un oggetto rilevan- teje le gli fi domandano groffi profitti, può ef- fer ficuro , che nafce quello da difetto dell^ am- miniflrazione , Allorché per lo contrario fono ef- lì impiegati nel fare degli avanzi , P arte loro confifle nel proccurarfi grò IH profitti dal lor da¬ naro , fenza che altri polla accagionarli d’ ufura . CAPITOLO XVII. « De‘ debiti pubblici. S O noli fatti a credere certunì, che uno Sta¬ to fo/ìè debitore a fe medefimo : hanno im¬ maginato , che quello mbltiplìcall'e le ricchezze con accrefeere la circolazione . Quanto a me credo, che abbiano con fu fa una carta circolante, che rapprefenta la moneta , ed una carta circolante , che é il legno de' profitti, che Ila fatto o che è per fare una Compagnia fui commercio , con una carta , la quale rappré- Delle Leggi.L in.XXlI. Cap.XVII. 41 I" fenti un debito. Le due prime fono vantaggìofìf- fìme allo Stato : T ultima non può efièilo : c tutto quello , che altri può prometcerfene , con- lìfte nell' elTere un buon pegno per li privati del debito della Nazione, che è quanto dire , che ne proccura il pagamento . Ma ecco quali Sconcerti ne rifultano , 1. Se i foieftieri polTèggono molte carte , le quali rapprefentino un debito , ritraggono ogni anno dalla nazione una fo.mma rilevante per gl* intereflì. 2. In una Nazione così fempre debitrice Ì 1 cambio efièr dee bafllffimo. 3. L’ impofìzione meda pel pagamento degl' interedi del debito intacca le manifatture col ren¬ der più cara la mano dell' artefice . 4. Si tolgono le vere entrate dello Stato a co¬ loro , che hanno dell’attività e dell' induftria , per trafportarle a genti ozio fé, che è quanto dire , che fi danno de’ comodi per lavorare a coloro , che non lavorano, e degl' intoppi per lavorare a quegli, i quali lavorano (a) . Qiie- [a] Non fi ]^uò mai badar quanto balli alle ri- i fleflioni , che ha fatte il noilro Autore fopra i debiti nazionali , Ho felicito dire , e ripetere più d’ una fia¬ ta j che non vi è alcun difordinc nel moltiplicarli , I purché fi trovino de’ fondi fufficienti pel pagamento il i>^cerein . Citafi per efempio 1’ Inghilterra . Non ;| mi faro io a decidere , fe quella politica, che fi afcrl- I ve agl' Inglefi , fia un efemplare da imirarfi ; aggiun¬ gerò loUanto alle oflervazioni del Signore di MON- T£S. I I 41 Deilo Spirito Qaefti fono gli fconcertì : io non faprei ve¬ derne i vantaggi. Dieci perfone hanno mille feu¬ di per ciafeuna d’ entrata in fondi di terra , o in induftria ; quello viene a formare per la Na¬ zione a cinque per cento un capitale di dugen- to mila feudi. Se quelle dieci perfone impiegaf- fcro la metà dell’entrata loro, cioè, cinquemi¬ la feudi per pagare grinterelTi di centomila feu¬ di, che hanno impreflato ad altri, quello non jfà parimente per lo Stato più di dugento mila feudi : cioè , lècondo il linguaggio algebraico aooooo feudi — looooo feudi f looooo feu¬ di tr 200000 feudi, Qiicllo , che può fare errare fi è , che una car¬ ta a la quale rapprefenti il debito d’ una nazione, è un fegno di ricchezza : imperciocché un folo Stato ricco può foftentare una tal carta fenza decadere : che fe non decade , forz' è , che lo Stato abbia altronde grandi ricchezze . Dicefi , che non vi ha male alcuno , perché vi fono de' ripieghi per cotal male ; e dicefi , che il male c un bene , perchè i ripieghi foverchiano il male fteffo . CA- TESQUIEU che 1 ’ accrefeimento ^èe* debiti nazionali, dovendo produrre un accrefeimento d impouzioni , e di peli , per. necelTaria confeguenza ne diverrà pm ^ ' ficile e più gravofo il modo di fulfiftete . Ora tut fono a portata di giudicare , fe ciò a lungo andaie non debba produrre uno feadimento in tutto quello > c ^ ^ relazione alle fabbriche , ed a turte richieggono la mano dell’ Artehce . ( RiBef. dun Ano Delle Leggi. Liis. XXII. Cap. XVIII. 417 CAPITOLO XVIII. Del -pagamento de^ debuì pubblici , F a di meftiei'i, che fra Io Stato creditore j e io Stato debitore vi fia una proporzione. Lo Stato può elfere creditore in infinito j ma non può eflèr debitore , (è non fé fino ad un cer¬ to fegnoj e quando è giunto ad oltrepafifiire que- fto fegno, il titolo di creditore va in fumo . Se quefto Stato ha ancora un credito , che non fia fiato intaccato , potrà far ciò, che fi è praticato con tanta riufeita in uno Stato dTuro- pa (a ) , eh' è ìl proccurarfi una grande quantità di fpecie , e d’offrire a tutt’ i ■ privati il rimborfo loro , qualora non vogliano feemare P intereflè. Di fatto, fi eco me , quando lo Stato _ prefta , i privati fon quelli, i quali fiffano la tafià dell’ in- terefle ; allorché lo Stato vuol pagare ., tocca ad cfTo il fifl’arla . Non bafta lo feemar V interefie j ma bifogna che il benefizio di quefto rilafcio formi un fon¬ do d’araortizzazione per pagare ogni anno una porzione de’ capitali ; operazione tanto più feli¬ ce , in quanto che ne accrefee ogni giorno la 'riufeita . Quando il credito dello Stato non è intero , eli’,è quefia una ragione di più per cercare di for- TomJI. D d ma- (z) L’ Inghilterra . 4 iS Dello Spirito mare un fondo d’ amortizzazione , perchè fìabi- ìito che fìa quefto fondo , rimette immediata¬ mente in piedi la fidanza . Se io Stato è una Repubblica , il cui gover¬ no di fua natura comporci che vi fi facciano de’ progetti per lungo tratto di tempo , il ca¬ pitale dei fondo d’ amortizzazione può eflere dì lieve momento : in una Monarchia fa di meftie- ri, che un tal capitale fia maggiore. z. 1 regolamenti debbon’ ellere tali, che tute’ i Cittadini dello Stato portino il pefo delio fta- bili mento di quefto fondo , perché ì mede fi mi hanno tutf’ i pefi dello ftabilimento del debito : il creditore dello Stato colle fomme , eh’ ei con- tribuifce, pagando egli a le medefimo- Vi fono quattro claffi di perfone le qua¬ li pagano i debiti dello Stato : i propriecarj de* fondi di terre, quelli , eh* efercitano col nego¬ ziare la propria induftria , i contadini, e gli ar¬ tigiani , finalmente i cenfuarj dello Stato , o de* privati . Di quelle quattro claftì in un cafo dì neceffità 1* ultima parrebbe > che dovellè rilpar- miarfi meno delle altre, come quella , eh* è una dalle affatto paftìva nello Stato, dove quefto Stato medelìmo è foftenuto dalla forza attiva delle altre tre . Ma ficco me non fi può caricar di piu fen- za diftrugger la pubblica fidanza , di cui lo Stato tutto in generale, e quelle tre clafifi in partico¬ lare , hanno un fommo bifogno : ficcome la fe¬ de pubblica non può mancare ad un dato nume¬ ro di Cittadini, fenza che apparifca che manchi a tutcì ; ficcome la dalle de* creditori è fempic Delle Leggi. Lib.XX 1 I.Cap. XVIII. 419 la più efpofta a' progetti de’ Mìniftri , e che t fempre focto agli occhi, e fotto la mano 5 tor||^ è che lo Stato le accordi una protezione ango¬ lare , che la parte debitrice non ritragga mai il menomo vantaggio Topra quella ^ eh e credi¬ trice . CAPITOLO XIX* Delle ìmprejìanz,e ad interejle^ E "* il danaro il Pegno de’ valori . E' eviden¬ te , che colui, il quale abbifogna dì que¬ llo Pegno , dee prenderlo ad interefPe , com’ei fa di tutte le coPe , delle quali può aver bìPogno. Tutta la differenza fi è , che tutte le altre co¬ Pe pofTono , o prenderfi ad intereflè , o com¬ prarli i dove per lo contrario { il danaro , eh’ é il prezzo delle coPe , fi prende ad incereP- Pcj e non fi compra (a) . Ella fi è veramente un’ottima azione l’impre- Ilare ad un altro il proprio danaro Penza intereP- Pe j ma fi comprende bene , poter effèr quello un coiiPiglio di Religione , non già una legge civile . Affinchè il commercio pofià fard a Dd 2 do¬ la] Non fi parla de’ cali , in cui 1 ' oro e 1 ’ ar¬ gento fon confiderati co,me merci . [+r] Non {blamente c quello un mero Gor.figlio di religione j ma cosi ancora richiede la natura dai' mu- 4.10 Dello Spirito dovere , bifogna che il danaro abbia un prezzo, ^ che quello prezzo ha di poca rilevanza , Se e foverchio aluo , il negoziante , il quale vede , che più glie ne andrebbe in intereflì , dì quello guadagnar poueOe ne! Tuo commercio, nulla in¬ traprende ; fé il danaro non ha prezzo , niuno ne imprefta , e parimente nulla intraprende il ne¬ goziante . Io m’inganno quando dico , che niuno ne ìm- prella . Forz^ è che gli affiiri della Società Tem¬ pre camminino ; Sì ftabiliTce 1 ’ uTura , ma co* difordini in ogni tempo fperimentati . La legge di Maometto confonde 1 * ufura coll* impreflanza ad interefie . Crefce ne’ paeh Maomet¬ tani 1’ ufura a proporzione , che vien feveramen¬ te proibita : colui, che imprefta, h rifà fui perico¬ lo della cotravvenzione . ■ In quei paefi d' Oriente la maggior parte de¬ gli uomini nulla poffiede con ficurezza ; non v' "ha quali alcuna relazione fra l* attuale poHèllb di una fomma , e la fperanza di ricovraria dopo d averla impreflata : l’ ufura adunque vi crefce a proporzione del pericolo di non eilcre rimbor- fato . mutuo , il quale è un Contrattò gratuito , ^ fola obbligazione dì reftituìre altrettanto della ir- a fpecie . A lira cofa poi è , quando fi entra in coinni^- cio , e v’ è lucro cenante e danno emergente . Pieno gli ^e-nì Romani , dove _ s’ ammetteano 1 ’ ufuie,moìc0 il mutuo dal fcenfts differiva , Dille Leggi. Lib. XXIL Gap. XX, 4^^ CAPITOLO XX. ♦ Delle tifare marittime . L a grandezza deli* ufura mavìctima è foiidaca fopra due cofe , fui pericolo del mare , U quale fa sì, che akri non s* efponga ad impre- ftare il fuo danaro , fe non per ritrarne mol¬ to vantaggio ; e la facilità , che dà il commer¬ cio a chi imprefta di efeguir con prontezza aifa- ri grandi , ed in gran copia : dove per lo con¬ trario le ufure cerreftri, non avendo per fonda¬ mento veruna di quelle due ragioni, vengono o prò feri t te da* Legislatori, o pure ( la qual co fa € più fenfata ) ridotte a giudi confini . CAPITOLO XXL DeW imprefanma per contratto , e deW ufara prejfo i Romani . O Ltra l* impreftanza fatta pel commercio, vi è altresì una fpecie d* impreftanza fatta con un contratto cìvilre , onde rifuica un interefte > o fta ufura . Il popolo prelTo i Romani aumentando alla giornata la propria pofianza , cercarono i Magi- ftrati di lufingarlo , e di far leggi , che più gli aggradiflero . RiduUe, o minorò i capitali : feemò gl' intereffi : vietò il prenderne : tòlfe !e riten- fioni peiTonali : finalmente venne meftà in trat- D d 3 fa- 411 Delio Spirito tato V abolizione de* debiti , ogni volta che un Tribuno volle renderli popolare, Quelli continui cambiamenti, o con leggi , o con plebifciti naturalizzarono in Roma 1* ufu- ra ; imperciocché vedendo Ì creditori il popolo lor debitore^ loro legislatore, e lor giudice, piu non fi fidarono de* contratti. Il popolo come uno fcredicato debitore non potea pigliar danaro all’ impreftito , fé non fé per groffi proventi j tanto più che le le leggi non comparivano , che tratto tratto , continue erano le doglianze del popolo, ed intimorivano Tempre i creditori . Ciò fu ca¬ gione , che vennero aboliti in Roma tutt* i mo¬ di onefti di dare o di ricevere a preflanza , e che un* orrida ufura Tempre fulminata e Tem¬ pre ripullulante ebbe a ftabilirvifi (a). Il male naTcea dall* aver troppo violentate le coTe , Le leggi efìreme nel bene fanno naTcere il male ellre- mo : convenne pagare per 1’ imprellanze del de¬ naro , e pel pericolo delle pene impolle dalla legge . (aj , Annal.'Xib. YL CA- Delle Leggi. Lib.XXII. Gap. XVIT. 4 ij i CAPITOLO XXII. Continuazione del msdefimo foggetto . I Primi Romani non ebbero leggi per regolare le talTe dell' uùira {a) . Ne' contrari ^ che fo- pra di ciò iiiforrero fra la plebe, ed i pacrizj, nella ftelTa fedizione del Monte fagro {b) , non a ad- dulìè fe non fè per una parte la fede , c dall’ altra ia durezza de’ contratti . Si olfèrvarono adunque le particolari conven¬ zioni, e per me credo, chele pm ordinarie fof- fero d’ un dodici per cento 1 ’ anno . La mia ra¬ gione fi è , che nel linguaggio antico pref- lo i Romani l’inrerelle a lei per cento era det¬ to la metà dell’ ufura, l’ interefie al tre per cen¬ to il quarto dell’ufura ('cj: adunque l’ufura co¬ tale era i’interellè del dodici per cento . Che fe fi dimandi, come sì grolle ufure avef- fero potuto ftabiiirfi prefib un popolo , il quale era quafi privo di commercio , dirò , che que- fto popolo , fpeffiilìme fiate corretto a portarli alla guerra fenza foldo , avea fpeffiffimo bìfogno D d 4 di [a] Preflb i Romani ufura, ed intereffe figiiifìcava la cofa medefima . [ò] Vedi Dionigi d’ Alicamajfo , che 1 * ha deferit- ta a maraviglia . [c] yjuy& femijfes , trimtes , quftdrantes . Vedi fo- pra di ciò i varj Trattati del Digeìlo , e dei Codice de Vfuris, e fingolarmente la Legc XVII. colla (u,ìì nota ff. de ufuris . 42-4 Dello Spirito di piendere in preftito ; e che facendo contì¬ nuamente fortunate fpedizioni, avca con gran¬ dini ma frequenza facilità di pagare . Qiiefto h ri¬ leva a maraviglia nel racconto de* contraili, che n eccitarono per tal motivo: non vi il negai’ avarizia di coloro , che impreftavano ; ma lì dice, che coloro , i <^uali Ci lagnavano > avrebbero po¬ tuto pagare , qualora aveller tenuta una regola¬ ta condotta fcij . Facevanfi adunque leggi, le quali influivano femplicernente fopra la fitnazione attuale : ordi- navafi , a cagion d’ efempìo , che coloro , i qua¬ li fi arrolavano per la guerra , che doveafi fo- ftcnere , non verrebbero perfeguitati da’ loro cre¬ ditori i che farebbero liberati quelli ^ che fi tro- vaflero ne* ceppi ; che i più poveri farebbero condotti nelle colonie : alcuna fiata aprivafi il pub¬ blico Erario . Il popolo coll’ ellèr folievato da’ mali prefentanei acquietavafi , e ficcome nulla chie- dea per 1 ’ avvenire , cosi il Senato non fi pren- dea briga di prevenirlo , Nel tempo, in che il Senato proibiva con, canta conftanza la cagione delle ufure ^ 1’ amore della povertà , della frugalità , delia mediocrità , era eftrcmo prefiò i Romani : ma tale era la co¬ lli t azione , che i principali Cittadini portaflèro i pefi dello Stato , e nulla pagaflè il minuto po¬ polo . E come mai privar quelli del diritto di (d) Vedi fopra di ciò i difeorfi d’ , in DÌQnigi d' jiUcarn^Jfo , Delle Leggi . Lib. XXII. Cap. XXII. 4^ ^ perfesuicare i loro debitori, e di^ pretendere, che foddisfacenèro a’ - loro pefi , e di fov venire ag urgenti bifogni della Repubblica ? Dice rac)to (e) , che la legge delle Xll. Ta¬ vole fìfsò l’interelle ad uno per cento l anno , chiaro , eh’ ci fi è ingannato , e che ha prC“ lo per la legge delle Xll. Tavole altra legge s di cui ora faremo parola . Se la legge delle Xll. Tavole aveflè ciò regolato , come mai ne con- trafti, che inforfero di poi fra i creditori , ed i debitori, non fi farebbe fatto ufo della fua au¬ torità ? Non trovafi la menoma traccia di Ha legge full’impreflare ad intereffe ; e per quan¬ to poco altri fia ver fato nell’ I fio ria dì Roma, vedrà, che legge di tal fatta efler non dovea parto de’ Decemviri. La Legge Licinia (/) fatta ottancacinque anni dopo la legge delle Xll. Tavole , fu una di quelle leggi volanti, delle quali abbiamo parla¬ to . Preferifiè la medefima , che fi troncherebbe dal capitale ciò , che fi era pagato per gl’ inte- rellì, e che il rimanente verrebbe foddisfatto in tre uguali pagamenti . L’ anno di Roma 35)8. i Tribuni DnelUo , e Menenio fecero palTare una legge , la quale ri- ducea gl’ ìnterefifi ad uno per cento l’anno {g ) . Que- (e) Annali , Lib, VI. (f) L’ Anno di Roma 388. Titó Livio Libro VE fg) Xlnctekr't^ ufuya. Tito Livio , Lib. VH. Ve¬ di ia Difefa dello Spirito delle Leggi , Artic. Ufura y ^ 2.6 Dello Spiri-j-q Qucfta è appunto la legge, che (i) con. fonde con la legge delle XII. Tavole, ed è 1 , i Romani per fiifare la taf, la dell interefiè . Dicci anni dopo (?), quella ufu- ra tu ridotta alla metà (kj ; in feguito vcnjie tolta del tutto (/) ; e fe noi diamo fede ad al¬ cuni Autori, che avea veduti Tùo Livio , fu nei confolato 'di Cajo Afarz.io Rutilio (m ), e di Quinto Servilio l’anno di Roma 415 . Avvenne di quella legge come di tutte quel- e , in CUI il Legisiator e ha ridotte all’ ellremo le cofe ; fi rinvenne un modo d’ eluderla . Fu forza farne altre molte per confermarla , correggerla, temperarla , Ora lafciaronlì le ìerrgi per feguire le ulanze (n') ‘ ora lafciaronlì le ulaii, 2e per feguire le leggi ; ma in quello cafo dovea facilmente vincerla l’uito. Quando un uomo prende ad imprellito, trova un ollacolo nella legge medelì- ma , che è fatta in fuo prò , quella legge ha centra di fe , e quello , cui efi*a foccorre , e quello , cui ellà condanna . Il Pretore Sempronio Afel- (h; nnaJi , Lib. VI, (i) Sotto il Confolato ai Z. Manlio Torafuato , e di Cajo PlauLto , fecondo Tito Livio , Lib, VII. ed c la Legge, di cai parla Tadtc , Annali Libro VI. f"k) Setniunci afta ufura fi) Come dice Tacito , negli Annali , Libro VI, fnr) L^e fu fatta la Lcggg aa iftanzadi JVl. Genti' sio Tribuno della plebe . Tito Livio , Lib. VII, verfo il fne . fnj Veteri jam more feenus receptum orai . Ap- •piano della guerra civile , Lib, i. Delle Leggi .LiB.XXn. Gap. XVII. 417 JCello avendo permelTo (o) a’ debitori d agi- .e a noi-m. delle Leggi fu meno a morte da creditori (p) per aver voluto richiamare la moria d’ un rigore , che più foftener non po- Lafcio la Città per dare un' occhiata alle pro- vincie. Ho detto altrove (p,), che le provili- eie Romane erano defolate da un governo Di - potico c duro . Ciò non e tutto : eue lo era¬ no altresì da orride ufure . ... Dice Cicerone (r), che quei di Salamma vo- leano prendere ad impreftito del danaio a Ro¬ ma , e che noi potevano a morivo della leg¬ ge Gabinia . Forz^è, clf io vada inveftigando qual folle quella legge. Allorché vennero vietate in Roma le impre- flanze ad interellé, s'immaginò ogni forra di mez¬ zi (jj pér eludere la legge ;e_ficcome gli Alleati (/) j e quei della Nazione Latina , non erano fog- getti alle leggi civili de’ Romani , s^adqprò un Latino, o un Alleato , il quale preftalle il fuo come, e moftralTe d’ elfere il creditore . Altro adunque non avea latto la legge, che fottopor- re i creditori ad una formalità , ed il popolo non ne veniva follevato . [o] Ferfnifit , eos Legibus agere . Appiano , ivi, Libro I. e 1’ Epitome di Tito Livio , Libro LXIY. [p") L’ Anno di Roma 6^;. [q] Lib. XI. Gap. XIX. [r] Lettere ad Attico , Lib. Y. Lete. 11 . [s] Tito Livio , [t] Tito Livio . ’■" 42 -a Dello Spirito Si lagno il popolo d’ una cal frode ; e MArco Sempronio Tribuno della plebe per autorità del Senato fece fàre^ un plebifcito (u), il quale co¬ mandava , che in fatto d' impreftanze le leijgi, che proibivano le impreftanze ad iifura fra un Cittadino Romano , ed un altro Cittadino Ro¬ mano , fu Ili Alerebbero nel modo ftellb fra un Cittadino , ed un Alleato , o un Latino. In quei tempo chi.amavanA alleati i popoli dell' Italia propriamente detta , che h ftendea fino a’ fiumi Arno , e Rubicone , e che non era gover¬ nata in Provincie Romane . ^ Dice Tacito (x) , che alle leggi fatte per tron¬ care le ufure li ficcano fempre nuove frodi : allorché non fi potè più prendere o dare in preAiito /otto nome d' un Alleato , fu agevole il far comparire un uomo delle provincie , che preftafie il fuo nome . Vi voleva una legge nuova con tra fiffàtti abu¬ fi ; e Gahinìo (y) facendo la famofa legge, che avea per oggetto il troncare la corruttela ne' fuf- fragj , dovette naturalmente penfare , che il mez¬ zo migliore per giungervi era il difanimare le impreftanze : queAre due colè erano legare natu¬ ralmente j conciofiìaché le ufure crefeeATero (z.) fèmpre nei tempo dell' eiezioni , perché avevafi uo- fu} L’ Anno dì Roma j^r. Vedi Tho Lifuio. ' [x] Annali , Lib. VI. [y] L’ Anno di Roma (z) Vedi le Lettere di Cicerone ad Attico , Lib. ly. Lete, ij e ié. ' Delle Leggi. Lib.XXII. Cap.XXII, 419 uopo di danaro per comprarfi de voti Si \e“ de j come k legge Gabinia aveva eftefo il Sena- tufconfulto Semproniano a' Provinciali , ^ mentre cjuci di Sakmina non poceano prendere in pre¬ mito in Roma a motivo di qucfta legge . Brut» fotte nomi prefi in impreftito ne impreftò loro {aa) a quattro per cento il mefe (éi?), ed ottenne perciò due Senatufconfulti, nel primo de’ quali diceafi, che quella impreftanza non verrebbe con- lìderata come una frode fatta alla legge, c che il Governatore di Cilìcia giudicherebbe uni¬ formemente alle convenzioni efpreffe nelle cedo¬ le di quei di Sala mina. L’impreftito ad intereflè elTendo proibito dal- la legge Gabinia fra i provinciali , ed i cittadi¬ ni Romani, e quelli pofledendo allora tutto il danaro dell’ Univerfo , convenne tentarli con grolle Lifure, che facelTero dileguare agli occhi dell’ avarizia il pericolo di perdere il debito . E ficco me vi erano in Roma perfone potenti, che intimorivano i Magillrati , e tacer faceano le leg¬ gi , cosi furono più arditi ad imjirellare , e più arditi ad eligere grolTe ufure. Da ciò avvenne, che le provili eie vennero tratto tratto dilapida¬ te da tutti coloro , che aveano del credito in Ro- (&&) Cìcer. ad Attico , Lib, VI. Lett. I. (bb) Pompeo , il quale aveva impreftato al Re Auiobarzane 600. Talemi , fi facea pagare 33. Ta¬ lenti Attiei ogni trenta giorni. Cicer. ad Attico Lib, III. Lett. XI. Lib. V. Lett. i. (cc) Ut neve Salamtniis , neve qni eis dedijfet , fraudi ejfet . Ivi. 430 Dsllo S piu ito Roma : e ilccome ckCcim Governatore faceva il luo Editto (dJ) entrando nella Tua provincia in CUI poneva alV iifura le talTe, che gli aggra¬ divano , 1’ avarizia dava mano alla leeislazioL e la legislazione alP avarizia . * Forz' è, che gli affari camminino ; ed uno Sta¬ ro e perduto , qualora tutto vì è nell’inazione. Si davano delle occahoni, in cui bilognava, che le Città , ì Corpi, le Società delle Città , i pri¬ vati prende (fero ad impreflito : e fi avea nccef- fità grande di far ciò , Ce non altro per ripara¬ re alle defolazioni fatte dagli eferciti, alle rapi¬ ne de’ hi agi firati , alle concuffioni de’ Minifiri > alle ree ufanze, che preiidean piede ogni giorno : imperciocché non fi fu mai né più ricchi , né più poveri. Il Senato , il quale avea la potefià cficutrice, dava per neceffità , con frequenza per favore ^ la permìllìone di prender in preftiro da* Cittadini Romani, e facea Ibpra di ciò de’ Se- natufconfulti. Ma quelli Senati! fcon fu Iti medefimt erano fcreditati dalla legge : quelli Senatufcon- fulti (ee) poteaijo dare occafione al popolo di chie- [dd] L’ Editto di Cicerone la f/Tava ad un per cento il mefe coll’ ufiira dell’ ufiira in capo all ’ Anno. Quanto agii Appaltatori della Repubblica , gl’ impe¬ gnava a concedere a’ loro debitori una dilazione . Se quelli non pagavano al tempo determinato , faceva aggiunger 1 ’ ufura eh’ elprimeva la cedola , Cicerom ad Attico , Lib. VI. Lete. I. (ee) Vedi ciò , che dice ’Luccejo , Lett.XXI. ad Attico, Lib. V' Vi fu anche un Senatufeonfuìto ge¬ nerale per filfar 1 ’ ufura ad uno per cento il mefe . Ve* di le {lede Let cere . Delle Leggi. Lib. XXII. Gap. XVII. chiedere delle nuove Tavole : e quello accrefceit-' do il pericolo della perdita del capitale, accrefce- va ancora F uLira . Io diro fenipie: la modera¬ zione è quella, che governa gli uomini, e non già gli eccelli. Quello paga meno, dice ZJlpt^no {ff)^ che pa¬ ga più tardi. QlicHo è il principio , Ìl quale condulle ì Legislatori dopo la diftruzione della Repubblica Romana. Fine del Tome IL {i£) Leg. XII. ff, de verhor* fignif. fe fel lU -li / A % fi '■. 2 *fl' l ■ * • <■ T< • , .. T T .> 1 >.,kl ^ % ' *’ ‘/J ^ ' "*i à «I /*■'’' ' < . mU>^?Ì’ i^v r L» . * ',li > ^r( • • * / -1“" \»0 . VJ '.•■r.v'A^T '■|.tj' J énur.t 4.jLff/; ,,. ^ ■' ‘ C't’i', 'li,. ,■ , À4',i-t.ii •IfCLfiiìi/ ;lJ Ì5*';uUv.^.Ì i ;'nr4 K'UI < »’ iv'*» .V\ ?V«‘i' ■f'r % ’V > bir ,r* , ;*• V '7 - ■) < • ■• ^ir ' ■• •: - ft'' * J, ^ d^ÉP^ ■^-* ’ - _i-. /; i ^ * MOJSTESQUtEi SrCKTTO DEI » .0 LEOG. [UMi* J8)|3ai|3JO|O0 a;u*xC< £ij Come.^i», tutt'i paejì il povero e fatto per ferviti al piacere del ricco, e del potente . (i] Nata per faticare , e produrre i comodi , fa) fb) eh Mercato d’Izagour ì 20 |||li|llll|llìl|llll|IIIIM>ll|tMI|llll|NII|IMI| ClSOOOddOOSn X N paa mine felj la loro 1 fventure | della n^j voluttà o fata dalf e <^uefta Oriente f centra i o fola fiticl iuoghi tr do fi Idv della ferv Vuol J non s’ el lervigio ; raggio ,